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Approfondimenti

La Finanziaria 2017 e il nuovo regime fiscale per le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia

16 Gennaio 2017

Luca Rossi e Stefano Massarotto, Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci

Premessa

La Legge di Stabilità 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232, in G.U. 21 dicembre 2016, n. 297) introduce una serie di interessanti agevolazioni – principalmente fiscali – volte ad attrarre in Italia investitori e capitali esteri.

Viene innanzitutto introdotta, all’interno delle norme in materia di immigrazione, una specifica disciplina per facilitare l’ingresso e il soggiorno in Italia per periodi superiori a tre mesi di stranieri che intendono effettuare significativi investimenti in Italia.

La Legge di Stabilità, inoltre, rende permanenti gli incentivi fiscali per il rientro in Italia dei docenti e dei ricercatori residenti all’estero, di cui all’art. 44 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, e prevede una sostanziale revisione del regime fiscale per i lavoratori altamente qualificati o specializzati che rientrano in Italia, previsto dall’art. 16 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147 (c.d. “rientro dei cervelli”).

La più importante novità è peraltro costituita dall’introduzione di un articolo 24-bis nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (T.U.I.R.) di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che prevede un particolare regime fiscale di favore volto ad attrarre ed incentivare il trasferimento della residenza nel nostro Paese di persone fisiche, principalmente high net worth individuals. L’intento della norma dovrebbe essere quello di dislocare sul nostro territorio gli investimenti e i consumi che tali soggetti presumibilmente effettuano, superando il limite insito nello scarso appeal del sistema fiscale italiano, connotato da un carico fiscale tra i più elevati in Europa[1].

Il regime speciale di tassazione per i “neo-domiciliati”

Il nuovo art. 24-bis del T.U.I.R., in deroga al principio della tassazione della totalità dei redditi ovunque prodotti (c.d. “world wide taxation principle”) di cui all’art. 3, comma 1 del T.U.I.R., consente alle persone fisiche che trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia di esercitare una opzione per l’applicazione di una imposta sostitutiva forfetaria sui redditi prodotti all’estero, a prescindere dall’effettivo ammontare dei redditi stessi.

L’opzione per il regime di tassazione sostitutiva può essere esercitata dalla persona fisica – a prescindere dalla nazionalità (estera o italiana) – che trasferisce la residenza fiscale in Italia ai sensi dell’art. 2, comma 2 del T.U.I.R.[2], a condizione che:

  • detta persona non sia stata fiscalmente residente in Italia, sempre ai sensi del citato art. 2, comma 2, per un tempo almeno pari a nove periodi di imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del regime[3]; e
  • la persona fisica abbia ottenuto risposta favorevole alla specifica istanza di interpello probatorio presentata all’Agenzia delle entrate, volta a confermare la sussistenza delle condizioni per accedere al regime[4].

Il tema della residenza fiscale è sicuramente un aspetto delicato che necessiterà di opportuni approfondimenti.

Si pensi al caso dei cittadini italiani, già fiscalmente residenti in Italia e che avevano trasferitola propria residenza in un Paese black list (ad esempio, in Svizzera o nel Principato di Monaco[5]). Per tale categoria di soggetti, benché trovi applicazione la presunzione (relativa) di residenza in Italia, di cui all’art. 2, comma 2-bis del T.U.I.R., parrebbe comunque ragionevole ipotizzare la possibilità di fornire – in sede di interpello – la prova contraria e dimostrare, quindi, l’effettiva residenza fiscale estera nel periodo di osservazione precedente il trasferimento in Italia[6].

Si pensi altresì ai soggetti che si trasferiscono in Italia ma che, al contempo, potrebbero ancora risultare residenti fiscalmente anche nel Paese di provenienza (ad esempio, in quanto mantengono nell’altro Stato taluni collegamenti patrimoniali e/o personali, quali beni immobili o assets finanziari): in tale ipotesi, a nostro avviso, l’iscrizione della persona fisica nell’anagrafe della popolazione residente nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta (o il verificarsi di uno degli altri requisiti previsti dall’art. 2, comma 2 del T.U.I.R. per l’attribuzione dello status di residente in Italia) dovrebbe ritenersi quale condizione necessaria – ma anche sufficiente – per l’accesso al regime opzionale, a prescindere dalla sussistenza anche della residenza nel Paese di provenienza (secondo la normativa locale) e di una eventuale applicazione delle c.d. tie breaker rules previste dalle specifiche Convenzioni contro le doppie imposizioni[7].

Il regime opzionale di cui all’art. 24-bis del TUIR si applica a tutti i redditi prodotti all’estero, i quali saranno soggetti ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (con esclusione, quindi, del regime ordinario di imposizione), calcolata in via forfetaria – a prescindere dall’importo dei redditi effettivamente conseguiti e del loro eventuale trasferimento in Italia[8] –nella misura di € 100.000 per ciascun periodo di imposta (i redditi di fonte italiana saranno, invece, assoggetti a tassazione secondo le regole ordinarie). L’imposta è versata in un’unica soluzione entro la data prevista per il versamento del saldo delle imposte sui redditi.

In quest’ambito, la nozione di reddito prodotto all’estero viene individuata secondo i criteri di cui all’art. 165, comma 2 del T.U.I.R, che si basa sul c.d. criterio della lettura “a specchio”, secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento previsti dall’art. 23 del T.U.I.R. per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato[9].

In linea di principio, pertanto, nel regime di tassazione sostitutiva potrebbero essere inclusi, ad esempio, i redditi fondiari derivanti da beni immobili che si trovano all’estero, i redditi di capitale corrisposti da soggetti residenti all’estero, i compensi per le prestazioni di artisti e sportivi svolte all’estero e, più in generale, i redditi di lavoro autonomo e dipendente prestato all’estero.

In altri casi, invece, potrebbe essere più problematico stabilire la fonte estera dei redditi conseguiti. Si pensi, ad esempio, agli interessi e altri proventi da depositi o conti correnti intrattenuti all’estero e alle plusvalenze di cui alla lettera c-bis) del comma 1 dell’art. 67 del T.U.I.R. derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società estere negoziate in mercati regolamentati che, secondo una letterale interpretazione “a specchio” dell’art. 23 del T.U.I.R., non sembrerebbero poter essere considerati quali “redditi prodotti all’estero”, in quanto simmetricamente non imponibili in capo a soggetti non residenti[10]. Sul punto, peraltro, analogamente a quanto precisato dall’Agenzia delle entrate con la circolare del 5 marzo 2015 n. 9/E con riferimento alla disciplina del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero, si dovrebbe ritenere che la citata deroga al criterio di territorialità, non modificando il collegamento oggettivo tra la fonte produttiva del reddito e il territorio dello Stato, non faccia venir meno la qualifica di “redditi prodotti all’esteroex art. 24-bis del T.U.I.R. a tali fattispecie.

Con il chiaro intento di contrastare possibili utilizzi abusivi della norma, il regime di tassazione sostitutiva è espressamente escluso per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate (di cui all’art. 67, comma 1, lett. c) del T.U.I.R.) realizzate nei primi cinque periodi di imposta di vigenza del regime (che, dunque, resteranno soggette al regime ordinario di tassazione).

Ai sensi del comma 5 del nuovo art. 24-bis del T.U.I.R., la persona fisica può scegliere, a sua discrezione, di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva con riferimento ai redditi prodotti in uno o più Stati esteri, dandone specifica indicazione in sede di esercizio (o modifica) dell’opzione. Sarà dunque possibile scegliere il o i Paesi della fonte dei redditi da assoggettare ad imposta sostitutiva e i Paesi i cui redditi saranno invece soggetti al regime ordinario di tassazione. In tale ultimo caso spetterà il credito d’imposta di cui all’art. 165 del T.U.I.R. per le imposte pagate all’estero, beneficio negato nel caso di applicazione del regime di imposizione sostitutiva.

Il regime di tassazione sostitutiva comporta, inoltre, nei periodi di imposta di validità dell’opzione, i seguenti ulteriori benefici:

  • esonero dagli obblighi di monitoraggio fiscale (i.e., compilazione del quadro RW) di cui all’articolo 4 del D.L. n. 167 del 28 giugno 1990;
  • esenzione dall’imposta sul valore degli immobili detenuti all’estero (I.V.I.E.) di cui all’articolo 19, comma 13, del D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011;
  • esenzione dall’imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero (I.V.A.F.E.) di cui all’articolo 19, comma 18, del D.L. n. 201/2011;
  • esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al D.Lgs. n. 346 del 31 ottobre 1990, per i beni e i diritti esistenti all’estero al momento della successione o della donazione.

Sotto il profilo temporale, si osserva brevemente che:

  • il regime di tassazione sostitutiva ha una durata massima di quindici anni e può essere attivato per la prima volta con riferimento ai redditi relativi al periodo di imposta 2017[11];
  • l’opzione va esercitata entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia ed è efficace da tale periodo d’imposta[12];
  • inoltre, l’opzione può essere revocata, su base volontaria, in qualsiasi momento e può venire meno in caso di omesso o parziale versamento dell’imposta sostitutiva, rimanendo comunque salvi gli effetti prodotti nei periodi di imposta precedenti. La revoca o la decadenza dal regime precludono l’esercizio di una nuova opzione.

Il regime può essere esteso anche ad uno o più familiaridi cui all’art. 433 del c.c. (quali, ad esempio, il coniuge, i figli, i genitori) della persona fisica che esercita l’opzione, alle stesse condizioni previste per quest’ultima. In tal caso, è previsto il pagamento di una ulteriore imposta sostitutiva, nella misura di € 25.000 per ciascun familiare.

Si precisa che gli effetti dell’opzione per l’applicazione dei redditi prodotti all’estero di cui all’art. 24-bis del T.U.I.R. non sono cumulabili con i predetti incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero (di cui all’art. 44 del D.L. n. 78/2010), né con le agevolazioni per il rientro dei lavoratori qualificati (di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015).

Le modalità applicative per l’esercizio, la modifica o la revoca dell’opzione saranno disciplinate da un Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dall’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2017.

 


[1] Cfr. Confindustria, Nota di aggiornamento, Legge di Bilancio 2017- Le principali misure fiscali, 22 dicembre 2016.

[2] Si rammenta che, ai sensi dell’art. 2, comma 2 del T.U.I.R., “si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.

[3] Sotto questo profilo, ci pare che la condizione secondo cui le persone fisiche “non siano state fiscalmente residenti in Italia, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, per un tempo almeno pari a nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti” debba ritenersi soddisfatta laddove la persona fisica risulti residente fiscalmente all’estero in almeno due dei dieci anni precedenti (a prescindere dalla eventuale residenza italiana negli altri otto periodi d’imposta) e non, viceversa, residente all’estero in almeno nove dei dieci periodi d’imposta precedenti. Questa interpretazione ci pare confermata dalla relazione illustrativa al disegno di legge A.C. n. 4127, ove viene chiarito che sono “escluse dalla possibilità di esercitare l’opzione per il regime fiscale speciale le persone fisiche che per nove periodi d’imposta dei dieci precedenti sono state effettivamente residenti o domiciliate in Italia”.

[4] L’istanza di interpello ex art. 11, comma 1, lettera b), dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 27 luglio 2000) deve essere presentata entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia.

[5] Sebbene molti Stati siano stati recentemente inseriti nella c.d. white list di cui al D.M. 4 settembre 1996 contenente l’elenco degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni (cfr. D.M. 9 agosto 2016), nessuna modifica è stata apportata alla black list del D.M. 4 maggio 1999 ove sono individuati gli Stati fiscalmente privilegiati ai fini della presunzione di residenza delle persone fisiche di cui all’art. 2, comma 2-bis, del T.U.I.R..

[6] In questo senso, il passaggio della relazione illustrativa al disegno di legge secondo cui sono “escluse dalla possibilità di esercitare l’opzione per il regime speciale le persone fisiche … che sono state considerate residenti ai sensi del comma 2-bis del citato articolo 2” dovrebbe essere inteso nel senso di disconoscere l’accesso al regime opzionale alle sole persone fisiche che non sono (o non sono state) in grado di superare la presunzione relativa (ad esempio, in sede di interpello probatorio o di precedenti verifiche fiscali inerenti la residenza fiscale per il periodo di osservazione precedente l’inizio di validità dell’opzione).

[7] La doppia residenza della persona fisica – e la connessa eventuale applicazione delle tie breaker rules per risolvere tale conflitto – pone invece un tema più complesso ai fini dell’applicazione dei benefici convenzionali con riferimento ai redditi provenienti dal Paese di provenienza (quale Stato della fonte dei redditi) che, per ragioni di economia espositiva, non è possibile affrontare in questa sede.

[8] Sul punto si rileva che l’accesso al regime opzionale non è espressamente condizionato al pagamento di imposte nello Stato della fonte del reddito soggetto ad imposta sostitutiva in Italia.

[9] Cfr. circolare dell’Agenzia delle entrate del 5 marzo 2015, n. 9/E.

[10] Si tratta delle seguenti ipotesi che l’art. 23 del T.U.I.R. esclude da tassazione in Italia:

  • gli interessi e gli altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali, che, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 1, lettera b), del citato art. 23, non costituiscono redditi prodotti in Italia se percepiti da non residenti, nonostante siano corrisposti da soggetti residenti (o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti);
  • i redditi diversi di natura finanziaria di cui ai numeri da 1 a 3 della lett. f), comma 1, dell’art. 23, che non sono da considerare come “prodotti” nel territorio dello Stato se percepiti da non residenti. Si tratta (i) delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate in società residenti negoziate in mercati regolamentati; (ii) delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso ovvero da rimborso di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché da cessione o da prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti; (iii) dei redditi di cui alle lettere c-quater) e c-quinquies) dell’art. 67 del T.U.I.R., derivanti da contratti conclusi, anche attraverso l’intervento di intermediari, in mercati regolamentati.

[11] Cfr. il comma 159 dell’art. 1 della legge n. 232/2016.

[12] A tale riguardo, non è chiaro se il regime in esame possa essere applicato solo per i trasferimenti di residenza effettuati a partire dal periodo d’imposta 2017, ovvero, se sia possibile esercitare l’opzione anche per i trasferimenti, ad esempio, già effettuati nell’anno 2016, i cui termini di presentazione della dichiarazione dei redditi non sono ancora scaduti.

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