Il prossimo novembre si terranno a Milano il Convegno di rassegna di giurisprudenza fallimentare (15/11) ed il Convegno di rassegna di giurisprudenza e orientamenti notarili in materia societaria (21/11) organizzati da questa Rivista. Per maggiori informazioni si rinvia a i link indicati tra i contenuti correlati. |
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha l’occasione in primo luogo di enucleare e delineare una pluralità di principi di diritto in merito alla responsabilità dei sindaci nella fattispecie di concorso con gli amministratori nel delitto di bancarotta da questi ultimi commesso.
In particolare, la responsabilità dei componenti del collegio sindacale nel reato di bancarotta commesso dall’amministratore si concretizza in caso di omesso esercizio dei poteri-doveri di controllo agli stessi attribuiti. Tali poteri, precisa la Corte richiamando la propria costante giurisprudenza, non si esauriscono peraltro nella mera verifica contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori ma si estendono a tutta l’attività sociale, in quanto funzionali alla tutela dell’interesse dei soci e dei creditori sociali.
A tale stregua, pertanto, i componenti del collegio sindacale hanno l’obbligo di segnalare tutte le situazioni che possano mettere a rischio la prosecuzione dell’attività di impresa e comportare un pregiudizio per la garanzia patrimoniale dei creditori, di tal che la relativa responsabilità potrebbe configurarsi laddove i sindaci non abbiano rilevato una macroscopica violazione ovvero, in ogni caso, non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità.
Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, poi, la Corte precisa che la sussistenza di elementi sintomatici di un’omissione dei poteri di controllo e vigilanza esorbitante rispetto a profili di colpa comporta la configurazione di una volontaria partecipazione dei sindaci alle condotte distrattive poste in essere da parte degli amministratori, seppur nella forma del dolo eventuale; nel particolare caso di specie, tale declinazione dell’elemento soggettivo doloso dovrà configurarsi, per i componenti del collegio sindacale, nella consapevole accettazione del rischio che l’omesso controllo possa consentire la commissione di atti illeciti da parte degli amministratori.
Infine, la Corte di Cassazione affronta la tematica delle pene accessorie la cui durata sia definita dalla legge in misura fissa, dichiarata non conforme alla Costituzione con pronuncia della Corte Costituzionale n. 222 del 5 dicembre 2018. I giudici di legittimità rilevano che, nel caso di specie, ai soggetti coinvolti sono state applicate le pene accessorie in misura fissa a suo tempo previste dall’art. 216, c. 4, l.fall.. La Corte di Cassazione, considerata l’impossibilità – già chiarita dalla propria precedente giurisprudenza – di comminare pene principali o accessorie non conformi ai parametri legali (così come integrati dalle pronunce della Corte Costituzionale), ha dunque cassato la sentenza impugnata sotto il profilo del trattamento sanzionatorio e rinviato al giudice di merito per una nuova valutazione dello stesso.