Con riguardo all’imposta sul valore aggiunto, il giudizio di congruità non investe il giudizio qualitativo di inerenza, pertanto, l’Amministrazione Finanziaria non può disconoscere il diritto alla detrazione Iva sul presupposto dell’antieconomicità del relativo costo, ove questo sia senza dubbio correlato all’attività esercitata dall’impresa.
Un apprezzamento del costo in termini di congruità o antieconomicità ha un’incidenza non idonea ad escludere la detraibilità Iva relativamente al medesimo costo, salvo che l’antieconomicità manifesta e macroscopica della spesa sia indice rivelatore della sua fittizietà.
Sul tema della rilevanza del giudicato esterno nelle controversie tributarie in materia di Iva, la Corte ha chiarito che il giudicato formatosi in materia di imposte dirette non è preclusivo delle controversie concernenti il diverso rapporto giuridico d’imposta sul valore aggiunto, anche se relativo alla stessa annualità e scaturente dalla medesima indagine di fatto.
Ciò in quanto, le controversie aventi ad oggetto l’imposta sul valore aggiunto sono soggette a norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, di cui all’art. 2909 c.c., e dalla sua eventuale proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto, ove gli stessi impediscano – secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte di giustizia del 3 settembre 2009, in causa C-2/08 – la realizzazione del principio di contrasto dell’abuso del diritto, individuato dalla giurisprudenza comunitaria come strumento teso a garantire la piena applicazione del sistema armonizzato di imposta.