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Giurisprudenza

La responsabilità degli amministratori privi di delega

7 Dicembre 2016

Chiara Luperto

Cassazione Civile, Sez. I, 31 agosto 2016, n. 17441 – Pres. Bernabai, Rel. Di Marzio

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza che si annota la Suprema Corte interviene nuovamente sul tema della responsabilità degli amministratori privi di delega.

La vicenda prende le mosse dall’esercizio di un’azione di responsabilità esperita dal curatore fallimentare contro tutti gli amministratori della società fallita, in relazione ad un’operazione di acquisto di azioni ritenuta dal curatore la causa principale del tracollo societario. In primo e secondo grado gli amministratori privi di deleghe specifiche vengono condannati per omesso controllo e mancata adozione di iniziative necessarie ad evitare o contenere il dissesto della società. A seguito della condanna, poi, gli amministratori non delegati impugnano la decisione, in appello e poi in cassazione, lamentando la violazione di legge in riferimento all’art. 2392 c.c. ed eccependo che non hanno e non avrebbero potuto evitare l’evento dannoso in quanto privi di informazione sulla pericolosità dell’operazione compiuta dai delegati.

Orbene, il Collegio accoglie i ricorsi e afferma che <<la responsabilità degli amministratori privi di specifiche deleghe operative non può oggi discendere da una generica condotta di omessa vigilanza, tale da trasmodare nei fatti in responsabilità oggettiva, ma deve riconnettersi alla violazione del dovere di agire informati, sia sulla base delle informazioni che a detti amministratori devono essere somministrate, sia sulla base di quelle che essi stessi possono acquisire di propria iniziativa>>.

Ebbene, prima di affrontare specificamente i punti più rilevanti della sentenza in commento, pare opportuno delineare i contorni essenziali del problema interpretativo su cui la Corte è stata chiamata a pronunciarsi.

Al riguardo, l’art. 2392 c.c., nella sua originaria formulazione, prevedeva la responsabilità solidale degli amministratori non delegati con i consiglieri delegati (responsabili ai sensi del 1° comma del medesimo articolo), qualora non avessero <<vigilato sul generale andamento della gestione>>.

Il nuovo testo dell’art. 2392 c.c. (privato del riferimento al generale dovere di vigilanza) dispone viceversa che <<in ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell’art. 2381 c.c., sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose>>.

La nuova formulazione ha così generato un intenso dibattito volto a chiarire se il generale dovere di vigilanza sulla gestione sociale, pur non previsto esplicitamente dalla norma, permanga in capo agli amministratori, oppure se sia stato integralmente soppresso.

I sostenitori della prima tesi[1] deducono la permanenza del dovere di vigilanza a partire da un’interpretazione letterale dell’art. 2381, co. 3, c.c., il quale stabilisce testualmente che il consiglio <<valuta il generale andamento della gestione>> sulla base della specifica relazione periodica trasmessagli dagli organi delegati. Al contrario, i sostenitori della seconda tesi[2] affermano che la norma de qua prescrive non già un obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione, bensì la valutazione dello stesso sulla base dell’adempimento di specifici obblighi informativi.

La Corte aderisce a quest’ultimo orientamento, affermando che la responsabilità degli amministratori privi di delega sia da riconnettere non ad un generico obbligo di vigilanza, ma alla violazione del dovere di agire in modo informato.

Tale approdo si giustifica già solo prendendo in considerazione il dato letterale, che ha visto la sostituzione dell’obbligo di vigilare con quello di valutare il generale andamento della gestione. Orbene, i due concetti non possono essere considerati consustanziali, pur avendo entrambi ad oggetto un’attività di verifica; al contrario, essi si presentano tra loro contigui, ma non sovrapponibili. In particolare, è possibile notare come l’attività di vigilanza paia evocare un’attività di verifica più estesa e soprattutto di carattere generale[3], in quanto implicante un obbligo incondizionato e non parametrato di controllare l’attività dei delegati. Viceversa, l’attività di valutazione sembrerebbe riferirsi ad un giudizio di comparazione di un certo atto o attività ad un modello predefinito[4]. Ne discende che in quest’ultimo caso la condotta risulta circoscritta, in quanto il potere-dovere di valutazione viene specificamente parametrato dal legislatore a predeterminati obblighi informativi, appunto quelli descritti dall’art. 2381 c.c.

Dunque, a seguito della riforma ciò che è cambiato è il contenuto dell’obbligo il cui inadempimento può portare ad un’affermazione di responsabilità dell’amministratore non esecutivo: non più un obbligo di generale vigilanza, bensì un obbligo informativo[5], che si declina in un aspetto passivo ed uno attivo.

Quanto al primo profilo, si prevede che i deleganti sono chiamati a valutare tanto l’adeguatezza dell’assetto amministrativo, organizzativo e contabile della società quanto il generale andamento della gestione sulla base delle relazioni e informazioni che gli organi delegati sono tenuti a fornire (art. 2381, co. 3, c.c.). Relativamente al secondo profilo, è ora espressamente codificato l’obbligo di agire in modo informato[6], che implica altresì l’obbligo di attivarsi per ricevere le informazioni di volta in volta occorrenti affinché detta valutazione possa essere effettuata con cognizione di causa (art. 2381, co. 6, c.c.). Ne deriva che gli amministratori non operativi non potranno limitarsi ad un atteggiamento meramente passivo, ovvero di sola ricezione delle informazioni, ma dovranno chiedersi criticamente se i dati ricevuti appaiono davvero sufficienti, in relazione al tipo d’impresa e di operazioni di cui si tratta, e di conseguenza acquisire ulteriori informazioni di propria iniziativa[7].

Ciò premesso, la Corte si sofferma ulteriormente su due differenti questioni relative all’obbligo di agire in modo informato, ovvero quella attinente agli indici idonei a far scattare il potere-dovere dei deleganti di attivarsi e di richiedere un supplemento di informazione (art. 2381, co. 6, c.c., ultimo periodo) e quella relativa alla ripartizione dell’onere della prova in ordine alla predetta circostanza. La difficoltà, in tal caso, è quella di stabilire quale sia il flusso necessario e sufficiente di informazioni che i delegati devono al consiglio e quale sia specularmente la soglia sotto la quale, cioè in difetto di informazioni, gli amministratori hanno il dovere di attivarsi richiedendo ulteriori specificazioni.

Quanto al primo profilo in dottrina si riscontrano differenti orientamenti.

Ebbene, secondo una prima lettura della norma, l’obbligo di agire in modo informato scatterebbe al ricorrere di lacune, contraddizioni o, più in generale, profili meritevoli di maggior approfondimento da parte dei delegati[8].

Secondo una differente lettura[9], l’obbligo di agire informati avrebbe la funzione di assicurare un costante flusso informativo fra deleganti e delegati, cosicché sarebbe obbligo dei primi attivarsi per provocare un interrotto flusso di informazioni.[10].

E’ stata altresì suggerita una terza interpretazione[11], quella secondo la quale, mentre il previgente obbligo di vigilare imponeva agli amministratori deleganti un dovere incondizionato di controllare l’attività dei delegati, l’obbligo di agire in modo informato risulterebbe funzionalizzato, nel senso che imporrebbe agli amministratori non esecutivi di informarsi (non in via generale) ma solo relativamente a quegli atti o attività attinenti alle attribuzioni delegate e collegati con l’esercizio della loro attività.

In questa prospettiva, si precisa altresì che gli amministratori deleganti, al fine di esercitare tale potere-dovere, devono indicare in modo specifico e puntuale gli argomenti in merito ai quali ritengono di non avere sufficiente informazione[12]. Tali informazioni supplementari, peraltro, potranno essere ottenute solo in sede consiliare, rimanendo viceversa esclusa la possibilità di attingerle presso i dirigenti nonché di procedere ad autonomi atti di ispezione e controllo. Ciò per una serie di motivi: innanzitutto, la lettera della norma dispone testualmente che le informazioni siano rese in consiglio; inoltre le funzioni relativamente alle quali vengono richieste ulteriori informazioni sono di competenza del consiglio di amministrazione, sicché se è vero che l’istanza può essere avanzata da ogni amministratore, tuttavia il supplemento di informazioni è utile non al singolo amministratore, ma all’intero consiglio[13].

Orbene, in merito alla questione appena affrontata la Corte sembrerebbe aderire alla prima delle soluzioni sopra prospettate, in quanto la facoltà di chiedere ulteriori informazioni si tramuterebbe in un obbligo positivo di condotta (fonte di responsabilità) in presenza di segnali di allarme tali da indurre gli amministratori deleganti a richiedere dati informativi ulteriori altrimenti non disponibili[14].

Va da sé, peraltro, che l’esistenza dei predetti indici di allarme, che impone agli amministratori di attivarsi, va accertata, non in assoluto, ma tenendo distinta la posizione di ciascun amministratore alla luce della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze (art. 2392, co. 1, c.c.)[15].

Venendo alla seconda questione sopra accennata, ovvero quella relativa alla ripartizione dell’onere della prova, la Corte, sul presupposto della natura contrattuale della responsabilità degli amministratori, afferma che la società (o il Curatore) è onerata della deduzione della violazione del potere-dovere di agire in modo informato e che, per contro, incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva dell’osservanza degli obblighi loro imposti.

In conclusione, gli amministratori deleganti rispondono solidalmente delle conseguenze dannose della condotta dei delegati soltanto se erano a conoscenza dei necessari dati di fatto tali da sollecitare il loro intervento ovvero abbiano omesso di attivarsi per procurarsi gli elementi necessari ad agire informati.



[1] MONTALENTI, Sub art. 2381 c.c., in Il nuovo diritto societario, in Trattato Cottino, Bologna, 2004, 679.

[2] DE ROSA, Responsabilità solidale degli amministratori e funzioni delegate tra vecchio dovere di vigilanza e nuovo obbligo di agire in modo informato, in Resp. civ. e prev., 2013, V, 1517 ss.

[3] MONTALENTI, Amministrazione e controllo nella società per azioni tra codice civile e ordinamento bancario, BBTC, VI, 2015, 707.

[4] GIANNELLI, Poteri di controllo degli amministratori non esecutivi, in L’attività gestoria nelle società di capitali, Bari, 2010, 218.

[5] DE ROSA, cit., 1518.

[6] Il rinvio dell’articolo 2392 c.c. all’art. 2381 c.c. viene esteso anche al sesto comma, ovvero all’obbligo di agire in modo informato.

[7] CAGNASSO, Il dovere di vigilanza degli amministratori e la delega di fatto tra norme vecchie e nuove, in Giur. Italiana, 2004, 3, 557.

[8] SACCHI, Amministratori deleganti e dovere di agire in modo informato, in Giur. Comm., 2008, II, 369; MALBERTI-GHEZZI-VENTORUZZO, Sub. Art. 2381 c.c., Sistemi di amministrazione e controllo, inCommentario, Marchetti – Bianchi, Milano, 2005, 174.

[9] SPIOTTA, Sub art. 2392 c.c., in Il nuovo diritto societario, in Trattato Cottino, Bologna, 2004, 763.

[10] Tuttavia tale ricostruzione è stata criticata in quanto recupererebbe il sistema aggravato di responsabilità che faceva carico ai deleganti di vigilare sulla gestione dei delegati.

[11] ABBADESSA, Profili topici della nuova disciplina della delega amministrativa, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 505.

[12] GIANNELLI, cit. 219.

[13] GIANNELLI, cit. 223.

[14] In giurisprudenza si fa altresì riferimento a “segnali perspicui, peculiari e anormali in relazione all’evento illecito”.

[15] PERRINO, Immunità ed esonero da responsabilità degli amministratori di società per azioni, in L’attività gestoria nelle società di capitali, bari, 2010, 257, che evidenzia come l’agire in modo informato costituisca proprio l’architrave dell’agire diligente.

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