A far data dal 1 gennaio 2021 entreranno in vigore le nuove regole europee sulla definizione di “default” prudenziale a cui gli intermediari finanziari – bancari e non – dovranno allinearsi.
L’intervento in parola, atto ad armonizzare sempre più la regolamentazione prudenziale di matrice comunitaria, sia avuto riguardo ai requisiti patrimoniali, sia nell’ottica di garantire condizioni di parità trale istituzioni finanziarie e le diverse giurisdizioni coinvolte (c.d “Single Rulebook”), introduce, senza dubbio, criteri e modalità più stringenti rispetto a quelle finora adottate dagli intermediari finanziari italiani.
Il processo de quo prende avvio nel 2006 con la pubblicazione della Capital Requirement Directive[1] e, al netto di alcuni arresti normativi, giunge con la Capital Requirement Regulation (CRR) del 2013[2] a fornire una nozione uniforme della condizione di default del debitore.
In particolare l’art. 178 del regolamento da ultimo menzionato ha sancito le condizioni essenziali in presenza delle quali un debitore possa considerarsi in stato di default, delegando alle Autorità competenti – EBA e Commissione Europea – alla prima il compito di definire le linee guida sull’applicazione della definizione di default nonchè le norme tecniche sulle c.d. “soglie di rilevanza”[3], ed alla seconda di procedere alla determinazione quantitativa della misura delle soglie anzidette[4].
Si arriva così ad una struttura normativa complessa in forza della quale, stante il combinato disposto di più norme, si definiscono condizioni oggettive e soggettive affinchè un debitore possa considerarsi in default e soglie di rilevanza il cui superamento rende effettivo lo status nelle prime statuito.
Si avrà quindi, ai sensi dell’art. 178 della CRR, un default oggettivo – c.d. past due – se il debitore è in arretrato di oltre 90 giorni avuto riguardo ad un’esposizione creditizia (capitale, interessi ed eventuali commissioni) nei confronti dell’intermediario, ovvero un default soggettivo – unlikely to pay o inadempienza probabile – qualora l’intermediario giudichi improbabile che il debitore riesca ad adempiere integralmente alle sue obbligazioni creditizie senza procedere all’escussione delle garanzie che assistono il credito.
Acclarata la sussistenza di una condizione di past due questa rileverà, per quanto qui di interesse, se superiore a certe soglie – uniformi per l’intero territorio UE – dette “soglie di rilevanza” e distinte in ragione della natura della controparte (clientela retail, a cui per certi versi sono equiparate le PMI e clientela non retail).
In particolare, la soglia di rilevanza è caratterizzata da una componente relativa – pari all’1% dell’esposizione complessiva del debitore per qualsiasi tipologia di controparte – e da una componente assoluta pari a €100 per le esposizioni al dettaglio ed €500 per le altre esposizioni.
Può considerarsi in default un’esposizione che abbia superato entrambe le componenti per oltre 90 giorni consecutivi.
Pertanto, ipotizzando un cliente non retail, che abbia in essere un’unica posizione debitoria con l’istituto di credito, a cui sia stato erogato un finanziamento di €200.000 da restituirsi attraverso rate mensili da €2.000 cadauna, la condizione richiesta dalla c.d. “componente assoluta” si verificherà a seguito del mancato pagamento di una sola rata (poiché superiore ad €500), e, parimenti, la c.d. “componente relativa” (i.e. 1% dell’esposizione debitoria nei confronti dell’intermediario) sarà anch’essa raggiunta[5] in quel frangente. Dal momento in cui entrambe le soglie di rilevanza saranno superate decorrerà il termine di 90 giorni all’esito del quale si avrà poi il default.
Diversamente, è possibile addivenire ad una dichiarazione di default anche con riferimento a clienti che, pur non avendo arretrati rilevanti da oltre 90 giorni, non siano – a giudizio dell’intermediario – in grado di adempiere le obbligazioni assunte se non attraverso l’escussione delle garanzie prestate a copertura del credito, ovvero, in caso di posizione creditoria unsecured, non siano ritenuti in grado di adempiere puntualmente le obbligazioni assunte.
L’EBA nelle Linee Guida, al fine di armonizzare la discrezionalità (ancora) riconosciuta agli intermediari circa la possibilità di ricondurre una posizione unlikely to pay nel novero di quelle in default, ha quindi definito una serie di triggers in presenza dei quali la posizione deve essere qualificata nei termini anzidetti.
Inter alia, si segnalano le ipotesi in cui si abbia avuto una cessione del credito (argomento che sarà approfondito nel prosieguo), in cui si sia verificata una “ristrutturazione onerosa” (del debito) che comporti una remissione sostanziale di questo ovvero un differimento dei pagamenti in linea capitale, interessi o commissioni con una perdita superiore all’1% del debito originario, quella del fallimento del borrower, quella della presenza di accantonamenti specifici sull’esposizione secondo i principi contabili IFRS9, nonché la perdita di fonti di reddito e l’aumento del livello di leva finanziaria.
Al verificarsi di quanto sopra, tutte le esposizioni verso il debitore dovranno considerarsi in default.
Un’ulteriore novità connessa alla nuova definizione di default attiene al fatto che non è più consentita la compensazione degli importi scaduti con eventuali altre disponibilità presenti su altre linee di credito non utilizzate o parzialmente utilizzate. Pertanto, la banca sarà tenuta a classificare il cliente come in default anche in presenza di disponibilità su altre linee di credito non utilizzate.
Parimenti, appare significativo il c.d “contagio del default” in forza del quale, qualora sia applicata la nozione di default non a livello di singola linea – in caso di obbligazioni congiunte – se il rapporto cointestato è in default il contagio si estende alle esposizioni dei singoli cointestatari, mentre se tutti i cointestatari sono in default il contagio si estende automaticamente alle esposizioni oggetto della cointestazione.
Ciò anche alla luce del fatto che ora, se un cliente viene qualificato come in default presso una società del gruppo bancario, tale qualificazione si estende a tutte le società del gruppo.
Infine, è riconosciuta la possibilità per il debitore di “uscire” dalla condizione di default.
Questo è possibile qualora siano trascorsi almeno tre mesi dal momento in cui sono venute meno le condizioni di cui all’art 178 CRR (e, pertanto, il debitore abbia regolarizzato la sua posizione), ovvero un anno avuto riguardo ai clienti sottoposti a ristrutturazione del debito (ed in tal caso il borrower abbia / stia rispettando il piano/accordo), fermo restando che oggetto di valutazione dell’intermediario debba essere la condotta e la complessiva situazione finanziaria del debitore, con ritorno in bonis solo qualora questa sia ritenuta stabile in modo effettivo e permanente.
Si segnala che il cliente tornato in bonis non ha diritto alla automatica cancellazione della posizione di residuo arretrato dalla Centrale Rischi.
Particolare interesse suscita la disciplina che l’intervento normativo in commento riserva alle ipotesi di “cessione dell’obbligazione creditizia”, effettuate attraverso cartolarizzazioni dei crediti non sintetiche.
Al riguardo, le Linee Guida EBA definiscono in quali ipotesi una cessione creditizia debba considerarsi indice di default con conseguente classificazione in tal senso del debitore ceduto.
In particolare, gli intermediari saranno chiamati a valutare le ragioni della cessione: qualora quest’ultima sia stata effettuata con lo scopo di incrementare la liquidità dell’ente, ovvero per ragioni di politica aziendale, l’eventuale perdita conseguente alla cessione non è da considerarsi quale indice di default se l’intermediario sia in grado di documentare che la perdita (significativa) da lui sopportata non sia dettata dal deterioramento della possibilità di recupero della posizione creditizia (c.d. aumento del rischio di credito).
Se, invece, l’ente cede la posizione creditizia, subendo una perdita, in ragione della diminuzione della qualità creditizia degli attivi oggetto di cessione, qualora questa sia superiore al 5% Gross Book Value (GBV), la posizione creditoria ceduta dovrà considerarsi in default. In tale circostanza, la cessione parziale dei crediti vantati nei confronti di un debitore idonea a determinare perdite superiori al 5% fa sì che tutte le altre esposizioni verso il suddetto debitore debbano essere considerate in stato di default.
Infine, in caso di cessione di un portafogli crediti, qualora il prezzo dello stesso sia determinato applicando uno sconto al GBV complessivo, al verificarsi di una perdita economica superiore al 5%, si ha l’estensione a tutte le posizioni creditizie presenti nel portafoglio dello status di default.
Circostanza che, invece, non si verificherebbe qualora il prezzo del portafoglio sia determinato specificando il tasso di sconto applicato alle singole posizioni.
In conclusione, la ratio dell’intervento regolatore in parola è stata quella di uniformare, avuto riguardo alla tematica in commento, il sistema bancario / finanziario ai principi della vigilanza equivalente e della neutralità normativa.
Non vi è dubbio che i destinatari sono (e saranno) chiamati a significativi interventi sia in termini di governance, sia in termini di processo (pensiamo alla necessità di avere un costante e tempestivo monitoraggio delle diverse posizioni creditorie), sia di audit (attraverso una periodica disamina dei processi utilizzati dagli intermediari per l’identificazione delle situazioni di default).
Inoltre, non può non considerarsi il significativo impatto che l’intervento de quo avrà su posizioni già classificate come UtP[6], peraltro, diversamente dagliNpl, non assistite da qualsivoglia forma di sostegno pubblico, di cui, giova ricordare, si prevede un significativo incremento nei prossimi 18 mesi[7], con flussi più variegati poiché provenienti da diversi settori e di varie dimensioni che ora potranno/dovranno essere qualificate (e gestite) come in default, con ovvie conseguenze[8] in termini di applicabilità della disciplina dettata dal c.d. calendar provisioning[9].
In forza di quest’ultima, nella versione attuale, gli intermediari hanno l’obbligo di accantonamento prudenziale delle posizioni non performing (o cessione della stesse) pari al 100% per quelle unsecured entro 3 anni dalla classificazione ad Npe, e, a valori crescenti, del 100% per le quelle secured garantite da immobili entro 10 anni dalla classificazione ad Npe.
[1] Si fa riferimento alle direttive CRD 2006/48/EC e 2006/49/EC
[2] Ci si riferisce al Regolamento UE 575/2013 consultabile all’indirizzo web https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013R0575&from=EN
[3] EBA/GL/2016/07, Orientamenti sull’applicazione della definizione di default ai sensi dell’articolo 178 del regolamento (UE) n. 575/2013, consultabile all’indirizzo web https://eba.europa.eu/sites/default/documents/files/documents/10180/1721448/bd010dde-c308-4057-ae9c-842c2462a7ec/Guidelines%20on%20default%20definition%20(EBA-GL-2016-07)_IT.pdf
[4] Regolamento delegato UE 171/2018, Standard Tecnico di Regolamentazione sulla soglia di materialità dei crediti scaduti (past due) ai sensi dell’art. 178 del Regolamento europeo N° 575/2013(EBA/ RTS/2016/06) consultabile all’indirizzo web https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018R0171&from=en
[5] Infatti l’1% di €200.000 è pari a €2.000 che coincide con l’importo di una sola rata.
[6] Per un’analisi del fenomeno si segnala Ready to Face the Crisis, consultabile all’indirizzo web https://www.pwc.com/it/it/publications/npl/doc/The-Italian-NPL-Market-giugno-2020.pdf
[7] Si prevede infatti un incremento delle Npe da €60bn a €120bn nei prossimi 18 mesi di cui la maggior parte appartenenti alla categoria degli UtP
[8] Sulle modalità operative si veda Calendar provisioning quali sfide da affrontare, di PwC Financial Services, non
[9] Si veda l’ Addendum alle Linee guida della BCE per le banche sui crediti deteriorati (NPL):
aspettative di vigilanza in merito agli accantonamenti prudenziali per le esposizioni deteriorate, consultabile all’indirizzo web https://www.bankingsupervision.europa.eu/ecb/pub/pdf/ssm.npl_addendum_201803.it.pdf