Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 4630 del 30 aprile 2024 (Est. Tranquillo), si è pronunciato sul tema della prova del contratto di cessione di crediti oggetto di cartolarizzazione, intercorso fra cedente e cessionario.
Il Tribunale ha ritenuto infatti che, anche se alcuna norma imponga la forma scritta ad substantiam per il contratto di cessione dei crediti (oggetto di cartolarizzazione), tale forma è però richiesta ad probationem.
Sul punto, l’art. 2721 C.c. esclude infatti la prova per testimoni e, quindi, anche per presunzioni, di contratti superiori al limite di € 2,58: tale prova può tuttavia ammettersi avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura del contratto e ad ogni altra circostanza.
Il Tribunale, tuttavia, proprio in relazione a quest’ultimo punto, rileva che il contratto di cartolarizzazione (come quello dedotto in giudizio):
- è stipulato tra soggetti societari, uno dei quali un istituto bancario
- riguarda la sorte di molteplici rapporti giuridici
- le vicende correlate allo stesso sono oggetto di una disciplina ad hoc, ovvero la L. 130/1999, e di specifiche forme di pubblicità.
Secondo il Tribunale, non si comprende come sia possibile, a fronte di un contratto di così grande rilievo, ammettere la prova testimoniale “o, peggio, per presunzioni, quasi si trattasse di un accordo equiparabile a quei contratti che si stipulano quotidianamente in un mercato di quartiere ovvero con piccoli imprenditori, lavoratori autonomi e artigiani”.
Il Tribunale, peraltro, in ordine all’inammissibilità della prova testimoniale, condivide l’orientamento della S.C. (Cass. n. 17986/2014) sul punto.
In base ai principi espressi in tale pronuncia, la disciplina della prova testimoniale e di quella connessa per presunzioni, sia per i contratti per i quali la forma scritta è richiesta ad probationem, sia per quelli ove è richiesta ad substantiam è dettata, rispettivamente, dai commi 1 e 2 dell’art. 2725 C.c. ove:
- nel primo comma è enunciata la regola per cui quando, secondo la legge o la volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto, la prova per testimoni è ammessa solo in caso di perdita incolpevole del documento
- si prevede che la stessa regola si applichi nei casi in cui la forma scritta è richiesta a pena di nullità.
L’unitarietà della disciplina è poi ribadita dall’art. 2729 c. 2 C.c., che, occupandosi delle presunzioni semplici, ne inibisce l’ammissibilità nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni.
Pertanto, secondo la Cassazione (ed il Tribunale milanese che ne fa proprio l’orientamento) la tesi contraria – per cui l’esistenza di un diverso regime processuale sul rilievo dell’inammissibilità della prova testimoniale con riferimento ai contratti per i quali la forma scritta sia richiesta ad probationem, ovvero ad substantiam – è insostenibile, poiché fa riferimento “a considerazioni metagiuridiche in ordine alla natura degli interessi coinvolti che, a ben vedere, nulla hanno a che vedere con lo stesso criterio teleologico”.
E’ peraltro irrilevante, secondo il Tribunale di Milano, la dichiarazione della cedente, nel caso di specie, in ordine all’inclusione, nel contratto, del credito ceduto:
- perché non si tratta di una confessione: la cedente, se tale dichiarazione fosse efficace, non ne trarrebbe alcun nocumento processuale, non essendo neppure parte
- perché trattasi di una testimonianza scritta, come tale inammissibile, sia da un punto di vista formale, sia ai sensi dell’art. 2721 C.c.
Peraltro, tale dichiarazione è inserita in un documento privo di data certa e pertanto è inidonea a documentare l’esistenza del credito oggetto di cessione; anche in considerazione della circostanza che la dichiarazione del cedente non può avere valenza sostitutiva del contratto di cessione o dell’elenco recante le posizioni cedute che allo stesso avrebbero dovuto essere allegate.
Inoltre, il documento reca una data successiva non solo alla pubblicazione in G.U. della presunta cessione, ma è successiva anche all‘instaurazione del giudizio di opposizione, avvenuta con la notifica dell’atto di citazione all’opposta.