L’obbligo di assicurare procedure rigorose di compliance disciplinato dal regime Mifid II deve interpretarsi alla luce dell’ampia varietà degli intermediari, in quanto a dimensioni, struttura e natura dell’attività esercitata. Il legislatore europeo prevede che la regolamentazione debba tenere conto di tale circostanza, imponendo comunque taluni requisiti fondamentali che siano appropriati per tutte le imprese. Le entità regolamentate, da parte loro, dovrebbero conformarsi ai loro obblighi di alto livello e dovrebbero concepire e adottare misure il più possibile adeguate alla loro particolare natura e alle loro particolari caratteristiche.
Il Regolamento di attuazione degli artt. 4-undecies e 6, comma 1, lettere b) e c-bis), del TUF, emanato da Banca d’Italia il 5 dicembre 2019, consente anch’esso semplificazioni nel sistema dei controlli interni laddove ciò sia ammissibile in una logica di proporzionalità rispetto alla natura, alla dimensione e alla complessità dell’attività svolta nonché alla tipologia e alla gamma dei servizi prestati.
D’altra parte, con la Mifid II la funzione di conformità è tenuta a svolgere compiti inediti e delicati, quali quelli connessi alla product governance dell’intermediario, che hanno impatti significativi anche sui profili commerciali e reddituali dell’impresa.
Le recentissime linee guida emanate da ESMA sui requisiti della funzione di conformità forniscono un’importante chiave di lettura per la rivisitazione della struttura e dei compiti di tale funzione, che sta assumendo un’importanza strategica per uno sviluppo sostenibile del business dell’intermediario nel settore dei servizi di investimento. In tale prospettiva è determinante individuare, alla luce del principio di proporzionalità, il punto di equilibrio tra le diverse, possibili configurazioni della funzione di conformità nel quadro dei controlli interni aziendali.