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Giurisprudenza

La modifica della proposta nel concordato preventivo

29 Aprile 2014

Avv. Cristian Fischetti, Senior Associate Lombardi Molinari Segni

Cassazione Civile, Sez. I, 24 aprile 2014, n. 9272

Di cosa si parla in questo articolo

Con la recente sentenza n. 9272 del 24 aprile 2014, la Suprema Corte ha affermato che per i concordati preventivi presentati prima dell’entrata in vigore della legge 7 agosto 2012, n. 134, che ha convertito con modificazioni il decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 (il cosiddetto “Decreto Sviluppo”), eventuali modifiche alla proposta concordataria originaria non devono essere accompagnate da una nuova relazione del professionista attestatore, sebbene le variazioni siano sostanziali e peggiorative per i creditori.

Tale pronuncia, nel puntualizzare una doppia regolamentazione nell’iter procedimentale da seguire per emendare le proposte di concordato, a seconda che la procedura sia pendente o meno prima della legge di conversione del Decreto Sviluppo, fornisce lo spunto per brevi considerazioni sulla disciplina, anche alla luce della normativa oggi vigente.

Il caso

Una società, ammessa alla procedura di concordato preventivo nel gennaio del 2011 con una proposta che prevedeva il quasi integrale pagamento dei creditori ipotecari e quello dei chirografari in una determinata misura percentuale, presentava nel giugno 2011, dopo aver ricevuto un’offerta irrevocabile di acquisto del proprio ramo d’azienda che non consentiva il mantenimento delle percentuali di soddisfazione in precedenza indicate ai creditori, una nuova proposta, che modificava in peius quanto originariamente prospettato.

Nonostante quanto precede, i creditori approvavano il concordato preventivo nella sua differente formulazione e il Tribunale competente procedeva con la sua omologazione.

Un istituto finanziario presentava prima in sede di giudizio di omologazione la propria opposizione, rigettata dal Tribunale insieme a quella di un altro creditore, e poi reclamo presso la Corte d’Appello competente, in entrambi i casi lamentando la non convenienza per i creditori della modifica alla proposta concordataria e la mancata presentazione di una nuova relazione dell’esperto a seguito delle variazioni apportate dal debitore in sede di procedura.

La Corte d’Appello rigettava il reclamo, rilevando sul primo motivo che il giudizio sulla convenienza economica della proposta è rimesso ai creditori e sottratto al giudice, cui è demandato solamente il controllo di legalità1, mentre sul secondo affermava che la modifica della proposta di concordato non doveva comportare una nuova stima dell’esperto: l’obbligo di presentare l’attestazione, infatti, costituiva solamente un requisito per l’ammissione alla procedura (già intervenuta), mentre in caso di modifiche alla proposta erano sufficienti, da un lato, un “sondaggio” del commissario giudiziale sul punto, e dall’altro, una tempestiva e completa comunicazione ai creditori sulle variazioni apportate prima dell’inizio delle votazioni.

L’orientamento assunto dai giudici di merito veniva condiviso dalla Corte di Cassazione, la quale sottolineava altresì l’inapplicabilità al caso in esame della nuova disciplina di cui all’articolo 161, co. 3, l.fall., introdotto con il Decreto Sviluppo, che al contrario prevede in modo specifico, in caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano concordatari, la necessità di acquisire una nuova relazione del professionista attestatore.

Modificabilità della proposta concordataria e iter procedimentale

Con il provvedimento in esame i Giudici hanno ricordato come le disposizioni di cui all’art. 161, co. 3, l.fall. non si applichino ai concordati preventivi pendenti prima dell’entrata in vigore delle novelle del 2012; pertanto, in caso di modifiche, anche sostanziali, della proposta concordataria originaria, non sarebbero necessarie nuove attestazioni. La Suprema Corte precisa, in ogni caso, che il debitore è tenuto a fornire ai creditori un quadro fedele della nuova situazione, affinché possano esprimere la propria volontà negoziale tramite un voto consapevole e sufficientemente informato in merito al contenuto della proposta rettificata.

Tale orientamento della Cassazione rappresenta l’indirizzo che è stato assunto in via maggioritaria prima del Decreto Sviluppo: si tratta di una sorta di compromesso tra chi sosteneva l’impossibilità di effettuare modifiche in peius alla proposta concordataria e chi, a seguito della “contrattualizzazione” della procedura di concordato preventivo e all’introduzione delle misure alternative per la soluzione della crisi di impresa avvenuta con il d.l. 35/2005, lo riteneva possibile proprio in virtù dell’autonomia negoziale. Secondo la giurisprudenza e la migliore dottrina, infatti, alla proposta concordataria potevano essere apportate anche modifiche peggiorative per i creditori, purché fossero messi in condizione di votare sulla base di informazioni adeguate2.

Il dubbio era rappresentato dal termine entro il quale era possibile modificare la proposta concordataria. L’iniziale incertezza interpretativa sull’arco temporale veniva però meno nel 2007: con l’introduzione del secondo comma dell’art. 175 l.fall., infatti, il Legislatore disciplinava specificatamente l’impossibilità per il debitore di modificare la proposta una volta iniziate le operazioni di voto (nell’adunanza dei creditori). Non precisava, invece, se le modifiche potessero essere anche in peius, cosicché la giurisprudenza (seppur non unanimemente) lo ha ritenuto possibile, purché i creditori ne venissero a conoscenza prima del proprio voto e il commissario giudiziale le analizzasse nella relazione ex art. 172 l.fall.

Invece, per i concordati preventivi successivi al Decreto Sviluppo del 2012, come ricordato dalla stessa Suprema Corte si applicano le disposizioni del nuovo art. 161, co. 3, l.fall., che impone una nuova attestazione dell’esperto in caso di modifiche sostanziali alla proposta ovvero al piano concordatari.

Il problema, oggi, è pertanto capire cosa si intenda per “modifiche sostanziali”. L’orientamento maggioritario, che si ritiene condivisibile, considera tali quelle variazioni che incidono in maniera significativa sulla posizione dei creditori o sull’esecuzione del piano (per esempio, sulle modalità di soddisfazione dei creditori). In questo caso è pertanto richiesta una ulteriore valutazione dell’esperto sulla fattibilità del piano, che, insieme all’attestazione di veridicità dei dati aziendali, rappresenta il contenuto imprescindibile della relazione del professionista3.

 

1

Si veda, in proposito, Cass. Civ., Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 12, 2013.


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2

Fra gli altri, Trib. Palermo, 18 maggio 2007, in Fall. 08, 75, secondo il quale la modifica della proposta di concordato può intervenire sino all’adunanza dei creditori prima che siano iniziate le operazioni di voto, senza che si renda necessaria una nuova relazione del professionista ai sensi dell’art. 161 l.fall. e un’ulteriore valutazione di ammissibilità ai sensi dell’art. 163 l.fall.; in senso conforme, Trib. Milano, 20 ottobre 2005, in Fall., 06, 578.


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3

Secondo App. Firenze, 10 aprile 2014, in IlCaso.it, qualora le modifiche alla proposta di concordatosiano di carattere migliorativo e in tal senso valutate dal commissario giudiziale, non sarebbe necessario produrre una seconda relazione di attestazione ex art. 161, co. 3, l.fall.


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