Le opinioni espresse nell’articolo lo sono a titolo personale e non riguardano opinioni della Consob presso cui lo scrivente lavora.
1. Premessa
Una conseguenza comune alle crisi economiche, specie quando le cause della crisi vengono ridotte al malfunzionamento dei mercati finanziari, è la ridefinizione dell’ampiezza e della profondità della regolazione e, conseguentemente, del ruolo assegnato ai regolatori. A seguito di un ampio dibattito, alla fine del 2010, l’Unione europea si è dotata di un nuovo Sistema europeo di vigilanza finanziaria (in breve SEVF)[1]. Del SEVF fanno parte tre autorità di vigilanza europee, collettivamente denominate European Supervisory Authorities (Esa): l’European Banking Authority (Eba[2]), per il settore bancario, l’European Securities and Markets Authority (Esma[3]), per i mercati finanziari e l’European Insurance and Occupational Pension Authority (Eiopa), per il settore delle assicurazioni e dei fondi pensione). Del sistema fanno parte anche il Consiglio europeo per il rischio sistemico (Esrc) e i rappresentanti delle autorità di vigilanza finanziaria nazionali. Sono stati, di tal fatta, costituiti tre nuovi regolatori di settore, presso i quali sono concentrate funzioni di regolazione e funzioni di supervisione, anche se con ampiezza diversa nei tre settori e con una significativa differenza nel settore delle banche, per il quale le funzioni sono suddivise fra EBA e BCE, con linee di demarcazione, specie a seguito dell’entrata in vigore dei diversi “meccanismi“ (di vigilanza, di risoluzione) costitutivi dell’Unione bancaria, non particolarmente chiari.
Con l’emanazione della Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014 (c.d. direttiva MiFID II) e del Regolamento 2014/600/UE (MiFIR) e relativa pubblicazione di entrambi i documenti nella Gazzetta Ufficiale europea del 12 giugno 2014 si è attuata la revisione della direttiva MiFID I. Ricordiamo che dal 3 luglio 2015, sono state recepite le misure di cui all’articolo 92, ovvero, gli interventi conseguenti alle modifiche alla direttiva 2011/61/UE (AIFMD) mentre dal 3 luglio 2017 il resto del disposizioni.
Le tempistiche di applicazione della Mifid II, ne prevedono l’ingresso nel sistema dal 3 gennaio 2018 per quasi tutto il corpus normativo e, dal 3 settembre 2018, per le disposizioni di cui all’articolo 65 paragrafo 2, ovvero, di quelle concernenti la raccolta delle informazioni rese pubbliche da parte di sistemi consolidati pubblicazione. Quanto alla MiFIR, dal 3 gennaio 2018, entrano in vigore la maggior parte disposizioni contenute nel corpus del regolamento ad eccezione delle parti che delegano la Commissione Europea adottare gli atti delegati o l’ESMA ad adottare progetti di norme tecniche di regolamentazione da sottoporre alla Commissione Europea che si applicano immediatamente; dal 3 gennaio 2019 si applica, infine, l’articolo 37 paragrafi 1, 2 e 3 ovvero, le norme relative all’accesso non discriminatorio agli indici riferimento e l’obbligo di concedere una licenza per gli stessi.
Nel nostro ordinamento la MiFID II è stata recepita con il “decreto legislativo 3 agosto 2017, n. 129, di attuazione della Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari (c.d. direttiva MiFID II)” che modifica il Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58[4] (in breve T.U.F.). Il decreto è stato Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 198 del 25 agosto 2017. Per il “Regolamento recante norme di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari” (in breve, Regolamento Intermediari), adottato dalla Consob con delibera n. 16190 del 29 ottobre 2007, è in corso l’iter di modifica da parte della Consob, atteso che la procedura di consultazione si è chiusa lo scorso luglio 2017[5]. Rammentiamo che le modifiche al nostro ordinamento si sono rese necessarie, oltre che per il naturale recepimento della MiFID II, per il doveroso coordinamento con le modifiche al T.U.F., per il “Regolamento delegato (ue) 2017/565 della Commissione del 25 aprile 2016 che integra la direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti organizzativi e le condizioni di esercizio dell’attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di detta direttiva”, e per la “Direttiva delegata (ue) 2017/593 della Commissione del 7 aprile 2016 che integra la direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la salvaguardia degli strumenti finanziari e dei fondi dei clienti”, anche per recepire gli obblighi di governance dei prodotti e delle regole applicabili per la fornitura o ricezione di onorari, commissioni o benefici monetari o non monetari, di cui al “Final Report Guidelines for the assessment of knowledge and competence”, del 17 Dicembre 2015 – ESMA/2015/1886[6].
2. La product intervention ed il legame con la product governance.
La Direttiva MIFID II ed il Regolamento MiFIR condividono la stessa finalità della MIFID I, ovvero, quella di realizzare un mercato unico degli strumenti finanziari, ma oltre a rispondere alla necessità di adeguare la normativa dei mercati finanziari al progresso tecnologico, affrontano anche una serie di punti di debolezza della precedente disciplina che, fondamentalmente ispirata alla sola “filosofia della trasparenza” a correggere le asimmetrie informative ed i comportamenti mis-selling, non era riuscita a proteggere il mercato finanziario stesso dagli impatti negativi sugli investitori e sulla stabilità dello stesso nel suo insieme, delle offerte massive di prodotti tossici o non trasparenti. La Direttiva ed il Regolamento, in primo luogo, nell’ottica del rafforzamento di taluni presidi a tutela degli investitori, in generale intendono ampliare il regime di trasparenza pre e post-negoziazione attualmente previsto per le azioni ad una più ampia gamma di strumenti finanziari, tra cui gli strumenti di capitale[7], e si pongono i seguenti principali obiettivi[8]: la product governance, da intendere come un insieme di regole mirate a prevenire e/o contenere i fenomeni di mis-selling (vendite fraudolente), e ciò sia nella fase di distribuzione, commercializzazione e vendita dei prodotti finanziari che nel fase creazione degli strumenti finanziari stessi; la product intervention, da interpretare come il potere delle autorità nazionali e sovranazionali (ESMA e EBA, per i depositi strutturati) preposte alla vigilanza del mercato finanziario di vietare e/o limitare la distribuzione di specifici prodotti perché nocivi ai risparmiatori o per l’integrità o la stabilità del mercato; l’implementazione di regole di interazione tra gli intermediari e la clientela, in particolare, circa il tema della consulenza e della consulenza indipendente, con il fine consentire l’offerta di un più ampio numero di tipologie di prodotti e di emittenti filtrata da soggetti dotati di particolari caratteristiche e sottoposti a puntuali divieti (esempio, il divieto di accettare pagamenti ed incentivi se non da clienti); la riduzione dell’ambito della “execution only” (ovvero, il servizio di mera esecuzione di ordini del cliente), nel senso di rendere possibile l’ordine solo su una particolare categoria di prodotti finanziari non complessi e, solo se chiaramente voluto al cliente e previo avvertimento da parte dell’intermediario che la non l’esecuzione dell’ordine fa venire meno la protezione generalmente dovuta nella prestazione del servizio di investimento. Un ulteriore aspetto di novità, spesso trascurato nei più recenti commenti alla nuova disciplina, è quello relativo all’ampliamento della trasparenza sulle negoziazioni in strumenti finanziari, questione, peraltro, che si innesta nell’obiettivo di armonizzazione delle diverse sedi di negoziazione. Oltre a garantire requisiti organizzativi uniformi tra mercati regolamentari e sedi di negoziazione alternative, la nuova disciplina interviene anche sui requisiti di trasparenza pre e post-negoziazione. Entrambi gli interventi mirano ad evitare che possano affermarsi mercati paralleli tali da compromettere l’integrità dei mercati finanziari[9].
La disciplina della product governance, a cui si affiancano i nuovi poteri di intervento delle autorità di vigilanza, generati dall’esperienza maturata nella più recente crisi finanziaria, che ha convinto il legislatore comunitario che una più efficace tutela del risparmiatore poteva essere assicurata coinvolgendo tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di vita del prodotto; da coloro che realizzano il prodotto c.d. “manufacturer”, ovvero gli intermediari che “creano, sviluppano, emettono o disegnano nuovi prodotti, fino al “distributor”, ovvero tutti gli intermediari che offrono strumenti finanziari[10]. In tal senso, la product governance, sebbene non sostituisce le regole applicabili ai singoli servizi di investimento (come il test di adeguatezza e/o di appropriatezza), si applica a tutti i prodotti ed a tutela di qualsiasi investitore sia esso a retail, che professionale, ovvero, controparte qualificata[11], nel senso i prodotti devono essere da subito adeguati al profilo dei bisogni del cliente. Il processo di approvazione del prodotto dovrà precisare, dunque, per ciascuno strumento finanziario un determinato mercato di riferimento (target market o mercato target) di clienti finali all’interno della pertinente categoria di clienti e garantire che tutti i rischi specificamente attinenti a tale mercato di riferimento siano stati analizzati e che la strategia di distribuzione sia coerente con il mercato di riferimento stesso. Tale nuovo modo di concepire il rapporto con il cliente da parte dell’intermediario, pone in capo allo stesso una serie di oneri; certamente agli amministratori dell’intermediario è posto il carico di responsabilità per la definizione ed il monitoraggio delle policy sulla creazione e sulla distribuzione di prodotti (ex art. 9[12] MiFID II), nel senso che è fatto loro carico di individuare modelli di business coerenti con l’obiettivo di servire meglio gli interessi dei clienti e la tolleranza al rischio dell’intermediario e del monitoraggio nel tempo del prodotto, del target market, e della strategia di distribuzione (ex art. 16[13] MiFID II). Peraltro l’articolo 16, co. 3, della MiFID II, prevede precisi requisiti organizzativi per gli intermediari sia sulle procedure di approvazione del prodotto che di product testing, nonché una adeguata competenza e preparazione dello staff destinato alla commercializzazione e vendita del prodotto.
In definitiva, le imprese di investimento, con la nuova disciplina, sono chiamate non solo a comprendere le caratteristiche di strumenti finanziari offerti o raccomandati ma anche ad istituire e riesaminare politiche e disposizioni efficaci per identificare la categoria del cliente alla quale fornire i prodotti e i servizi stessi ed assicurarsi che l’informazione sui servizi finanziari prestati e sui prodotti offerti siano veicolati in maniera efficace ai clienti. In particolare, le “imprese produttrici” di strumenti finanziari devono garantire che i prodotti finanziari siano concepiti per rispondere alle esigenze di un mercato di riferimento di clienti finali all’interno della pertinente categoria di clienti e devono adottare tutti i provvedimenti ragionevoli per garantire che gli strumenti finanziari stessi siano distribuiti proprio al mercato individuato, riesaminando regolarmente l’identificazione del mercato di riferimento dei prodotti che offrono ed il loro rendimento. Le imprese di investimento, invece, che “offrono o raccomandano” ai propri clienti strumenti finanziari realizzati da intermediari, fermi restando gli obblighi circa la valutazione di appropriatezza o adeguatezza, devono disporre di meccanismi adeguati per ottenere e comprendere le pertinente informazioni relative al processo di approvazione del prodotto, compreso il mercato di riferimento e alla sua identificazione, nonché in merito alle caratteristiche del prodotto che offrono e/o raccomandano (cfr.art.24[14] MiFID II).
La MiFID II ed il regolamento MiFIR introducono, altresì, (ma verrebbe da dire conseguentemente) misure di vigilanza di cui possono disporre le autorità (ESMA, EBA e autorità nazionali) per controllare ed intervenire, sia in via preventiva che nel durante, sulla commercializzazione, distribuzione e vendita di prodotti dell’Unione. Tali misure spaziano dal monitoraggio sul mercato (c.d. poteri di market monitoring) attribuiti alle autorità nazionali( ex art. 39 del Regolamento), al potere di intervento che consentono all’ESMA, per gli strumenti finanziari (cfr. art. 40 del Regolamento), e all’ EBA per i depositi strutturati (cfr. art. 41 del Regolamento), di vietare temporaneamente o eventualmente limitare la commercializzazione, la distribuzione o la vendita di determinati strumenti finanziari o deposito strutturato, aventi particolari caratteristiche specifiche, ovvero, anche un tipo di attività o pratica finanziaria (c.d. poteri di temporary inervention), alla misure di gestione delle posizioni (e dei relativi limiti) attribuite all’EBA[15].
In particolare, l’articolo 69 MiFID II, secondo comma, indica tra i poteri di vigilanza che devono essere conferiti alle autorità competenti quelli di:” lett. f) richiedere la temporanea interdizione dell’esercizio dell’attività professionale; lett. q) emanare comunicazioni pubbliche; lett. s) sospendere la commercializzazione o la vendita di strumenti finanziari o depositi strutturati qualora le condizioni di cui agli articoli 40, 41 o 42 del regolamento MiFIR siano soddisfatte[16]; lett.t) sospendere la commercializzazione o la vendita di strumenti finanziari o depositi strutturati qualora l’impresa di investimento non abbia sviluppato o applicato un processo di approvazione del prodotto efficace o non abbia altrimenti rispettato le disposizioni di cui all’articolo 16, paragrafo 3, della MiFID II; lett.u) chiedere la destituzione di una persona fisica dal consiglio di amministrazione di un’impresa di investimento o di un gestore del mercato”. I citati poteri di product intervention – in luce già presenti all’art. 17 Regolamento sui PRIIPs per i prodotti finanziari-assicurativi – sono scritti nel Regolamento MiFIR con riferimento agli strumenti finanziari ed alle attività o pratiche finanziarie, che detta, peraltro, le condizioni per l’intervento di ESMA e EBA e ne dettaglia le competenze anche per le autorità nazionali che, in definitiva, divengono responsabili non solo del coordinamento delle azioni delle autorità di vigilanza dei titoli, ma hanno il potere di adottare misure di emergenza, quando sussiste una situazione di crisi.
In particolare, ESMA ed EBA possono intervenire quando la misura proposta è volta a fronteggiare un pericolo significativo in merito alla protezione degli investitori o una minaccia al ordinato funzionamento e all’integrità dei mercati finanziari o dei mercati delle merci o alla stabilità dell’insieme o di una parte del sistema finanziario dell’unione, se i requisiti normativi applicabili conformemente al diritto dell’unione allo strumento finanziario (o al deposito strutturato) o all’attività in questione non sono atti a far fronte alla minaccia, quando l’autorità competente o le autorità competenti non hanno adottato misure idonee per affrontare la minaccia, ovvero, le misure adottate non siano sufficienti a farvi fronte[17]. Gli interventi delle autorità europee non devono, inoltre, comportare effetti negativi sproporzionati rispetto ai suoi benefici sull’efficienza dei mercati finanziari o sugli investitori ovvero i rischi di arbitraggio normativo. Il regolamento prevede, inoltre, che qualora le misure imposte dall’ESMA riguardano derivati su merci, è onere dell’ESMA consultare gli organismi pubblici competenti della vigilanza la gestione e la regolamentazione dei mercati agricoli ai sensi del Regolamento numero 1234/2007. In assenza di tali condizioni le autorità europee hanno comunque facoltà di imporre, a mero titolo precauzionale, divieti o restrizioni prima che lo strumento finanziario o il deposito strutturato sia commercializzato, distribuito o venduto alla clientela.
I poteri assegnati all’ESMA e all’EBA sono attribuiti anche alle autorità nazionali (cfr. art. 42 del Regolamento) senza distinzione tra strumento finanziario e deposito strutturato, ma solo in relazione ad un determinato stato membro[18]. Diversamente poi, dai poteri assegnati all’ESMA e all’EBA, le autorità nazionali possono intervenire oltre che per la presenza di un timore significativo sulla protezione degli investitori o alla minaccia al funzionamento o all’integrità dei mercati siano essi finanziari e di merci, o addirittura del sistema finanziario, anche in presenza di ripercussioni negative di un derivato sul meccanismo di formazione dei prezzi nel mercato sottostante. In merito vedasi l’articolo 42, paragrafo 2, lettera a), punto ii) MiFIR: secondo il quale la competente autorità può esercitare i propri poteri d’intervento, se ha ragionevoli motivi di ritenere che: “un derivato ha ripercussioni negative sul meccanismo di formazione dei prezzi nel mercato sottostante[19]”.
L’intervento dell’ESMA per i prodotti e le attività e le pratiche finanziarie e, per i depositi strutturati dell’EBA, è uno strumento attivabile sul presupposto di inadeguatezza degli strumenti disponibili, nel senso che i requisiti regolamentari e/o normativi applicabili allo strumento o alla pratica o all’attività in base alla legislazione UE non sono atti a far fronte alla minaccia, e sempre che l’Autorità nazionale competente non ha assunto (o ha assunto misure non adeguate) ad affrontare la minaccia. Le misure adottate dall’ESMA sono, comunicate alle autorità nazionali e verificate, a pena decadenza, ogni tre mesi (c.d. temporary intervention). Resta inteso che gli atti dell’ESMA prevalgono su quelli delle autorità nazionali e devono essere sospese se interviene l’autorità interna.
In generale, dunque, la product intervention si caratterizza per essere uno strumento di estrema ratio attivabile dopo un intenso confronto dell’ESMA (o l’EBA, che in tale analisi per semplicità trascureremo) con le altre autorità nazionali. L’articolo 42, prf. 3, del Regolamento MiFIR precisa che l’autorità di vigilanza nazionale non potrà, salvo casi eccezionali, imporre un divieto o una restrizione se non dopo aver comunicato alle altre autorità competenti e all’ESMA, “…almeno un mese prima dell’esecuzione del divieto o della restrizione”, tutti gli elementi indicati dal medesimo articolo 42 pfr. 3 del Regolamento MiFIR. L’ESMA emette un parere non vincolante nel quale dichiara se ritiene che il divieto o la restrizione siano giustificati e proporzionati e se necessario invita altre Autorità competenti ad adottare misure analoghe. Il parere viene pubblicato sul sito internet dell’ESMA. L’articolo 43 MiFIR “Coordinamento da parte dell’ESMA e dell’ABE”, al pfr. 3 prevede, comunque, l’obbligo di pubblicazione, da parte di un’autorità competente, sul proprio sito internet, delle ragioni su cui si fonda l’eventuale adozione da parte di detta autorità, di misure contrarie al parere che fosse stato emesso dall’ESMA o dall’ABE, ex art. 43 prf. 2, in ordine ai divieti o restrizioni adottati da detta autorità competente ai sensi dell’articolo 42 MiFIR.
Riassumendo, secondo quanto previsto dal citato articolo 42 MiFIR, l’intervento delle autorità di vigilanza nazionali è comunque subordinato all’osservanza della procedura ivi indicata. In particolare, le autorità nazionali possono vietare o limitare la commercializzazione, la distribuzione o la vendita di strumenti finanziari o depositi strutturati, così come un determinato tipo di attività o pratica finanziaria, laddove vi siano ragionevoli motivi per ritenere, tra l’altro, che: a) alternativamente, i) uno strumento finanziario (o deposito strutturato) o attività o pratica sollevino timori significativi in merito alla protezione degli investitori o costituiscano una minaccia all’ordinato funzionamento e all’integrità dei mercati finanziari o dei mercati delle merci o alla stabilità dell’insieme o di una parte del sistema finanziario almeno in uno Stato membro, o ii) un derivato ha ripercussioni negative sul meccanismo di formazione dei prezzi nel mercato sottostante; b) i requisiti normativi applicabili allo strumento finanziario, al deposito strutturato, all’attività o alla pratica non siano sufficienti a far fronte ai rischi di cui alla lettera a) e una migliore vigilanza o applicazione dei requisiti esistenti non consentirebbe comunque di fronteggiare il problema in modo più efficace; c) la misura sia proporzionata in rapporto alla natura dei rischi identificati, al livello di sofisticazione degli investitori o dei partecipanti interessati al mercato e al suo probabile impatto sugli investitori; d) la misura non ha effetto discriminatorio sui servizi o sulle attività fornite a partire da un altro Stato membro; inoltre, l’autorità competente dovrà aver consultato le autorità competenti degli altri Stati membri sui quali la misura potrebbe incidere in modo significativo.
Infine, ai sensi dell’articolo 39 MiFIR “Controllo del Mercato”, al prf. 3, si dispone che le autorità competenti esercitino “un monitoraggio sul mercato degli strumenti finanziari e dei depositi strutturati, commercializzati, distribuiti o venduti nel loro Stato membro o a partire dallo stesso”, prevedendosi dunque una rilevazione periodica e sistematica dell’andamento dei mercati finanziari e dei prodotti nonché delle tecniche di produzione e distribuzione, collocamento o vendita con stretto riferimento alla clientela target. Analogo potere è attribuito all’EBA per il monitoraggio del mercato dei depositi strutturati venduti, distribuiti e/o commercializzati nella U.E[20].
I fattori ed i criteri valutati dall’ESMA per determinare se esista un timore significativo in merito alla protezione degli investitori o una minaccia all’ordinato funzionamento e all’integrità dei mercati finanziari o dei mercati delle merci o alla stabilità dell’insieme o di una parte del sistema finanziario dell’Unione per l’ESMA e per le autorità nazionali per attivare la product intervention sui prodotti finanziari o sulle attività o pratiche finanziarie sono ricavabili dal Regolamento (art. 40, comma 8), e possono essere sinteticamente ricondotti ai criteri del grado di trasparenza, di complessità e d’innovazione del prodotto e/o della pratica finanziaria[21] o delle particolari caratteristiche dello stesso, inclusa la leva finanziaria[22]. Le misure adottate per la product intervention dalle autorità sovranazionali o dei paesi membri devono, inoltre, essere giustificate, ovvero, i requisiti normativi applicabili allo strumento, all’attività o alla pratica commerciale non devono essere sufficienti a far fronte ai rischi di protezione investitore, deve sussistere la minaccia all’ordinato funzionamento e alla integrità del mercato e/o stabilità, e una migliore vigilanza o applicazione dei requisiti esistenti non consentirebbe di fronteggiare il problema in modo efficacie. Inoltre, le misure devono essere proporzionate, ovvero, adeguate alla natura dei rischi identificati, al livello di sofisticazione dell’investitore, e dei partecipanti al mercato e non discriminatorie sui servizi ed attività fornite da un altro Stato Membro.
La “complessità” dello strumento finanziario e dell’attività e pratica finanziaria, secondo il Regolamento delegato 2017/567 della Commissione del 18 maggio 2016[23], all’art. 19, comma 2, prevede che sia valutata in relazione al tipo di clienti coinvolti nell’attività finanziaria o pratica finanziaria o alla quale lo strumento finanziario è commercializzato o venduto, in particolare, tenuto conto: “—del tipo di attività sottostanti o di riferimento e del grado di trasparenza delle attività sottostanti o di riferimento;— del grado di trasparenza dei costi e degli oneri connessi allo strumento finanziario, all’attività finanziaria o alla pratica finanziaria e, in particolare, della mancanza di trasparenza risultante da livelli multipli di costi e oneri;—della complessità del calcolo del rendimento, tenendo conto in particolare se il rendimento dipenda dal rendimento di uno o più attività sottostanti o di riferimento, a loro volta influenzato da altri fattori, o se esso dipenda non solo dai valori delle attività sottostanti o di riferimento alla data iniziale e alle scadenze, ma anche dai valori durante la vita del prodotto;— della natura e della portata dei rischi; —se lo strumento o il servizio è abbinato ad altri prodotti o servizi; o — della complessità dei termini e delle condizioni”. Deve essere segnalata, a nostro modo di vedere, anche la “Opinion ESMA del 7 e del 27.3.2014” e la Comunicazione Consob del 22.12.2014 n. 0097996 sui prodotti complessi. Quanto, invece, al criterio del grado “d’innovazione” del prodotto o dell’attività o pratica commerciale[24] utilizzata, il citato Regolamento delegato evidenzia che va considerato, in particolare:”—il grado di innovazione correlato alla struttura dello strumento finanziario, dell’attività finanziaria o della pratica finanziaria, incluse l’incorporazione (embedding) e l’attivazione (triggering); —il grado di innovazione correlato al modello di distribuzione o alla lunghezza della catena di intermediazione; — la portata della diffusione dell’innovazione, incluso se lo strumento finanziario, l’attività finanziaria o la pratica finanziaria sono innovativi per particolari categorie di clienti; — il fatto che l’innovazione determini effetto leva; — la mancanza di trasparenza del sottostante; o — l’esperienza pregressa di mercato con strumenti finanziari o pratiche di vendita simili”[25]. Il grado di trasparenza e le caratteristiche del prodotto, un’attività e/o pratica finanziaria vanno valutate, rispettivamente, tenendo conto de:” — la tipologia e la trasparenza del sottostante; — i costi e gli oneri nascosti;— l’utilizzo di tecniche che attirano l’attenzione dei clienti ma non riflettono necessariamente l’idoneità o la qualità globale dello strumento finanziario, dell’attività finanziaria o della pratica finanziaria;— la natura dei rischi e la trasparenza dei rischi; o — l’utilizzo di nomi di prodotti o di terminologia o di altre informazioni che implicano livelli maggiori di sicurezza o rendimento rispetto a quelli possibili o probabili, o che sottintendono caratteristiche del prodotto che non esistono” e, quanto alle caratteristiche/componenti, de“— l’effetto di leva inerente al prodotto;— l’effetto di leva dovuto ai finanziamenti;— le caratteristiche delle operazioni di finanziamento tramite titoli; o — il fatto che il valore del sottostante non è più disponibile o affidabile”.
Il regolamento delegato, citato, declina, tuttavia, ulteriori fattori e criteri che l’ESMA valuta. In particolare, l’entità delle potenziali conseguenze negative che posso derivare dal collocamento, distribuzione e vendita del prodotto[26], la tipologia di clienti coinvolti in attività o pratica finanziaria o a cui lo strumento finanziario è commercializzato o venduto[27], l’esistenza di disparità tra il rendimento o il profitto previsto per gli investitori e il rischio di perdita in relazione strumento finanziario o pratica, la facilità e il costo con il quale gli investitori sono in grado di vendere lo strumento finanziario in questione o cambiare lo strumento finanziario, la determinazione dei prezzi e dei costi associati e le pratiche di vendita associate[28], il grado di informazioni disponibili sull’emittente, sul garante e sul prodotto attività finanziaria[29], il grado di rischio (quando elevato) per l’esecuzione delle operazioni concluse nel mercato rilevante, se l’attività o la pratica finanziaria compromette significativamente l’integrità del processo di formazione del prezzo nel mercato, se le caratteristiche dello strumento finanziario lo rendono particolarmente suscettibile all’utilizzo per scopi di criminalità finanziaria[30]. Inoltre, sempre dal citato Regolamento, l’ESMA potrà attivare i suoi poteri di product intervention quando ”… un’attività finanziaria o una pratica finanziaria rappresentano un rischio particolarmente elevato per la resilienza o il regolare funzionamento dei mercati e delle loro infrastrutture”; “… se uno strumento finanziario, un’attività finanziaria o una pratica finanziaria potrebbero portare a una significativa e artificiale disparità tra i prezzi di un derivato e quelli del mercato sottostante; se uno strumento finanziario, un’attività finanziaria o una pratica finanziaria rappresentano un alto rischio di perturbazione per enti finanziari considerati importanti per il sistema finanziario dell’Unione”; “… la rilevanza della distribuzione di uno strumento finanziario come fonte di finanziamento per l’emittente”; “… se uno strumento finanziario, un’attività finanziaria o una pratica finanziaria rappresenta rischi particolari per l’infrastruttura del mercato o dei sistemi di pagamento, inclusi i sistemi di negoziazione, di compensazione e di regolamento”; ”… o se uno strumento finanziario, un’attività finanziaria o una pratica finanziaria possono minare la fiducia degli investitori nel sistema finanziario” .
La product intervention, ancora, si attiva “se un’attività finanziaria o una pratica finanziaria compromette significativamente l’integrità del processo di formazione del prezzo nel mercato in questione, cosicché il prezzo o il valore dello strumento finanziario in questione non è più determinato dalle legittime forze di mercato della domanda e dell’offerta, o cosicché i partecipanti al mercato non possono più fare affidamento sui prezzi formatisi in quel mercato o sui volumi di negoziazione come base per le proprie decisioni di investimento”[31] e in considerazione della dimensione complessiva dell’offerta sul mercato del prodotto finanziario e la situazione finanziaria ed economica dell’emittente di uno strumento finanziario, nella misura in cui ciò possa compromettere la stabilità del mercato o di parte di esso. Ricordiamo che la stabilità finanziaria è la condizione che si realizza se si impedisce l’accumularsi di rischi a livello sistemico, fenomeno che può essere descritto come il rischio che l’offerta di prodotti e servizi finanziari indispensabili, da parte del sistema finanziario, sia compromessa al punto da generare conseguenze rilevanti per la crescita economica e il benessere[32].
Circa, infine, i poteri attribuiti alle autorità locali e quelle europee sulla gestione delle posizioni[33], ricordiamo che le autorità nazionali possono senz’altro richiedere ogni informazione utile, compresa tutta la documentazione pertinente a qualsiasi persona in relazione all’entità e alle finalità di una posizione o esposizione aperta mediante uno strumento derivato su merci (commodity derivative) e all’eventuali attività e alle potenziali passività del mercato sottostante. Le autorità nazionali possono, inoltre, chiedere di ridurre l’entità della posizione dell’esposizione o limitare la possibilità di concludere un contratto derivato anche introducendo limiti non discriminatori sulle “size” delle posizioni che un soggetto può assumere. Peraltro, le autorità nazionali stesse, quando adottano una misura relativa alla richiesta di riduzione dell’opposizione posizione o connessa alla limitazione della possibilità di aprire una posizione, lo comunicano in via preventiva alle altre autorità nazionali competenti e all’ESMA. Le autorità competenti possono, inoltre, adottare misure analoghe quando siano convinte che le misure siano necessarie per conseguire l’obiettivo dell’altra autorità competente.
All’ESMA spetta il coordinamento, nel senso che esso accerta che le autorità locali abbiano adottato un approccio coerente relativamente al momento in cui vengono eserciti i poteri, alla natura ed al campo di applicazione e alla durata del provvedimento adottato. Inoltre, si incarica di rendere pubbliche le misure adottate dalle autorità locali. Tuttavia, quando l’autorità europea ritiene che sussista una minaccia al regolare funzionamento e all’integrità dei mercati finanziari o l’autorità competente o, se del caso, le autorità competenti non hanno misure per affrontare la minaccia o, le eventuali misure adottate non sono sufficienti (c.d. criterio della supplettività), può intervenire con poteri propri, come, richiedere informazioni riguardo volume e alle finalità azione o posizione assunta tramite uno strumento derivato, richiedere di ridurre o eliminare la posizione dell’esposizione, limitare la capacità di un soggetto di stipulare un derivato su commodity.
I poteri illustrati per l’ESMA con riferimento ai prodotti finanziari, sono attribuiti all’EBA con riferimento ai depositi strutturati commercializzati, distribuiti o venduti all’interno dell’Unione Europea.
Da quanto sopra rappresentato si evince che i nuovi poteri non implicano l’introduzione di una approvazione o autorizzazione preventiva dei prodotti finanziari (no, regolator endorsement) come, peraltro, si incarica di precisare il considerando 29.2, MIFIR e che, sebbene i poteri di product intervention possono essere attivati in modo specifico nel caso di violazione della regola product governance[34] questi poteri non sono limitati a questi ipotesi, come risulterà palese dalla lettura testuale dell’articolo 7 bis del TUF.
3. Il recepimento nella normativa nazionale: Il decreto legislativo 3 agosto 2017, n. 129
Come premesso, la normativa MIFID II e MiFIR, relativamente alla product intervention, è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 3 agosto 2017, n. 129 (di seguito Decreto)[35], in particolare, all’art. 2, paragrafi 5 e 6, novellando l’articolo 7 del TUF la cui rubrica è stata rinominata “Poteri di intervento sui soggetti abilitati”, ed introducendo l’articolo 7 bis “Poteri di intervento di cui al Titolo VII, Capo I, del regolamento (UE) n. 600/2014”. Per inciso, i soggetti abilitati ed interessati dalle nuove norme sono, in primo luogo, le società di investimento mobiliare (SIM), le banche che prestano servizi di investimento aventi sede in Italia, le società di gestione del risparmio (SGR) che prestano servizi di investimento, i gestori di mercati regolamentati, Sicav, di Sicaf, di GEFIA[36] gli operatori nel settore dell’energia e delle materie prime (energy e commodity player)[37].
Il decreto ribadisce che la Banca d’Italia e la Consob sono “… le autorita’ nazionali competenti ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al Titolo VII, Capo I, del regolamento (UE) n. 600/2014. Esse esercitano i poteri e adottano le misure di vigilanza previsti dall’articolo 39, paragrafo 3, dall’articolo 42 e dall’articolo 43, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 600/2014, in conformita’ anche a quanto stabilito dagli atti delegati emanati ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 7, del predetto regolamento”. In particolare, “… Ai fini di cui al comma 1, la Consob e’ competente per quanto riguarda la protezione degli investitori, l’ordinato funzionamento e integrita’ dei mercati finanziari o dei mercati delle merci, nonche’ per le finalita’ di cui all’articolo 42, paragrafo 2, lettera a), punto ii), del regolamento (UE) n. 600/2014”, mentre, “… Ai fini di cui al comma 1, la Banca d’Italia e’ competente per quanto riguarda la stabilita’ dell’insieme o di una parte del sistema finanziario. 4. Al fine di coordinare l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, la Banca d’Italia e la Consob stabiliscono, anche sulla base di un apposito protocollo d’intesa, le modalita’ della cooperazione e del reciproco scambio di informazioni rilevanti ai fini dell’esercizio delle predette funzioni e dell’esercizio da parte della Consob delle funzioni di punto di contatto ai sensi dell’articolo 4 del presente decreto”.
Il comma 7 dell’articolo 2 del Decreto, introduce nel TUF i seguenti nuovi articoli 7-ter, 7-quater, 7-quinquies, 7-sexies e 7-septies riproducono integralmente le disposizioni contenute rispettivamente negli articoli 51, 52, 54, 53 e 55 del TUF, disciplinando nell’ordine: i poteri ingiuntivi nei confronti degli intermediari nazionali e non UE" (7-ter), i poteri ingiuntivi nei confronti di intermediari UE (7-quater), i poteri ingiuntivi nei confronti degli OICVM UE, FIA UE e non UE con quote o azioni offerte in Italia (7-quinquies), la sospensione degli organi amministrativi (articolo 7-sexies), nonché i poteri cautelari applicabili ai consulenti finanziari autonomi, alle società di consulenza finanziaria ed ai consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (articolo 7-septies). Per inciso, al citato nuovo articolo 7 del TUF, sono state recepite le disposizioni relative ai poteri di vigilanza che devono essere conferiti alle autorità competenti di cui all’articolo 69, comma 2, lettere f), q), s), t) e u) della MiFID II[38].
L’art. 7 del TUF, inoltre, prende atto del livello di diversificazione raggiunto dagli intermediari finanziari nelle modalità di collocamento dei prodotti – come evidenziato nei lavori preparatori alla MiFID II – nuove modalità, appunto, che rendono oltremodo complessa una loro sistematizzazione, dovendosi avere riguardo sia al soggetto che procede al collocamento, commercializzazione e/o vendita in qualità di dipendente dell’intermediario, ovvero, soggetto terzo, legato o meno allo stesso, sia alle modalità con le quali si procede al collocamento e, a tal proposito, tra attività di collocamento, commercializzazione e/o vendita svolta presso la sede o la dipendenza dell’intermediario, o fuori di una sede o di una dipendenza, ovvero, mediante tecniche di comunicazione a distanza. Ciò premesso, la disciplina introdotta nel prende atto del processo innovativo (in corso) nelle modalità di distribuzione dei servizi e prodotti finanziari e della disintermediazione nel contatto diretto tra banca (o altro soggetto vigilato) e cliente e del fatto che ciò ha finito per influire inevitabilmente sui vari rischi inerenti lo svolgimento dell’attività finanziaria, modificandone ed ampliandone le tipologie.[39]
All’articolo 7, comma 1-ter del TUF, si prevede, in primo luogo, che «… La Banca d’Italia e la Consob, nell’ambito delle rispettive competenze, possono pubblicare avvertimenti al pubblico.”, rendendo possibilela diffusione mediante i mass-media del messaggio di “allerta” alla popolazione, con riferimento a pratiche commerciali, attività finanziarie e/o prodotti che possono risultare lesive per i risparmiatori ovvero, su un intermediario finanziario. Peraltro, all’art. 7, comma 2-ter del TUF, si prevede, inoltre, che la Consob, sentita la Banca d’Italia, dispone la rimozione di esponenti aziendali, ovvero, dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso intermediari finanziari (cioè di Sim, banche italiane, società di gestione del risparmio, Sicav e Sicaf)[40] e società finanziarie capogruppo di gruppi finanziari debbano possedere requisiti di professionalità “… qualora la loro permanenza in carica sia di pregiudizio alla trasparenza e correttezza dei comportamenti dei soggetti abilitati”, precisando, peraltro, che “… non si procede alla rimozione” laddove ricorrano i presupposti per la decadenza (ex articolo 13 TUF) “salvo che sussista urgenza di provvedere” e, all’art. 7 comma 1-quater, si statuisce ancora che la Consob possa intimare ai soggetti abilitati“… di non avvalersi, nell’esercizio della propria attività e per un periodo non superiore a tre anni, dell’attività professionale di un soggetto ove possa essere di pregiudizio per la trasparenza e la correttezza dei comportamenti”.
Sempre, ai sensi del nuovo articolo 7, comma 3-bis, la Consob può ordinare la sospensione, per un periodo non superiore a 60 giorni per ciascuna volta della commercializzazione o della vendita di strumenti finanziari o di depositi strutturati nell’ipotesi di “violazione delle disposizioni di attuazione dell’articolo 6, comma 3, lettera b-bis) numero 1, lettera a), e di esistenza di un pregiudizio per la tutela degli investitori”. Il riferimento è, in effetti, agli obblighi disciplinati con regolamento intermediari della Consob ed afferenti nell’ambito della prestazione dei servizi e attività d’investimento e gestione collettiva del risparmio alle “le procedure, anche di controllo interno, per la corretta e trasparente prestazione dei servizi e le attività di investimento” per la product governance.
In merito, si segnala l’art. 7-quater (Poteri ingiuntivi nei confronti di intermediari UE) che prevede, in caso di violazione(da parte dei soggetti sopra indicati)“ … di obblighi derivanti da disposizioni dell’ordinamento italiano e dell’Unione europea loro applicabili nelle materie del presente decreto” che la Banca d’Italia o la Consob, nell’ambito delle rispettive competenze,“… possono ordinare alle stesse di porre termine a tali irregolarita’, dandone comunicazione anche all’Autorita’ di vigilanza dello Stato membro in cui l’intermediario ha sede legale per i provvedimenti eventualmente necessari”. L’autorita’ di vigilanza che procede adotta i provvedimenti necessari,sentita l’altra autorita’, “…compresa l’imposizione del divieto di intraprendere nuove operazioni, nonche’ ogni altra limitazione riguardante singole tipologie di operazioni, singoli servizi o attivita’ anche limitatamente a singole succursali o dipendenze dell’intermediario”, ovvero può anche ordinare la chiusura della succursale, quando: “… a)mancano o risultano inadeguati i provvedimenti dell’autorita’ competente dello Stato in cui l’intermediario ha sede legale; b)risultano violazioni delle norme di comportamento; c)le irregolarita’ commesse possono pregiudicare gli interessi inerenti agli obiettivi di carattere generale elencati nell’articolo 5, comma 1; d) nei casi di urgenza per la tutela degli interessi degli investitori”. I provvedimenti previsti sono comunicati dall’autorita’ che li ha adottati e all’autorita’ competente dello Stato UE in cui l’intermediario ha sede legale.
Le autorità competenti all’esercizio dei poteri d’intervento di cui al MiFIR, sono (ex art. 7-bis TUF) da un lato la Consob, per quanto concerne la “protezione degli investitori, l’ordinato funzionamento e integrità dei mercati finanziari o dei mercati delle merci, nonché per le finalità di cui all’articolo 42, paragrafo 2, lettera a) punto ii)” del Regolamento MiFIR medesimo, dall’altro, la Banca d’Italia per quanto riguarda “la stabilità dell’insieme o di una parte del sistema finanziario”.
Sempre nell’ottica, poi, dell’innalzamento dei livelli di tutela dei risparmiatori sono stati, quindi, espressamente disciplinati specifici poteri di contrasto all’abusivismo su internet (articolo 7-octies): la Consob può, nei confronti di chiunque offre o svolge servizi o attività di investimento tramite internet senza esservi abilitato, sia rendere pubblica, anche in via cautelare, la circostanza che il soggetto non è autorizzato allo svolgimento delle relative attività che, ove, necessario ordinare di porre termine alla violazione[41]. L’art. 7-decies, conferisce alla Banca d’Italia ed alla Consob, per quanto di rispettiva competenza, il compito di vigilare sul rispetto delle disposizioni dell’Unione Europea direttamente applicabili. In particolare, “… La Banca d’Italia e la Consob vigilano, ciascuna per quanto di competenza, ai sensi della presente parte, sul rispetto delle disposizioni dettate dal regolamento (UE) n. 600/2014, nonche’ dagli atti delegati e dalle norme tecniche di regolamentazione e di attuazione del citato regolamento e della direttiva 2014/65/UE.”[42]
[1] L’assetto è stato definito con i Regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010, 1092/2010 e 1096/2010 (sul Consiglio per il rischio sistemico), 1093/2010 (sull’Autorità bancaria europea), 1094/2010 (sull’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e 1095/2010 (sull’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GUUE L 331 del 15 dicembre 2010. In termini generali, v. Onado, M., La supervisione finanziaria europea dopo il Rapporto de Larosiere: siamo sulla strada giusta?, in Bancaria, 2009, 16 ss.; Napolitano, G., Il meccanismo europeo di stabilità e le nuove frontiere costituzionali dell’Unione, in Giorn. Dir. Amm., 2012, 461 ss..
[2] L’EBA, istituita e soggetta al regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, Il suo ambito d’intervento comprende enti creditizi, conglomerati finanziari, imprese di investimento, istituti di pagamento e istituti di moneta elettronica. L’ABE è anche responsabile di avviare e coordinare, in cooperazione con il CERS, le prove di stress a livello dell’Unione per il settore bancario. L’ultima prova di stress è stata eseguita nel 2016 e la prossima sarà avviata nel 2018
[3] L’ESMA è stata istituita e soggetta al regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio. Nell’ambito delle sue competenze rientrano i mercati dei valori mobiliari e i relativi partecipanti (scambi, operatori commerciali, fondi, ecc.). L’ESMA è l’unico organismo nell’Unione responsabile della registrazione e della vigilanza delle agenzie di rating del credito e dei repertori di dati sulle negoziazioni nonché dell’imposizione di sanzioni nei loro confronti. È inoltre responsabile del riconoscimento delle controparti centrali e dei repertori di dati sulle negoziazioni dei paesi terzi e della certificazione e approvazione delle agenzie di rating del credito dei paesi terzi.
[4] Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 520.
[5] Con riferimento alla disciplina secondaria, il 6 luglio 2017 la Consob, come noto, ha posto in consultazione il documento “Modifiche al regolamento Intermediari relativamente alle disposizioni per la protezione degli investitori e alle competenze e conoscenze richieste al personale degli intermediari, in recepimento della direttiva 2014/65/UE (MiFID II)” (il “Documento di consultazione”), documento che recepisce la normativa comunitaria.
[6] Intervengono inoltre in materia: – il Il D.Lgs. n. 224 del 14 novembre 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 28 novembre 2016, contenente le disposizioni necessarie al fine di uniformare la disciplina italiana al Regolamento (UE) n. 1286/2014 (c.d. “Regolamento PRIIPS”) , -la “Bank Recovery and Resolution Directive”, direttiva n. 2014/59/EU, BRRD, ed i relativi decreti attuativi (d.lgs. 16 novembre 2015, n. 180 e d.lgs. 16 novembre 2015, n. 181) che conferiscono, fra l’altro, strumenti e poteri che la Banca d’Italia può adottare per la gestione della crisi di una banca, – la Comunicazione n. 0090430 del 24-11-2015, con oggetto i citati decreti legislativi nn. 180 e 181 del 16 novembre 2015, di recepimento della direttiva 2014/59/UE. Prestazione dei servizi e delle attività di investimento, nonché dei servizi accessori,- le “Guidelines on cross-selling practices”, del 22.12.2015.
[7] Secondo l’art.1, comm2, del TUF per “… strumento finanziario si intende qualsiasi strumento riportato nella sezione c dell’allegato 1”, ovvero, i valori mobiliari, gli strumenti del mercato monetario, le quote di OIC, i contratti di opzione, i future, gli swap, gli accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti su strumenti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, quote di emissione o altri strumenti finanziari derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti, i contratti di opzione, i future, il swap, i forward e altri contratti su strumenti derivati connessi a merci quando l’esecuzione deve avvenire attraverso il pagamento di tale in contanti, oppure possa avvenire in contanti a discrezione di una delle parti i contratti di opzione connessi, i future, il swap, i forward e altri contratti su strumenti derivati connessi a merci possono essere regolati su un mercato regolamentato, un sistema multilaterale o organizzato di negoziazione che devono essere regolati con consegna fisica, i contratti di opzione, i future, il swap, i forward e altri contratti su strumenti derivati connessi a merci che non possono essere eseguiti in modo diverso da quello precedentemente previsto che non hanno scopi commerciali, aventi le caratteristiche degli altri strumenti finanziari, degli strumenti finanziari derivati per il trasferimento del rischio di credito, i contratti finanziari differenziali, le quote di emissione e consistono di qualsiasi unità riconosciuta conforme ai requisiti della direttiva 2003/87/CE e, infine i contratti di opzione, i contratti future, gli swap, i contratti a termine tassi di interesse degli altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, il trasporto, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, quando l’esecuzione dei bambini attraverso il pagamento di differenziali in contanti o possono avvenire a discrezione di una parte, nonché altri contratti strumenti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, non altrimenti citati nella presente sezione aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati considerando tra l’altro se sono negoziati su un mercato regolamentato, un sistema organizzato negoziazione o un sistema multilaterale di negoziazione. Gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari.
[8] La Mifid II è stata anticipata con diversi interventi della Consob, in particolare: comunicazione n. 9019104 del 2 marzo 2009, “comunicazione sul dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi”; Comunicazione n. 0097996 del 22-12-2014 “Comunicazione sulla distribuzione di prodotti finanziari complessi ai clienti retail”; Opinion “MiFID practices for firms selling complex products” del 7 febbraio 2014; Opinion "Structured Retail Products – Good practices for product governance arrangements" del 27 marzo 2014; Statement “Potential Risks Associated with Investing in Contingent Convertible” del 31 luglio 2014.
[9] Gli MTF, nel corso degli anni di applicazione della direttiva 2004/39, hanno comportato il fenomeno del multiple trading ossia che uno stesso strumento finanziario vienisse negoziato su più sedi. In particolare gli MTF sono riusciti a “scalzare” i MR, accaparrandosi un’elevata quota del mercato azionario. Questi sono i motivi che hanno condotto il legislatore europeo a prevedere requisiti organizzativi uniformi tra MR e MTF in modo tale che gli standard operativi siano identici. Si aggiunge che negli ultimi anni si sono affermati i sistemi di trading algoritmico e ad alta frequenza, che consentono di ridurre la latenza, ossia l’intervallo di tempo necessario tra la trasmissione di un ordine e la sua esecuzione. Per i motivi precedentemente indicati, la MIFID 2 stabilisce che i mercati regolamentati e le altre sedi di negoziazione adottino misure e procedure adeguate volte ad evitare condizioni di negoziazione anormali di mercato tramite questi sistemi algoritmici.
[10] Si osserva che entrambe le definizioni non sono presenti in ambito MiFID o MiFID 2 e sembrano essere state importate dalla contigua normativa relativa ai PRIIPS (c.d. manufactor) fino a quelli deputati alla vendita dello stesso, di cui al Regolamento (UE) n. 1286/2014/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 novembre 2014 relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati. Nel consultation Paper ESMA/2014/549 relativo a MiFiD 2 e MiFIR del 22 maggio 2014, l’ESMA chiarisce che gli intermediari che “creano, sviluppano, emettono o disegnano nuovi prodotti devono essere considerati Manufacturers”. In particolare, secondo quanto indicato dall’ESMA anche gli intermediari che svolgono il ruolo di advisors di società nell’emissione di nuovi titoli sono inclusi nella categoria di Manufacturer. Per quanto riguarda i Distributors, gli stessi vanno identificati con tutti gli intermediari che offrono strumenti finanziari. In particolare, le regole del Governo dei Prodotti si applicano agli Intermediari Distributori sia che l’offerta avvenga sul mercato primario sia che avvenga sul secondario. E’ opportuno osservare che l’ESMA ha sottolineato che anche nel caso venga offerto il servizio di “execution only” , l’intermediario dovrà ritenersi soggetto alle regole del Governo dei Prodotti applicabili agli Intermediari Distributori.
[11] All’ art. 45 Regolamento Delegato, sono previste le seguenti tipologie: – Cliente Retail: residuale rispetto ai criteri di individuazione esplicitati nell’Allegato II (riferito ai clienti professionali); – Cliente professionale: nell’Allegato II della MiFID II vengono precisati i criteri a cui deve ottemperare il cliente per essere definito «professionale»; – Controparti Qualificate: l’art. 30 c. 2 della Mifid II specifica quali siano i soggetti riconosciuti come controparti qualificate dagli Stati Membri. L’art. 26, lettera c) del Regolamento Intermediari definisce il “Cliente” come la persona fisica o giuridica alla quale l’intermediario presta servizi di investimento o servizi accessori. Per individuare le diverse classi in cui possono essere classificati i clienti dell’intermediario, bisogna ricorrere alla combinazione fra le definizioni contenute nell’articolo 6, comma 2- quater, comma 2-quinquies e comma 2-sexies del TUF e quelle dell’articolo 26, lettere d) ed e) del Regolamento Intermediari
[12] Ex art. 9, co. 3 “… Gli Stati membri garantiscono che l’organo di gestione di un’impresa di investimento definisca, sorvegli e risponda dell’applicazione di dispositivi di governance che garantiscano un’efficace e prudente gestione di un’impresa di investimento, comprese la separazione delle funzioni dell’impresa di investimento stessa e la prevenzione dei conflitti di interesse, e siano tali da promuovere l’integrità del mercato e gli interessi della clientela”
[13] In particolare l’art. 16, co. 3 “Le imprese di investimento mantengono e applicano disposizioni organizzative e amministrative efficaci al fine di adottare tutte le misure ragionevoli volte ad evitare che i conflitti di interesse, quali definiti all’articolo 23, incidano negativamente sugli interessi dei loro clienti. Le imprese di investimento che realizzano strumenti finanziari da offrire in vendita alla clientela adottano, esercitano e controllano un processo di approvazione per ogni strumento finanziario e per ogni modifica significativa agli strumenti finanziari esistenti, prima della loro commercializzazione o distribuzione alla clientela. Il processo di approvazione del prodotto precisa per ciascuno strumento finanziario il determinato mercato di riferimento di clienti finali all’interno della pertinente categoria di clienti e garantisce che tutti i rischi specificamente attinenti a tale target siano stati analizzati e che la prevista strategia di distribuzione sia coerente con il target stesso. L’impresa di investimento riesamina inoltre regolarmente gli strumenti finanziari da essa offerti o commercializzati, tenendo conto di qualsiasi evento che possa incidere significativamente sui rischi potenziali per il mercato target, onde almeno valutare se lo strumento finanziario resti coerente con le esigenze del target e se la prevista strategia distributiva continui ad essere quella appropriata. Le imprese di investimento emittenti mettono a disposizione dei distributori tutte le necessarie informazioni sullo strumento finanziario e sul suo processo di approvazione, compreso il suo mercato target. Le imprese di investimento che offrono o raccomandano strumenti finanziari non realizzati in proprio, adottano opportune disposizioni per ottenere le informazioni menzionate al quinto comma e per comprendere le caratteristiche e il mercato target identificato di ciascuno strumento finanziario. Le politiche, i processi e le disposizioni menzionate nel presente paragrafo lasciano impregiudicati tutti gli altri obblighi della presente direttiva e del regolamento (UE) n. 600/2014 compresi quelli relativi a informativa, adeguatezza e appropriatezza, identificazione e gestione di conflitti di interesse e indebiti incentivi” ed il co. 4.“… Le imprese di investimento adottano misure ragionevoli per garantire la continuità e la regolarità nella prestazione di servizi e nell’esercizio di attività di investimento. A tal fine le imprese di investimento utilizzano sistemi, risorse e procedure appropriati e proporzionati”.
[14] In particolare, art. 24, co 2 “Le imprese di investimento che realizzano strumenti finanziari per la vendita alla clientela fanno sì che tali prodotti siano concepiti per soddisfare le esigenze di un determinato mercato di riferimento di clienti finali individuato all’interno della pertinente categoria di clienti e che la strategia di distribuzione degli strumenti finanziari sia compatibile con il target. L’impresa d’investimento adotta inoltre misure ragionevoli per assicurare che lo strumento finanziario sia distribuito ai clienti all’interno del mercato target. L’impresa di investimento deve conoscere gli strumenti finanziari offerti o raccomandati, valutarne la compatibilità con le esigenze della clientela cui fornisce servizi di investimento tenendo conto del mercato di riferimento di clienti finali di cui all’articolo 16, paragrafo 3, e fare in modo che gli strumenti finanziari siano offerti o raccomandati solo quando ciò sia nell’interesse del cliente”.
[15] L’art. 4 della Direttiva MiFID 2, dedicato alle definizioni, individua i depositi strutturati tra quei depositi previsti dall’art. 2, paragrafo 1, n. 3), della direttiva 2014/49/UE che siano pienamente rimborsabili ed il cui rendimento venga corrisposto secondo una formula che prenda in considerazione: a) un indice o una combinazione di indici; b) uno strumento finanziario o una combinazione di strumenti finanziari; c) una merce o combinazione di merci o di altri beni infungibili, materiali o immateriali; d) un tasso di cambio o una combinazione di tassi di cambio. La nozione di deposito strutturato è invece stata introdotta a livello primario nel nostro ordinamento con il D. Lgs. 3 agosto 2017, n. 1
che ha modificato il D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (di seguito il “TUF”). Nella nozione di depositi strutturati non rientrano certamente i depositi la cui remunerazione è legata unicamente ai tassi di interesse, come Euribor o Libor, indipendentemente dall’eventualità che i tassi di interesse siano predeterminati, fissi o variabili. Questi devono ritenersi depositi “semplici” che, come tali, sono soggetti esclusivamente alla disciplina bancaria. a nozione di deposito “semplice” è contenuta nella normativa di matrice bancaria, ed in particolare nell’art. 69-bis, comma 1, lettera c) del D. Lgs. 15 settembre 1993, n. 385 (di seguito “TUB”, nella sua formulazione successiva al recepimento della “Direttiva 2014/59/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio”.
[16] Tali elementi sono: a) lo strumento finanziario, l’attività o la pratica oggetto della misura proposta; b) la natura precisa del divieto o della restrizione proposti e la data a decorrere dalla quale entreranno in vigore; c) gli elementi sui quali si fonda la decisione che la inducono a ritenere che tutte le condizioni di cui al paragrafo 2 sono soddisfatte.
[17] Quanto all’integrità del mercato, essa va intesa come insieme delle condizioni che assicurano la fiducia degli attori presenti sul mercato con riferimento al suo corretto funzionamento. La tutela dagli abusi di mercato e disegnata da ultimo con il Regolamento (Ue) N. 596/2014 Del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione.
[18] Per l’Italia, monitorano le autorità nazionali (c.d. Market monitoring domestico. La Banca d’Italia per le finalità di stabilità sistema finanziario, ovvero, per impedire l’accumularsi di rischi sistemici e la Consob per protezione investitori, ovvero, per la salvaguardia dell’ integrità dei mercati finanziari (cioe, assicurare la fiducia degli attori presenti sul mercato, con riferimento al suo corretto funzionamento).
[19] Non ha, a parere dello scrivente, alcun senso in tale contesto il tentativo di classificazione dei prodotti derivati effettuato sulla base delle finalità dei diversi tipi di derivati, nelle tradizionali categorie di prodotti per la gestione di rischi finanziari (copertura di posizioni o hedging), per la mera speculazione (negoziazione, trading) e per l’arbitraggio. Nella prima categoria rientrerebbero i derivati che servono a proteggere il valore di una posizione da variazioni indesiderate dei prezzi di mercato; nella seconda i derivati sottoscritti per ricavare un profitto scommettendo sull’evoluzione del prezzo dell’attività sottostante; nella terza, invece, i derivati che sfruttano un momentaneo disallineamento tra l’andamento del prezzo del derivato e quello del sottostante, vendendo lo strumento sopravvalutato e ottenendo un profitto privo di rischio.
[20] Come meglio vedremo in seguito alla Consob è attribuito il compito del monitoraggio degli strumenti finanziari e dei depositi strutturati venduti, distribuiti e/o commercializzati in Italia.
[21] L’innovazione finanziaria origina e si alimenta nella capacità di ripartire il rischio di credito su un’ampia base di soggetti, di contribuire al completamento del mercato, di accrescere la liquidità e di ridurre i costi delle banche e, infine, di fornire al mercato, attraverso i prezzi degli strumenti finanziari per il CRT, efficaci segnali circa la rischiosità delle attività finanziarie sottostanti. Al contempo, tuttavia, gli stessi strumenti presentano elementi di rischio: malfunzionamenti del mercato creati dalle accentuate asimmetrie informative che sono proprie della finanza strutturata, la complessità dei prodotti e l’opacità del mercato in cui essi sono trattati e, soprattutto, le difficoltà che s’incontrano nello stimare correttamente il rischio di credito; tali elementi possono, di fatto, vanificare i vantaggi potenziali offerti quando, per qualsiasi motivo, si abbiano perturbazioni del sistema finanziario.
[22] Quanto alla c.d. leva finanziaria dello strumento (o della pratica di commercializzazione), si rammenta, che gli strumenti a leva sono quelli che offrono un’elevata esposizione su un mercato finanziario a fronte di un investimento relativamente modesto di capitale dove, tuttavia, il profitto o la perdita si basa però sull’intero valore della posizione, per cui la somma guadagnata o persa potrebbe essere molto elevata in rapporto alla somma investita.
[23] Con il predetto Regolamento si è estrinsecato il potere della Commissione U.E. che ha provveduto a definire i criteri di dettaglio in base ai quali accertare la ricorrenza delle condizioni che legittimano l’adozione delle misure restrittive ovvero, la complessità del prodotto, la tipologia dei clienti, l’innovatività del prodotto o della Banca Commerciale, l’effetto leva il taglio e il valore dell’emissione.
[24] In materia è presente una ampia letteratura. Si segnala: R. Levine, More on finance and growth: more finance, more growth?, «Federal reserve bank of St. Louis review», 2003. R.G. Rajan, L. Zingales, The great reversals: the politics of financial development in the 20th century, «Journal of financial economics», 2003. C.E.V. Borio, Market distress and vanishing liquidity: anatomy and policy options, BIS working paper 158, Basel 2004. C.E.V. Borio, W. White, Whither monetary and financial stability? The implications of evolving policy regimes, BIS working paper 147, Basel 2004. J. Stiglitz, Capital-market liberalization, globalization, and the IMF, «Oxford review of economic policy», 2004. Committee on the global financial system, The role of ratings in structured finance: issues and implications, Basel 2005. International monetary fund, World economic outlook: april 2005, Washington D.C. 2005. M.A. Kose, E. Prasad, Sh.-J. Wei, K. Rogoff, Financial globalization: a reappraisal, IMF working paper 189, Washington D.C. 2006. R.G. Rajan, Has finance made the world riskier?, «European financial management», 2006. Committee on the global financial system, Institutional investors, global savings and asset allocation, Basel 2007. R. Dood, Subprime: tentacles of a crisis, «Finance and development», 2007. D. Duffie, Innovations in credit risk transfer: implications for financial stability, BIS working paper 255, Basel 2008. L. Spaventa, Una crisi della nuova finanza, in Proprietà e controllo dell’impresa: il modello italiano, stabilità o contendibilità?, Atti del Convegno di studio (Courmayeur 5 ott. 2007), Milano 2008.
[25] “Le capitali della finanza. Uomini e città protagonisti della storia economica”, Di Youssef Cassis, Francesco Brioschi Editore, 2008.
[26] Ed in tal caso, tenendo conto de“… —il valore nozionale dello strumento finanziario;— il numero dei clienti, degli investitori o dei partecipanti al mercato interessati;— la percentuale relativa del prodotto nei portafogli degli investitori;— la probabilità, entità e natura di ogni danno, incluso l’ammontare della perdita potenzialmente subita; —la durata prevista delle conseguenze negative;—il volume dell’emissione;— il numero degli intermediari interessati;—la crescita del mercato o delle vendite; o— l’ammontare medio investito nello strumento finanziario da ciascun cliente”
[27] Tenendo conto di “—se il cliente è un cliente al dettaglio, un cliente professionale o una controparte qualificata;— le competenze e le abilità dei clienti, inclusi il livello di istruzione, l’esperienza con strumenti finanziari simili o con pratiche di vendita analoghe; — la situazione economica dei clienti, inclusi reddito e patrimonio; — gli obiettivi finanziari principali dei clienti, inclusi il risparmio per la pensione e il finanziamento dell’acquisto di un’abitazione; o —se lo strumento o il servizio è venduto a clienti al di fuori del mercato di riferimento o se il mercato di riferimento non è stato adeguatamente identificato”.
[28] Considerando, quanto al primo aspetto, in particolare, “— il differenziale denaro-lettera (bid/ask spread);—la frequenza della disponibilità di negoziazione;— la dimensione dell’emissione e la dimensione del mercato secondario; — la presenza o l’assenza di fornitori di liquidità o di market maker per il mercato secondario; — le caratteristiche del sistema di negoziazione; o — qualsiasi altro ostacolo all’uscita”.
[29] Rileva, peraltro, la situazione finanziaria dell’emittente o di qualsiasi garante e la trasparenza della situazione commerciale dell’emittente o del garante, se le informazioni riguardo a uno strumento finanziario fornite dal produttore o dal distributore sono insufficienti o inattendibili, il che impedisce ai partecipanti al mercato ai quali è rivolto di prendere una decisione informata, tenendo conto della natura e della tipologia dello strumento finanziario.
[30] Per“….: — frode o disonestà; — comportamenti scorretti o abuso delle informazioni in relazione al mercato finanziario; — ricettazione dei proventi di attività criminali; — finanziamento del terrorismo; o — facilitamento del riciclaggio di denaro”
[31] Regolamento delegato citato art.19, let.n.
[32] “Stabilità finanziaria e rischio sistemico. Problemi di stima e di regolazione” A. Di Clemente, Aracne, 2016. L’euro nel sistema monetario internazionale, Antonio Pedalino, Liguori Editore Srl, 2005 e, “La struttura della vigilanza sul mercato finanziario”, Elena Monaci, Giuffrè Editore, 2008
[33] Vedi in merito, “I contratti del mercato finanziario” di Enrico Gabrielli e Raffaele Lener, UTET, 2011; “La nuova attività bancaria. Economia e tecniche di gestione”, di Roberto Caparvi, Franco Angeli, 2007
[34] Confronta articolo 69.2, lettera t, MiFID II, e l’articolo 7, comma 3-bis. TUF.
[35] Tra le novità del decreto in questione, entrato in vigore dal 26 agosto 2017, si evidenzia l’introduzione nella Parte I del TUF, dopo l’art. 4-decies, dei nuovi artt. 4-undecies e 4-duodecies i quali abrogano gli artt. 8-bis, 8-ter, 4-octies e 4-novies del Testo Unico e richiedono agli intermediari di cui alla Parte II del TUF, ai soggetti di cui alla Parte III del TUF (tra cui sistemi multilaterali di negoziazione, internalizzatori sistematici, controparti centrali e altri) e alle imprese di assicurazione, di dotarsi di procedure specifiche per la segnalazione di atti o fatti che possono costituire la violazione dell’attività svolta nonchè del regolamento (UE) n. 596/2014 (regolamento sugli abusi di mercato), dettando altresì le procedure che i predetti soggetti sono tenuti a seguire al fine di effettuare segnalazioni all’Autorità di Vigilanza (c.d. whistleblowing). Le procedure di cui al citato art. 4-undecies devono essere idonee a garantire: la riservatezza dei dati personali del segnalante e del presunto responsabile della violazione; la tutela adeguata del soggetto segnalante contro condotte ritorsive, discriminatorie o comunque sleali conseguenti la segnalazione; un canale specifico, indipendente e autonomo per la segnalazione.
[36] Ovvero, soggetti che gestiscono o commercializzano "fondi di investimento alternativi" (FIA), intendendosi per tali tutti gli organismi di investimento collettivo diversi dagli UCITS) non UE autorizzati in Italia.
[37] Gli “energy derivatives” sono strumenti finanziari il cui valore dipende (“deriva”) da un’attività sottostante di natura reale, una merce oppure l’energia. Le parti, attraverso tali contratti, negoziano a termine (con adempimento differito di una, di più o di tutte le prestazioni rispetto alla data di stipulazione del contratto) un’entità economica parametrandola al differenziale tra il prezzo dell’attività sottostante (energia) al momento della stipulazione, e il suo valore – presunto – alla scadenza pattuita per l’esecuzione: l’oggetto della negoziazione, dunque, non è mai direttamente l’attività sottostante, bensì il differenziale fra il valore presunto e quello attuale di detta attività. Cfr. F. Caputo Nassetti, I contratti derivati finanziari, Milano, 2007.
[38] Ovvero, “…. lett. f) richiedere la temporanea interdizione dell’esercizio dell’attività professionale”; “lett.q) emanare comunicazioni pubbliche”; “lett. s) sospendere la commercializ-zazione o la vendita di strumenti finanziari o depositi strutturati qualora le condizioni di cui agli articoli 40,41o 42 del regolamento MiFIR siano soddisfatte”; “lett.t) sospendere la commercializzazione o la vendita di strumenti finanziari o depositi strutturati qualora l’impresa di investimento non abbia sviluppato o applicato un processo di approvazione del prodotto efficace o non abbia altrimenti rispettato le disposizioni di cui all’articolo 16, paragrafo 3, della MiFID II”; “lett.u) chiedere la destituzione di una persona fisica dal consiglio di amministrazione di un’impresa di investimento o di un gestore del mercato”.
[39] In merito va segnalato che il proliferare del mercato esterno alle banche attivo nella consulenza finanziaria è riconducibile, come osservato, da più di un commentatore, principalmente ad alcune tendenze in atto nel mercato finanziario che negli ultimi anni si sono rafforzate come l’uscita forzosa o volontaria da banche italiane ed estere di risorse con elevate competenze ed il rafforzamento delle norme in materia di trasparenza e tutela degli investitori che di fatto impone una elevata conoscenza della normativa nonché un più che attento rispetto delle norme di commercializzazione dei prodotti. Tale complessità ha aperto ampli spazi a consulenti specializzati esterni agli intermediari. Vedi, “LA NUOVA DISCIPLINA DEI MUTUI IPOTECARI. IL RUOLO DEL NOTAIO E LA PRASSI BANCARIA”, Ausiliari all’intermediazione finanziaria e creditizia e riserve di attività, di Marco Sepe, Notaio in Roma, Straordinario di Diritto dell’Economia Università di Roma Tel.M.A.
[40] Lo scorso 22 settembre 2017 si è chiusa la consultazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze dello schema di decreto che individua i requisiti di idoneità degli esponenti aziendali di banche, intermediari finanziari, confidi, istituti di moneta elettronica, istituti di pagamento e sistemi di garanzia dei depositi. Lo schema di decreto intende dare attuazione alle deleghe contenute nel Testo Unico Bancario (in seguito "Tub"), introdotte con il recepimento della Direttiva 2013/36/UE (cd. CRD IV). Per le banche, lo schema di decreto definisce, in attuazione della delega contenuta nell’art. 26 del Tub, i requisiti e i criteri di idoneità degli esponenti aziendali (i.e. soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo) delle banche e i casi in cui tali requisiti si estendono ai responsabili delle principali funzioni aziendali nelle banche di maggiore rilevanza. Le principali novità dello schema di decreto introdotte, rispetto al precedente D.M. 18 marzo 1998, n. 161, si ispirano anche alle linee guida della BCE (Cfr. Guide to fit and proper assessments, maggio 2017).
[41] Art. 7-octies (Poteri di contrasto all’abusivismo). – “1. La Consob puo’, nei confronti di chiunque offre o svolge servizi o attivita’ di investimento tramite la rete internet senza esservi abilitato ai sensi del presente decreto: a) rendere pubblica, anche in via cautelare, la circostanza che il soggetto non e’ autorizzato allo svolgimento delle attivita’ indicate dall’articolo 1, comma 5; b) ordinare di porre termine alla violazione”. Tale fattispecie, in un certo senso, si aggiunge alle tipiche forme di abusivismo finanziario che sono quella di abusiva prestazione di servizi e attività di investimento – è lo svolgimento di attività riservate (es. collocamento di strumenti finanziari, gestione di portafogli, negoziazione di strumenti finanziari o valute, consulenza per investimenti ecc.) in assenza delle autorizzazione rilasciate dalle Autorità competenti; di svolgimento abusivo dell’attività di promotore finanziario (e dell’offerta fuori sede) – è l’esercizio professionale, da parte di una persona non iscritta all’Albo dei promotori finanziari, dell’offerta fuori sede (ad esempio a casa dei clienti) come agente, dipendente o mandatario di un intermediario e, di offerta abusiva di prodotti finanziari e attività pubblicitaria relativa all’offerta al pubblico – si ha quando viene posta in essere o pubblicizzata un’offerta di prodotti finanziari (es. azioni, obbligazioni, contratti derivati, fondi comuni d’investimento, polizze assicurative a carattere finanziario, ecc.) senza la pubblicazione e il deposito presso la Consob o altra Autorità di un prospetto informativo, laddove la legge lo preveda.
[42] “Nel dettaglio si precisa che, il monitoraggio sul rispetto delle disposizioni dell’Unione Europea direttamente applicabili consiste, prima face, nel seguire con riferimento alle attività di commercializzazione e/o vendita di strumenti finanziari condotta dagli intermediari vigilati (contratto per contratto, fino alla conclusione dell’operazione) il rispetto della normativa citata. Per svolgere al meglio tale attività la FCA, autorità britannica di vigilanza del mercato finanziario, ha da anni ha sviluppato un efficiente sistema di monitoraggio dimostratosi, peraltro, molto efficace nel contrasto degli episodi di market abuse.