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La nuova nozione di “mercato regolamentato” rilevante ai fini fiscali

11 Febbraio 2021

Marco Vozzi, Partner, PwC TLS Milano

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 32/E del 23 dicembre 2020 (la “Circolare”), è recentemente intervenuta per fornire utili indicazioni e cercare di rendere più chiaro il quadro di riferimento per i contribuenti e gli operatori del settore in merito alla nozione di “mercato regolamentato” da utilizzare ai fini fiscali[1].

Come noto, si tratta di una nozione che, pur non trovando un’autonoma definizione nell’ambito della normativa tributaria, è spesso richiamata da diverse norme fiscali (sia da disposizioni contenute all’interno del T.U.I.R.[2] sia da norme speciali[3]).

Partendo dal presupposto (implicito) che il rinvio fatto dal legislatore tributario alla nozione di “mercato regolamentato” debba intendersi non un rinvio “statico”, ma bensì un rinvio “dinamico”, tale per cui la norma richiamata dovrebbe assumere rilevanza nella versione vigente al momento dell’applicazione della norma rinviante, che dunque può mutare nel tempo a seconda delle eventuali innovazioni che interessano la norma richiamata[4], la Circolare dapprima effettua un’attenta e puntuale ricostruzione dell’excursus normativo che negli ultimi anni ha interessato sia il settore dei mercati finanziari sia quello del servizio di gestione collettiva del risparmio per poi giungere alle seguenti due importanti conclusioni:

  1. la nozione di “mercato regolamentato” estero può includere anche mercati situati in Stati non appartenenti all’OCSE;
  2. la nozione di “sistema multilaterale di negoziazione” (MTF) può essere equiparata a quella di “mercato regolamentato”.

L’evoluzione della nozione di “mercato regolamentato”

Una delle principali novità che accompagnano la pubblicazione della Circolare è, senza dubbio, il superamento della precedente interpretazione che, per quanto concerne soprattutto i “mercati regolamentati” esteri, escludeva dal loro novero quelli situati in Stati non appartenenti all’OCSE[5].

Infatti, alla luce della ricostruzione dell’excursus normativo che negli ultimi anni ha interessato tanto il settore dei mercati finanziari quanto quello del servizio di gestione collettiva del risparmio, la Circolare chiarisce che nella nozione di “mercato regolamentato”, oltre quelli Italiani autorizzati dalla CONSOB[6], si devono includere quelli esteri tra cui rientrano:

  • i mercati situati in Stati membri dell’Unione Europea (UE) o dello Spazio Economico Europeo (SEE)[7];
  • i mercati riconosciuti dalla CONSOB in virtù di appositi accordi con le Autorità estere[8];
  • i mercati che le associazioni di categoria delle SGR considerano regolamentati alla luce della normativa di settore[9].

Pertanto, nel riconoscere che possono qualificare come “regolamentati” anche quei mercati extra UE o SEE che le associazioni di categoria delle SGR (ad esempio, Assogestioni) considerano tali, la Circolare allarga inevitabilmente la platea dei “mercati regolamentati” esteri anche a quelli di alcuni Stati non appartenenti all’OCSE. È il caso, ad esempio, dei mercati azionari di Tokyo, Hong Kong e Singapore, per citarne alcuni tra le principali piazze finanziarie asiatiche; cioè di Paesi non appartenenti all’OCSE, ma i cui mercati azionari sono elencati, ad esempio, nella lista dei “mercati regolamentati” predisposta da Assogestioni.

Si tratta, a ben vedere, di una novità significativa, non solo per i riflessi di natura strettamente tributaria che ne derivano, ma soprattutto perché potrebbe contribuire ad aumentare il numero delle società Italiane quotate all’estero (favorendone quindi il loro processo di crescita, soprattutto in tempi difficili come quelli attuali). Società italiane che potrebbero ora vedere con più favore anche ad una quotazione in uno dei “mercati regolamentati” asiatici sopra citati, senza doversi (giustamente) preoccupare più di tanto dei riflessi di natura fiscale legati ad una tale scelta imprenditoriale.

Quanto agli impatti fiscali derivanti dalla nuova posizione contenuta nella Circolare, si osserva come questi  (che potrebbero risultare positivi o negativi a seconda delle fattispecie) sembrino principalmente riguardare i contribuenti non fiscalmente residenti in Italia.

Si pensi, ad esempio, ad un fondo di investimento di diritto estero che dovesse aver investito in azioni emesse da Prada S.p.A., società fiscalmente residente in Italia, le cui azioni sono negoziate presso il mercato azionario di Hong Kong. Sulla base della precedente interpretazione – che, ripetiamo, escludeva dal novero dei “mercati regolamentati” quelli di Stati non appartenenti all’OCSE e, pertanto, anche il mercato azionario di Hong Kong – eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni “non qualificate” (inferiori cioè al 20% dei diritti di voto o al 25% del capitale) potevano considerarsi non imponibili in Italia, ai sensi dell’articolo 5, comma 5, D.Lgs. n. 461/1997, solo nel caso in cui il fondo cedente fosse stabilito in un Paese appartenente alla c.d. “white list”[10]. Ora, invece, sulla base della nuova interpretazione, in base alla quale il mercato azionario di Hong Kong dovrebbe ritenersi, anche ai fini fiscali, un “mercato regolamentato”, si vengono a creare due importanti effetti:

  • il primo, potenzialmente negativo (pro fisco), che vede modificarsi la soglia rilevante per considerare le azioni Prada S.p.A. come “non qualificate” (rilevando ora il diverso, e più severo, limite del 2% dei diritti di voto o del 5% del capitale), tale per cui il predetto fondo estero, qualora stabilito in un Stato  appartenente alla “white list”, e nell’ipotesi in cui avesse già in portafoglio un numero di azioni corrispondente, ad esempio, al 10% dei diritti di voto di Prada S.p.A. (soglia non qualificata sulla base della precedente interpretazione, ma che diviene qualificata alla luce della nuova impostazione), si troverebbe a detenere una partecipazione “qualificata” con la conseguenza che dovrebbe scontare un’imposizione in Italia (non prevista al momento di effettuazione dell’investimento) sulle eventuali plusvalenze realizzate (assumendo, ovviamente, che il fondo stesso non possa beneficiare della non imposizione in Italia in base ad una convezione contro le doppie imposizioni sui redditi stipulata dall’Italia con il suo Paese di “residenza”);
  • il secondo, potenzialmente positivo (pro contribuente), che vede ora applicabile l’articolo 23, comma 1, lettera f), numero 1), del T.U.I.R., in base al quale per un soggetto estero ovunque residente (anche in uno Stato non appartenente alla “white list”) non sono imponibili in Italia le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni “non qualificate” in azioni negoziate in “mercati regolamentati”; perciò, nell’ipotesi in cui il sopra menzionato fondo estero, qualora fosse stabilito in un Paese non appartenente alla “white list” ed avesse già in portafoglio un numero di azioni inferiore, ad esempio, al 2% dei diritti di voto di Prada S.p.A. (soglia che rimane “non qualificata” anche sulla base della nuova interpretazione), lo stesso non sconterebbe (contrariamente a quanto si poteva ipotizzare al momento di effettuazione dell’investimento) alcuna tassazione in Italia sulle eventuali plusvalenze realizzate.

L’assimilazione della nozione di “sistema multilaterale di negoziazione” a quella di “mercato regolamentato”

Il fatto che la Circolare consideri equivalenti, da un punto di vista fiscale, e salvo eccezioni, la nozione di “sistema multilaterale di negoziazione” (MTF) e quella di “mercato regolamentato”, si basa principalmente sulla considerazione che in entrambi i casi il prezzo delle partecipazioni quotate o negoziate possa essere stabilito sulla base di “valori oggettivamente rilevabili”.

L’esistenza di “prezzi ufficiali” di mercato è stata quindi ritenuta decisiva dalla Circolare per ritenere che, ai fini fiscali, la nozione di MTF possa essere generalmente equiparata a quella di “mercato regolamentato”. Equiparazione che, secondo la Circolare, non può, invece, sussistere per i sistemi organizzati di negoziazione (OTF), in quanto gli stessi, diversamente dagli MTF, sono normalmente caratterizzati da regole discrezionali di interazione degli interessi di negoziazione sulla base di scelte del gestore di riferimento.

Tutto ciò a prescindere dal fatto che la normativa tributaria a volte faccia esplicito rinvio sia ai “mercati regolamentati” sia agli MTF (per equipararne quindi il trattamento)[11] e altre volte, invece, faccia esclusivo rinvio ai soli “mercati regolamentati” (come se l’intenzione fosse quella, invece, di prevederne un trattamento differenziato rispetto ad altre tipologie di mercati ovvero sistemi di negoziazione)[12]. Tant’è che la Circolare, salvo l’eccezione dalla stessa individuata, sembrerebbe voler andare sempre oltre il dato letterale della norma e prevedere in via generale un trattamento indistinto delle due fattispecie; a prescindere, perciò, dal fatto che la norma di riferimento faccia riferimento ai soli “mercati regolamentati” piuttosto che anche agli MTF.

Si pensi, ad esempio, all’interpretazione (innovativa) che l’Agenzia delle Entrate aveva già avuto occasione di fornire qualche mese prima della pubblicazione della Circolare, con la Risposta all’interpello n. 308 del 3 settembre 2020[13]. In quell’occasione, nel rispondere ad un contribuente che chiedeva, tramite apposta istanza di interpello, se fosse stato possibile rideterminare, ai sensi dell’articolo 5, Legge n. 448/2001 (più volte prorogata – da ultimo con la Legge di Bilancio 2021[14]), il valore di una  partecipazione detenuta in una società, i cui titoli sono negoziati nel sistema multilaterale di negoziazione AIM Italia, visto che la normativa di riferimento sembrava espressamente escludere una tale possibilità per le sole partecipazioni negoziate in un “mercato regolamentato”, l’Agenzia delle Entrate, anticipando di fatto le conclusioni della Circolare, negava tale possibilità affermando come gli MTF debbano necessariamente essere ricondotti ai “mercati regolamentati”. In quell’occasione, l’Agenzia delle Entrate, nel ribadire la posizione sostenuta da anni in merito alla nozione di “mercato regolamentato” (visto il richiamo alle Circolari nn. 165/E del 24 giugno 1998 e 26/E del 16 giugno 2004) ebbe modo di affermare (ancorché utilizzando argomentazioni leggermente diverse rispetto a quelle utilizzate nelle Circolare qui in commento) come sia lo stesso Testo Unico della Finanza (TUF)[15] ad assimilare gli MTF ai “mercati regolamentati”, trattandosi in entrambi i casi di “mercati” sottoposti ad un insieme di regole organiche che presiedono alla loro organizzazione e funzionamento.

Ora, senza voler entrare nel merito delle considerazioni di natura regolamentare che hanno portato l’Agenzia delle Entrate a raggiungere una tale conclusione, e senza, soprattutto, voler esprimere un giudizio sulla bontà della conclusione stessa, ci limitiamo ad osservare come anche in questo caso si tratti di una posizione innovativa che potrebbe avere impatti (positivi o negativi a seconda delle fattispecie) piuttosto significativi per i contribuenti.

È certamente negativa (pro fisco) la posizione sopra citata che nega la possibilità di rideterminare il valore delle partecipazione detenute in società negoziate, ad esempio, nel sistema multilaterale di negoziazione AIM Italia. Mentre è sicuramente positiva (pro contribuente) l’unica eccezione[16], per ora individuata dalla Circolare, che ammette la possibilità di usufruire delle agevolazioni fiscali previste in favore delle c.d. PMI innovative[17] anche per quelle PMI con azioni quotate in un MTF. Notando, giustamente, che mentre le agevolazioni fiscali concesse alle c.d. start up innovative[18] (e poi estese anche alle PMI innovative) non sono, per espressa previsione normativa, ammesse nell’ipotesi in cui le azioni delle start up siano quotate indifferentemente in un “mercato regolamentato” o in un MTF, la norma che disciplina le agevolazioni per le PMI innovative esclude espressamente solo quelle le cui azioni sono quotate in un “mercato regolamentato”.

Da quando è lecito attendersi che le posizioni espresse nella Circolare producano effetti? “Ex tunc” o “ex nunc”?

Nel richiamare (innovando rispetto al contenuto della bozza pubblicata il 29 luglio 2020) il concetto di “legittimo affidamento”, la Circolare sembrerebbe far pensare ad un’efficacia retroattiva delle posizioni ivi espresse. La Circolare, difatti, in maniera piuttosto frettolosa, si limita a ricordare che nell’ipotesi in cui i contribuenti avessero fatto legittimo affidamento sulla definizione di “mercati regolamentati” contenuta nei precedenti documenti di prassi, le disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente[19] prevedono la non irrogazione di sanzioni né la richiesta di interessi moratori.

Il tema merita sicuramente un approfondimento anche se, alla luce di una serie di considerazioni (non da ultimo la difficoltà, nel caso di specie, a far retroagire gli effetti, individuando esattamente i periodi di imposta rilevanti, di posizioni innovative basate su reiterate modifiche normative intervenute nel tempo e per di più in un contesto regolamentare in netta evoluzione e  non sempre di facile lettura), ci si chiede se, nel caso di specie, non sia maggiormente idoneo a salvaguardare un ineccepibile principio di certezza del diritto affidare efficacia “ex nunc” alle nuove posizioni contenute nelle Circolare, salvaguardando (non solo dagli interessi e sanzioni) eventuali diversi comportamenti finora adottati[20].

Ovviamente ciò dovrebbe valere sia per le interpretazioni innovative che abbiamo definito essere pro fisco, sia per quelle che invece sembrano essere pro contribuente, con la conseguenza, ad esempio, che eventuali imposte già versate in passato sulla base di posizioni oggi non più sostenibili (come, ad esempio, l’esclusione dalla platea dei “mercati regolamentati” esteri di quelli di Stati non appartenenti all’OCSE) non potranno essere richieste a rimborso.

 

 


[1] La pubblicazione della Circolare qui in comment0 segue una consultazione pubblica (avviata il 29 luglio 2020 e terminata il 14 settembre dello stesso anno) su una bozza di Circolare pubblicata dall’Agenzia delle Entrate e sul cui contenuto gli operatori e le associazioni di categoria hanno avuto la possibilità di formulare le proprie osservazioni tramite l’invio di commenti e proposte.

[2] Si pensi al rinvio fatto alla nozione di “mercato regolamentato” dagli articoli 9 (valore normale); 23 (redditi prodotti nel territorio dello Stato); 51 (stock option); 67 (redditi diversi derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni); 87 (participation exemption); 94 (valutazione dei titoli); 101 (deducibilità delle minusvalenze); 112 (strumenti finanziari derivati); 130 (esercizio dell’opzione per il consolidato mondiale); 152 (reddito della stabile organizzazione) del T.U.I.R.

[3] Solo per ricordare che la nozione di “mercato regolamentato” rileva, a titolo di esempio, ai fini dell’applicazione: dell’imposta sostitutiva da parte degli intermediari finanziari sugli interessi derivanti da titoli obbligazionari (articolo 1, D.Lgs. n. 239/1996); dell’articolo 26-quater, comma 8-bis, D.P.R. n. 600/1973 che ha introdotto una speciale ritenuta del 5 per cento sugli interessi inter-company corrisposti a società “conduit” che collochino prestiti obbligazionari sui mercati internazionali garantiti da società del gruppo; della disciplina dei redditi di capitale e dei redditi diversi di cui al D.Lgs. n. 461/1997; della disciplina sulle società di comodo di cui all’articolo 30, Legge n. 724/1994; dell’articolo 5, Legge n. 448/2001 che ha introdotto la facoltà di rideterminare il valore di certe partecipazioni.

[4] In senso conforme Assonime (nella sua risposta alla consultazione pubblica sulla bozza di Circolare). Ancorché, in questa sede, ci si limiti ad osservare come non sempre l’Agenzia delle Entrate abbia convenuto sul fatto che i rinvii fatti dal legislatore tributario ad altre normative extra-tributarie debbano intendersi rinvii “dinamici”. È il caso, ad esempio, del rinvio (questa volta) “statico” alle norme del D.Lgs. n. 87/1992, utile fino a qualche anno fa per individuare, ai fini fiscali, gli enti creditizi e finanziari (si veda, in tal senso, la Risposta all’interpello n. 106 del 13 dicembre 2018).

[5] Cfr., Circolari nn. 165/E del 24 giugno 1998, 207/E del 26 ottobre 1999, 26/E del 16 giugno 2004 e 52/E del 10 dicembre 2004.

[6] Si tratta, in linea generale, di quelli gestiti da Borsa Italiana S.p.A. come, ad esempio, il Mercato Telematico Azionario (“MTA”) o il Mercato Telematico delle Obbligazioni (“MOT”).

[7] Sono tali quelli riconosciuti ai sensi dell’ordinamento comunitario ed iscritti in un apposito elenco tenuto dall’ESMA ai sensi dell’articolo 56 della Direttiva 2014/65/UE​ (c.d., MIFID II).

[8] Si veda l’apposito elenco pubblicato sul sito internet della Consob, tra cui ricordiamo alcuni mercati stabiliti in Svizzera e negli Stati Uniti.

[9] Si rimanda, ad esempio, alla lista pubblicata da Assogestioni sul proprio sito internet e datata 23 febbraio 2013.

[10] Si tratta dell’elenco degli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni in materia fiscale così come individuati dal Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 23 marzo 2017.

[11] Ad esempio, si veda l’articolo 1, D.Lgs. n. 239/1996 in tema di imposta sostitutiva sugli interessi derivanti da titoli obbligazionari.

[12] Si veda, ad esempio, l’articolo 26-quater, comma 8-bis, D.P.R. n. 600/1973 in materia di ritenuta sugli interessi inter-company corrisposti a società “conduit” che collocano prestiti obbligazionari sui mercati internazionali garantiti da società del gruppo; l’articolo 30, Legge n. 724/1994 in tema di società di comodo e l’articolo 5, Legge n. 448/2001 che ha introdotto la facoltà di rideterminare il valore di certe partecipazioni.

[13] Posizione poi recentemente ribadita e confermata con la Circolare n. 1/E del 22 gennaio 2021.

[14] Cfr., articolo 1, commi 1122 e 1123, Legge n. 178/2020, che ha prorogato la facoltà di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate detenute alla data del 1° gennaio 2021, sulla base di una perizia giurata di stima da predisporsi entro il 30 giugno 2021 e a condizione che il valore rideterminato sia assoggettato ad un’imposta sostitutiva pari all’11%.

[15] Si veda l’articolo 1, comma 1, lettera w-ter), D.Lgs n. 58/1998 .

[16] Ma a quanto pare potrebbero essercene anche altre (sebbene di non facile e immediata individuazione), soprattutto nell’ipotesi in cui un eventuale esplicito ed esclusivo riferimento operato dal legislatore tributario ai soli “mercati regolamentati” trovi fondamento in altre considerazioni che non ne consentono l’equiparazione con gli MTF.

[17] Cfr., articolo 4, D.L. n. 3/2015.

[18] Cfr., articoli da 25 a 32, D.L. n. 179/2012.

[19] Cfr., articolo 10, comma 2, Legge n. 212/2000.

[20] Per la necessità di un’analisi caso per caso e per la possibilità di salvaguardare in toto eventuali comportamenti difformi, si veda la Sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Sezione V) n. 17576 del 10 dicembre 2002, secondo la quale “possono darsi  appunto dei  casi,  quale quello di specie ….., in cui –  accertata la  sussistenza  dei presupposti dell’affidamento del contribuente –  ne consegua  necessariamente,  come  rilevato  esattamente  da una parte della  dottrina, non   soltanto  l’inapplicabilità  di  sanzioni  e/o  di  interessi  moratori, bensì l’inesigibilità tout court della prestazione tributaria”. Si noti come anche Assonime (nella sua risposta alla consultazione pubblica sulla bozza di Circolare) si sia premurata di chiedere “una particolare attenzione nei confronti di quei contribuenti che si sono comportati in modo diverso da quello che sarà ritenuto corretto dalla circolare”, osservando che trattandosi “di un tema non scevro da incertezze tali per cui, a nostro avviso, si rende necessario confermare la legittimità delle scelte già effettuate alla data di pubblicazione della circolare” e indicando, del resto solo come via residuale, quella di “consentire alle imprese di conformarsi alle indicazioni fornite senza applicazione delle sanzioni e degli interessi”.

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