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Nel caso in esame la società ricorrente lamentava la mancata ricezione della notificazione del ricorso per la dichiarazione del fallimento e assumeva una violazione dell’art. 15, comma 3, L.F., in combinato disposto con l’art. 107, comma 1, d.p.r. n. 1229/1959, dell’art. 111 Cost., nonché dell’art. 145c.p.c.
La Suprema Corte ha affermato, in primo luogo, che: “la ricorrente può dolersi del fatto che la notificazione non abbia avuto luogo presso la sede effettiva della società, giacché l’art. 15, comma 3, L.F. non contempla tale luogo tra quelli in cui deve eseguirsi la notifica stessa e tale esclusione trova fondamento nel medesimo principio di autoresponsabilità che onera l’interessato di munirsi di un valido e operante indirizzo PEC”. Come ricordato dal giudice delle leggi, a fronte della non utile attivazione del procedimento che si attua presso l’indirizzo telematico segue la notificazione presso la sede legale dell’impresa collettiva: ossia, presso quell’indirizzo da indicare obbligatoriamente nell’apposito registro ex l. 29 dicembre 1993 n. 580, la cui funzione è proprio quella di assicurare un sistema organico di pubblicità legale, sì da rendere conoscibili, e perciò opponibili ai terzi, nell’interesse dello stesso imprenditore, i dati concernenti l’impresa e le principali vicende che la riguardano: onde, «in caso di esito negativo di tale duplice meccanismo di notifica, il deposito dell’atto introduttivo della procedura fallimentare presso la casa comunale ragionevolmente si pone come conseguenza immediata e diretta della violazione, da parte dell’imprenditore collettivo, dei descritti obblighi impostigli dalla legge» (Corte cost. 16 giugno 2016, n. 146).
Inoltre, l’art. 15, comma 3, L.F., introduce una disciplina speciale semplificata che, coniugando la tutela del diritto di difesa del debitore con le esigenze di celerità e speditezza intrinseche al procedimento concorsuale, esclude l’applicabilità della disciplina ordinaria prevista dall’art. 145 c.p.c. per le ipotesi di irreperibilità del destinatario della notifica (Cass. 7 agosto2017, n. 19688).
Quindi, la Suprema Corte ribadisce che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 Cost. ed anche all’art. 111 Cost., dell’art. 15, comma 3, L.F., nella parte in cui prevede la notificazione del ricorso alla persona giuridica tramite posta elettronica certificata (PEC) e non nelle forme ordinarie di cui all’art. 145 c.p.c.: “è stato rilevato, in proposito, che, secondo quanto già affermato dalla cit. Corte cost. 16 giugno 2016, n. 146, la diversità delle fattispecie a confronto giustifica, in termini di ragionevolezza, la differente disciplina, essendo l’art. 145 c.p.c. esclusivamente finalizzato ad assicurare alla persona giuridica l’effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati, mentre la contestata disposizione si propone di coniugare la stessa finalità di tutela del medesimo diritto dell’imprenditore collettivo con le esigenze di celerità e speditezza proprie del procedimento concorsuale, caratterizzato da speciali e complessi interessi, anche di natura pubblica, idonei a rendere ragionevole e adeguato un diverso meccanismo di garanzia di quel diritto, che tenga conto della violazione, da parte dell’imprenditore collettivo, degli obblighi, previsti per legge, di munirsi di un indirizzo di PEC e di tenerlo attivo durante la vita dell’impresa (Cass. 20 dicembre 2016, n. 26333)”.