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La responsabilità “extracontrattuale” dell’agenzia di rating nei confronti dell’investitore

26 Novembre 2013

Fernando Greco, Professore Associato di Diritto Privato nell’Università del Salento

Sommario: 1. Considerazioni generali. – 2. La qualificazione giuridica della responsabilità. – 3. L’astensione delle agenzie. – 4. L’ipotesi della responsabilità contrattuale. – 5. Conclusioni.

 

1. Etimologicamente il termine ratingderiva dall’inglese “to rate” che significa giudicare, valutare. Si tratta di un’opinione sul merito di credito complessivo del debitore (issuer rating), oppure sul merito di credito del debitore con riferimento a una particolare obbligazione finanziaria (issue rating)”1. Sono le credit rating agencies(CRA) che dovrebbero fornire valutazioni indipendenti2, in scala predeterminata, e che tradizionalmente si distinguono in investment grade e speculative grade: le prime comprendono le migliori notches di giudizio (da AAA a BBB- ovvero nel caso di Moody’s Baa3) mentre le seconde riguardano le notches residue (ovvero da BB+ o Ba1 in poi)3.

Assegnare o meno un rating positivo rappresenta una scelta decisionale di straordinaria rilevanza poiché, sulla scorta di tale valutazione, si orientano le decisioni degli investitori (professionali o retail) che operano per conto proprio o per conto altrui. Spesso i regolamenti degli investitori collettivi e di altri intermediari prevedono che i gestori possano imporre limiti agli impieghi in titolo con rating speculatiuve grade4.

E’ indubbio che il credit rating, quale giudizio espresso in forma sintetica, comprensibile e comparabile risponde sempre di più all’esigenza di trasparenza di un ambito complesso come quello dei mercati finanziari5.

Orbene è opportuno evidenziare che non si tratta solo di un’esigenza della clientela retail ma più in generale anche degli operatori qualificati onde poter effettuare una comparazione tra le miriadi di prodotti offerti sul mercato; al contempo avere anche un benchmark esterno per poter confrontare i propri punti di vista e giustificare così le proprie scelte. Sarebbe tuttavia miope escludere da questa riflessione i regolatori che proprio attraverso i giudizi offerti dalle agenzie semplificano significativamente il proprio lavoro.

Il lavoro delle agenzie è certamente complesso, per la ovvia ed intuibile ragione che il giudizio si basa non sulla qualità di un prodotto finito ma sulle probabilità future, con la consapevolezza che il giudizio incide sull’allocazione delle risorse finanziarie sul mercato dei capitali.

Tuttavia, malgrado l’estrema rilevanza delle agenzie di rating la loro scoperta, dal punto di vista della rifessione giuridica, è abbastanza recente. In particolare, crescendo l’attenzione per le informazioni da loro fornite, si è posta la questione di un’eventuale responsabilità dell’agenzia per la diffusione di giudizi imprecisi, inesatti ovvero espressi sulla base di informazioni errate ovvero per la revisione di giudizi positivi intervenuta con grave ritardo6.

Soprattutto negli ultimi quindici anni, a seguito di una serie significativa di crisi e defaults7, è stata fortemente discussa l’affidabilità dei giudizi espressi. Il dibattito trasferitosi prima in dottrina e poi in giurisprudenza è approdatoverso una riflessione più generale sui profili della responsabilità nei confronti dell’investitore che abbia fatto affidamento sul giudizio espresso dall’agenzia.

2Il problema che si è posto, sin dalle prime decisioni giurisprudenziali, è quello della qualificazione giuridica dell’eventuale responsabilità dell’agenzia di rating nei confronti dell’investitore. A tal fine è utile richiamare una decisione del Tribunale di Catanzaro8che ritiene insussistente un’ipotesi di responsabilità contrattuale per ratingsul presupposto che non possa ravvisarsi, neppure in fatto, un rapporto contrattuale tra investitore ed agenzia; per i giudici è opportuno, piuttosto, verificare se sia possibile ritenere l’agenzia di rating responsabile per illecito aquiliano ai sensi dell’art. 2043 c.c. nei confronti dei terzi danneggiati.

Si tratterebbe, più precisamente, di responsabilità per lesione dell’affidamento che gli investitori hanno riposto nel giudizio elaborato dall’agenzia sul merito creditizio.

E’ chiaro che le previsioni di mercato cui attingono gli investitori, professionali e non, pur non rappresentando una raccomandazione ad investire sono senza alcun dubbio un contributo valutativo che può (o meglio dovrebbe) aiutare l’investitore nella scelta9. Trattasi di informazione10 proveniente da chi, essendo particolarmente qualificato, come l’agenzia di rating, ingenera nel risparmiatore un affidamento incolpevole che giustifica la responsabilità extracontrattuale11 per colpa.

Sembra che tale ragionamento convinca parte della giurisprudenza che collega il rating alla scelta di investimento, affermando testualmente che “il rating è un elemento in grado di condizionare in modo significativo il processo decisionale dell’investitore”.

Trattandosi di illecito aquiliano12, occorrerà verificare, stando alla motivazione della sentenza calabrese: a) la sussistenza di un evento dannoso; b) se il danno sia qualificabile come danno ingiusto in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l’ordinamento; c) se sotto il profilo causale la lesione sia riferibile ad una condotta omissiva o commissiva; d) stabilire se l’evento sia imputabile a dolo o colpa.

Tale impostazione trova conferma nel dato che la giurisprudenza, già in passato, aveva affermato la sussistenza di un obbligo di fornire informazioni esatte per chi svolge professionalmente o istituzionalmente attività di raccolta e diffusione di informazioni di carattere economico13.

Per di più gli artt. 164, comma 2, T.U.F. e 2409 c.c., tipizzano l’illecito del revisori contabili nei confronti dei terzi, cosi sostanzialmente, configurando la responsabilità di un soggetto particolarmente qualificato nei confronti dei terzi per i danni cagionati dalle informazioni inesatte rilasciate. Sottolineano poi i giudici calabresi che l’art. 94 T.U.F. come sostituito dall’art. 3, D.lgs n. 51/2007 ha tipizzato la fattispecie della c.d. “responsabilità da prospetto”, prevedendo una responsabilità parziaria tra i vari soggetti responsabili delle informazioni contenute nel prospetto.

In questa direzione, che l’affidamento incolpevole nella veridicità delle risultanze provenienti dal rating sia meritevole di tutela, è desumibile anche dalla normativa comunitaria volta a tutelare la trasparenza del mercato finanziario, attraverso la predisposizione di regole che debbono garantire l’integrità delle informazioni sugli strumenti finanziari.

In particolare, l’art. 1, punto 2, left c), della direttiva 2003/6/CE – sull’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato – prevede il divieto della diffusione di informazioni false o fuorvianti in merito agli strumenti finanziari, se la persona che le ha diffuse sapeva o avrebbe dovuto sapere che le informazioni erano false o fuorvianti.

Da tale disposizione, secondo la Commissione sulle agenzie di rating del credito, si desume che “nei casi in cui un’agenzia di rating sapeva, o avrebbe dovuto sapere, che il rating era falso o fuorviante, il divieto di diffusione di informazioni false o fuorvianti, che costituisce manipolazione del mercato, potrebbe applicarsi al rating”.

Le considerazioni appena eposte conducono il Tribunale di Catanzaro a ritenere meritevole di tutela l’affidamento generato da comunicazioni rese al mercato, allorchè tali informazioni provengano da un soggetto particolarmente qualificato, come le agenzie di rating, che ragionevolmente ingenerano fiducia nella serietà e credibilità delle proprie valutazioni.

Chiarita la natura della responsabilità, il Tribunale di Catanzaro analizza il nesso causale intercorrente tra la condotta dell’agenzia (che ha emesso un giudizio di rating errato) e il pregiudizio subito dall’investitore a seguito dell’insolvenza dell’emittente.

Nella parte motiva si legge che è onere dell’investitore “provare che, se la valutazione espressa dall’agenzia fosse stata corretta, sarebbe stato disincentivato e non avrebbe sottoscritto gli strumenti finanziari dell’emittente, ovvero non avrebbe mantenuto uno strumento finanziario poi risultato negativo”. Inoltre, rispetto alla possibilità, in presenza di un progressivo deterioramento del rating, di ipotizzare un obbligo di vendere il titolo al fine di limitare le conseguenze dannose derivanti dall’illecito, viene precisato che a mente dell’art. 1227, comma 2°, il danneggiato ha l’onere di adoperare l’ordinaria diligenza senza attività gravose o straordinarie. Diligenza da parametrare al tipo di investitore, posto che al soggetto professionale è richiesto un grado di diligenza decisamente più elevato rispetto a quello richiesto ad un investitore inesperto.

Di diverso avviso è il Tribunale di Roma che pur escludendo la sussistenza di alcun tipo di rapporto contrattuale o comunque obbligatorio tra l’investitore e le agenzie di rating (così come aveva fatto il Tribunale di Catanzaro), sottolinea che la natura dell’attività delle agenzie di rating, consiste nell’emissione di “semplici pareri sulla capacità di credito di un particolare emittente o di un particolare strumento finanziario ad una certa data” e non nella formulazione di “raccomandazioni ad acquistare, detenere o vendere determinati titoli”. Ragionando in questi termini, l’investitore, secondo il giudice, è tenuto ad effettuare le scelte di investimento a proprio rischio, avvalendosi, nel caso, di un promotore finanziario per una valutazione del rischio.

La richiesta riasrcitoria viene così respinta sulla base della motivazione per cui “qualsiasi valutazione dell’agenzia di rating, sebbene sbagliata, come nella fattispecie in cui il titolo fino al giorno prima del fallimento era stato classificato come sicuro, non può dar adito ad alcun risarcimento in quanto mera opinione, come tale non passibile di essere classificata errata sulla base di dati oggettivi”.

La motivazione del Tribunale capitolino lascia assai perplessi dato che, pur riconoscendo come errata la valutazione dell’agenzia di rating, relega tale giudizio ad un mera opinione14 non “passibile di essere classificata errata sulla base di dati oggettivi” dimenticando completamente la natura professionale dell’attività dei valutatori15. Condividendo invece l’opinione espressa in dottrina, affermare che il rating di per sé non può mai essere errato, perché mancherebbero i dati oggettivi (rectius i criteri oggettivi) per esprimere un giudizio di “inesattezza”, significa escludere a priori che l’attività di rating sia assoggettabile ad un sindacato di tipo giurisdizionale16.

Orbene, a noi pare che la strada dell’illecito aquiliano, in assenza di un’apposita disciplina che regolamenti la responsabilità dell’agenzia di rating, sia quella da preferire. Essa si giustifica come conseguenza della lesione di un affidamento ingenerato ed offeso da un soggetto dotato di un particolare status professionale17.

E’ chiaro che nell’ipotesi di un rating (errato) diffuso ad incertam personam, l’investitore potrà azionare la sua pretesa risarcitoria soltanto quando sussista un ragionevole affidamento sulla regolarità del comportamento dell’informazione, qualificato dal suo status professionale e dagli oblighi di condotta su di esso gravanti in quanto operatore professionale18. Non persuade affatto la possibilità che l’agenzia di rating possa sostenere a sua discolpa di aver espresso un’opinione frutto dell’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost., come tale prevalente rispetto alla tutela dell’interesse ad un’informazione veritiera e corretta in capo all’investitore danneggiato19.

In definitiva l’utilizzo della “responsabilità civile” pare il più coerente con l’evoluzione legislativa e con gli orientamenti di politica del diritto20.

Resta però da esaminare, con grande attenzione, il problema dell’onere della prova del criterio (dolo o colpa) con cui imputare la responsabilità dell’agenzia nel caso di rating erroneo. La giurisprudenza ha recentemente precisato che “non si può affermare la responsabilità dell’agenzia solo perché il rating non rispecchia la reale prospettiva di solvibilità dell’emittente, ma è necessario che la condotta dell’agenzia sia connotata da mala fede o colpa”21. Per colpa è da intendersi la “negligenza professionale” che si manifesta nei casi di “inosservanza dei principi di diligenza professionale e degli standards di settore ribaditi anche nel regolamento Consob n. 12175 del 2 novembre 1999”.

E’ evidente la complessità, per l’investitore, nel dimostrare la responsabilità dell’agenzia sia per la difficoltà dovuta alla scarsità delle conoscenze delle metodologie utilizzate dagli analisti e sia perché il giudizio riguarda una probabilità futura. Spetterà al danneggiato la (non semplice) prova di dimostrare che a fronte di informazioni fornite in modo non corretto l’agenzia non abbia adottato tutti i criteri ragionevolmente esigibili e necessari allo scopo di verificarne l’effettiva e concreta attendibilità. Ad esempio, potrà essere utile verificare che l’agenzia abbia divulgato le attività di verifica tese a considerare l’affidabilità e la veridicità delle informazioni in base alle quali il rating è stato emesso, precisando se quelle provenienti dall’emittente, oggetto di valutazione, fossero di qualità soddisfacente e segnalando l’eventuale mancanza di dati affidabili a tal proposito.

Pertanto, sarà il terzo danneggiato a dover provare che il giudizio di rating “non rispecchia la situazione economico-patrimoniale-finanziaria dell’emittente e che tale mancata corresponsione dipende dall’utilizzo di procedure di valutazione non conformi alle prassi internazionali e agli standards di settore”. Per poter andare esente da responsabilità l’agenzia di rating dovrebbe dimostrare che l’erroneità della valutazione dipende da “false informazioni fornite dall’emittente i titoli e non riscontrabili come tali all’atto della valutazione”. Le informazioni, infatti, sono fornite dalla società e non rientra nei poteri-doveri delle agenzie di rating accertare la veridicità delle informazioni, la ricerca e la scoperta di frodi22.

Ci sembra oggettivamente eccessivo utilizzare il criterio della “culpa in re ipsa” o della “res in re ipsa loquitur” per “sanzionare” le agenzie. Si tratterebbe di una scelta tesa ad attribuire una responsabilità legata alla qualità professionale dell’informatore ed alla qualità oggettiva dell’informazione. In altri termini, attraverso un meccanismo presuntivo, si generalizzerebbe una responsabilità per un’attività avente essenzialmente natura prognostica.

Oltretutto, ammettere una tale eventualità equivarrebbe a legittimare una pericolosa attività di overdeterrence dell’agenzia di rating23. Riteniamo piuttosto che la responsabilità del valutatore sulla solvibilità dell’emittente (ovvero il mancato dawgrading) debba comunque dipendere da una condotta negligente ed imperita e non rispettosa della lex artis24 e delle procedure se pur connotate da ampi margini di discrezionalità.

Perciò, come già sottolineato, anche sul versante della responsabilità aquiliana occorrerà verificare il rispetto degli obblighi previsti dalla disciplina in materia25 di rating26. Dunque, deve comunque essere individuata una responsabilità dell’agenzia ove quest’ultima abbia negligentemente o dolosamente omesso le informazioni al mercato ovvero le abbia falsamente fornite.

Verificata la responsabilità dell’agenzia resta da accertarne il nesso causale. Occorrerà verificare quale sarebbe stato il comportamento dell’investitore presenza di un rating corretto. E’ chiaro che se il comportamento dell’investitore ipotetico fosse diverso da quello tenuto in concreto dal soggetto asseritamente danneggiato, nel senso che in presenza del rating esatto non avrebbe investito o avrebbe disinvestito, occorrerà concludere nel senso della sussistenza del nesso causale. Diversamente, dovrà dedursi che il rating inesatto non abbia in alcun modo “coartato” la scelta dell’investitore. Il comportamento dell’investitore ipotetico, cui raffrontare la condotta tenuta in concreto, va ricostruito sulla base dell’andamento sul mercato dei prezzi (o dei tassi di interesse) dei titoli di debito. L’oscillazione del prezzo di un titolo in corrispondenza dell’emissione di un determinato rating rappresenterebbe una buona misura di quale sarebbe la scelta di investimento dell’investitore ipotetico. Se il prezzo scende (ovvero il tasso di interesse sale) vuol dire che l’investitore medio disinveste; se il prezzo sale (ovvero il tasso di interesse scende) vuol dire che l’investitore medio investe.

In ordine al quantum del risarcimento dovuto dall’agenzia di rating all’investitore danneggiato pare opportuno utilizzare gli stessi criteri applicati in giurisprudenza per quantificare il pregiudizio dell’investitore come conseguenza della violazione della regola dell’informazione da parte dell’intermediario finanziario27. Il danno emergente dovrebbe essere valutato avendo riguardo al valore della differenza tra l’investimento effettuato ed il prezzo di vendita degli strumenti finanziari a seguito di default. Pare appropriato detrarre anche l’importo delle cedole percepite dall’investitore28. Quanto al danno derivante dal non aver potuto impiegare il denaro in modo più utile (lucro cessante) si potrà utilizzare un criterio equitativo che ad esempio tenga conto dei titoli nel portafoglio dell’investitore.

Laddove l’agenzia non abbia provveduto ad aggiornare il rating mantenendolo positivo pur in presenza di segnali di peggioramento delle condizioni, sarà pure ipotizzabile un’eventuale azione risarcitoria dall’investitore nei confronti dell’agenzia per mancato disinvestimento29.

3. E’ ovvio, a nostro avviso, che le agenzie dovrebbero astenersi dall’esecuzione della prestazione in presenza di un quadro informativo insufficiente, non disponendo di poteri ispettivi e/o coercitivi. Il Tribunale di Milano30 indica un’alternativa alla non esecuzione della prestazione, che consiste nell’assegnazione di un ratingappartenente ad una “categoria inferiore”.

Tale soluzione non persuade affatto dato che l’insufficienza del quadro informativo a disposizione dell’agenzia non può mai indurre ad ipotizzare un rating, sia pure al ribasso, di fronte ad un quadro normativo incompleto. Se l’agenzia, non possiede informazioni sufficienti per emettere un giudizio di rating, qualsiasi rating venga emesso sarà comunque viziato da negligenza, a prescindere dalla classe di appartenenza. Il rifiuto, da parte del valutatore, di eseguire la prestazione resta a nostro avviso la soluzione più corretta. Per di più tale opzione appare la più coerente anche con l’intendimento del legislatore comunitario che ha previsto un obbligo di astenersi dall’emettere il rating o di ritirare il rating a carico dell’agenzia in caso di mancanza di dati affidabili o di particolare complessità di un nuovo tipo di strumento finanziario o di insufficiente qualità delle informazioni disponibili31.

4. Le considerazioni innanzi esposte portano ad escludere la possibilità di configurare tra l’investitore e l’agenzia di ratinguna responsabilità di tipo contrattuale non essendo individuabile la conclusione di alcun contratto. Al contempo appare assai improbabile immaginare la figura del mero contatto sociale fonte di obbligazioni senza prestazione. In effetti, ciò che difetta è proprio la relazione tra investitore ed agenzia dato che è assente, a monte, l’entità dei soggetti potenzialmente interessati all’informazione dell’agenzia di rating; ciò rende assolutamente inconsistente la tesi di un “contatto” cui ricollegare un’aspettativa di protezione come quella derivante da una relazione contrattuale. Il dato, a nostro avviso, trova conferma anche nell’autorevole dottrina32che ha sottolineato come l’humus per l’operatività dei rimedi di natura obbligatoria siano le situazioni immerse in una dimensione relazionale perché caratterizzata da obblighi tra le parti che si trovino l’una di fronte all’altra. In questa prospettiva non appare possibile configurare un “contatto sociale” neppure nella decisione dell’investitore di registrarsi al sito web dell’agenzia33, non potendosi certamente immaginare che le informazioni rese dal valutatore restino “confinate” ai soli sogetti registrati34. Del resto le informazioni contenute nel web sono fornite in adempimento di un obblio negozialmente assunto verso il solicited rating ovvero create spontanemate e solo successivamente messe a disposizione degli investitori interessati35.

Così ragionando va senz’altro condivisa la posizione della dottrina, che sottolinea la necessità di essere piuttosto rigorosi nella “sublimazione” o “spiritualizzazione” del contatto sociale con riferimento alle agenzie di rating in virtù del labilissimo indice di relazionalità, che ove ritenuto ideneo a contrattualizzare il rapporto, moltiplicherebbe il timore che ogni “contatto” possa essere contrattualizzato, dato che in ogni rapporto umano sussiste, a volerla rinvenire, una qualche forma se pur minima di relazionalità36.

5. Sulla scorta di quanto sin’ora espresso deve certamente riconoscersi alle agenzie di ratinged all’informazione da loro fornita quel carattere di “affidamento” come tale potenzialmente dannoso e la cui violazione potrà causare un danno contra jusex art. 2043 c.c. L’investitore ha dunque un interesse rilevante ad una esatta informazione che diviene considerevole ed azionabile ove, appunto, sussista una ragionevole sicurezza sulla scorrettezza della condotta dell’informatore. In questa prospettiva va decisamente respinto il tentativo di relegare il rating espresso dall’agenzia ad un’opinione frutto di esercizio di libera manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost., da considerarsi predominante rispetto alla tutela dell’interesse ad una informazione attendibile e priva di errori in favore dell’investitore danneggiato.

Resta naturalmente in capo al danneggiato l’onere della prova, con tutte le difficoltà che ciò implica, considerata la natura prognostica dell’attività del valutatore.

Occorre però sfuggire al facile ma insidioso tentativo di attribuire una responsabilità da status, quello professionale37 che farebbe scivolare verso una responsabilità oggettiva idonea a trasformare qualunque previsione inesatta in copertura assicurativa per investimenti infelici. Le conseguenze, peraltro, sarebbero degli stessi investitori dato che il perseguimento ad ogni costo della tutela del danneggiato condurrebbe, inevitabilmente, ad un consistente deperimento della loro attività e, quindi, alla sottrazione delle utilità che il rating determina a favore degli investitori e del mercato finanziario più in generale.

E’ necessario piuttosto puntare sulla giustizia del caso concreto per verificare se l’erroneità della valutazione abbia effettivamente creato un contesto persuasivo in assenza del quale l’investitore avrebbe agito differentemente. In altre parole, l’investitore è vittima di un fatto illecito risarcibile ex art. 2043 c.c. tutte le volte in cui l’informazione scorretta fornita dal valutatore lo abbia indotto ad effettuare l’investimento. L’utilizzo dell’illecito aquiliano in un ambito lasciato, prevalentemente, alla creatività dei giuristi ci sembra allo stato il più idoneo a consentire un corretto funzionamento del mercato attraverso la realizzazone della regola di trasparenza38 intesa come strumento essenziale per la “qualità del consenso” anche quando riferita all’informativa previsionale.

 

1 Tratto dal sito-web: http://www.Standard&Poor’s.com. L’art. 3, 1° co, lett. a, Reg. CE 16.10.2009, n. 1060, definisce il rating come un parere relativo al merito creditizio di un’entità, di un’obbligazione di debito o finanziaria, di titoli di debito, di azioni privilegiate o altri strumenti finanziari, emessi utilizzando un sistema di classificazione in categorie di rating stabilito e definito. Sul punto v. DE BELLIS, La nuova disciplina europea delle agenzie di rating, in Giornale dir. amm., 2010, 453 ss.; SACCO GINEVRI, Le società di rating nel Regolamento CE n. 1060/2009: profili organizzativi dell’attività, in Leggi civ. comm., 2010, 291 ss.

2 Il giudizio delle agenzie non è indipendente là dove i loro profitti dipendano dalle commissioni pagate dai debitori emittenti di bond e da chi costruisce le cartolarizzazioni. Sull’esistenza di situazioni di conflitto da parte delle principali agenzie di agenzie v. Mason e Rosner, Where Did the Risk Go? How Misapplied Bond Ratings Cause Mortgage Backed Securities and Collateralized Debt Obligation, inwww.criterioneconomics.com/docs/20070215%20MasonRosner%20Hudson%20Paper.pdf, 2007, 1, «Many of the current difficulties in residential mortgage-backed securities (RMBS) and collateralized debt obligations (CDOs) can be attributed to a misapplication of agency ratings. Changes in mortgage origination and servicing make it difficult to evaluate the risk of RMBS and CDOs. We show that the big three ratings agencies are often confronted with an array of conflicting incentives, which can affect choices in subjective measurements of risk. Of even greater concern, however, is the fact that the process of creating RMBS and CDOs requires the ratings agencies to arguably become part of the underwriting team, leading to legal risks and even more conflicts. We analyze the fundamental differences between rating structured finance products like RMBS and CDOs and traditional products like corporate debt. We show that the inefficiencies of rating RMBS and CDOs are leading investors to discount U.S. markets. We conclude by providing several policy implications of our finding”.

3 Le indagini delle agenzie sulla solvibilità del debitore che emette un’obbligazione sono formulate mediante l’utilizzo di caratteri alfanumerici. In argomento v. Facci, Le agenzie di rating e la responsabilità per informazioni inesatte, in Contr.impr., 2008, 166. In argomento v. anche Pottino, Gli analisti finanziari e le agenzie di rating, in Le nuove regole del mercato finanziario, a cura di Galgano e Roversi-Monaco, Trattato di diritto commerciale, diretto da Galgano, Padova, 2009, 244 ss.; Onado, Imprese, banche, agenzie di rating nella crisi del terzo millennio, in AA.VV., Mercati finanziari e sistema dei controlli, Milano, 2005, 19 ss.; Gomellini, Gli scandali dei mercati finanziari, l’attività di rating e i modelli di prevenzione dei reati (a margine del recente intervento legislativo di “salvataggio” del rating dei titoli risultanti da operazioni di cartolarizzazione di canoni di leasing e della prossima attuazione del Nuovo Accordo di Basilea 2), in Dir.banca e merc. fin., 2004, 594, nota 10; Mancinelli, L’assegnazione di rating, da parte delle agenzie: significato, implicazioni e particolari aspetti critici, in Bancaria, 2005, 56; Rordorf, Importanza e limiti dell’informazione ai mercati finanziari, in Giur. comm., I, 2002, 773. Per la letterature straniera v., in particolare, Richter, Die Verwendung von Ratings zur Regulierung des Kapitalmarkts, Frankfurt/M, Berlin, Bern, Bruxelles, New York, Oxford, Wien, 2008; Eisen, Haftung und Regulierung internationaler Rating-Argenturen, Berlin, Bern, Bruxelles, New York, Oxford, Wien, 2008 Wien, 2007; Lemke, Haftungsrechtliche Fragen des Ratingwesen-ein Regelungsproblem?, Farnkfurt/M, Berlin, Bern, Bruxelles, New York, Oxford, Wien, 2000. Sia consentito anche il richiamo a F. GRECO, Informazione pre-contrattuale e rimedi nella disciplina dell’intermediazione finanziaria, Milano, 2010, 38 ss.. Più in generale sulle agenzie di rating v. PERRONE, Le agenzie di rating, in Balzarini – Carcano – Ventoruzzo (a cura di), La società per azioni oggi, Milano, 2007, 1023; GIUDICI, La responsabilità civile nel diritto dei mercati finanziari, Milano, 2008, 410 ss.; PARMEGGIANI, I problemi regolatori del ratinge la via europea alla loro soluzione, in Banca impr. soc., 29, 2010, 459; SANNA, La responsabilità civile delle agenzie di rating nei confronti degli investitori, Napoli, 2011, 27 ss.

4 PRESTI Le ageznzie di rating: dalla protezione alla regolazione, in I nuovi equilibri mondiali: imprese, banche risparmiatori, Milano, 2009, 76, ove si sottolinea che frequentemente anche i contratti di finanziamento conclusi dalle società prevedono delle clausole (trigger clauses) che stabiliscono conseguenze negative (scadenza anticipata, obbligo di costituire garanzie) nel caso in cui il rating dell’emittente o di sue emissioni scenda al di sotto di un determinato livello.

5 Per SALVI e DALLOCCHIO, Le modifiche del rating influenzano il comportamento degli investitori?, in Econ. e management, 2006, 79 ss, le agenzie hanno assunto un ruolo preminente sui mercati internazionali e le valutazioni dalle medesime assegnate costituiscono la stella polare per gli investitori.

6 FUSARO, Rating finanziario e responsabilità nei confronti dell’emittente, in Contr. Impr., 2012. 181 ss.

7 E ciò in particolare a seguito di alcune vicende eclatanti, tra cui la cd. “crisi dei mutui subprime”, la vicenda Lehmann Brothers e il caso italiano della Parmalat. È noto infatti come in ognuno di questi casi un ruolo particolare sia stato svolto dalle agenzie di rating. Nella vicenda relativa alla crisi dei mutui subprime era stata espressa una serie di giudizi positivi sulle operazioni di cartolarizzazione dei mutui e la revisione di tali giudizi era intervenuta con grave ritardo rispetto al momento in cui si era verificata la flessione dei prezzi degli immobili; nel caso Lehmann Brothers i bond erano stati classificati a basso rischio; allo stesso modo, le principali agenzie di rating avevano espresso giudizi positivi sulla Parmalat. Così FUSARO, op. cit., 181. Sul punto v. anche SAPONARO, Il danno da rating: se e come le agenzie sono tenute a risponderne, in Danno Resp., 2, 2013, 177, il quale evidenzia che soprattutto in occasione della crisi dei c.d. mutui subprime le agenzie sono state pesantemente accusate di aver rilasciato giudizi positivi (spesso i massimi previsti dalle scale di valutazione) in relazione a strumenti finanziari rivelatisi poi insolventi.

8 Trib. Catanzaro, in www.ilcaso.it

9 Sulla rilevanza giuridica dell’informazione-consiglio cfr BUSNELLI, Itinerari europei nella “terra di nesuno tra contratto e fatto illecito”: la responsabilità da informazioni inesatte, in BUSNELLI, PATTI, Danno e responsabilità civile, Torino, 2003, 275-276, nel quale si richiama ancora l’attuale principio di derivazione romanistica secondo cui consilii non fraudolenti nulla obligatio est.

10 Sulla responsabilità derivante dalla circolazione di inesatte informazioni economiche (o da affidamento) v. Cass. 29 settembre 2005, n. 19024, in Danno e resp., 2006, 31 ss., con nota di Roppo e Afferni, Dai contratti finanziari al contratto in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale. Per Cass. S.U., 19 dicembre 2007, n. 26725 in Mondo giudiz., 2008, 102, «la violazione dei doveri d’informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d’investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove tali violazioni avvengano nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d’intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti; può invece dar luogo a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d’investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d’intermediazione finanziaria in questione. In nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione dei suaccennati doveri di comportamento può però determinare la nullità del contratto d’intermediazione, o dei singoli atti negoziali conseguenti, a norma dell’art. 1418, 1° co., c. In argomento v. anche SARTORI, Informazione economica e responsabilità civile, 2011, Padova, 282; MAZZONI, Osservazioni in tema di responsabilità civile degli analisti finanziari, in AGE, 2002, 226 ss.

11 In merito ai tentativi di tipizzare la responsabilità che consegue ad un consiglio o ad una raccomandazione rivelatesi inesatti cfr § 676 BGB e art. 485 codice portoghese (circa il primo cfr HEESCH, Privatrechtliche Haftung fur fehlerhafte Informationen. Eine Rechtsvergleichende Untersuchung am Beispel des englishen Rechts, Munster, 1982, il cui saggio prova a confrontare la soluzione tedesca con quella di common law; quanto al secondo cfr. SINDE MONTEIRO, Responsabilidade por conselhos, recomendacoes, Coimbra, 1989.

12 La giurisprudenza francese (Tribunal de commerce de Paris, 15° Chambre – section B del 30 giugno 2006) ha riconosciuto la responsabilità quasi-délictuelle in relazione alla messa in circolazione di falsità o inesattezze contenute in studi finanziari e raccomandazioni di investimento. In dottrina v., tra gli altri, FERNADEZ DE ARAOZ, La Corte de Apelaciones de Paris de 30 junio de 2006 en elasunto in An “LVMH/Morgan Stanley”, in Revista de derecho Bancario y BursAtil, 2007, 261ss. e CARIDI, Danno da informazione finanziaria e responsabilità civile (a margine di un caso francese), in Diritto della banca e del mercato finanziario, 3 2008, 473 ss.

13 Cfr. Cass. civ., 6 gennaio 1984, n. 94. In questa direzione v. anche F. GRECO, op. cit., 41; TACCANI, Danno da informazione economica: sistema tedesco e sistema italiano a confronto, in Contr. Impr./Europa, 2001, 724.

14 Riecheggiano nella decisione del Tribunale di Roma alcune tesi sviluppate soprattutto nella letteratura giuridica statunitense, dove alcuni autori si oppongono strenuamente all’estensione della responsabilità delle agenzie anche alle ipotesi di mera negligenza basandosi, essenzialmente, sulla pretesa inconciliabilità tra la natura sostanzialmente soggettiva e valutativa dell’attività di rating ed un sindacato giurisdizionale di merito finalizzato ad un giudizio di negligenza, non essendo possibile individuare il modello di opinione soggettiva corretta in assoluto. Così SAPONARO, Il danno da rating: se e come le agenzie sono tenute a rispondere, in Danno Resp., 2, 2013, 177 ss. , il quale evidenzia chetale estensione sarebbe, da un lato, indotta, a livello di normativa federale dal Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act del 2010 che avrebbe introdotto una vera e propria private cause of action per reckless in sede di verifica delle informazioni (v. C. DEATS, Talk that isn’t cheap: does the first amendment protect Credit Rating Agencies’Faulty methodologies from regulation?, in 110 Colum. L. Rev. 1818, November 2010) e dall’altro favorita dalle prime aperture nella giurisprudenza che comincia ad ammettere la prospettazione di azioni per negligentmisprepresentationnei confronti delle agenzie di rating.

Oltretutto a noi pare che sarebbe estremamente contraddittorio sanzionare l’intermediario che non fornisca informazioni sul rating e negare la responsabilità dell’agenzia di rating per aver emesso una valutazione inesatta o non corrispondente al vero che, indudendo il risparmiatore ad investiren o a non investirelo ha esposto ad una perdita economica.

15 Per SAPONARO, op. cit., 177 ss. tale impostazione, pur non trovando una compiuta illustrazione nella pronuncia, riecheggia alcune tesi sviluppate soprattutto nella letteratura giuridica statunitense, dove alcuni autori (il riferimento è a C. DEATS, Talk that isn’t cheap: does the first amendment protect Credit Rating Agencies’ Faulty methodologies from regulation?, in 110 Colum. L. Rev. 1818, November 2010) si oppongono strenuamente all’estensione della responsabilità delle agenzie anche alle ipotesi di mera negligenza basandosi, essenzialmente, sulla pretesa inconciliabilità tra la natura sostanzialmente soggettiva e valutativa dell’attività di rating ed un sindacato giurisdizionale di merito finalizzato ad un giudizio di negligenza, non essendo possibile individuare il modello di opinione soggettiva corretta in assoluto. Per la verità, osserva l’A. si tratta di tesi non persuasive in quanto sembrano tralasciare il carattere rappresentato dalla natura professionale dell’attività di rating, che implica l’esistenza di regole e standard elaborati dalla prassi, codificati dalle stesse agenzie ed oggi presi in considerazione dal legislatore comunitario.

16 SAPONARO, op. cit., 177 ss..

17 In argomento v.. SANNA, op. cit., 151.

18 SANNA, op. cit., 158.

19 SANNA, op. cit., 158.

20 Così PONZANELLI, Quando sono responsabili le agenzie di rating, in Analisi Giudica dell’Economia, 2, 2012, 452.

21 Così il Tribunale di Catanzaro cit.

22 PONZANELLI, op. cit., 450.

23 Il rischio sarebbe quello di veder cessare l’attività di rating in presenza di una regola di eccessiva responsabilità. Così PONZANELLI, op. cit., 452 ove sottolinea (nota 10) che tipica reazione di overdeterrence è qualle tenuta da Fitch il quale ha annunziato una sorta di black-out informativo sulll’Italia come ritorsione al rinvio a giudizio di due dei suoi dirigenti.

24 Per CAFAGGI, La responsabilità del professionista, in Digesto civ., XVII, Torino, 1998, 12 ss., «la differenza tra norma deontologica e regula artis va progressivamente attenuandosi per la difficoltà sempre maggiore di distinguere il piano tecnico da quello deontologico. Il riferimento alle leges artis si traduce in taluni casi nella trasposizione di prassi non ancora normate, in tal caso procedendo autonomamente rispetto alla norma deontologica; in altri casi, invece, la definizione della regula artis fruisce della mediazione del ceto professionale compiuta tramite l’elaborazione delle regole deontologiche». Il principale modello è stato emanato dallo I.O.S.CO (acronimo di «International Organization of Securities Commissions»), organizzazione internazionale delle autorità di vigilanza sui mercati, il quale ha redatto in data 3.12.2004 un codice di condotta, denominato «Code of Conduct Fundamentals for Credit Rating Agencies». Le agenzie, infatti, «are regulated and operate differently in different jurisdictions, the Principles laid out high-level objectives that rating agencies, regulators, issuers and other market participants should strive toward in order to improve investor protection and the fairness, efficiency and transparency of securities markets and reduce systemic risk». Tale modello, tuttavia, non prevede alcun meccanismo volto a garantirne l’applicazione, limitandosi ad invitare le agenzie a motivare l’eventuale mancata osservanza (c.d. approccio «comply or explain»).

25 PONZANELLI, op. cit., 451, ove si sottolinea che l’informazione errata diventa fonte di responsabilità solo se la metodologia utilizzata possa essere giudicata gravemente lacunosa e carente.

26 Regolamento CE n. 1060/2009 del 16 settembre 2009 relativo alle agenzie di rating del credito. Con riferimento alla normativa comunitaria v. anche l’art. 1, punto 2, lett. c, dir. 28 gennaio 2003, 10/2003 che vieta la diffusione di informazioni false o fuorvianti relative a strumenti finanziari, se la persona che le ha diffuse conosceva o avrebbe dovuto conoscere che le informazioni erano false o fuorvianti. In Italia il regolamento CE 1060/2009 è stato recepito mediante la l. 4 giugno 2010, n. 96. Il d.lg. 5.10.2010, n. 176, infine, emanato in attuazione della normativa comunitaria sopra citata, ha demandato alla Consob il potere di vigilanza sulle agenzie di rating, inserendo l’art. 4 bis all’interno del d.lg. 24.2.1998, n. 58.

27 Sull’argomento F. GRECO, op. cit., 79 ss. V. anche FACCI, Le agenzie di rating e la responsabilità da informazioni inesatte, op. cit., 180.

28 Per SCARONI, La responsabilità delle agenzie di rating nei confronti degli investitori, op. cit., 168, ove l’investitore sostenga che, in difetto del rating emesso da un’agenzia registrata ai sensi del regolamento 1060/2009, gli strumenti finanziari valutati non avrebbero avuto accesso ad un determinato mercato nel quale egli si è dterminato ad investire, il danno emergente dovrà essere pari alla somma investita qualora lo stesso danneggiato dimostri che egli non si sarebbe determinato ad investire in quel mercato in assenza del rating rivelatosi successivamente sbagliato.

29 BARCELLONA, Mercato mobiliare e tutela del risparmio, Milano, 2009, 84.

30 Trib. Milano, 1 luglio 2011, in Le società, 2012, 1244 con nota di GIUDICI, L’agenzia di rating danneggia l’emittente con i propri rating eccessivamente favorevoli.

31 (Allegato I, sezione D, parte I, par. 4, del Regolamento CE 1060/2009).

32 CASTRONOVO, La relazione come categoria essenziale dell’obbligazione e della responsabilità contrattuale, in Eur. Dir. priv., 2011, 71 ss. Ampi ragguagli circa la soluzione tedesca, poi ripresa in Italia da Castronovo che riconduce la responsabilità da informazioni inesatte al contratto (il contratto di informazioni: Auskunftsvertrag) che si ipotizza tacitamente concluso.

33 Favorevole a questa ipotesi è SACCO GINEVRI, Le società di rating nel regolamento CE n. 1060/2009: profili organizzativi dell’attività, in Nuove leggi civ. comm., 2010, 348.

34 Correttamente si evidenzia che una tale eventualità potrebbe determinare una variazione del titolo della responsabilità del professionista à la carte, come accadrebbe qualora un investitore, avuta in precedenza conoscenza aliunde di un determinato voto di rating, si apprestasse, in seguito, a completare la procedura di registrazione presso il sito web dell’agenzia che lo ha emesso al solo scopo di creare un contatto sociale, strumentale all’affermazione di responsabilità contrattuale del professionista. Così SANNA, op. cit., 122.

35 Per un approfondimento sull’argomento si rinvia a SANNA, op. cit., 124.

36 SANNA, op. cit., 122.

37 PICARDI, Il rating fra crisi e riforma dei mercati finanziari, in Riv. Dir. Civ., 2009, 753.

38 Sul punto The Common Coro f European Private law – in Mistake, Fraud and Duty to inform in European Contract Law, a cura di SEFTONO-GREEN, Cambridge, 2005. Più in generale vCALANDRA BUONAURA, La trasparenza nei servizi bancari di investimento, in Giur. Comm., 2008, I, 229.

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