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La quotazione di società infragruppo: i risultati dell’indagine Banca d’Italia

9 Agosto 2024

Antonio Di Ciommo, Dottorando di Ricerca, Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Di cosa si parla in questo articolo

La Banca d’Italia ha pubblicato il 23 luglio 2024 i risultati dello studio teso a osservare quali sono gli effetti della ammissione alla quotazione sulle società appartenenti a un gruppo di imprese.

In particolare, gli autori dello studio hanno osservato gli effetti della quotazione di un’impresa italiana appartenente a un gruppo sulle altre imprese (non quotate) dello stesso gruppo.

I risultati raccolti dagli autori mostrano “una riduzione significativa e persistente della leva finanziaria (-6%) e un aumento dell’occupazione (+18%); quest’ultimo effetto è più pronunciato per le imprese maggiormente vincolate dal punto di vista finanziario, più giovani e più piccole all’interno del gruppo”. Inoltre, “confrontando le determinanti e gli effetti ex post della quotazione sulle imprese affiliate e su quelle autonome, si osserva che è meno probabile che la quotazione di un’affiliata sia guidata dalle proprie esigenze di investimento”.

Più nel dettaglio, gli autori osservano che le IPO delle componenti di un gruppo sembrano liberare nuovo capitale per le altre società che lo compongono, capitale che viene impiegato per nuovi investimenti in capitale umano.

Esistono almeno due canali mediante i quali è possibile veicolare capitale dal pubblico degli investitori ai mercati dei capitali interni in seguito a una IPO di società appartenenti a un gruppo. Il primo è un canale patrimoniale diretto: i soggetti che esercitano il controllo ricevono flussi di liquidità in entrata dalla vendita sul secondario delle partecipazioni relative alla società che compie la IPO (ovvero dalla vendita sul mercato delle partecipazioni già emesse in seguito all’IPO), liquidità che può essere reimpiegata per gli investimenti delle altre imprese del gruppo. Il secondo è un canale di liquidità indiretta: poiché il portafogli di investimenti del soggetto che esercita il controllo diviene maggiormente liquido in seguito alla quotazione, le imprese del gruppo possono ridurre la quota dei propri dividendi da distribuire e trattenere una maggior quantità dei loro profitti.

Infine, lo studio sottolinea che le imprese del gruppo possono accedere a un mercato dei capitali interno, così allentando i vincoli finanziari che, invece, caratterizzano le imprese non appartenenti a un gruppo quando devono reperire risorse sui mercati dei capitali esterni.

I controllanti possono, in questo modo, riallocare le risorse all’interno del gruppo per finanziare imprese redditizie, consentendo alle imprese del gruppo con i migliori progetti imprenditoriali di perseguire in modo più aggressivo strategie di crescita rispetto a imprese analoghe non appartenenti a un gruppo.

Ciò implica che la leva dovrebbe essere un discrimine di minore importanza per le IPO, dal momento che, a differenza delle imprese non appartenenti a un gruppo, le imprese appartenenti a un gruppo possono attingere alle risorse di quest’ultimo. Tuttavia, implica anche che non appena gli obiettivi concernenti la dimensione sono stati raggiunti e l’accesso al mercato dei capitali esterno diviene maggiormente conveniente, le imprese del gruppo che hanno raggiunto la maturità potrebbero dover “ripagare” maggiormente il proprio gruppo reindirizzando le risorse reperite all’esterno verso altre imprese del proprio gruppo. Perciò, le IPO delle imprese appartenenti a un gruppo possono essere motivate dal fabbisogno di capitale delle imprese del gruppo piuttosto che quelle dell’emittente in sé. Nella misura in cui le imprese del gruppo operano in settori differenti, le IPO di imprese appartenenti a un gruppo possono condurre a valutazioni rapportate più all’andamento generale del mercato che non ai valori relativi al settore industriale di appartenenza.

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