Nel giudizio di revocatoria esercitata dal curatore della società appaltatrice fallita nei confronti del subappaltatore per il pagamento ricevuto dall’Amministrazione committente, non rileva il mancato esercizio o meno della sospensione ex art. 118 c. 3 D.lgs. n. 163/2006, risultando decisive e assorbentii) la dichiarazione della stessa stazione appaltante di esser debitrice nei confronti dell’appaltatore e ii) la conseguente ottemperanza all’ordinanza di assegnazione del giudice dell’esecuzione.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso del subappaltatore, accipiens del pagamento caduto in revocatoria, ha colto l’occasione per chiarire importanti questioni in materia di tutela del credito del subappaltatore di opere pubbliche.
La pronuncia in esame prende le mosse da una precedente assegnazione delle somme in executivis a seguito della quale la stazione appaltante, debitor debitoris, aveva corrisposto alla subappaltatrice quanto dovuto alla originaria contraente poi fallita. La curatela dell’appaltatrice aveva pertanto agito in revocatoria al fine di dichiarare l’inefficacia di tale pagamento nei confronti della massa fallimentare, ottenendo pronunce favorevoli sia in Tribunale che in Corte di Appello.
La ratio decidendi della Suprema Corte ruota preliminarmente intorno alla necessità di accertare nelle ordinarie forme della verifica dello stato passivo anche i crediti prededucibili sorti prima o dopo la dichiarazione di fallimento, salvo che non risultino contestati per collocazione o ammontare ovvero siano sorti a seguito di liquidazione dei compensi ex art. 25 LF. Così la Corte di Cassazione ha chiarito come anche il credito del subappaltatore di opere pubbliche non sfugga alla verifica dei crediti e che quindi anche tale creditore concorra sul patrimonio della fallita nel rispetto della par condicio creditorum, salve le cause di prelazione.
Nessun pregio per gli Ermellini può avere l’eccezione fondata sull’applicabilità dell’istituto della sospensione di cui all’art. 118 c. 3 D.lgs. n. 163/2006, ratione temporis applicabile, dal momento che questo istituto va riferito all’ipotesi in cui il contratto di appalto sia in corso con una impresa in bonis.
Inoltre, tale sospensione dei pagamenti collide con l’istituto della sospensione degli effetti del contratto di appalto di cui all’art. 81 l. fall. (e 140 Codice appalti 2006 nonché 110 Codice appalti 2016) e del suo successivo scioglimento laddove la curatela dichiari di non volervi subentrare. Pertanto, in seguito al fallimento dell’appaltatore, residuerà eventualmente in capo a questo il credito per le prestazioni effettuate fino all’intervenuto scioglimento, ovvero ogni idonea azione recuperatoria nel caso di adempimento di carattere pecuniario. Il mancato esercizio della sospensione non rileverebbe in alcun modo, risultando al contrario decisiva la dichiarazione di terzo ex art. 547 c.p.c. resa dalla stazione appaltante con cui quest’ultima si è riconosciuta debitrice dell’appaltatore.
Il credito del subappaltatore nei confronti dell’appaltatore, a sua volta reo di non aver trasmesso le idonee quietanze di pagamento all’Ente pubblico, rimarrà assoggettato alle regole di verifica dei crediti e non potrà “scavalcare” l’appaltatore nella riscossione del suo credito nei confronti della stazione appaltante.
Infine, con riferimento alla determinazione del dies a quo per il computo del periodo sospetto ex artt. 67 e 69 bis LF, la Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire ancora una volta come a rilevare non siano i provvedimenti del giudice dell’esecuzione, ma i soli atti di pagamento coattivo che, al pari di quelli spontanei, offrono soddisfacimento concreto al creditore nel momento della loro ricezione.
Il prossimo 22 gennaio si terrà il WebSeminar, organizzato da questa Rivista, di rassegna della giurisprudenza in materia fallimentare dedicata all’anno 2020. Di seguito il programma dell'evento.
Questioni in tema di ammissioni al passivo «critiche» Revocatoria nei confronti del fallimento Accordo di ristrutturazione […] |