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Giurisprudenza

La qualifica di socio illimitatamente responsabile non è incompatibile con quella di fideiussore

5 Luglio 2018

Manfredi Sclopis

Cassazione Civile, Sez. I, 22 marzo 2018, n. 7139 – Pres. Ambrosio, Rel. Dolmetta

Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte detta un principio importante relativo ai rapporti tra socio e società di persone, stabilendo come la qualifica di socio non pregiudichi a priori la possibilità di regolamentare in altro modo i rapporti tra socio e società, stante la sia pur limitata autonomia patrimoniale di quest’ultima.

Nel caso in esame, un socio di una società di persone aveva impugnato una sentenza della Corte di Appello di Firenze, che aveva revocato un decreto ingiuntivo emesso su istanza del socio nei confronti della società, a titolo di regresso del pagamento di un debito sociale, rispetto al quale il socio aveva prestato idonea fideiussione. A sostegno della pronuncia, il giudice del gravame ha ritenuto l’irriferibilità della qualità di fideiussore con quella di socio illimitatamente responsabile di una società di persone, posto che, mentre il fideiussore garantisce un debito di un soggetto terzo e, una volta prestata la garanzia, ha diritto di rivalersi sul patrimonio del debitore, il socio di una società di persone risponde con il proprio patrimonio di tutti i debiti sociali, che non possono ritenersi a lui estranei, in quanto accumulati nell’espletamento dell’attività sociale.

La Suprema Corte ha “cassato” la sentenza emessa in secondo grado, sulla base del principio secondo cui la società di persone rappresenta un centro autonomo di interessi, non solo rispetto ai terzi ma anche nei confronti del socio stesso, tant’è che così come è plausibile l’instaurazione di rapporti giuridici tra società e terzi, così è altresì possibile che vi siano rapporti tra la società ed il socio, seppur non attinenti alla presenza di quest’ultimo nella compagine sociale.

La ratio di tale principio è di intuitiva comprensione, se si considera che la fideiussione prestata dal socio alla società potrebbe essere giustificata dalla necessità che il socio rimanga vincolato alla propria obbligazione anche nel caso in cui dovesse alienare la propria partecipazione azionaria a terzi, ovvero per impedire al socio, tutte le volte che il creditore richieda l’adempimento, di pretendere la preventiva escussione della società ai sensi di cui all’art. 2304 cod. civ., norma questa che, come è noto, non si applica alla fideiussione.

Alla luce di tutto quanto sopra esposto, la Suprema Corte ha enunciato il principio di diritto secondo cui “il socio di una società di persone, ancorché illimitatamente responsabile, può validamente prestare fideiussione in favore della società, giacché questa, pur se sprovvista di personalità giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia e capacità rispetto ai soci stessi; la predetta garanzia rientra, infatti, tra quelle prestate per le obbligazioni altrui secondo l’art. 1936 cod. civ., non sovrapponendosi alla garanzia fissata ex lege dalle disposizioni sulla responsabilità illimitata e solidale, potendo invece sussistere altri interessi che ne giustificano l’ottenimento in capo al creditore sociale […]; in tale situazione il socio, il quale sia stato escusso quale fideiussore e, nella qualità, abbia provveduto al pagamento del debito sociale, è legittimato all’esercizio dell’azione di regresso ex art. 1950 cod. civ., contro la società”.


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