Con la sentenza in epigrafe la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla legittimità dell’accertamento sintetico di cui all’art. 38 commi 4 e 6 del D.P.R. n. 600 del 1973, posto in essere dall’amministrazione finanziaria nei confronti delle persone fisiche, fondato sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva in difetto di idonea valutazione della prova contraria fornita dal contribuente. La pronuncia trae origine dall’impugnazione promossa dal contribuente avverso taluni avvisi di accertamento emessi per le annualità 2002 e 2003 sulla base di elementi indicativi di capacità contributiva, quali la disponibilità di un conto corrente in Svizzera nonché il possesso e l’utilizzo di beni e servizi (tra cui automobile e immobile).
Sia la Commissione tributaria provinciale che regionale accolgono le doglianze del contribuente; in particolare il giudice di secondo grado risulta aver confermato la valenza probatoria delle dichiarazioni rese dal contribuente a giustificazione della sproporzione tra il reddito dichiarato per gli anni oggetto di accertamento e le spese opposte dall’Ufficio.
L’Ufficio propone ricorso per Cassazione eccependo che il giudice a quo avrebbe mancato di indicare le specifiche ragioni in forza delle quali gli elementi probatori addotti dall’Ufficio sarebbero risultati insufficienti. In accoglimento delle doglianze dell’Ufficio, la Suprema Corte cassa la sentenza gravata e in particolare rileva che il giudice a quo, avendo ritenuto che fosse onere dell’Ufficio dimostrare l’infondatezza delle dichiarazioni rese dal contribuente, ha errato in quanto così operando ha de facto introdotto un’inversione dell’onus probandi a carico dell’Ufficio non previsto dall’ordinamento.
I giudici di legittimità ricordano, infatti, il principio di diritto già affermato in passato[1] secondo cui in materia di accertamento sintetico gli elementi indicativi di capacità contributiva – costituiti dalla disponibilità di autoveicoli e di residenze principali o secondarie – rappresentano una presunzione di capacità contributiva da qualificare come “legale” ai sensi dell’articolo 2728 cod. civ., in quanto “è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità la esistenza di una capacità contributiva, senza che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’ufficio, abbia il potere di togliere ad essi la valenza presuntiva che il legislatore ha connesso alla disponibilità dei beni”.
[1] Cfr. Cass., n. 16284 del 2007