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Dossier

La reazione della giurisprudenza di merito alle ordinanze della Cassazione sulla tassazione del trust

24 Novembre 2015

Gianluigi Bizioli

L’evoluzione della giurisprudenza tributaria relativa all’imposizione indiretta del trust mostra, per nostra fortuna, che il diritto non è solo un formale fatto “normativo” (come sosteneva Kelsen). Diversamente, il diritto è il risultato di un dialogo costante fra attori istituzionali che compongono il mondo giuridico (e, in particolare, fra i giudici) ed è, dunque, un fatto propriamente “culturale”.

In questo, ripeto, la vicenda dell’imposizione indiretta del trust è fortemente significativa.

Il punto di partenza – non originario, perché la vicenda si trascina da ben prima della primavera 2015 – sono le ordinanze (sic!) della Corte di Cassazione con cui ha affermato, sostanzialmente, che la reintroduzione dell’imposta di successione e donazione, per opera dell’art. 1, comma 47, D.L. 3 ottobre 2006, avrebbe creato una “nuova imposta” che assume come presupposto la ricchezza derivante dalla costituzione dei vincoli di destinazione (ord. 24 febbraio 2015, n. 3735 e n. 3737 e 25 febbraio 2015, n. 3886). Questa soluzione interpretativa, che poggia sulla mera valorizzazione del dato letterale del citato comma 47, trascura ogni argomentazione sistematica e si pone in contrasto con gli effetti derivanti dalla costituzione del trust, nonché col principio della capacità contributiva [come ho cercato di mettere in evidenza in G. Bizioli, Vincoli di destinazione: modalità applicativa del tributo successorio o fantomatica imposta autonoma?, in Dialoghi di Diritto Tributario, n. 1, 2015, p. 108]. Più precisamente, non considera che la segregazione patrimoniale a favore del trust non produce l’arricchimento del trustee, che si limita ad amministrare e gestire i beni e i diritti segregati nell’interesse del beneficiario finale o dello scopo per cui il trust è stato istituito; paventa l’esistenza di una chimerica capacità contributiva dovuta all’utilità generata dalla segregazione, senza rendersi conto che tale presupposto richiede un’adeguata trasposizione normativa che ne individui la base imponibile e le aliquote.

Rispetto a questa posizione giurisprudenziale, la reazione delle commissioni tributarie non si è fatta attendere (trascuro, ovviamente, quelle sentenze che si limitano a un “copia/incolla” delle ordinanze del giudice di legittimità).

Tutte le sentenze riprodotte supra, depositate successivamente alle ordinanze della Cassazione, sono accomunate da un comun denominatore: poiché la segregazione patrimoniale non produce un arricchimento del trustee, tale effetto dell’atto istitutivo del trust non genera alcun debito ai fini dell’imposta di successione e donazione; solo l’arricchimento del beneficiario finale, all’atto della devoluzione dei beni, integrerà il relativo presupposto impositivo.

Per confermare queste brevi considerazioni è sufficiente citare, per tutte, la sentenza 8 maggio 2015, n. 4180/03/15 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano: “[p]ur nella difficoltà di inquadramento del “Trust”, istituto estraneo alla nostra tradizione giuridica, nel nostro ordinamento può sicuramente affermarsi che al momento di costituzione del trust non si realizza alcun trasferimento di ricchezza in favore del trustee che di fatto non ottiene alcun sostanziale arricchimento personale e non realizza alcun accrescimento definitivo del suo patrimonio. Non può considerarsi sufficiente, quindi, il trasferimento iniziale per determinare l’applicazione dell’imposta. Il presupposto imponibile del tributo deve ritenersi realizzato solo se e quando si verifichi un arricchimento effettivo e definitivo nel patrimonio del soggetto beneficiario, mediante un trasferimento “liberale” di ricchezza”.

Questa ricostruzione, come già anticipato, merita sicuramente di essere accolta, nella speranza che costituisca un fattore decisivo in grado di innescare un ripensamento della propria posizione da parte del giudice di legittimità. Ovvero, nella speranza che il dialogo istituzionale produca i propri effetti.


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