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Editoriali

La nuova era dei tassi di mercato (anche) negativi: elementi di contesto

28 Ottobre 2019

Carlo Mottura

Professore ordinario di matematica finanziaria, Università degli Studi Roma Tre

Di cosa si parla in questo articolo

Premessa. I mercati finanziari hanno storicamente conosciuto tassi di interesse nominali (per indicare che non si considerano effetti da inflazione) con segno positivo. Le scienze finanziarie – la matematica finanziaria, la teoria della finanza – sono state fondate, di conseguenza, sul “postulato di rendimento del danaro”[1]. La nuova era dei mercati finanziari con tassi (anche) negativi richiede di andare oltre la “restrizione” dei tassi nominali positivi. In questa nota si argomenta, con riferimento alla zona euro, su alcuni elementi di contesto che caratterizzano questa nuova era: con riguardo alle origini del “fenomeno” dei tassi negativi, alla nuova struttura (finanziaria e giuridica) dello scambio monetario generato da mutui e obbligazioni a tasso variabile e a tasso fisso, al linguaggio finanziario[2].

1. Alle origini del “fenomeno” dei tassi negativi ci sono precise scelte di politica monetaria operate dalle banche centrali dopo lo scoppio della grande crisi del 2007-2008, a sostegno del sistema economico internazionale; per la zona euro, ci sono le scelte della Banca Centrale Europea (BCE). La nuova era ha inizio a giugno 2014, con la decisione della BCE di fissare, per la prima volta, il deposit ratea –0.1%. Seguirono ulteriori riduzioni: –0.2% (da settembre 2014), –0.3% (da dicembre 2015), –0.4% (da marzo 2016); fino all’attuale livello di –0.5%, fissato dalla Banca Centrale nel settembre 2019[3].

I tassi guida BCE si propagano ai tassi del mercato interbancario: al tasso Eonia (direttamente), che ha assunto un valore negativo a partire da settembre 2014; al tasso Euribor (per le diverse scadenze, fino all’anno), che è negativo su tutte le scadenze dal mese di febbraio 2016[4].

I tassi del mercato interbancario influenzano, a loro volta, i tassi di interesse caratteristici degli strumenti finanziari e dei prodotti offerti dalle banche nel mercato al dettaglio: in particolare, i tassi dei contratti di mutuo, e quelli delle obbligazioni scambiate nei mercati finanziari.

2. Nei mutuia tasso variabile l’interesse contrattuale è aleatorio. Nei casi tipici, di mutui indicizzati a tassi di interesse del mercato interbancario, la quota interesse è calcolata con una regola di indicizzazione lineare, che ha come variabile primaria un tasso di mercato che sarà noto in istanti prefissati, futuri rispetto alla data di stipula; e prevede l’applicazione di uno spread contrattuale che, insieme al tasso di mercato, contribuisce a determinare la quota interesse del mutuo. Per questi contratti, l’avvento del mercato con tassi di interesse di segno qualsiasi ha posto il tema degli effetti, sull’interesse contrattuale, dell’inversione del segno del tasso di mercato: se il tasso di mercato è negativo, la quota interesse del mutuo può assumere, in dipendenza del livello dello spread, valore negativo (per il mutuatario). Di conseguenza, nei nuovi contratti di mutuo a tasso variabile, è (spesso) introdotta una nuova regola di indicizzazione, con “fermo zero”, per regolare l’azione dell’inversione sull’interesse generato dal contratto, impedendo che assuma segno negativo.

In punto di diritto, sono all’attenzione tre possibili tesi su come l’inversione del tasso di mercato può avere effetto nel contratto di mutuo. Secondo la tesi del pieno automatismo i tassi negativi si inseriscono automaticamente e senza limiti nel rapporto contrattuale. La tesi della piena irrilevanza sostiene l’esistenza, nel nostro sistema giuridico, di limiti concettuali e/o legali invalicabili all’inversione dell’interesse contrattuale, per cui la discesa del tasso implicherebbe un limite insuperabile (un livello minimo del tasso o, almeno, un “fermo zero”). La tesi della rilevanza condizionata ritiene, infine, che in linea astratta l’inversione del tasso di mercato operi nei contratti, ma che in concreto tale operatività possa essere frenata attraverso strumenti negoziali appositi. Inogni caso, l’introduzione del “fermo zero”, sia esso di natura negoziale o ex-lege, richiede di stabilire quale definizione adottare nel contratto (se, ad esempio, la limitazione del tasso contrattuale debba essere uguale a zero o il livello minimo debba essere lo spread contrattuale).

Dal punto di vista della valutazione finanziaria, una volta definita (formalmente) la regola di indicizzazione con “fermo zero” nulla più è richiesto; e la valutazione del mutuo dovrà essere impostata utilizzando un modello di valutazione (stocastico), che sia adeguato a trattare il contratto nel nuovo contesto. In risposta a esigenze “speciali” (ad esempio, di natura informativa o a fini di rappresentazione contabile), sarà anche possibile assoggettare il mutuo a una analisi “per componente” (umbundling). In questo ambito insorge l’uso tipico del linguaggio della clausola floor, utilizzato per interpretare – nel linguaggio della finanza – una limitazione inferiore “con fermo zero”. Ma, si ribadisce, si tratta di un’interpretazione tecnica che nulla aggiunge alla logica del contratto, essendo la regola di indicizzazione e tutte le altre componenti contrattuali a determinare congiuntamente la ragione economica del contratto.

3. Nel segmento a tasso fisso ha alimentato un acceso dibattito la posizione recentemente assunta dalla terza banca danese (Jyske Bank) di offrire alla propria clientela mutui casa decennali a un tasso contrattuale negativo (al –0.5%); e l’emissione del bond “JYKRE 10/01/2030” (ISIN DK0009398893) con tasso cedolare di –0.5%. Si tratta, in quest’ultimo caso, di un mortgage covered bond, che ha richiesto aggiustamenti anche sulle piattaforme di mercato dedicate agli scambi, prima non attrezzate per trattare titoli (a tasso fisso) con cedole negative[5]. Nella zona euro il dibattito – anche a livello istituzionale – è acceso. Per non parlare della discussione in corso sulla possibile applicazione di tassi di interesse negativi sui conti correnti bancari.

4. La nuova era pone avvertenze nel linguaggio finanziario utilizzato nell’analisi e nella descrizione dello scambio monetario generato dai contratti finanziari. Se i tassi di interesse sono negativi, un investitore paga un interesse sul capitale investito, e un debitore riceve un interesse sul capitale ricevuto in prestito. Di conseguenza, la posizione di tasso assunta dall’investitore o dal debitore non è più univocamente determinata dal tipo di contratto, se di investimento o di finanziamento. Prestare un capitale non implica necessariamente una remunerazione a favore del creditore, né indebitarsi un costo per il debitore a titolo di interesse: credito e debito non sono più distinguibili dal segno dell’interesse, se ricevuto o pagato.

Anche il linguaggio della “negoziazione” cambia: il debitore potrà trattare con la banca il “maggior” tasso di remunerazione del suo debito; il creditore il “minor” tasso di costo del suo investimento.

5. Secondo i dati Bloomberg, lo stock di obbligazioni governative e societarie con rendimento negativo scambiate sui mercati internazionali ha raggiunto a fine agosto 2019 il valore di 17.000 miliardi di dollari, concentrati soprattutto nella zona euro e in Giappone (più che raddoppiato rispetto a quello di fine 2018). Si tratta, in altri termini, di investimenti che se detenuti fino a scadenza “garantiscono” al sottoscrittore una perdita monetaria[6]. Anche il tasso cedolare di obbligazioni a tasso fisso ha raggiunto il livello zero. Ad esempio, nel settore governativo, la Germania ha di recente emesso bund con scadenza decennale (ISIN DE0001102473) e trentennale (ISIN DE0001102481) a tasso fisso zero.

Un recente articolo del Financial Times titola: Negative interest rates take investors into surreal territory; e nel Global Financial Stability Reportdel Fondo Monetario Internazionale (di ottobre 2019) si legge che tassi “sotto zero” sono attesi dai mercati almeno per i prossimi tre anni[7].

Urgono regole nuove per mercati nuovi.

 


[1] B. de Finetti, Sulle operazioni finanziarie, Giornale dell’Istituto Italiano degli Attuari, 6 (1935), p. 292.

[2] Si riprendono elementi e argomentazioni da: Mottura C., Effetti dei tassi di interesse negativi nel linguaggio finanziario: alcune avvertenze tecniche, Collana del Dipartimento di Studi Aziendali, Working Paper Numero 1, 2016; Alvaro S., Gentili A.,Mottura C., Effetti dei tassi di interesse negativi su mutui e obbligazioni a tasso variabile, Consob, Quaderni giuridici, n. 14, novembre 2017; Mottura C., Conseguenze finanziarie, organizzative e contrattuali dei tassi negativi su contratti finanziari a tasso variabile, II seminario sulla trasparenza bancaria, Università degli Studi del Molise, Dipartimento Giuridico, aprile 2018, anche in La trasparenza bancaria, venticinque anni dopo, Atti dei Seminari molisani del 27 settembre 2017 e 13 aprile 2018, Editoriale Scientifica, Napoli 2018 (a cura di A. Barenghi).

[3] Nell’Eurosistema il deposit rate è uno dei “tassi guida” con scadenza ventiquattro ore (overnight) utilizzato dalla BCE per il governo monetario. Il corrispondente tasso di raccolta è il tasso di rifinanziamento marginale. Questi due tassi definiscono il “corridoio dei tassi d’interesse”, attualmente tra –0,5% e +0,25%.

[4] Il tasso Euribor rappresenta, come noto, il costo del denaro nel mercato all’ingrosso delle operazioni di raccolta tra banche. Il tasso Eonia (european overnight index average) è stato sostituito dal 2 ottobre 2019 col tasso €STR (che è il nuovo indicatore di riferimento per i depositi overnight calcolato secondo la regola prevista dalla direttiva sulla “benchmark regulation”). Rispetto ai tassi “guida” della BCE, essendo tassi overnight, hanno un effetto diretto sul tasso Eonia, che varia all’interno del “corridoio dei tassi di interesse” (Banca Centrale Europea, La politica monetaria della BCE, 2014; pagg. 47-50).

[5] VP Securities A/S, Negative coupon, Fully Automated Handling of Negative Coupon at VP Securities, August 2019.

[6] Col termine “rendimento” si intende il tasso di rendimento dell’obbligazione, ossia un “tasso di mercato” medio che eguaglia il valore degli importi futuri al valore del titolo nell’istante di osservazione (nel gergo tecnico, è il tasso che rende “equa” l’operazione finanziaria). Il tasso cedolare dell’obbligazione è, invece, il “tasso contrattuale” con cui calcolare la quota interesse (che dunque non ha diretta corrispondenza con il “tasso di mercato”).

[7] International Monetary Fund, Global Financial Stability Report: Lower for Longer, October 2019.

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