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Attualità

La natura giuridica dell’ACF (e dell’ABF) e delle relative decisioni

22 Aprile 2022

Manuela Malavasi, Partner, BonelliErede

Di cosa si parla in questo articolo

Da sempre incerta e dibattuta, la natura giuridica dell’ACF (Arbitro delle Controversie Finanziarie) è stata recentemente esaminata dal Tribunale di Roma, con la sentenza n. 3654 dell’8 marzo 2022, nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto sulla base di una decisione dell’ACF non adempiuta spontaneamente dall’intermediario.

In particolare, il cliente aveva sostenuto che la decisione dell’ACF integra “una fattispecie di lodo arbitrale e costituisce pertanto contratto ex art. 1372 c.c. avente forza di legge tra le parti” e che di conseguenza il “credito dallo stesso vantato “risulta inconfutabilmente dalla documentazione prodotta come certo liquido ed esigibile, nonché meritevole del riconoscimento di provvisoria esecutorietà ex art. 642 cpc””.

L’intermediario opponente aveva invece contestato l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma, non coincidente con il foro del convenuto e con il foro dell’obbligazione ex art. 20 c.p.c.

Al fine di definire la controversia, il Tribunale di Roma si è soffermato ad analizzare la natura giuridica dell’ACF, sistema di risoluzione delle controversie in materia di servizi o attività di investimento, estendendo peraltro le sue considerazioni anche al “fratello maggiore” dell’ACF, ossia l’ABF (Arbitro Bancario e Finanziario), che opera in caso di controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari.

Gli orientamenti dottrinali disattesi dal Tribunale

Secondo il Tribunale non convince la tesi dottrinale che assimila l’ACF/ABF alla conciliazione in quanto la procedura davanti all’Arbitro finanziario/bancario termina con un provvedimento decisorio, adottato secondo diritto, e suscettibile di definire l’intera controversia, seppur non vincolante. Al contrario, la conciliazione è una procedura finalizzata ad addivenire a una composizione bonaria della lite, anche grazie all’intervento di un terzo mediatore.

Non viene considerata convincente nemmeno la corrente dottrinaria che accosta l’ABF/ACF all’arbitraggio in quanto il Collegio non è chiamato a integrare il regolamento contrattuale tra le parti, ma a decidere sulle contrapposte esigenze, ad esito di un procedimento che ricalca un giudizio civile, ancorché in forma molto semplificata.

Parimenti, secondo la sentenza in esame, l’ACF/ABF non è avvicinabile ad un arbitrato, non essendo ravvisabile tra le parti alcun accordo assimilabile a un compromesso e tanto meno una volontà devolutiva dell’intermediario, dal momento che l’adesione a tali strumenti di alternative dispute resolution è obbligatoria. Inoltre, a differenza dell’arbitrato che può essere attivato da entrambe le parti e che termina con una decisione che può avere conseguenze giuridiche per entrambe, l’ABF/ACF può essere attivato solo su iniziativa del cliente, che peraltro non è esposto a conseguenze negative, dal momento che l’eventuale condanna può essere solo a carico dell’intermediario.

La “definizione descrittiva” del Tribunale di Roma

Esclusa la possibilità di ricondurre l’ACF/ABF entro schemi classificatori tradizionali, la sentenza in esame ne delinea una (condivisibile) “definizione descrittiva” che valorizza i seguenti elementi: l’iniziativa spetta ai soli clienti e si conclude con una decisione, e “non un accordo tra le parti”, che non può contenere una condanna del cliente, ma solo dell’intermediario; le decisioni “non sono vincolanti né hanno idoneità a passare in giudicato o costituire titolo esecutivo”; la “conformazione da parte degli intermediari ai dicta del Collegio dovrebbe essere assicurata tramite la c.d. “sanzione reputazionale”, vale a dire la pubblicazione della notizia dell’eventuale inadempimento”.

Sulla scorta di tale ricostruzione dell’istituto, la sentenza in esame ha “escluso che l’ACF dia luogo a un lodo arbitrale e costituisca un contratto stipulato ex art. 1372 c.c. avente forza di legge tra le parti” e ha dichiarato l’incompetenza del Tribunale di Roma, erroneamente adito dall’investitore in fase monitoria sulla base della considerazione che “stante la natura di lodo arbitrale irrituale, il foro competente era necessariamente quello di Roma poiché ivi era sorta l’obbligazione avendo l’ACF sede a Roma”.

La rilevanza pratica della pronuncia

Al di là della pronuncia di incompetenza territoriale nel singolo caso concreto, la decisione del Tribunale di Roma riveste un’indubbia rilevanza teorica e pratica. Le considerazioni svolte in merito alla natura dell’ACF/ABF e in particolare al fatto che le relative decisioni non danno luogo a un lodo, non costituiscono un contratto tra le parti e “non sono vincolanti né hanno idoneità a passare in giudicato o costituire titolo esecutivo” portano infatti a escludere (condivisibilmente) che le pronunce non adempiute possano essere utilizzate dal cliente per ottenere un decreto ingiuntivo per costringere l’intermediario ad eseguire la decisione.

Prima della sentenza in esame la non idoneità delle pronunce dell’ABF/ACF a fondare un procedimento monitorio era stata affermata da autorevoli studiosi[1], pur non mancando qualche voce dissonante[2].

L’approdo giurisprudenziale in esame, quindi, risulta rilevante anche in considerazione del fatto che negli ultimi tempi si sono intensificati i casi in cui i risparmiatori, a fronte di una pronuncia favorevole dell’ACF/ABF inadempiuta dall’intermediario, anziché avviare un giudizio ordinario, tentavano di trasformare, per il tramite del procedimento monitorio, le decisioni dell’Arbitro in un titolo esecutivo e ottenere così il pagamento di quanto liquidato a loro favore.

 

[1] V. Consiglio Superiore della Magistratura – Incontro di studio sul tema Le controversie bancarie Roma, 17-19 settembre 2012 (p. 12) “Si assume che la decisione dell’ABF non possa costituire nemmeno “prova scritta” ai fini dell’ammissibilità di un decreto ingiuntivo, né essere considerata dal giudice quale principio di prova nell’ambito di una sentenza favorevole alla parte le cui ragioni siano state riconosciute dall’Organo decidente”; Marcello Stella, Lineamenti degli arbitri bancari finanziari, CEDAM, 2016, pp. 83 ss.; Saverio Ruperto, L’ «Arbitro Bancario Finanziario», in Banca borsa tit. cred., 2010, 325; Ernesto Capobianco, I contratti bancari, UTET, 2016, pp. 724 s.; Bernardo Olivieri, L’arbitro bancario finanziario nell’ambito dei sistemi A.D.R. a contenuto decisorio, www.filodiritto.com

[2] V. Auletta, Arbitro bancario finanziario e sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, in Le società, 2011, p. 90, nonché, in termini dubitativi, Scarpa, Strumenti alternativi di risoluzione delle controversie bancarie e finanziarie, in Contratto e impresa, 2013, pp. 146 s.; Alessandro Bossi, L’arbitro Bancario Finanziario, Una nuova procedura di risoluzione stragiudiziale del contenzioso, in Il civilista, 2000.

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