La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, si esprime circa l’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta societaria connotato da un non immediato depauperamento del patrimonio sociale e sull’applicabilità allo stesso della circostanza aggravante di cui all’art 219 l. fall.
Sotto il primo profilo, la Corte conferma il suo (anche recente) orientamento affermando nuovamente che, in caso di fallimento di società di capitali dovuto a operazioni dolose che non cagionino un immediato depauperamento del patrimonio sociale, la fattispecie prevista dalla norma incriminatrice può dirsi integrata laddove “la realizzazione di tali operazioni si accompagni, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, alla prevedibilità del dissesto come effetto della condotta antidoverosa”.
Tale arresto, peraltro, non muta anche qualora il reato di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, l.fall. sia integrato – come la Corte di Cassazione espressamente ritiene configurabile – nella forma omissiva, da intendersi anche come “omessa patrimonializzazione” della societàa fronte della insorgenza di una ingentissima esposizione debitoria.
Sotto il secondo profilo, la Corte di Cassazione affronta il delicato tema dell’applicabilità dell’aggravante speciale di cui all’art. 219 l. fall. al reato di bancarotta fraudolenta societaria. Nello specifico, il tema si è posto in quanto l’art. 223, c. 2, l. fall., che sanziona le condotte di bancarotta fraudolenta poste in essere dai soggetti “apicali” di società di capitali poi fallite, rinvia genericamente alle “pene stabilite dall’art. 216 l. fall.”, nulla statuendo circa l’applicabilità della predetta aggravante.
Sul punto, la Corte afferma in particolare che “la complessità del sistema di rinvii esistente fra le norme operanti nel caso di specie richiede che detta analisi comprenda anche il rinvio che lo stesso art. 223 fa all’art. 216 e per effetto del quale le condotte e le pene previste da quest’ultima norma sono richiamate per sancire l’applicabilità delle seconde alle prime”, anche in caso di bancarotta societaria. E infatti, una diversa conclusione comporterebbe un ingiustificabile squilibrio consentendo che, a parità di condotte, l’imprenditore individuale sia passibile dell’applicazione della circostanza aggravante speciale e, pertanto, di una pena nel complesso più severa.
In conclusione, la Corte di Cassazione conferma la propria precedente giurisprudenza affermando che “la diversa struttura del reato di bancarotta c.d. impropria di cui alla L. Fall., art. 223, rispetto alla fattispecie propria contemplata dal precedente art. 216, non può condurre ad una indiscriminata preclusione verso l’applicazione dell’aggravante di cui si discute; e ciò in quanto il citato art. 223, comma 1, contenendo un rinvio formale a tutti i reati di bancarotta propria … rende compatibile l’applicazione dell’aggravante”.