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La procedura di sovraindebitamento: evoluzione normativa ed orientamenti giurisprudenziali

28 Aprile 2022

Elisabetta Paiano, Civale Associati

Luca Bruno, Civale Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Sommario: 1. La disciplina della crisi da sovraindebitamento tra presente e (l’immediato futuro): nuovi cambiamenti in vista? 2. L’evoluzione della giurisprudenza di merito: focus sul requisito della meritevolezza nel piano del consumatore

 

1. La disciplina della crisi da sovraindebitamento tra presente e (l’immediato futuro): nuovi cambiamenti in vista?

Un antico proverbio cinese recita che “A chi sa attedere, il tempo apre ogni porta”: a seguito del nuovo rinvio dell’entrata in vigore delle norme contenute nel D.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 c.d. “Codice di Crisi di Impresa e dell’insolvenza” (di seguito, anche il “Codice della crisi”), previsto per il prossimo 15 luglio 2022, non ci resta che “attendere” ancora una volta tale (per certi aspetti) nuova disciplina di cui si discute da oltre due anni e che dovrebbe – si auspica – aprire una “porta” verso un futuro più chiaro sulla tematica del sovraindebitamento.

Si tratta di una riforma attesa in quanto, attualmente, la L. 3/2012, anche a seguito degli ultimi interventi legislativi intervenuti con la Legge 18 dicembre 2020, n. 176, si presenta come frammentata e lacunosa, potendosi ritenere “completa” solo se esaminata e letta congiuntamente alla Legge Fallimentare la quale, soprattutto in relazione ad alcune tematiche sommariamente affrontate dalla L. 3/2012, è “venuta in soccorso” per la risoluzione di diversi dubbi.

L’atteso cambiamento impone di svolgere talune valutazioni su come potrà cambiare lo scenario delle procedure di sovraindebitamento.

Nella formulazione odierna, la novellata L. n. 3/2012 prevede quattro diverse tipologie di procedure applicabili in caso di sovraindebitamento, ossia:

  • l’accordo di composizione della crisi o accordo di ristrutturazione dei debiti[1];
  • il piano del consumatore[2];
  • la liquidazione del patrimonio[3];
  • l’esdebitazione del debitore incapiente e meritevole[4].

Allo stato attuale lo strumento maggiormente utilizzato risulta essere il “piano del consumatore”, il quale risulta, per numerosi aspetti, soggetto a una disciplina analoga a quella dell’accordo di ristrutturazione, sebbene circoscritta alla figura del consumatore e alle procedure familiari, con la conseguenza che per il debitore qualificabile come “consumatore” il piano del consumatore costituisce un’alternativa all’accordo di ristrutturazione.

Resta fermo che, almeno a parere di chi scrive, la procedura di liquidazione del patrimonio potrebbe rappresentare la seconda procedura più adottata dai debitori.

Alla procedura del piano del consumatore si applicano i requisiti di ammissibilità (ed inammissibilità) espressamente indicati nel (novellato) art. 7 della L. n. 3/2012, con (l’esclusiva) aggiunta, tra le fattispecie di “inammissibilità”, dell’ipotesi in cui il consumatore abbia determinato la propria situazione di sovraindebitamento con “colpa grave, malafede e frode”.

La procedura in esame, soggetta alle norme di cui all’art. 737 e ss. c.p.c., prevede che la proposta di piano del consumatore sia accompagnata da una relazione particolareggiata predisposta dal nominato OCC. Il legislatore è, da ultimo, intervenuto sul contenuto della relazione in parola e, analogalmente a quanto indicato in tema di accordo di ristrutturazione, ha previsto che l’OCC nella relazione dia indicazione del fatto che ai fini della concessione del finanziamento il soggetto finanziatore abbia o meno tenuto conto del merito creditizio del consumatore [5].

Se la proposta del piano è conforme alle disposizioni di cui agli artt. 7, 8 e 9 della L. n. 3/2012, e quindi tra le altre, se il giudice ritiene che il consumatore non abbia determinato la situazione di sovraindebitamento “con colpa grave, malafede o frode[6] e che non siano riscontrabili atti in frode ai creditori, il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti ai sensi dell’art. 12-bis della medesima legge.

La proposta di piano del consumatore è omologata se il giudice verifica l’ammissibilità e la fattibilità del piano e l’idoneità dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili, nonché risulta risolta qualsivoglia controversia relativa al quantum dei crediti[7].

In tale procedura non è richiesto il consenso dei creditori ai fini dell’omologa del piano da parte del giudice, con la conseguenza che lo stesso non ha natura negoziale[8]. Il ceto creditorio ha comunque la facoltà di presentare osservazioni al piano ed alla relazione dell’OCC ed eventualmente contestare la proposta di piano del consumatore. Tuttavia, anche in presenza di contestazioni, il giudice ben può omologare il piano se il credito non può essere soddisfatto in misura maggiore in forza dell’alternativa liquidatoria.

Avverso la decisione di omologa del piano è ammesso il reclamo ex art. 739 c.p.c..

La L. 176/2020 ha apportato novità di grande rilievo alla L. 3/2012, le quali hanno prodotto effetti nel panorama giurisprudenziale, in quanto oggi:

  • è prevista diversa causa ostativa soggettiva per il consumatore, intesa ora quale colpa grave, malafede o frode da accertare sin dal principio e prima della fissazione dell’udienza di comparizione, in luogo della precedente mera condotta colposa accertata (o meno) dal giudice in sede decisoria;
  • l’OCC è tenuto a verificare la correttezza della valutazione del merito creditizio del consumatore in sede di concessione del finanziamento da parte del creditore; la mancanza di tale condizione, si noti, impedisce ai creditori di presentare opposizione o reclamo in sede di omologa del piano, e non permette di far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore (c.d. “sanzioni processuali”), laddove si accerti che il creditore abbia colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che abbia violato i principi ex 124-bis TUB[9].

Tali novità hanno rappresentato – come vedremo – fonte di discussione e dibattito nelle aule dei Tribunali, in quanto, negli ultimi due anni, ai creditori è stato attribuito l’onere di dimostrare l’assenza del requisito della meritevolezza in capo al debitore e la colpa grave in capo al medesimo, nonché la correttezza del proprio operato nella valutazione del merito creditizio.

Posto che la disciplina appena esaminata sarà parzialmente “superata” dal Codice della crisi appare utile focalizzare l’attenzione sui tratti salienti della futura disciplina normativa, soprattutto in relazione alla procedura del piano del consumatore, oggi maggiormente utilizzata dai debitori.

Sul punto, una domanda si impone: i profili di novità apportati alla L. 3/2012 in relazione al piano del consumarore ed in relazione ai quali – per ben due anni, come anticipato – debitori, banche e giudici si sono imbattuti restano salvi o si assisterà ad un “ritorno al passato”?

Di fatto, le recenti modiche apportate alla L. n. 3/2012 hanno consentito di “anticipare” la disciplina del Codice della crisi, potendosi riscontrare diverse similitudini tra la vigente normativa, così come in ultimo rivoluzionata dal legislatore, e il Codice della crisi, con la conseguenza che, quantomeno in relazione al piano del consumatore, (forse) gli sforzi sino ad oggi compiuti “non andranno persi”.

Infatti, il Codice della crisi prevede, tra gli “Strumenti di regolazione della crisi”, nella sezioni dedicata alla “Ristrutturazione dei debiti del consumatore” ai sensi del Titolo IV, Capo II il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore[10], il quale si svolge innanzi al Tribunale in composizione monocratica ed è rivolta al solo consumatore sovraindebitato[11], che, “con l’ausilio dell’OCC, può proporre ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti che indichi in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento. La proposta ha contenuto libero e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale e differenziato, dei crediti in qualsiasi forma.”[12].

In tal caso la domanda[13] è presentata al Giudice dal nominato OCC, il quale allega altresì la propria relazione particolareggiata[14].

In segno conforme a quanto sancito dalla L. n. 176/2020, il Codice della crisi prevede che l’OCC nella sua relazione indichi “anche se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita[15].

Il Giudice, se reputa la proposta ed il piano ammissibili, dispone con decreto la loro pubblicazione sul sito web del Tribunale e che ne sia data comunicazione entro 30 giorni a tutti i creditori a cura dell’OCC, i quali, dalla data di ricezione della predetta comunicazione, hanno 20 giorni di tempo per predisporre e trasmettere all’OCC le proprie osservazioni rispetto al piano proposto dal debitore. In caso di presentazione di osservazioni da parte del ceto creditorio, l’OCC ha ulteriori 10 giorni di tempo, sentito il debitore, per riferire al giudice le modiche al piano ritenute necessarie[16].

Da quanto precede si evidenziano due importanti elementi di “continuità” con la L. n. 3/2012, da un lato, relativi alla condotta del consumatore sovraindebitato e, dall’altro lato, alla condotta del creditore, i quali perseguono l’obiettivo di tutelare i consumatori “non immeritevoli”, ammettendo quindi il sacrificio del ceto creditorio in un’ottica solidaristica. Nello specifico, anche il Codice della crisi prevede che:

  • a titolo di elemento ostativo all’omologa del piano di ristrutturazione, non è sufficiente la mera condotta colposa del debitore sovraindebitato, ma è necessario che egli abbia agito con colpa grave, malafede o frode. In tal modo, quindi, si conferma la decisione di ampliare lo spettro delle possibilità per il consumatore di ottenere una decisione a lui favorevole, potendo ottenere una falcidia dei finanziamenti anche laddove lo stesso abbia agito con colpa non grave nella causazione dello stato di sovraindebitamento;
  • nel caso in cui il creditore abbia colpevolmente determinato o aggravato la situazione di indebitamento del consumatore sovraindebitato, ovvero abbia violato i principi ex 124-bis del TUB nella verifica del merito creditizio del cliente, lo stesso non potrà presentare opposizione o reclamo in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta[17].

Il Codice della crisi prevede dunque che, verificata l’ammissibilità e la fattibilità economica del piano e risolta ogni contestazione, il Giudice disponga l’omologa del piano[18]. Anche in tal caso, il Giudice omologa il piano pur in presenza di contestazioni da parte del ceto creditorio, laddove consideri il credito maggiormente soddisfatto in esecuzione del piano piuttosto che in forza dell’alternativa liquidatoria.

Tuttavia, se da un lato, attraverso le modifiche apportate alla L. n. 3/2012, il legislatore ha (di fatto) voluto “anticipare” l’applicazione di alcune delle regole sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui al Codice della crisi, dall’atro lato si possono riscontrare anche ulteriori e diversi profili di “novità” i quali saranno– si teme –i “futuri” punti di criticità.

A titolo esemplificativo, da una mera lettura delle norme dedicate alla procedura in esame, sembrerebbe preclusa, per i creditori, la possibilità di essere parte del giudizio di omologazione, in quanto i medesimi possono solo inviare le osservazioni all’OCC, il quale ha il compito di provvedere a presentarle (si ipotizza, nel fascicolo del procedimento) al Giudice.

Emergono al riguardo i primi dubbi in merito all’applicazione di tale norma.

Ad esempio, appare lecito domandarsi se i creditori vedranno garantito il loro diritto al contraddittorio, pur non partecipando direttamente al giudizio, ovvero se può essere considerato “adeguato” (per non dire opportuno) affidare il suddetto compito all’OCC.

Non solo.

Attualmente, per disposizioni ministeriali, i fascicoli telematici del sovraindebitamento non risultano visibili neanche dopo l’invio delle osservazioni, le quali dovrebbero essere considerate alla stregua di una costituzione della parte in giudizio: se già sono presenti alcune difficoltà in merito, il creditore vedrà tutelato il diritto ad avere aggiornamenti e notizia in merito al procedimento anche se non formalmente costituito?

Dovrà essere l’OCC il soggetto responsabile dell’aggiornamento del creditore (esattamente come lo è delle sue difese)?

Si tratta di tematiche “aperte”, ad oggi prive di una risposta, la quale – si auspica – potrà essere fornita con il tempo e con l’applicazione delle nuove regole dettate dal Codice della crisi.

2. L’evoluzione della giurisprudenza di merito: focus sul requisito della meritevolezza nel piano del consumatore

A seguito dell’incremento dell’accesso da parte dei consumatori alla procedura della composizione della crisi da sovraindebitamento, la quale – anche tenuto conto della snellezza del procedimento previsto dalla normativa di riferimento – offre al consumatore una celere soluzione alternativa per far fronte ai debiti assunti, la giurisprudenza di merito è stata chiamata più volte a pronunciarsi in merito a siffatta tematica, soprattutto in relazione alla procedura relativa al piano del consumatore.

Nel corso degli anni i creditori opponenti hanno (sempre di più) “affinato” la propria strategia difensiva, con la conseguenza che le motivazioni contenute nei provvedimenti del Giudici, oggi, appaiono articolate e strutturate, nonché fondate su un’attenta valutazione della documentazione a supporto della relazione dell’OCC, la quale rappresenta – di fatto – punto cardine per la decisione del Giudice in merito all’omologa (o meno) del piano del consumatore.

Nell’ultimo biennio i Giudici, tenuto anche conto delle modifiche (e novità) apportate aalla L. 3/2012, sono stati chiamati sovente a pronunciarsi in relazione:

  • alla sussistenza dei requisiti per accedere alla procedura del piano del consumatore;
  • al collegamento tra valutazione del merito creditizio e il requisito della meritevolezza in capo al debitore.

Se, da un lato, può risultare agevole esprimere un parere sull’esistenza o meno dello “stato di sovraindebitamento”, in quanto, sul punto, il Giudice ben può ricorrere ai calcoli eseguiti dall’OCC nella relazione e basarsi su parametri oggettivi (quali, ad esempio, valutazione del rapporto tra rata del finanziamento e stipendio del debitore tenuto conto dell’indice ISTAT di povertà, ovvero dell’assegno sociale), dall’altro lato compito più arduo (e non banale) è la valutazione in ordine all’esistenza (o meno) del requisito soggettivo della meritevolezza del debitore.

La valutazione della condotta del debitore costituisce, infatti, il principale punto di contestazione dei creditori che si oppongono al piano del consumatore e, pertanto, il principale aspetto esaminato dai Giudici.

Tanto il creditore quanto il Giudice sono chiamati ad analizzare il comportamento tenuto dal debitore nel momento in cui ha (deciso) di contrarre i finanziamenti, al fine di valutare, in particolare, (i) la “fondatezza” e la “imprevedibilità” delle spese (in genere familiari) che hanno “spinto ed indotto” il debitore ad indebitarsi, nonché (ii) il collegamento tra tali spese e le esigenze primarie collegate ai bisogni del debitore, ovvero a quelli della famiglia e (iii) la “colpevolezza” del debitore nell’assumere obbligazioni senza la (consapevole) prospettiva di sostenere gli impegni assunti.

L’esame delle decisioni favorevoli ai creditori che si sono opposti al piano del consumatore consente di comprendere la rilevanza attribuita dai Giudici “ai fatti” e alle “prove” offerte nel corso del procedimento da parte del debitore per il tramite dell’OCC.

Infatti, pur a fronte di un esistente ed oggettivo stato di sovraindebitamento, i Giudici sono giunti a non omologare il piano del consumatore, accogliendo quindi le osservazioni mosse dal creditore, per “mancanza di prove” in ordine alle spese (effettivamente) sostenute, alla (effettiva e contestuale) necessità di sostenerle, nonché in ordine ad un (inesistente) collegamento delle medesime con il soddisfacimento di bisogni primari del debitore, ovvero della sua famiglia.

Un interessante contributo in tal senso è fornito dal Tribunale di Reggio Calabria, il quale, con decreto di rigetto del reclamo del debitore dell’11 giugno 2021, ha statuito che “In particolare, con riferimento alle spese connesse al ripristino dello status quo ante dell’immobile danneggiato dall’allagamento, il ricorrente non ha fornito alcuna prova in ordine all’effettivo esborso di tali somme, né ha chiarito il motivo per il quale abbia dovuto provvedervi personalmente, nonostante il danno sia scaturito da un evento allo stesso non imputabile (l’otturazione della condotta fognaria)” (Tribunale di Reggio Calabria, decreto di rigetto dell’11 giugno 2021).

Ed ancora, il Tribunale di Cagliari ha rigettato il piano del consumatore sostenendo che “gli importi concessi a mutuo da (…)e da (…) nel 2017, per complessivi € 76.000,00, solo per una parte, pari a circa 40.000,00 euro sono stati utilizzati per estinguere precedenti debiti, mentre la restante parte è stata utilizzata prevalentemente per spese in contanti di importo ben superiore al sostentamento necessario ed in un tempo rapidissimo: come chiarito dall’OCC la ingente liquidità ottenuta, al netto delle estinzioni delle precedenti finanziarie, è stata esaurita in pochi mesi: in particolare, quella ottenuta nel febbraio 2017 da (…) (pari a circa 11 mila euro) si è esaurita a luglio 2017, mentre quella ottenuta a novembre 2017 da (…) (pari a 20 mila euro) è stata esaurita in quattro mesi. Tali dati indicano una inclinazione spasmodica all’utilizzo sempre più vorace della liquidità ottenuta per ragioni di cui il ricorrente ha taciuto la natura e con cicli di impiego sempre più brevi. Le obbligazioni assunte, pertanto, non rientrano nell’ambito di operazioni tese a ristrutturare la posizione debitoria mediante finanziarie destinate ad estinguere precedenti debiti (operazioni che i Tribunale ha in precedeti occasioni ritenuto compatibili con lo strumento del piano del consumatore), ma hanno avuto lo scopo anche di continuare a finanziare una esigenza di spesa di molto superiore a quella gestibile con le proprie entrate che il ricorrente non ha in alcun modo giustificato, con il risultato di incrementare continuamente la differenza tra entrate ed uscite, fino ad arrivare nel 2018 ad un rapporto superiore al doppio” (Tribunale di Cagliari, decreto di rigetto del 15 febbraio 2022).

Anche il Tribunale di Pescara non ha omologato il piano del consumatore alla luce dell’assenza di prova da parte dei ricorrenti, in quanto “ciò che era invece onere dei ricorrenti sostenere, provandola, era la circostanza che il loro stato di sovraindebitamento fu generato in modo incolpevole o al più lievemente colpevole ossia in modo difficilmente prevedibile alla luce sia del patrimonio a disposizione, sia delle spese che nel futuro essi avrebbero dovuto sostenere ragionevolmente in virtù delle condizioni di vita familiari all’epoca esistenti. (…). La proposta e la stessa relazione riferiscono, in verità in termini assai generici, che nel 2014, allorquando la situazione di crisi del nucleo familiare era già compromessa (risalendo in effetti le difficoltà finanziarie già alla fine del 2013) si rese necessario ristrutturare un vecchio rudere da demolire e ricostruire per cui i debitori si determinarono a richiedere nuova liquidità presso il finanziatore (…) con cui fu acceso un mutuo finalizzato ad estinguere quello pregresso e, contestualmente, sottoscritto altro finanziamento con (…); epperò i ricorrenti nulla hanno allegato in merito alla suddetta spesa ma soprattutto nulla hanno allegato circa la effettiva necessità di sostenere un tale impegno finanziario ulteriore. Non si è chiarito se i coniugi già abitassero in altro immobile e neppure sono state evidenziate le ragioni che li spinsero ad affrontare una ristrutturazione così tanto onerosa da comportare la necessità di rinegoziare il mutuo finalizzato ad ottenere altresì la disponibilità di nuova finanza residua” (Tribunale di Pescara, Decreto di rigetto del 22 marzo 2022).

Meritano attenzione le conclusioni a cui giunge il predetto Tribunale di Pescara, laddove precisa che “Non si tratta, del resto, di documentare punto per punto tutte le vicende che hanno attraversato la vita del nucleo familiare in termini di aggravio delle spese da sostenere; ciò che era invece onere dei ricorrenti sostenere, provandola, era la circostanza che il loro stato di sovraindebitamento fu generato in modo incolpevole o al più lievemente colpevole ossia in modo difficilmente prevedibile alla luce sia del patrimonio a disposizione, sia delle spese che nel futuro essi avrebbero dovuto sostenere ragionevolmente in virtù delle condizioni di vita familiari all’epoca esistenti. Ed è pure evidente che l’obbligo di istruire ed educare la prole va si adempiuto dai genitori ma esso deve essere commisurato alle proprie capacità reddituali e finanziarie non potendosi, ad esempio, pretendere che un genitore abbia l’obbligo di indebitarsi in modo insostenibile per realizzare le aspirazioni della prole quali che esse siano in termini di costi da sopportare” (Tribunale di Pescara, Decreto di rigetto del 22 marzo 2022).

In linea con quanto precede il Tribunale di Asti ha rilevato che a causa dell’assenza della prova relativa (i) alle motivazioni della sottoscrizione dei vari contratti di finanziamento e (ii) alle spese effettivamente sostenute, il piano non meritava di essere omologato. In particolare, nel citato provvedimento si legge che “le ragioni che indussero i ricorrenti a stipulare il terzo finanziamento (data 20/05/2016) non sono state indicate e che le spese cui si sarebbe fatto fronte con il quinto finanziamento (data 12/09/2016) non sono state documentate e per vero neppure precisamente quantificate; (…) la motivazione posta a fondamento del sesto finanziamento del 30/05/2017 è anch’essa inverificabile per quanto osservato e comunque sintomatica di grave mancanza di prudenza considerato che il ricorso ad un nuovo prestito a condizioni anche deteriori rispetto ai precedenti costituisce una modalità di reperimento di risorse in sé gravemente imprudente; (…) le ragioni che indussero la ricorrente a stipulare il settimo finanziamento (data 20/10/2018) non sono state compiutamente indicate; (…) nel concetto d’indebitamento colposo lieve si possa includere il ricorso al credito per ragioni verificabili ed impellenti pur effettuato senza un’attenta verifica di costi ed effettivi benefici, ma non si possa invece includere il ricorso al credito per ragioni voluttuarie, superflue o procrastinabili e che l’allegazione e prova delle necessità per soddisfare le quali si dovette ricorrere al credito non possa che incombere sui proponenti” (Tribunale di Asti, decreto di rigetto del 17 marzo 2022).

Di particolare interesse appare altresì una decisione con cui il Tribunale di Palermo, esaminati i conteggi proposti dall’OCC per dimostrare lo stato di sovraindebitamento, ha preso posizione sul comportamento assunto dal debitore rilevando che “il ricorrente ha aggravato la sua esposizione debitoria con colpa grave, facendo un ricorso al credito non proporzionato alle proprie disponibilità economiche, senza aver allegato – né, tantomeno, provato – che la predetta sproporzione sia stata determinata da circostanze, successive all’assunzione delle obbligazioni, a lui non imputabili in quanto imprevedibili” (Tribunale di Palermo, decreto di rigetto n. 8/2021 emesso in data 10 novemnbre 2021).

I Giudici che hanno emesso i predetti provvedimenti, quindi, hanno avuto il merito di aver valutato se, al di là dello scopo per cui è sorta la disciplina sul sovraindebitamento, di fatto il debitore – seppur oggettivamente sovraindebitato – sia “meritevole” della tutela accordata dalla L. 3/2012; tale valutazione, come logico, non poteva (né può) prescindere dalla prova fornita dal debitore in merito ad una serie di elementi.

Di recente, inoltre, alcuni Giudici hanno anche espresso un giudizio in merito alla capacità del debitore di “rendersi conto” in autonomia che la sottoscrizione del contratto di finanziamento avrebbe condotto il medesimo ad uno stato di sovraindebitamento, ravvisando in tale condotta un comportamento colpevole ed imprudente.

Infatti, nonostante nelle relazioni degli OCC spesso si legge sotto traccia che il debitore, in quanto consumatore, non avrebbe le competenze per comprendere il momento in cui “oltrepassa” la soglia del proprio sovraindebitamento, numerosi giudici parlano di una “mera operazione aritmetica” che ogni debitore è in grado di porre in essere al fine di comprendere se, le rate assunte, abbiano più o meno un’incidenza gravosa sul loro reddito.

Sul punto, il Tribunale di Livorno, con decreto di rigetto del 6 gennaio 2022, ha sostenuto che “lo stesso (ossia, in debitore) facendo una semplice somma aritmetica delle rate da pagare mensilmente e detraendo detto importo dall’importo della pensione percepita ben avrebbe potuto e dovuto rendersi conto che non sarebbe stato in grado di soddisfare le sue primarie esigenze di vita e contemporaneamente di restituire dette somme e dunque avrebbe dovuto astenersi dal contrarre nuovi debiti per far fronte ad esigenze non primarie” (Tribunale di Livorno, decreto di rigetto del 6 gennaio 2022).

In aggiunta a ciò, in varie occasioni, i Giudici di merito hanno ravvisato profili di colpevolezza nel comportamento tenuto dal debitore nel caso dei c.d. “finanziamenti a catena”, fenomeno che si configura allorquando il debitore, per far fronte alle spese, continua a sottoscrivere contratti di finanziamento, aumentando il proprio debito a dismisura.

Tale pratica viene ritenuta dai Giudici non meritevole di tutela in quanto, ancora una volta, denoterebbe assenza di prudenza e diligenza nell’assunzione di obbligazioni.

Il Tribunale di Palermo infatti, con decreto di rigetto del 13 febbraio 2021, ha stabilito infatti che “ritenuto che tali elementi – e, segnatamente, l’accertato imprudente ricorso a più fonti di finanziamento, tali da erodere sensibilmente il proprio reddito con impegni negoziali di restituzione rateale – configurano una causa ostativa all’accesso alla chiesta procedura, dimostrando il carattere “colposo” della situazione di sovraindebitamento, determinatasi per effetto di scelte negoziali non improntate ai necessari criteri di avvedutezza e ragionevolezza”, così delineando il collegamento tra continui finanziamenti e colposità della condotta del debitore.

Sempre il Tribunale di Palermo, ancora più recentemente, ha rigettato un reclamo proposto da parte del debitore, precisando che “fra i predetti criteri (n.d.r. criteri per valutare la meritevolezza) rientrano senz’altro la proporzionalità fra la percentuale d’indebitamento, da un lato, e le uscite ordinarie mensili del nucleo familiare in relazione alle entrate ordinarie mensili, dall’altro lato, nonché il numero di volte in cui si è fatto ricorso al credito e l’ampiezza dell’arco temporale di indebitamento, ed infine, le cause che hanno determinato l’indebitamento; (…) nel caso di specie, come si evince dalla documentazione agli atti, il reclamante dal 2006 al 2019 ha fatto un continuo ricorso al credito, causando un’incidenza del debito sulle entrate mensili del nucleo familiare in misura superiore alla metà” (Tribunale di Palermo, decreto di rigetto del reclamo del 18 marzo 2022).

Un ulteriore profilo interessante affrontato dai Giudici di merito attiene alla valutazione del merito creditizio da parte del finanziatore ed ipotesi di “colpevole” sovraindebitamento da parte del debitore.

Il Tribunale di Bari, con decreto di rigetto dell’11 giugno 2021, ha dichiarato che “Invero, non si può sic et simpliciter escludere la colpa grave del consumatore che ha contratto più finanziamenti affidandosi alla capacità del finanziatore professionale di valutare la capacità restitutoria del primo, se è ben nota al finanziato, come nella specie, la palese incapacità di far fronte agli impegni economici progressivamente assunti. Si deve pertanto escludere che la valutazione del merito creditizio cui è tenuto l’ente finanziatore possa avere influenza sulla negligenza del debitore che si è sovraindebitato al di sopra delle proprie possibilità, soprattutto quando, come nel caso in esame, l’assunzione di obbligazioni oltre le proprie capacità restitutorie sia di immediata percezione sulla base di un mero raffronto tra l’entità dei propri redditi e l’entità delle obbligazioni restitutorie assunte” (Tribunale di Tribunale di Bari, con decreto di rigetto dell’11 giugno 2021).

Sempre al riguardo, il Tribunale di Perugia, con decreto di rigetto del 16 novembre 2021, si è espresso sostenendo che “ritenuto, quanto alla valutazione del c.d. merito creditizio da parte del soggetto finanziatore, che anche laddove il finanziatore non avesse adottato la diligenza che ci si potrebbe ragionevolmente aspettare e che la legge prescrive, ma non per questo il debitore possa andare esente da colpa, assumendo di non essere stato consapevole della propria esposizione debitoria, ed anzi di aver confidato sulla propria solvibilità quale conseguenza dell’incauto finanziamento concesso” (Tribunale di Perugia, decreto di rigetto del 16 novembre 2021; in tal senso si è pronunciato il citato Tribunale di Palermo, decreto di rigetto n. 8/2021).

Il principio enunciabile è dunque il seguente: la non corretta valutazione del merito creditizio da parte del creditore non influenza la valutazione della meritevolezza del debitore, la quale deve in ogni caso sussistere ed essere dimostrata.

Si ricorda, infine, quanto indicato dal Tribunale di Reggio Calabria, decreto dell’11 giugno 2021 secondo cui occorre “valorizzare la ratio ispiratrice della procedura in esame che, se da un lato, mira ad attuare il principio di matrice comunitaria della cd. second chance, concedendo agli imprenditori o ai consumatori che si distinguono per meritevolezza e che non abbiano causato il proprio dissesto economico in mala fede o in modo fraudolento una seconda opportunità, dall’altro lato, impone al giudice dell’omologa di bilanciare il sacrificio imposto ai creditori con un attento vaglio di meritevolezza, onde evitare la reimmissione nel circuito economico di soggetti la cui condotta non risulti ispirata ai canoni della diligenza, prudenza e proporzionalità”.

Il Giudice, dunque, è chiamato a bilaciare diritti ed aspettative sia dei soggetti sovraindebitati sia dei creditori.

 

[1] Cfr. artt. 7 – 12, Legge n. 3/2012.

[2] Cfr. artt. 12 bis – 14 bis, Legge n. 3/2012.

[3] Cfr. artt. 14 ter – 14 duodecies, Legge n. 3/2012.

[4] Cfr. art. 14-quaterdecies Legge n. 3/2012.

[5] Viceversa, ai sensi del vecchio art. 9, comma 3-bis., L. 3/2012, tale relazione doveva contenere unicamente “l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell’assumere volontariamente le obbligazioni”; “l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte”; “il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni”; “l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori”; “il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della proposta, nonché sulla probabile convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria”.

[6] Cfr. art. 7, comma 2, lettera d-ter della L. n. 3/2012. Sul punto, si rileva che la normativa previgente prevedeva, quale (diversa e ben più ampia) causa ostativa soggettiva dell’omologa, l’ipotesi in cui si accertasse che il consumatore aveva “assunto obbligazoni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere” ovvero aveva “colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali” (cfr. il vecchio art. 12-bis, comma 3 della L. n. 3/2012).

[7] Cfr. art. 12 bis, comma 3 della L. n. 3/2012.

[8] Rappresenta questo, probabilmente, il motivo per cui si rinviene una così elevato accesso a tale procedura. Il debitore deve “solo” dimostrare lo stato di sovraindebitamento e di essere meritevole di accedere alla procedura; in cambio, ottiene una falcidia dei crediti che non richiede alcun consenso dei creditori e che può solo essere oggetto delle osservazioni dei creditori.

[9] Cfr. art. 12-bis, comma 3-bis della L. n. 3/2012.

[10] Cfr. artt. 67-73, Codice della crisi.

[11] Ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera e) “Ai fini del presente codice si intende per «consumatore»: la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali”.

[12] Cfr. art. 67, Codice della crisi.

[13] Si precisa che i contenuti della domanda sono espressamente disciplinati dal comma 2 dell’art. 67 del Codice della crisi.

[14] Cfr. art. 68, Codice della crisi.

[15] Ai sensi dell’art. 68 del Codice della crisi è altresì disposto che “A tal fine si ritiene idonea una quantificazione non inferiore all’ammontare dell’assegno sociale moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159.” La verifica della valutazione del merito creditizio da parte dell’OCC sarà dunque effettuata tenendo in considerazione il reddito di cui dispone il debitore per far fronte alle proprie obbligazioni, decurtando da tale reddito l’importo necessario a mantenere un tenore di vita dignitoso parametrato al c.d. “minimo vitale”.

[16] Cfr. art. 70, Codice della crisi.

[17] Sempre a parere di chi scrive, una siffatta sanzione di tipo “processuale” ben potrebbe sollevare ragionevoli dubbi sulla violazione dell’art. 24 della Costituzione sul “diritto di difesa”, nonché dell’art. 111 della Costituzione, sul tema del “giusto processo”, dal momento che anche il Codice della crisi impedisce al creditore il diritto di impugnare la decisione del Tribunale sull’omologa del piano, nonché il c.d. right to be head.

[18] Cfr. art. 70, Codice della crisi.

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