WEBINAR / 16 Gennaio
Value for money: nuova metodologia dei benchmark


Metodologia EIOPA 7 ottobre 2024 per prodotti unit-linked e ibridi

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 13/12


WEBINAR / 16 Gennaio
Value for money: nuova metodologia EIOPA dei benchmark
www.dirittobancario.it
Articoli

La genesi delle polizze assicurative linked e l’emersione come nuovi prodotti assicurativo-finanziari: tra mercato assicurativo e mercato finanziario

15 Marzo 2024

Gianluca Briganti, Dottorando in Diritto Pubblico dell’Economia, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Di cosa si parla in questo articolo

SOMMARIO: Nell’arena degli imprevisti, il “mercato assicurativo” svolge il ruolo di guardiano prudente, offrendo un rifugio contro il “rischio” e tessendo una rete di sicurezza invisibile, ma robusta, pronta a sostenere coloro che sono colpiti dal fato imprevedibile. Nel contemporaneo mondo “globalizzato” è impossibile concepire un “contratto di assicurazione” che non tenga conto del “mercato finanziario”. In tale contesto, dove i due mercati si manifestano come interdipendenti, sono emersi i “prodotti assicurativo-finanziari” e, più specificatamente, le c.d. polizze assicurative linked. In questi complessi strumenti contrattuali, oggetto di uno stratificato e articolato iter normativo, la funzione finanziaria-speculativa (quale obiettivo di “investimento”) si aggiunge (o, addirittura, si sostituisce) alla tradizionale funzione assicurativa-previdenziale incarnando, almeno prima facie, una sorta di “tradimento” al contratto tipico di assicurazione sulla vita. L’incerto quadro normativo e giurisprudenziale, però, non sembra offrire criteri distintivi certi e, pertanto, si registra un intenso dibattito dottrinale circa la vera natura giuridica di questi strumenti negoziali che, purtroppo, sembrano essere ancora in cerca di stabilita e, soprattutto, di un mercato di riferimento.

ABSTRACT: In the arena of unforeseen events, the “insurance market” plays the role of a prudent guardian, offering refuge against “risk” and weaving an invisible yet robust safety net ready to support those affected by unforeseeable fate. In the contemporary “globalized” world, however, it is impossible to discuss an “insurance contract” without turning attention to the “financial market.” In this context, where the two markets manifest as interdependent, “insurance-financial products” have emerged, specifically, linked insurance policies. In these complex contractual instruments subject to a layered and articulated regulatory process, the financial-speculative function (as an “investment” objective) is added to (or even replaces) the traditional insurance-preventive function, embodying a sort of “betrayal” to the typical life insurance contract. The uncertain regulatory and jurisprudential framework, however, does not seem to provide certain distinguishing criteria, and therefore, there is an intense doctrinal debate about the true legal nature of these contractual instruments that unfortunately still appear to be in search of stability and, above all, a reference market.


1. Il “mercato assicurativo” e il “contratto di assicurazione” nell’ambito del “mercato finanziario globalizzato”

Per comprendere la genesi dei “prodotti assicurativo-finanziari” e, conseguentemente, delle polizze assicurative linked è necessaria una premessa sui due mercati di riferimento: il “mercato assicurativo” ed il “mercato finanziario”.

L’esistenza umana si sviluppa in un mondo che danza al ritmo incalzante dell’incertezza, dove gli eventi imprevedibili si manifestano come burrasche improvvise che scuotono le fondamenta della tranquillità quotidiana.

Nel vasto teatro della vita, ogni attore è chiamato a recitare la propria parte in una pièce senza copione, dove il destino svela le sue carte con un sorriso enigmatico.

Nell’arena degli imprevisti, il “mercato assicurativo” svolge il ruolo di guardiano prudente, offrendo un rifugio contro il “rischio”. Infatti, le tempeste finanziarie e le calamità possono abbattersi senza alcun preavviso[1]; un incidente stradale, un disastro naturale o una malattia improvvisa possono sconvolgere la vita di chiunque, trasformando il percorso ordinario in una strada accidentata. È qui che il mercato assicurativo entra in gioco, tessendo una rete di sicurezza invisibile ma robusta, pronta a sostenere coloro che sono colpiti dal fato imprevedibile[2].

Nel contemporaneo mondo “globalizzato”, dunque, il “contratto di assicurazione” si erge quale “pilastro cruciale” per la stabilità finanziaria, la tutela degli interessi e la tranquillità individuale e aziendale[3].

Il contratto di assicurazione, quale istituto contrattuale tipico del Codice civile del 1942, assume un ruolo centrale nelle dinamiche di tutela dei “rischi”. Tuttavia, le esigenze economiche e sociali del XX secolo, che ha visto la genesi del vigente Codice civile italiano, non sono le medesime del XXI secolo e, conseguentemente, si sono sviluppate molteplici deviazioni dal modello tipico di riferimento.

Il diritto civile contemporaneo, diversamente dal passato, si inserisce in un contesto economico e sociale sempre più influenzato dalla crescente globalizzazione[4]. Come è noto, la “globalizzazione” è un processo di trasferimento del potere dagli stati ai mercati, che produce importanti effetti nella sfera istituzionale[5]. I principali effetti si stanno riverberando sia nell’ambito dello ius privatorum che dello ius publicum.

Il mercato delle assicurazioni e il mercato finanziario, due sistemi dove il diritto civile incontra la regolazione pubblicistica, sono fortemente influenzati dalle esigenze dettate da un sistema economico totalmente globalizzato.

Il diritto pubblico, il diritto amministrativo e il diritto civile contemporaneo (più nello specifico, la disciplina dei contratti) non possono più intendersi quali fenomeni giuridici autonomi e impermeabili, ma sono divenuti fortemente dipendenti dalle tendenze dell’economia globale che, soprattutto a partire dagli ultimi decenni, ha dovuto tener conto di una moltitudine di “mercati”[6] interdipendenti tra loro.

La legislazione civilistica, ormai, è un fenomeno complesso che dipende dell’esigenze della modernità fortemente globalizzata dove, necessariamente, si concretizza un sistema degli investimenti finanziari estremamente articolato in grado di offre una ampia gamma di prodotti.

Nell’ambito di tale contesto, dove il diritto civile deve stare al passo con i mercati finanziari e le esigenze della collettività, il “contratto di assicurazione” e il “mercato assicurativo” sono stati oggetto di numerosi cambiamenti che hanno minato la tradizionale morfologia del tipo contrattuale de quo.

Il nuovo sistema finanziario globale ha favorito una prassi che, nel corso di un decennio, ha modificato radicalmente le caratteristiche finanziarie dell’attività assicurativa, finendo per adeguarle e assimilarle a quelle proprie degli intermediari del mercato mobiliare. Attualmente, la disciplina delle imprese assicurative presenta taluni profili di comunanza con quella degli intermediari finanziari, primo fra tutte la loro sottoposizione ad uno statuto speciale che, per sommi capi, ricalca quello delle banche e degli altri intermediari[7]. Si è arrivato a parlare, addirittura, di nuovi “prodotti assicurativo-finanziari”[8].

L’interprete, oggi, è chiamato ad operare nel mercato assicurativo quale “sistema” complesso e stratificato che opera in concorso con il mercato finanziario.

L’erompere di nuove prassi negoziali e il progressivo avvicinamento del mondo assicurativo a quello finanziario, hanno favorito lo sviluppo di un dibattito ermeneutico sul tema. Tuttavia, le interazioni tra compagnie di assicurazione e i mercati finanziari non sono una novità per gli studiosi del diritto; al contrario, tali discipline sono oggetto di un dibattito accademico altamente intenso, il quale, sempre più spesso, richiama l’attenzione della giurisprudenza attraverso le sue applicazioni e sofisticazioni pratiche.

Malgrado la promulgazione dei testi unici[9] e una progressiva sensibilizzazione del legislatore, questa tematica si inserisce in un percorso legislativo e giurisprudenziale frammentato e, soprattutto, privo di una chiara struttura sistematica.

L’assenza di una struttura sistematica è particolarmente evidente specialmente quando si tratta di questioni di “natura privatistica” come l’identificazione della causa contrattuale, la regolamentazione delle relazioni tra intermediari e clienti e, da ultimo, il tema della natura giuridica delle c.d. polizze assicurative linked (linked insurance policies)[10] dove la funzione finanziaria-speculativa (quale obiettivo di “investimento”) si aggiunge (o, addirittura, si sostituisce) alla tradizionale funzione assicurativa-previdenziale; una tipologia di polizza che, per una parte della dottrina[11], sembrerebbe incarnare una sorta di “tradimento” della ratio del contratto di assicurazione. Tale tradimento troverebbe il suo fondamento nella volontà di diffondere nuovi strumenti assicurativi volti non ad offrire un “solido riparo” contro gli imprevisti della vita, ma un “incerto guadagno” a determinate condizioni, con la conseguenza che la causa tipica del contratto di assicurazione subirebbe un tentativo di assalto alla sua originaria natura, ciò, specialmente, nelle ipotesi delle polizze linked che non offrono alcuna garanzia di restituzione del capitale[12]. Queste ipotesi, pertanto, rischiano di produrre gli effetti contrari dell’assicurazione sulla vita: invece di garantire un futuro capitale o una rendita, mettono a repentaglio la somma di cui dispone il contraente (da “riparo” contro le tempeste ad avventura con il “mare in tempesta”[13]).

La tematica delle polizze linked si pone quale territorio d’elezione privilegiato per lo studio dei contatti tra i due mercati e per l’approfondimento della disciplina civilistica relativa al “contratto di assicurazione”.

L’emersione di questi nuovi strumenti contrattuali, però, non è fine a sé stessa; essa è dettata dal repentino mutamento del mercato assicurativo.

Storicamente, gli aspetti finanziari relativi alla gestione delle imprese di assicurazione costituiscono una componente essenziale del mercato assicurativo[14]. Anche a causa della “galoppante” inflazione[15], la gestione degli attivi raccolti attraverso i premi versati dai contraenti non può più concepirsi con modalità “statiche” di risparmio, bensì in un’accezione “dinamica” e diversificata di investimento.

Con lo scopo di risolvere problemi legati all’inflazione e, quindi, con la volontà di adeguare l’assicurazione al nuovo sistema finanziario globalizzato, la prassi negoziale ha consentito il superamento dei modelli tipici riconducibili alle categorie dell’assicurazione sui danni e dell’assicurazione sulla vita. Ciò ha favorito l’emersione di nuovi prototipi contrattuali ancorati non solo alla finalità previdenziale, ma anche alla finalità speculativo-finanziaria tipica delle operazioni attuate nei mercati finanziari; prodotti, appunto, di natura assicurativo-finanziaria.

I prodotti assicurativi linked e il fenomeno della “bancassicurazione”[16] sono nati proprio dall’esigenza di adeguare il mercato assicurativo alle possibilità dei mercati finanziari al fine di massimizzare il ritorno economico per le imprese di assicurazioni e i contraenti[17]; lo scopo primario, dunque, non era quello di “snaturare” il contratto di assicurazione, ma di adeguare il mercato assicurativo alle esigenze di quello finanziario. Tuttavia, questi complessi prodotti si collocano in una zona di confine tra regolazione civilistica codicistica e regolazione dei mercati finanziari[18] che, però, non comporta solo dispute teoriche, ma rilevanti conseguenze giuridiche. Ciò ha alimentato un dibattito giurisprudenziale e dottrinale sulla loro natura giuridica.

Come si vedrà nel presente contributo, la scelta per l’applicazione della disciplina di settore e, quindi, del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (c.d. T.U.F.) comporta, almeno in parte, la “fuga” e il “tradimento” del contratto tipico di assicurazione e l’assoggettabilità delle polizze linked ad un sistema in gran parte difforme da quello delle assicurazioni sulla vita da cui esse stesse sono gemmate.

2. Il contratto di assicurazione e il contratto di assicurazione sulla vita: nozione e cenni di una categoria aperta

Affermata l’esistenza di prodotti assicurativo-finanziari, che hanno “aperto” il catalogo del contratto di assicurazione, è necessario comprendere gli elementi essenziali di tale strumento negoziale.

Sebbene già il Codice civile italiano del 1865 menzionasse il “contratto di assicurazione” nell’ambito dei contratti aleatori[19], l’emersione di una definizione di assicurazione, come contratto principale “tipico” e “autonomo”, emerge solo nel Codice civile italiano del 1942.

La principale nozione di “contratto di assicurazione” è racchiusa nell’art. 1882 del Codice civile italiano che costituisce il fulcro dell’intero sistema giuridico delle assicurazioni[20]. Tale disposizione statuisce che: «L’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana»[21].

Diversamente, il Codice delle assicurazioni private (il D. lgs 7 settembre 2005, n. 209) non prevede una nozione autonoma di “contratto di assicurazione”, ma si limita a definire all’art. 1, co. 1, lett. c) l’attività assicurativa come «l’assunzione e la gestione dei rischi effettuata da un’impresa di assicurazione».

Sulla base della nozione fissata dall’art. 1882 c.c., a discapito della sua unitarietà definitoria, è possibile delineare due macrocategorie di contratti assicurativi[22]: l’assicurazione contro i danni e l’assicurazione sulla vita. Tale bipartizione, inoltre, viene in rilievo anche nel regime dell’autorizzazione dell’impresa assicurativa che avviene secondo la classificazione per “ramo”. Infatti, l’art. 2 del Codice delle assicurazioni private, distingue i c.d. “rami vita” e i c.d. “rami danni”.

Sulla base di tali categorie codicistiche, la prassi negoziale e le esigenze del mercato hanno favorito la gemmazione di nuove forme negoziali che, talvolta, hanno “turbato” la tipicità del contratto di assicurazione, come nel caso delle polizze assicurative linked.

Sebbene l’art. 1882 c.c. non enunci espressamente la nozione di “rischio”, il “trasferimento del rischio” del singolo (contraente-assicurato) all’impresa di assicurazione (contraente-assicuratore) si pone al centro dell’intera vicenda assicurativa. Senza il presupposto fondamentale del rischio, pertanto, non è possibile concepire la validità del contratto di assicurazione[23]; la sua inesistenza è causa di nullità del contratto (art. 1895 c.c.), la sua cessazione dà luogo allo scioglimento del contratto (art. 1986 c.c.), la sua inesatta conoscenza da parte dell’assicuratore costituisce causa di annullamento (art. 1892 c.c.) o di risoluzione o rettifica (art. 1893 c.c.) [24].

Nello schema contrattuale tipico, l’assicuratore si obbliga, verso il pagamento di un corrispettivo (c.d. premio), a rivalere l’assicurato del danno prodotto dal verificarsi di un evento avverso (c.d. sinistro), che colpisca i beni dell’assicurato (assicurazione contro i danni); oppure, l’assicurazione si obbliga a pagare una somma di denaro, una tantum (pagamento di un capitale) o in forma di prestazioni periodiche (pagamento di una rendita), al verificarsi di un evento attinente alla vita umana (assicurazione sulla vita).

Nell’ambito della bipartizione fondamentale, le c.d. polizze assicurative linked (o collegate) si andrebbero ad inserire nella macrocategoria dei “contratti di assicurazione sulla vita”.

Al fine di analizzare questa nuova tipologia di polizza, è opportuno premettere brevi cenni sull’assicurazione sulla vita e, soprattutto, sui profili inerenti al “rischio”.

Ai sensi dell’art. 1882 del Codice civile, l’assicurazione sulla vita è un contratto con il quale un assicuratore si obbliga, dietro pagamento di un premio, a versare al contraente od a persona da questi indicata una somma di denaro o una rendita nel momento in cui una persona (non necessariamente il contraente o il beneficiario) raggiunga una certa età o perda la vita[25].

L’assicurazione sulla vita è uno dei tipici contratti sinallagmatici con obbligazioni a carico di entrambe le parti; il contraente è obbligato a corrispondere i premi assicurativi, mentre l’impresa assicurativa deve versare il capitale o la rendita.

Dunque, conformemente alla morfologia tipica del contratto assicurativo, la principale obbligazione del contraente è quella di versare un “premio”.

A differenza dell’assicurazione contro i danni, che ha un carattere indennitario, l’assicurazione sulla vita ha un carattere principalmente previdenziale. Essendo fuori dal perimetro del principio indennitario, l’assicurazione sulla vita può essere contratta per qualsiasi somma, non rilevando l’entità del danno subito da familiari o eredi per la morte dell’assicurato.

Come osservato da parte della dottrina[26], tra gli elementi essenziali del contratto di assicurazione sulla vita vi sono: a) la presenza di un assicuratore, cioè di una impresa che raccolga una larga massa di rischi; b) il premio, da determinarsi in funzione dell’età della persona che si espone al rischio, secondo una previsione di tipo demografico; c) l’adozione di una tecnica assicurativa volta all’eliminazione del rischio attraverso la ripartizione tra gli assicurati; d) un evento attinente alla vita umana, da interpretarsi in senso restrittivo: la morte o la sopravvivenza.

In via generale, secondo la disciplina di diritto comune, non costituirebbero contratti di assicurazione sulla vita – almeno in senso stretto – e non potrebbero essere soggetti alla relativa disciplina, quelli in cui: a) il soggetto obbligato per l’indennizzo non sia un assicuratore professionale; b) il premio sia determinato a prescindere dal “rischio demografico”; c) il rischio non sia rappresentato da un evento morte o sopravvivenza ad una certa data.

Con riferimento ai menzionati ambiti di esclusione, il requisito del “rischio demografico” e la sua assenza in talune tipologie di polizze è, senza alcun dubbio, uno dei punti di maggior attrito nell’inquadramento giuridico delle polizze assicurative linked.

Come affermato precedentemente, la causa del contratto di assicurazione è la tutela contro certi rischi che, per il tramite del contratto stesso, vengono trasferiti dal contraente sull’impresa di assicurazione.

Nell’ambito delle assicurazioni sulla vita la tipologia dell’elemento di rischio si concretizza nel c.d. “rischio demografico”[27]. Il rischio demografico è connesso alla durata della vita umana che, ovviamente, non può essere predetta con dati certi, ma solo sulla base della statistica e, pertanto, con l’ausilio di calcoli probabilistici[28]. In base al momento in cui si verifica l’evento dedotto in contratto, l’assicurazione è obbligata ad effettuare una determinata prestazione. Nell’ambito dell’autonomia contrattuale riconosciuta alle parti, è possibile riscontrare varie tipologie di condizioni contrattuali, ma, in linea di massima, prima si verifica l’evento e minore sarà il ricavo dell’assicuratore.

Il problema della necessaria sussistenza del “rischio demografico” rappresenta il cuore dell’assicurazione sulla vita. Con riferimento alle polizze assicurative linked, l’abbandono della funzione previdenziale o, comunque, la riduzione della sua portata, ha dequotato o, addirittura, annullato il rischio demografico, allontanando questa nuova forma di polizza dal tipo contrattuale che l’ha generata e avvicinandola al mercato finanziario. Ciò, quindi, ha favorito l’emersione di un dibattito giurisprudenziale e dottrinale che, ha causa dell’endogena incertezza normativa, sta riscontrando difficoltà a trovare una via certa di risoluzione.

3. Le polizze assicurative linked nell’ambito dei contratti assicurativi-finanziari

La qualificazione giuridica dei prodotti assicurativo-finanziari e, conseguentemente, la scelta della disciplina applicabile, costituisce uno dei temi fondamentali del diritto delle assicurazioni e dei mercati finanziari[29].

Con il termine “contratti assicurativi-finanziari” si fa riferimento ad una tipologia di contratti dove, in ragione di un obiettivo di investimento, la prestazione dovuta dall’assicuratore non è fissa e predeterminata, ma è variabile in funzione delle fluttuazioni di un bene oggetto di contrattazioni sul mercato finanziario[30].

Come già premesso nel corso della presente trattazione, i contratti assicurativi-finanziari hanno avuto uno sviluppo crescente a partire dagli ultimi anni del secolo scorso, in un momento in cui una parte delle imprese assicurative – controllate dalle banche – hanno generato strumenti caratterizzati dalla prevalenza della componente di investimento a discapito di quella di natura previdenziale-assicurativa[31].

Nell’ambito dei contratti assicurativi-finanziari, le polizze assicurative linked emergono come una risposta dinamica alle mutevoli esigenze degli assicurati e agli scenari finanziari in continua evoluzione. Queste polizze rappresentano un connubio unico tra le polizze vita e la versatilità degli investimenti, aprendo nuovi orizzonti per coloro che cercano una combinazione di protezione finanziaria e opportunità di crescita[32].

Sebbene le polizze linked abbiano fatto ingresso nel nostro ordinamento con il recepimento della prima Direttiva Vita del 5 marzo 1979 (Direttiva 79/267/CEE)[33], le radici delle polizze linked affondano nei primi anni del ventesimo secolo[34].

L’idea di collegare l’assicurazione alla performance di specifici strumenti finanziari è stata concepita come risposta alle crescenti richieste di flessibilità e controllo da parte degli assicurati. L’obiettivo era quello di creare un prodotto che non solo fornisse un capitale garantito in caso di morte o infortunio, ma che consentisse anche di partecipare ai potenziali guadagni dei mercati finanziari.

Questo concetto innovativo ha trovato terreno fertile in un contesto in cui gli investitori cercavano soluzioni che andassero al di là della tradizionale divisione tra polizze vita e investimenti autonomi. Si è assistito, dunque, ad un processo evolutivo di propensione all’investimento: l’investitore non professionale, un tempo attratto da strumenti bancari di risparmio (come i depositi bancari), ha iniziato ad affacciarsi verso questi nuovi tipi negoziali con marcata attitudine finanziaria-speculativa.

Il risultato è stato l’evolversi e la massiccia propagazione delle polizze assicurative linked, che hanno aperto nuove prospettive in termini di personalizzazione delle strategie finanziarie.

L’evoluzione della componente finanziaria delle polizze vita, a cui le polizze linked vengono ricondotte, ha comportato la necessaria rivisitazione del ramo III[35] e del ramo VI[36] dell’art. 2 del Codice delle assicurazioni private.

Generalmente, nelle polizze assicurative linked il contraente-assicurato paga il premio in un’unica soluzione all’inizio del rapporto contrattuale. Il pagamento anticipato del premio ha la funzione di consentire all’impresa assicurativa di effettuare subito gli investimenti che, in via generale, sono ricondotti all’acquisto di quote di “organismi di investimento collettivo del risparmio” (c.d. O.I.C.R.) o, in talune ipotesi, a fondi interni delle imprese di assicurazione.

La messa a disposizione immediata del premio e la natura degli investimenti effettuati, pertanto, sono già un primo indizio della preponderante “natura finanziaria” del contratto e dell’allontanamento dalla fattispecie tipica originaria del contratto di assicurazione sulla vita.

Come si vedrà nel prosieguo della presente trattazione, il dato che queste tipologie di polizze abbiano un carattere primariamente finanziario-speculativo e una diversa concezione del “rischio” ha indotto a dubitare della loro astratta riconducibilità nella categoria delle assicurazioni sulla vita.

Sebbene le polizze assicurative linked possano assumere una moltitudine di forme e contenuti, le stesse possono essere ricondotte a due categorie principali: le polizze unit linked e le polizze index linked[37].

La differenza tra queste due categorie consiste, essenzialmente, nella metodologia con cui si stabilisce il parametro esterno che fa variare la prestazione dell’assicuratore. Infatti, le polizze unit linked sono agganciate a fondi di investimento (interni o esterni all’impresa assicuratrice); invece, nella tipologia index linked le prestazioni non dipendono da un fondo bensì da un indice azionario o da un altro parametro di riferimento.

A loro volta, le polizze linked possono essere distinte in tre tipologie: le polizze linked garantite, le polizze linked parzialmente garantite e, infine, le polizze linked pure.

Nella prima tipologia viene inserita una clausola con cui viene garantita la restituzione dell’intero capitale alla fine del periodo assicurativo. In tali ipotesi non si verifica alcun rischio finanziario legato al capitale, ma solo all’investimento.

Nel secondo caso, invece, si prevede una restituzione solo parziale del capitale investito.

Infine, la tipologia delle polizze linked pure crea maggiori problematiche essendo la tipologia che più si avvicina ad un prodotto finanziario a tutti gli effetti; in tali fattispecie la restituzione del capitale è totalmente incerta poiché è legata al prodotto collegato. I mercati mobiliari influenzano la restituzione del capitale e il valore della polizza che, addirittura, può azzerarsi nelle ipotesi estreme di insolvibilità dell’emittente (come nel celebre caso della Lehman Brothers[38]).

In sintesi, le polizze linked si distinguono dallo schema tipico delle assicurazioni sulla vita che, principalmente, è progettato per fornire copertura finanziaria in caso di morte (la prestazione dell’assicuratore dipende dalla valutazione della durata della vita dell’assicurato al momento del verificarsi dell’evento dedotto nel contratto). Le polizze linked, invece, combinano l’assicurazione sulla vita con elementi di investimento, permettendo agli assicurati di ambire a partecipare ai rendimenti del mercato.

Le polizze linked possono offrire potenzialmente rendimenti più elevati, ma comportano anche maggiori rischi legati alla dipendenza dagli umori e dalle fluttuazioni del mercato. La scelta tra le varie tipologie dipende dalle esigenze finanziarie, dalle preferenze dell’assicurato e, soprattutto, dalla propensione al “rischio”. Anche per questo la fase precontrattuale e la componente “informativa”[39] rivestono un ruolo fondamentale per la tutela del “contraente-assicurato-investitore”.

4. Le polizze assicurative linked: le fonti normative e l’attuale inquadramento normativo nell’ambito del mercato assicurativo e finanziario

Se è possibile delimitare – quasi agevolmente – le tipologie contrattuali di riferimento, differentemente, il quadro normativo dei prodotti assicurativo-finanziari e delle polizze assicurative linked si presenta estremamente complesso e stratificato. A generare siffatta complessità concorrono una moltitudine di fonti regolatrici della materia e, soprattutto, un iter storico-normativo che non ha seguito un percorso lineare e coerente.

Come anticipato, dal punto di vista strettamente giuridico e quantomeno in via ideologica, è possibile affermare che le polizze linked costituiscono una “gemmazione” del contratto di assicurazione (nello specifico, dell’assicurazione sulla vita); pertanto, prima facie, il referente normativo primario è l’art. 1882 del Codice civile, la norma fulcro dell’intero sistema delle assicurazioni.

Le polizze linked sono entrate nel nostro ordinamento con la prima Direttiva Vita del 1979 e con la relativa legge di attuazione del 22 ottobre 1986, n. 742.

Attualmente, però, la disciplina della fattispecie de qua trova collocazione anche in altre fonti di rango primario, come il Codice delle assicurazioni private e il T.U.F., e, infine, in fonti di rango secondario e regolamentare, tra cui i regolamenti emanati Autorità competenti nel settore (la Consob e l’IVASS).

Dal punto di vista dell’iter storico-normativo è possibile evidenziare due fasi: una prima fase (dal 1986 al 2005), dove mancava un intervento legislativo definito, che ha richiesto un intenso sforzo interpretativo per ricondurre queste fattispecie ad una disciplina applicabile; una seconda fase (dal 2005 ad oggi), invece, che pur in presenza di un intervento legislativo, ha visto il permanere di incertezze sulla natura della tipologia contrattuale de qua e sulla disciplina concretamente applicabile.

Nella prima fase mancava una regolamentazione legislativa delle polizze con “contenuto finanziario-speculativo” e, addirittura, si discuteva la possibilità di ricondurre le polizze dei rami III e V nell’ambito dei prodotti finanziari.

L’interprete, preso atto dell’erompere di questa nuova prassi negoziale e nella necessità di dover colmare una lacuna, estese a questa nuova tipologia di prodotti la disciplina della sollecitazione all’investimento. Dunque, nel silenzio delle leggi precedenti al T.U.F., non era chiaro se fosse possibile applicare la disciplina del prospetto che rafforzava gli obblighi informativi a carico delle imprese[40]. Così, si estese la tutela dell’investitore del mercato finanziario anche a prodotti che tale tutela non prevedevano[41].

Un dato fondamentale, però, emergeva dall’art. 100, co. 1, lett. f del T.U.F., che contrapponeva i prodotti assicurativi a quelli finanziari al fine di escluderli dalla disciplina della sollecitazione all’investimento[42]. Una scelta che, però, è stata criticata da parte della dottrina[43].

Era emersa la necessità di estendere le regole di condotta e informative, da fornire agli investitori, anche a questo tipo di prodotti assicurativi e, quindi, al “contraente-assicurato”. Ciò, insieme alle questioni relative al regime di impignorabilità e insequestrabilità previsto dall’art. 1923, co. 1 del Codice civile, costituiva e costituisce una delle più grandi difficoltà per gli interpreti. Optare per una tutela più intensa, come nel mercato finanziario, costituisce una rilevante scelta di sistema.

Dal punto di vista civilistico, preso atto del problema, con la nuova normativa gli interpreti hanno favorito l’emersione della “teoria del contratto misto”[44] o del “collegamento negoziale”, con il quale si è progredito nell’estensione, ai prodotti linked, della peculiare disciplina del mercato mobiliare. Ciò, perché, si sono distinti i profili di tutela dell’investitore da quelli relativi alla causa del contratto.

Con la teoria del contratto misto è emersa una soluzione: l’applicazione della disciplina del T.U.F. relativamente ai doveri di condotta e informativi dell’intermediario; mentre, al contempo, si è affermata la disciplina civilistica e il principio della buona fede ex art. 1175 c.c. e, conseguentemente, le regole della responsabilità precontrattuale.

La tesi del contratto misto, ancor prima dell’intervento legislativo regolatore della materia, ha influenzato le soluzioni proposte dalla giurisprudenza[45] che, in un’ottica sostanzialistica e prescindendo dal nomen juris del contratto (di assicurazione), ha qualificato tali ipotesi come contratti di investimento. Si era teorizzata, dunque, la piena applicabilità della disciplina degli artt. 21 e 23 T.U.F. (ancor prima della Legge sul risparmio) e, finanche, dei regolamenti intermediari Consob, con la possibilità di esercitare un’azione di risoluzione per inadempimento per violazione dei doveri di correttezza e buona fede e, infine, degli obblighi informativi[46].

Nella seconda tappa, invece, il legislatore è intervenuto per disciplinare le caratteristiche finanziarie di talune assicurazioni del ramo vita. Con l’intervento normativo, come evidenziato da attenta dottrina[47], sembrava superata – seppur solo apparentemente – l’esigenza di far ricorso alla teoria del contratto misto e al criterio dell’assorbimento (o della prevalenza)[48] ai fini della disciplina giuridica applicabile alle polizze linked.

Con la pubblicazione del T.U.F., che comportava una marcata separazione tra mercato finanziario e assicurativo, in senso di un’estraneità delle polizze linked rispetto al mercato finanziario, la questione si è riproposta con maggior vigore[49].

Il primo intervento legislativo risale al 2005 dove, con la legge 28 dicembre 2005, n. 262 (c.d. Legge sul risparmio) vennero recepite parte delle critiche dottrinali; si estesero alcune regole contenute nel T.U.F. all’attività finanziaria delle assicurazioni e soprattutto, si dispose l’abrogazione dall’art. 100, co. 1, lett. f del T.U.F. e, contemporaneamente, l’applicazione delle regole di comportamento degli intermediari abilitati per i servizi di investimento e della disciplina delle offerte fuori sede anche alle imprese assicurative[50].

Tale soluzione, in un’ottica sostanzialistica, prescindendo dall’intermediario coinvolto, è volta a sottoporre le regole del T.U.F. e i poteri di vigilanza della Consob, a prodotti finanziari di natura assicurativa[51].

Questa scelta di politica legislativa, invece, sembrerebbe aver fornito un implicito riconoscimento alla teoria del contratto misto, attenuando le problematiche relative alla compatibilità di queste figure negoziali con la causa tipica del contratto di assicurazione.

D’altra parte, questo rappresenta anche il confine della disciplina precedentemente menzionata, la quale mantiene un atteggiamento neutrale per quanto riguarda il criterio della prevalenza. Questo perché riconosce innanzitutto ai prodotti in questione una natura principalmente assicurativa, considerandoli pertanto come rientranti nella categoria delle assicurazioni del settore vita, come stabilito dall’articolo 2 del Codice delle assicurazioni private. Di conseguenza, essi sono soggetti, per tutto ciò che non è incompatibile con la normativa di protezione dell’investitore, alle regole specifiche del settore.

Un’ulteriore implicazione di ciò è che, durante l’esame dei casi specifici spetta all’interprete il compito di determinare se debba essere applicato il criterio della prevalenza. Se questo è il caso, si procede con la dichiarazione di nullità del contratto di assicurazione, seguita dalla riqualificazione e dall’applicazione esclusiva delle norme del mercato mobiliare.

D’altro canto, però, questo è stato accompagnato da una espansione illineare della materia, che ha visto la costante sovrapposizione della normativa primaria con fonti secondarie; ciò ha dato luogo a quella che è stata definita come una intricata “Tela di Penelope”[52].

Questo quadro, ritenuto già soddisfacente per parte della dottrina[53], si è trasformato con l’esplicita consacrazione normativa della nozione di “prodotto di investimento assicurativo”[54] avvenuta con l’introduzione dell’art. 4. n. 2) del Regolamento (UE) 26 novembre 2014, n. 1286 (c.d. Regolamento PRIIPs), dell’art. 1, comma 1, lett. w bis.3) del T.U.F., dell’art. 1, lett. ss bis) del Codice delle assicurazioni private e, infine, con l’art. 21, comma 3, lett. c) del Regolamento IVASS n. 41/2018. Così, il prodotto finanziario-assicurativo ha sostituito, in via definitiva, i prodotti finanziari delle imprese di assicurazione.

Questo nuovo sistema è volto ad individuare i contratti delle imprese di assicurazione collegati al sistema finanziario che, ad oggi, concorrono a creare i c.d. PRIIPs (c.d. prodotti di investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati). Questa nuova normativa, dunque, in accordo con la giurisprudenza, sembrerebbe aver riportato le polizze linked nel mercato assicurativo, cioè sotto il Codice delle assicurazioni e i regolamenti dell’IVASS.

Da una prima analisi dell’attuale quadro normativo vigente, emergerebbe un quadro soddisfacente dove la legge ordinaria ha la funzione di disciplinare gli elementi costitutivi delle polizze, mentre la normativa di rango secondario assolverebbe ad una funzione, principalmente, di attuazione e integrazione.

Tuttavia, si registrano costanti profili di interferenza tra il livello primario e secondario, cioè, delle ipotesi in cui la normativa secondaria non incide meramente sulla disciplina di attuazione e di integrazione, ma altresì sulla portata della disciplina primaria stessa; ex multis è possibile menzionare il Regolamento ISVAP 11 giugno 2009, n. 32 che, per richiamare espressamente il rischio demografico nei contratti unit linked, ha previsto un elemento normativo che influisce sul piano della disciplina generale e, conseguentemente, sui concetti di “rischio”, “alea” e “funzione previdenziale” tipici dello schema dei contratti del ramo vita[55].

Ciò ha minato la portata del principio gerarchico favorendo un clima di incertezza normativa in parte analogo a quello della prima fase pre-legislativa. Infatti, il Codice delle assicurazioni private, il T.U.F. e i regolamenti degli enti di vigilanza, costituirebbero, rispetto al Codice civile, “diritti secondi”, cioè posti in un sistema, se non secondario, quanto meno integrativo e specificativo della disciplina generale. Ciò nonostante, in molti casi, questo “diritto secondo” viene assimilato alle norme primarie sovvertendo una naturaliter razionalità che imporrebbe una diversa applicazione del principio gerarchico e di specialità[56].

Sulla base di tale quadro normativo, quasi parallelamente alla sua complessità, il legislatore, allontanandosi dai problemi relativi alla causa civilistica, sembrerebbe superato una delle problematiche centrali delle polizze linked: la loro riconduzione al “sistema” assicurativo o, alternativamente, al “sistema” dei contratti aventi natura finanziaria.

La dottrina[57], in passato, forte della teoria del contratto misto, aveva definito le fattispecie in esame quali “prodotti misti assicurativi e finanziari”; l’interprete, però, malgrado gli ultimi regolamenti, si trova comunque nella difficoltà di individuare la disciplina concretamente applicabile.

L’attività delle imprese assicurative e degli intermediari, nell’ambito della distribuzione dei “prodotti di investimento assicurativo”[58], è tutt’ora sottoposta alle regole di condotta del TUF e dei Regolamenti della Consob (come, ad esempio, le informative pre-contrattuali a favore dell’investitore). Non c’è dubbio, dunque, che nel settore delle polizze linked operino gli obblighi codificati dal T.U.F. per gli intermediari finanziari, come l’obbligo di pubblicazione e comunicazione alla Consob del prospetto informativo.

Siffatto avvicinamento del “mercato assicurativo” al “mercato finanziario”, dovuta all’estensione di tale disciplina alle polizze linked (anche per mano del Regolamento PRIIPs del 2014), parrebbe assimilare questo modello a quello dei contratti di investimento finanziario che, normalmente, sono caratterizzati dall’assunzione del “rischio” dell’investimento da parte dell’investitore.

Inoltre, ulteriori indizi e contraddizioni emergevano anche dalla regolazione secondaria. Il Regolamento ISVAP 11 giugno 2009, che individua all’art. 9 il “rischio demografico” quale uno dei criteri per la quantificazione della prestazione dovuta dall’assicuratore, venendo tale prestazione fatta dipendere, oltre al valore delle quote del fondo o degli indici, anche dalla valutazione della durata della vita della persona assicurata, nonché dall’ammontare dei premi complessivamente pagati dal contraente.

Queste disposizioni conducono ad uno stato di costante incertezza interpretativa e, conseguentemente, applicativa. Da un lato la normativa sembra teorizzare delle assicurazioni con finalità totalmente finanziaria-speculativa, la cui natura travolge la causa del contratto, che deve essere verificata in concreto; da altro lato, in senso opposto, esprimono l’esistenza di un nesso fra le polizze linked e lo schema contrattuale di cui all’art. 1882 c.c., evidenziandone la funzione previdenziale e facendo leva, inoltre, sulla normativa europea.

5. Le polizze assicurative linked: tra incertezze di coordinamento del mercato finanziario e mercato assicurativo. Verso una “finanziarizzazione” del mercato assicurativo

Ad oggi, è complesso ricondurre le polizze linked in un unico sistema di riferimento.

Come evidenziato, il quadro normativo non offre soluzioni univoche e, soprattutto, dimostra una mancanza di coordinamento legislativo tra le polizze linked ed il restante sistema normativo[59]. Inoltre, gli interventi giurisprudenziali che si sono espressi sul tema evidenziano discontinuità e risultano ancorati ad una filosofia del “caso concreto”. In tale contesto, dunque, non è possibile consolidare dei criteri distintivi e, conseguentemente, riportare ad unità tale categoria contrattuale.

Tuttavia, il dibattito sulla natura giuridica delle polizze linked, seppur non ancora del tutto sopito, sembrerebbe aver subito una battuta d’arresto.

La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione e, da ultimo, della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, forti degli ultimi interventi normativi, sembrerebbero essersi orientata verso la generale riconduzione al “contratto di assicurazione”[60], seppur con la necessità di una costante valutazione “in concreto”. Ciò nonostante, queste pronunce si pongono quali interventi non pienamente risolutivi, ma desiderosi di soluzioni esplicite e decise sul piano legislativo.

Infatti, a normativa vigente, l’incerta regolamentazione delle polizze a contenuto finanziario-speculativo e, più in generale, dei prodotti assicurativo-finanziari non sembra essere in grado di risolvere i problemi di coordinamento tra le categorie del “mercato finanziario” e del sistema del “mercato delle assicurazioni”; problemi che, senza alcun dubbio, non sono meramente teorici, ma presentano rilevanti risvolti pratici.

La riqualificazione nel mercato degli intermediari finanziari comporterebbe delle conseguenze giuridiche estremamente rilevanti.

Primariamente, si affermerebbe integralmente la disciplina del T.U.F. e, in particolare, l’art. 23[61] che richiede la forma scritta per il contratto. L’assicurato potrebbe ottenere, in assenza di forma scritta, l’accertamento della nullità della polizza e la ripetizione dell’indebito, ex art. 2033 c.c., per i premi versati. Per il contratto di assicurazione, infatti, la forma scritta è richiesta solo ad probationem, mentre per il contratto di intermediazione finanziaria “a pena di nullità” rilevabile solo dal cliente.

Secondariamente, le imprese emittenti, gli intermediari e i promotori dovrebbero attenersi, non solo al principio di buona fede, ma anche alle regole di condotta previste dal T.U.F. e dal regolamento Consob di attuazione.

Infine, verrebbe meno la regola dell’impignorabilità e dell’insequestrabilità, di cui all’art. 1923 c.c.[62], nelle ipotesi in cui le polizze non assolvano ad alcuna funzione di tipo previdenziale.

È evidente che, dal punto di vista del regime giuridico, le conseguenze siano estremamente rilevanti. Tuttavia, la riconduzione al puro “mercato finanziario” sembra esser vista come extrema ratio dalla giurisprudenza prevalente che ha preferito optare per l’ampliamento del contratto di assicurazione (conformemente alla filosofia del Regolamento PRIIPs).

In altre parole, le polizze linked integrerebbero, a normativa vigente, un contratto assicurativo, più precisamente, un contratto con una causa mista in cui prevale la funzione assicurativa rispetto a quella finanziaria. Questo si verifica solo nel caso in cui l’impresa assicurativa offra, oltre al rimborso completo del capitale pagato dall’assicurato per adempiere ai propri obblighi (che rappresenta il “livello minimo” per valutare il rischio demografico e perseguire almeno un obiettivo di risparmio), anche il pagamento di un importo aggiuntivo al beneficiario come rendimento. Quest’ultimo è lo scopo tipico di chi stipula una polizza di tipo “variabile”.

Di conseguenza, secondo la prospettiva appena esposta, la componente finanziaria della polizza linked non può influire negativamente sulle aspettative dell’assicurato o dei beneficiari di ottenere, in caso di sinistro, una somma complessiva superiore a quella versata come premio, proprio a causa della valorizzazione della componente demografica.

In conclusione, la componente finanziaria menzionata può influenzare il rapporto complessivo solo nei limiti definiti dalla funzione prettamente assicurativa, ossia previdenziale. D’altra parte, se le parti prevedessero solo una garanzia di rendimento “minimo”, che a causa delle fluttuazioni del valore degli strumenti finanziari potrebbe addirittura essere inferiore ai premi complessivamente pagati dal contraente, ciò impedirebbe il raggiungimento della funzione previdenziale. Questo comporterebbe l’esclusione delle polizze in questione dalla categoria dei contratti assicurativi previdenziali e il loro inserimento nella categoria dei puri contratti finanziari.

Sulla base di queste interpretazioni è evidente un iter di avvicinamento dei due mercati. La piena assimilazione di questi prodotti al “mercato finanziario”, però, rischierebbe di creare una situazione di attrito con i prodotti che, invece, nascono e crescono ad uso e consumo del mercato finanziario. Per questo motivo, il legislatore sembrerebbe aver introdotto il genus dei contratti assicurativo-finanziari. Questa soluzione di compromesso, individuata anche dalla giurisprudenza, sembrerebbe soddisfare più le esigenze di tutela degli assicurati che rispettare la vera natura delle polizze linked.

Su un altro versante, però, l’egida della valutazione in concreto della “funzione previdenziale” e del “rischio demografico” crea un perenne stato di incertezza che sembra ridurre la portata degli interventi normativi.

Probabilmente, con questi prodotti, il contratto assicurativo risulta tradito e si sta verificando una “frode delle etichette” ma, ciò nonostante, manca una vis attractiva verso il puro “mercato finanziario”.

Inoltre, al fine di evitare la fuoriuscita delle polizze linked dal sistema assicurativo, anche le regole relative product oversight and governance[63], introdotte dalla Direttiva Distribuzione dei prodotti assicurativi (c.d. IDD – Insurance Distribution Directive) e recepite nella legislazione nazionale tramite l’art. 30-decies del Codice delle assicurazioni private e dal Regolamento IVASS n. 45/2020, sembrano dover svolgere un ruolo significativo[64]. Queste regole sono particolarmente orientate al mercato di riferimento del prodotto e alle categorie di clienti a cui è destinato, prendendo in considerazione i rischi che potrebbe comportare per tali clienti e le garanzie a cui sono sottoposti o da cui sono esclusi.

Definitivamente, però, resta il perenne regime di incertezza.

L’unica soluzione accettabile sembrerebbe quella operante sul piano legislativo primario e non sul frastagliato piano secondario o giurisprudenziale che, come evidenziato, è costretto a muoversi secondo una metodologia casistica. Non è possibile una valutazione “polizza per polizza” e “tipo per tipo”, ma è necessaria una riconduzione unitaria, anche a costo di un definitivo superamento della teoria della causa mista.

Questi strumenti – a parere di chi scrive – nel paniere delle scelte dell’assicurato-investitore, sembrerebbero ormai rivolgersi al “mercato finanziario” e la categoria dei prodotti assicurativi-finanziari costituirebbe la conferma di ciò. È evidente: è una soluzione di compromesso, adottata in un’ottica di estensione delle tutele, ma che sconta un tradimento alla sua vera natura. Si attrae nel sistema assicurativo un prodotto che, secondo i tradizionali insegnamenti, si allontana da quello stesso sistema di “riparo contro gli imprevisti” di cui si è parlato nel primo paragrafo della presente trattazione.

In definitiva, il legislatore dovrebbe inquadrare questa tipologia contrattuale in uno dei mercati; una scelta per il “mercato finanziario” o per il “mercato assicurativo”, ammortizzandone le conseguenze negative e conferendo certezza al sistema delle polizze linked, anche in punto di disciplina informativa. È, indubbiamente, un’aspettativa di complessa realizzazione, ma la scelta verso il “mercato finanziario” o una definitiva “finanziarizzazione del mercato assicurativo” – che sembra essere nell’intenzione del legislatore – è doverosa, perché consentirebbe di garantire certezza giuridica a questo strumento giuridico estremamente diffuso.

[1] Tra le “calamità” è doveroso menzionare la pandemia da COVID-19 del 2020. Il mercato assicurativo si è trovato a fronteggiare una sfida senza precedenti con l’avvento del COVID-19. La pandemia ha innescato una catena di eventi imprevedibili, scuotendo le fondamenta della sicurezza e portando il settore assicurativo a rivedere le proprie strategie di fronte a un nemico invisibile. Il virus ha dimostrato di essere un avversario tanto insidioso quanto imprevedibile. Le compagnie assicurative, tradizionali custodi della stabilità finanziaria, sono state chiamate a ridefinire le loro politiche di copertura in un mondo che si è trasformato improvvisamente. La sanità è diventata il campo di battaglia principale, e le polizze sanitarie hanno assunto un ruolo cruciale nel fornire uno scudo finanziario contro i costi imprevisti e le conseguenze della malattia. Le assicurazioni sulla vita, in particolare, hanno guadagnato nuova rilevanza, offrendo un senso di sicurezza in tempi in cui la mortalità è diventata una realtà quotidiana. La pandemia ha spinto molti individui a riflettere sulla propria vulnerabilità, portando a un aumento dell’interesse per le polizze che non solo proteggono il presente ma gettano un ponte di sicurezza per i loro cari nel futuro incerto.

[2] Con riferimento all’incertezza soggettiva dell’assicurato, F. Marchionni, L’impresa assicurativa. Fabbrica, finanza e ruolo sociale, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006, cit. p. 29, «Questi non operano infatti in un quadro di tipo deterministico, in cui a ogni decisione e azione corrisponde un risultato certo: si trovano nella situazione di dover agire ed effettuare delle scelte avendo di fronte a sé un futuro incerto, che devono cercare di prevedere, o almeno gestire, nel migliore dei modi. Ogni volta che una famiglia o un’impresa effettua una scelta si trova di fatto di fronte a diversi scenari possibili (“stati di natura”) e, non essendo in grado di prevedere con sicurezza quale si verificherà, deve operare in condizione di incertezza o di rischio. Con incertezza si intende un evento futuro in relazione al quale il soggetto economico non dispone di elementi sufficienti per prevedere in alcun modo le probabilità di accadimento dei diversi possibili scenari. Per rischio o alea ci si riferisce alla situazione in cui l’operatore è in grado di visualizzare tutti gli “stati di natura” e riesce in qualche modo a stimarne le relative probabilità».

[3] In un’epoca in cui l’incertezza può colpire in qualsiasi momento, dall’emergere di pandemie globali a eventi climatici estremi e rischi cibernetici, il “mercato assicurativo” e gli “strumenti assicurativi” hanno assunto un ruolo di primo piano nell’attenuare le conseguenze finanziarie di questi “eventi imprevedibili”. Le polizze diventano i bastioni che proteggono le case dall’assalto del caso, i baluardi che riparano le navi dall’inesorabile tempesta finanziaria.

[4] Il termine “globalization” comparve per la prima volta nel Webster’s New International Dictionary del 1961, anche se era già utilizzato dagli economisti alla fine degli anni ‘30. La tradizione attribuisce però la genesi del termine a Theodore Levitt, un professore della Harvard Business School, che lo utilizzò nel suo saggio “Globalisation of Markets” del 1983. La globalizzazione è un fenomeno socioeconomico che si è manifestato a partire dalla seconda metà del XX secolo e che ha portato a una maggiore interconnessione tra le diverse parti del mondo in termini di economia, cultura e comunicazione. Tale fenomeno è stato favorito dalle nuove tecnologie di comunicazione e trasporto, che hanno reso più facile e veloce lo scambio di merci e informazioni tra i paesi. Grazie alla globalizzazione, le imprese hanno la possibilità di accedere a nuovi mercati, aumentando le possibilità di crescita economica e di riduzione dei costi produttivi. La letteratura sulla globalizzazione è estremamente vasta; si riporta ex multis S. Sassen, Una sociologia della globalizzazione, Torino, 2008; A. Giovagnoli, Storia e globalizzazione, Roma, 2021; U. Beck, Che cosa è la globalizzazione. Rischi e prospettive della società planetaria, Roma, 2009; U. Beck, La società cosmopolita. Prospettiva dell’epoca postnazionale, Bologna, 2003; D. Zolo, Globalizzazione una mappa dei problemi, Roma, 2004. Diversamente, per un approfondimento strettamente giuridico della globalizzazione si veda N. Irti, Le categorie giuridiche della globalizzazione, Padova, 2002.

[5] M. R. Ferrarese, Le istituzioni della globalizzazione, Bologna, 2010, cit. p. 7.

[6] Per la definizione di mercato si veda, ex multis M. R. Ferrarese, Immagini del mercato, in Stato e mercato, 35, Bologna, 1992, cit. p. 291, la quale afferma che «Il concetto di mercato è uno dei più usati dagli economisti. Anche in sociologia e, più in generale, nelle scienze sociali (scienza politica, storia, filosofia), ci si imbatte di frequente in questo termine. Ma ad un uso tanto frequente, ed esteso a discipline diverse, non corrisponde una parallela attenzione data nella letteratura a tale concetto. Generalmente il concetto di mercato viene assunto come un dato carico di riferimenti a pochi e condivisi tratti caratteristici, e viene usato senza ulteriori precisazioni o indagini analitiche. Com’è stato rilevato, la tendenza a considerare il concetto di mercato una «unexamined assumption» appare specialmente macroscopica in economia: a scorrere la letteratura economica, si trovano poche opere dedicate al mercato in quanto tale, anche se il termine compare più o meno».

[7] Come evidenziato da M. Miola, Sui rapporti tra assicurazione e mercati finanziari: il caso delle polizze linked, in Giurisprudenza Commerciale, 4, 2023, Milano, cit. p. 579, «In effetti, non è difficile enucleare nella disciplina di queste imprese taluni profili — basti pensare alla vigilanza prudenziale, al regime di autorizzazione all’attività, alle regole in tema di conti annuali e consolidati e di modalità di impiego delle disponibilità raccolte, alla disciplina del gruppo assicurativo — che si riassumono nella loro sottoposizione ad uno statuto speciale paragonabile nelle sue grosse linee a quello di altri intermediari finanziari, in primo luogo le banche».

[8] Sulla genesi dei prodotti assicurativo-finanziari, si veda l’approfondita ricostruzione di P. Corrias, I prodotti assicurativo-finanziari: genesi ed evoluzione, in Assicurazioni, 4, 2021, Torino, p. 582 ss.

[9] Il riferimento è al “Testo unico bancario” o T.U.B. (d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385), al “Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria” o T.U.F. (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) e, infine, al “Codice delle assicurazioni private” (d.lgs. 9 settembre 2005, n. 209).

[10] M. Miola, Sui rapporti tra assicurazione e mercati finanziari: il caso delle polizze linked, in Giurisprudenza Commerciale, 4, 2023, Milano, cit. p. 580.

[11] Sul punto, R. Giovagnoli, Diritto civile, Torino, 2022, p. 1670.

[12] Come nel caso delle c.d. polizze linked pure di cui si vedrà più avanti.

[13] Con una nota di colore, si può notare una certa avversione al “rischio” anche in esempi della cinematografia. Celebre il film “La tempesta perfetta” dove il capitano comandante del peschereccio si trova nel dubbio tra: affrontare una tempesta per ottenere una ricca pesca o, senza correre alcun rischio, tornare in porto con risultati ittici deludenti. L’avversione al rischio, almeno in questo caso, non è connotata da un lieto fine.

[14] Seppur smentito dalla giurisprudenza maggioritaria della Suprema Corte, una parte della dottrina, ponendo in rilievo l’importanza del fondo premi rispetto alla ripartizione del rischio, ha teorizzato il contratto di associazione come un contratto di tipo associativo con “comunione dei rischi”. Sul punto si veda A. La Torre, Assicurazione, in Enciclopedia del diritto, Annali: I, Milano, 2007, p. 127 ss.

[15] Il 2023 è stato per l’Italia un anno cruciale, in cui l’inflazione è emersa come una variabile determinante nell’andamento economico del paese. I dati recenti indicano un aumento moderato dei prezzi, ma è l’analisi dei fattori sottostanti a rendere questo fenomeno una sfida che richiede un’attenzione particolare. Il settore energetico continua a esercitare una notevole pressione sull’inflazione, con i costi del petrolio e delle materie prime che oscillano in modo imprevedibile. La dipendenza dell’Italia dalle importazioni energetiche mette il paese in una posizione delicata, poiché le fluttuazioni globali influenzano direttamente i costi della produzione e dei trasporti, aumentando il prezzo finale dei beni e dei servizi.

[16] In via generale, la “bancassicurazione” è una pratica attraverso la quale le banche e le compagnie assicurative collaborano per offrire una gamma integrata di servizi finanziari e assicurativi ai clienti. In sostanza, le banche agiscono come intermediari per la vendita di prodotti assicurativi insieme ai loro servizi bancari tradizionali. Questo modello consente alle banche di diversificare le loro offerte e di fornire ai clienti un’unica fonte per le loro esigenze finanziarie e assicurative. D’altra parte, le compagnie assicurative possono ampliare la loro rete di distribuzione raggiungendo nuovi clienti attraverso la vasta base di clienti delle banche. Sul tema, si veda ex multis L. Mezzasoma, La Banca-Assicurazione, Napoli, 2017; D. Siclari, Bancassurance e contrattualistica di settore, in F. Capriglione, I contratti deli risparmiatori, Milano, 2013, p. 433 ss.; A. Gambaro, La bancassurance e le aspettative della clientela, in Diritto ed economia delle assicurazioni, 2, 2011, Milano, p. 579 ss.; P. Corrias, Il fenomeno della bancassicurazione, in Studi in onore di Francesco Capriglione, I, Padova, 2010, p. 535 ss.; P. Aicardi, M. Pompella, Innovazione, strategie ed esperienze nel settore assicurativo: dalla bancassicurazione al Private insurance, Torino, 2007.

[17] M. Miola, Sui rapporti tra assicurazione e mercati finanziari: il caso delle polizze linked, in Giurisprudenza Commerciale, 4, 2023, Milano, Giuffrè, cit. p. 580, «E così, partendo dall’esigenza di porre il contraente al riparo dall’inflazione mediante il ricorso a polizze indicizzate, si giunge alle polizze rivalutabili: in esse viene offerta una potenziale remunerazione aggiuntiva derivante dalla gestione degli attivi posti a copertura delle riserve tecniche, attraverso cui l’assicurato viene chiamato a partecipare almeno in parte al rischio finanziario conseguente ai risultati dell’investimento dei premi operato dall’impresa di assicurazione, in modo da incidere sul valore originariamente fissato della prestazione dovuta».

[18] Sul punto, M. Onado, Economia e regolazione del sistema finanziario, Bologna, 2017, p. 304 ss.; G. Forestieri, P. Mottura, Il sistema finanziario, Milano, 2017, p. 304 ss.

[19] Il riferimento è agli articoli 1102 e 1951 del Codice civile italiano del 1865. Sul tema, si veda A. Gambino, L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, Napoli, 2015.

[20] Come evidenziato da M. Gagliardi, Il contratto di assicurazione. Spunti di atipicità ed evoluzione del tipo, Torino, 2009, p. 18.

[21] Una disposizione che richiama, in grandi linee, l’art. 417 del Codice del commercio del 1882 che statuiva: «l’assicurazione è il contratto con cui l’assicuratore si obbliga, mediante un premio, a risarcire le perdite o i danni che possono derivare all’assicurato da determinati casi fortuiti o di forza maggiore, ovvero pagare una somma di denaro secondo la durata o gli eventi della vita di una o più persone».

[22] Sebbene vi sia una parte della dottrina che, affermando l’unicità della figura contrattuale assicurativa, critica la distinzione ontologica tra l’assicurazione “danni” e quella “vita”. Sul punto, C. Vivante, Trattato di Diritto Commerciale: vol. IV, Milano, 1926, p. 356. Invece, come osservato da F. Santi, Art. 1882, in P. Cendon (a cura di), Commentario al codice civile, Milano, 2010, cit. p. 10, «L’enunciato normativo dell’art. 1882 c.c., che fissa la nozione di contratto di assicurazione si presta ad alcune osservazioni preliminari. Esso aderisce all’idea di configurare in termini unitari questo contratto, il che è illusorio. Si tratta di due definizioni, dal momento che il pensiero giuridico non ha espresso una concezione unitaria sotto il profilo della causa dei due tipi contrattuali indicati in quella descrizione (assicurazione dei danni e sulla vita)».

[23] Come osservato da A. La Torre, Le assicurazioni, Milano, 2007, cit. p. 14, «La possibilità o probabilità dell’evento futuro, talora incerto solo quanto al momento del suo accadimento, costituisce il rischio. Esso viene considerato requisito essenziale o presupposto del contratto, che non si identifica con la causa, né con l’oggetto del contratto, che è costituito dalle prestazioni cui sono tenute le parti».

[24] A. Torrente, P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 2019, cit. p. 815.

[25] Si distingue tra: assicurazione per il caso di morte, se l’assicuratore si obbliga a pagare al beneficiario dell’assicurazione una somma o una rendita alla morte dell’assicurato; assicurazione per il caso di sopravvivenza, se l’assicuratore si obbliga a pagare all’assicurato o al terzo beneficiario una somma o una rendita a un’epoca fissa, nel caso l’assicurato sia ancora in vita.

[26] Come osservato ex multis da F. Pecennini, Dell’assicurazione, Bologna, 2011, p. 213 ss.

[27] Tuttavia, si segnala una minoritaria opinione dottrinale che afferma l’irrilevanza del rischio demografico e, conseguentemente, della funzione previdenziale. Secondo questa tesi, il modello prefigurato dal legislatore del 1942 era già connotato da una componente di natura finanziaria, espressa dal calcolo del probabile rendimento delle somme versate dal contraente-assicurato. Sul punto, si veda G. Volpe Putzolu, Le polizze linked tra norme comunitarie, Tuf e codice civile, in Assicurazioni: rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni private, 1, 2012, Roma, p. 410.

[28] Per gestire il rischio demografico, le compagnie di assicurazione sulla vita utilizzano modelli statistici e attuariali avanzati per valutare e prevedere le tendenze demografiche. Inoltre, possono adottare strategie di gestione del rischio, come la diversificazione dei loro portafogli di polizze assicurative e l’aggiornamento regolare dei premi in base alle condizioni del mercato e alle caratteristiche demografiche.

[29] Come evidenziato da P. Corrias, I prodotti assicurativo-finanziari: genesi ed evoluzione, in Assicurazioni, 4, 2021, Torino, p. 582 ss.

[30] Sul punto, M. Rossetti, Il diritto delle assicurazioni: vol. III, Padova, 2013, p. 955 ss.

[31] Sul punto, A. Casà, Sulla natura giuridica della c.d. polizza unit linked, in Il Corriere Giuridico, 2, 2021, Milano, p. 220.; G. Volpe Putzolou, Le polizze Unit Linked e Index Linked (ai confini dell’assicurazione sulla vita), in Assicurazioni: rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni private, 1, 2000, Roma, p. 234.

[32] Oltre alle polizze assicurative linked, nell’ambito dei prodotti assicurativo-finanziari, è possibile menzionare il contratto di capitalizzazione di cui al ramo V e le convenzioni di gestione dei fondi pensione di cui al ramo VI.

[33] Come evidenzia P. Corrias, I prodotti assicurativo-finanziari: genesi ed evoluzione, in Assicurazioni, 4, 2021, Torino, cit. p. 584 ss., «La relativa legge di attuazione (22 ottobre 1986, n. 742), infatti, ha esteso l’ambito delle figure dei rami vita, contemplando nell’art. 1 e nella classificazione dei rischi per ramo di cui all’Allegato A, anche le assicurazioni sulla durata della vita umana connesse con fondi di investimento, le operazioni di capitalizzazione e le operazioni di gestione dei fondi pensione: ossia, come si è appena rilevato, le tre tipologie che non presentano (o possono non presentare, nel caso delle polizze del ramo III) natura assicurativa. Va però precisato che prima del 1979 le polizze collegate (unit e index linked) erano già conosciute e ampiamente praticate in altri paesi sia europei che non europei: nell’ordinamento nordamericano, già dagli anni ‘50 del secolo scorso; nel Regno Unito, in epoca di poco successiva». Sul punto si veda anche M. Miola, Il risparmio assicurativo, Napoli, 1988, p. 6 ss.

[34] Sulla genesi delle “polizze linked”, M. Rossetti, Il diritto delle assicurazioni: vol. III, Padova, 2013, cit. p. 956, «Le prime polizze linked apparvero nel 1950 in Olanda, ma restarono un fenomeno circoscritto […] sin dalla loro genesi le polizze linked costituirono prodotti ibridi, in cui si mescolavano elementi tipici dell’assicurazione (pochi) ed elementi tipici dei contratti di investimento in strumenti finanziari (molti), e questa natura venne colta dalla giurisprudenza d’oltreoceano: sin dal 1959, infatti, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America stabuli che le variable annuities offerte dal CREF costituivano strumenti finanziari (securities – Liam x), e dovessero essere soggette ai controlli ed alle regole dettate dall’autorità di vigilanza di quel Paese, la Securities ed Exchange Commission (SEC)».

[35] Nel quale si includono «le assicurazioni, di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento».

[36] Nel quale si includono «le operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l’erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell’attività lavorativa».

[37] Una parte della dottrina suddivide le polizze linked in tre classi principali. P. Corrias, I prodotti assicurativo-finanziari: genesi ed evoluzione, in Assicurazioni, 4, 2021, Torino, cit. p. 583, «Esse possono essere ricondotte a tre classi principali: i) le polizze unit linked agganciate a fondi interni, ossia costituiti e gestiti dalla stessa impresa di assicurazione all’interno delle riserve matematiche afferenti alle polizze in esame; ii) le polizze unit linked agganciate a fondi esterni rispetto all’impresa, ossia a fondi comuni di investimento; iii) le polizze index linked con prestazioni non dipendenti dalle quote di un fondo – sia esso interno od esterno rispetto all’impresa – ma da un indice azionario o da un altro valore di riferimento. Tratto comune e caratterizzante di questi modelli è che la prestazione dell’impresa non dipende unicamente dal verificarsi dell’evento – incerto nell’an o nel quando – della vita contemplato (c.d. rischio demografico) ma dall’andamento del mercato finanziario, ossia da parametri, quali il valore delle quote dei fondi interni o di quelli esterni, oppure dall’altro valore di riferimento».

[38] Sul tema N. Salanitro, Prodotti finanziari assicurativi collegati ad obbligazioni Lehman Brothers, in Banca, borsa, e titoli di credito, 1, 2009, Milano, p. 491 ss.

[39] Sul tema si veda A. Pancallo, Le polizze linked e le esigenze di tutela degli investitori, in Contratto e impresa europa, 2, 2019, Bologna, p. 736 ss.; F. Greco, Dall’informazione precontrattuale alla product governance: la tutela del risparmiatore tra paternalismo normativo e nuovi modelli di controllo, in Rivista di diritto bancario, 1, 2017, p. 10 ss.

[40] Sul rapporto tra mercato assicurativo e mercato mobiliare prima dell’emanazione del T.U.F., è possibile menzionare l’inedito studio di M. Miola, Il risparmio assicurativo, Napoli, 1988.

[41] Sul punto, M. Miola, Sui rapporti tra assicurazione e mercati finanziari: il caso delle polizze linked, in Giurisprudenza Commerciale, 4, 2023, Milano, cit. p. 580. Sui profili di “tutela”, si veda A. PANCALLO, Le polizze linked e le esigenze di tutela degli investitori, in Contr. Impr. Eur., 2019, 2, 736 ss.

[42] Sulla ratio di tale disposizione, M. Stella Richter, L’attività di gestione del risparmio di banche e assicurazioni, in E. Gabrielli, G. Lener (a cura di), I contratti del mercato finanziario, Torino, p. 666 ss.

[43] Come evidenziato da P. Corrias, I prodotti assicurativo-finanziari: genesi ed evoluzione, in Assicurazioni, 4, 2021, Torino, cit. p. 586, «Una parte della dottrina, infatti, non si era rassegnata a tale esclusione, sottolineando l’esigenza dell’assicurato-investitore non solo di avere come controparte un soggetto dalla comprovata solidità finanziaria – requisito garantito dalla normativa settoriale assicurativa – ma anche e, soprattutto, di poter beneficiare della tutela informativa rafforzata – mirante ad assicurare trasparenza e correttezza sia nella fase di sollecitazione che in quella successiva di gestione dell’investimento – che, invece, era maggiormente assicurata dalla normativa primaria del TUF e dalla normazione secondaria e dai controlli della CONSOB». Tra gli altri, M. Stella Richter, Obbligo di restituire e obbligo di gestire nell’attività finanziaria: alla ricerca di una disciplina per gli “ibridi” bancari e assicurativi, in Banca, impresa, società, 2002, Bologna, p. 495 ss.; M. Stella Richter, L’attività di gestione del risparmio di banche ed assicurazioni, in E. Gabrielli, R. Lener (a cura di), I contratti del mercato finanziario, Torino, 2004, p. 662 ss.; R. Costi, L. Enriques, Il mercato mobiliare, Padova, 2004, p. 94.

[44] Sul “contratto misto”, si veda la definizione fornita da V. Roppo, Il contratto, Giuffrè, Milano, 2011, cit. p. 405, dove si afferma che «I contratti misti (o “complessi”) sono contratti in cui figurano elementi di tipi contrattuali diversi. […] Il contratto misto è un contratto unico, con unica causa, nella quale peraltro si combinano elementi di tipi diversi: tanto che lo si definisce anche contratto a “causa mista”».

[45] Si veda, Cass. Civ., 18 aprile 2012, n. 6062; Cass. Civ., 18 maggio 2021, n. 13517;

[46] M. Miola, Sui rapporti tra assicurazione e mercati finanziari: il caso delle polizze linked, in Giurisprudenza Commerciale, 4, 2023, Milano, cit. p. 581.

[47] M. Miola, Sui rapporti tra assicurazione e mercati finanziari: il caso delle polizze linked, in Giurisprudenza Commerciale, 4, 2023, Milano, p. 581.

[48] Sui menzionati criteri V. Roppo, Il contratto, Milano, 2011, cit. p. 407, «Il trattamento dei contratti misti può determinarsi in base a due criteri: il criterio della combinazione e quello dell’assorbimento (o della prevalenza). Per il criterio della combinazione al contratto si applicano congiuntamente le discipline di entrambi i tipi contrattuali: per stare all’esempio, A avrà contemporaneamente i diritti e gli obblighi del locatore nonché i diritti e gli obblighi del mittente, mentre B avrà contemporaneamente i diritti e gli obblighi del conduttore nonché quelli del vettore. Il criterio dell’assorbimento o della prevalenza opera in via eventuale, quando le discipline dei due tipi risultino, per qualche aspetto, incompatibili fra loro: e fa sì che al contratto si applichi la disciplina del tipo prevalente, che sul punto in questione assorbe e mette fuori gioco la disciplina dell’altro».

[49] P. Corrias, I prodotti assicurativo-finanziari: genesi ed evoluzione, in Assicurazioni, 4, 2021, Torino, cit. p. 586. Sul punto, si veda anche A. Fabiano, La riforma della disciplina delle polizze linked nelle disposizioni del TUF e dei regolamenti di attuazione: le ragioni di una scelta, in Diritto e fiscalità dell’assicurazione, 2012, Milano, p. 283 ss.

[50] G. Lener, L’offerta al pubblico di fondi pensione, polizze assicurative e strumenti finanziari in prospettiva italiana e comparata, in Contratto e Impresa. Europa, Padova, 2006, p. 495 ss.

[51] Come evidenziato da M. Miola, Sui rapporti tra assicurazione e mercati finanziari: il caso delle polizze linked, in Giurisprudenza Commerciale, 4, 2023, Milano, cit. p. 581, «Il legislatore si è, in sostanza, reso conto degli evidenti ostacoli che si pongono alla conservazione di assetti regolamentari difformi, stante la diffusa convergenza tra le strategie distributive dei diversi intermediari finanziari e la loro indubbia influenza sulla più generale integrazione tra i mercati dei rispettivi prodotti; oltre che dell’accresciuta centralità del ruolo della disciplina di trasparenza nelle funzioni della vigilanza di settore, ad integrazione degli obiettivi di stabilità».

[52] L. Brizi, Le nuove categorie normative in materia di prodotti assicurativi finanziari, in Danno e responsabilità, 1, 2019, Assago, p. 24 ss.

[53] Tra cui, P. Corrias, I prodotti assicurativo-finanziari: genesi ed evoluzione, in Assicurazioni, 4, 2021, Torino, p. 587.

[54] Conosciuto anche come IBIP (Insurance-Based Investment Product).

[55] A. Casà, Sulla natura giuridica della c.d. polizza unit linked, in Il Corriere Giuridico, 2, 2021, Milano, cit. p. 220., che evidenzia come «Un quadro siffatto appare invero caratterizzato da una relazione logica fra “luoghi normativi” che non necessariamente corrispondono a fonti fra loro gerarchicamente ordinate: al riguardo, appare qui utile il richiamo alla dicotomia, da tempo proposta da un illustre Autore, fra diritto privato generale e diritto secondi, quale concezione che – nel superare il rapporto “formale” fra fonti dell’ordinamento – illumina i collegamenti logici fra le disposizioni normative che enucleano fattispecie, concetti e categorie “generali” del sistema privatistico, e gli ulteriori “ceppi normativi” che sono “spostati dal tronco centrale del diritto comune e assoggettati a una logica diversa”, con particolare riferimento a settori “nuovi” della vita sociale, che abbisognano di specifica disciplina e, allo stesso tempo, della riconduzione di quest’ultima “a sistema”».

[56] Sul tema, C. Castronovo, Diritto privato generale e diritti secondi la ripresa di un tema, in Europa e diritto privato, 2, 2006, Milano, p. 399, che sottolinea il rapporto tra diritto privato generale e diritto secondo, dove si segnala la possibilità di estendere analogicamente le disposizioni del diritto secondo.

[57] E. Sabatelli, I prodotti misti assicurativi e finanziari, in A. Patroni Griffi, M. Ricolfi (a cura di), Banche ed assicurazioni fra cooperazione e concorrenza, Milano, 1997, p. 107.

[58] Secondo la definizione dell’art. 1, lett. ss-bis, del D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 ed art. 1, lett. w-bis, del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58.

[59] In questo senso, F. La Fata, Causa in concreto delle polizze c.d. linked, rischio demografico “effettivo” e funzione previdenziale dell’assicurazione sulla vita, in Giurisprudenza commerciale, 2021, Milano, p. 594; F. La Fata, Ambito di applicazione dell’art. 1923 c.c. e qualificazione delle polizze linked, in V. Barba, S. Landini (a cura di), I contratti di assicurazione come strumento di pianificazione del passaggio generazionale e di gestione del patrimonio familiare, Napoli, 2020, p. 110 s.; L. Brizi, Le nuove categorie normative in materia di prodotti assicurativi finanziari, in Danno e responsabilità, 1, 2019, Assago, p. 24; M. Roma, Ancora sulle “unit linked” tra funzione nomofilattica ed armonizzazione coi programmi normativi di fonte comunitaria, in Assicurazioni, 2, 2019, Torino, p. 192.

[60] Tra cui Corte di Giustizia UE, 24 febbraio 2022, C-143/20 e C-213/20; Cass., 25 luglio 2022, n. 23073; Trib. Bergamo, 6 dicembre 2021, n. 2271; Cass., 5 marzo 2019, n. 6319; Cass., 30 aprile 2018, n. 10333; Cass., 18 aprile 2012, n. 6061.

[61] Che nei primi tre commi dispone che: «1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori, sono redatti per iscritto, in conformità a quanto previsto dagli atti delegati della direttiva 2014/65/UE, e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma, assicurando nei confronti dei clienti al dettaglio appropriato livello di garanzia. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. 2. È nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tal casi nulla è dovuto. 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente».

[62] Sul punto, Cass., SS. UU., 31 marzo 2008, n. 8271.

[63] Sul tema, si veda a C. Cimarelli, POG: il value for money delle polizze unit linked nella prospettiva della Vigilanza europea, in dirittobancario.it, 2021; P. Marano, La Product oversight and governance tra innovazione europea e divergenze parallele italiane, in Assicurazioni, 1, 2017, Milano, p. 211 ss.; P. Corrias, La direttiva UE 2016/97 sulla distribuzione assicurativa: profili di tutela dell’assicurando, in Assicurazioni, 1, 2017, p. 9 ss.; S. Marzucchi, La nuova disciplina della “Product oversight and governance” nel settore assicurativo, in Assicurazioni, 4, 2017, Milano, p. 411 ss.; E. Galanti, La “Product Oversight Governance” (POG) fra “marketing” e sana e prudente gestione, in Diritto dei mercati finanziari e assicurativi, 2, 2017, Napoli, pp. 359 ss. Invece, con specifico riferimento al value for money e i suoi impatti all’interno dei processi di Product Oversight and Governance della distribuzione assicurativa si veda R. Lo Conte, Il value for money nei processi POG: profili applicativi e prospettive future, in Rivista di diritto bancario, 2, 2023, Milano, p. 239 ss.

[64] A novembre del 2021, l’EIOPA (European Insurance and Occupational Pensions Authority) ha pubblicato un “Supervisory Statement” riguardante la valutazione del “value for money” nei prodotti assicurativi di tipo unit linked ai sensi della regolamentazione europea circa la product oversight governance (c.d. P.O.G.).

Di cosa si parla in questo articolo
Vuoi leggere la versione PDF?

WEBINAR / 16 Gennaio
Value for money: nuova metodologia dei benchmark


Metodologia EIOPA 7 ottobre 2024 per prodotti unit-linked e ibridi

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 13/12

La Newsletter professionale DB
Giornaliera e personalizzabile
Iscriviti alla nostra Newsletter