L’articolo rispecchia le opinioni dell’autore e non impegna l’ente di appartenenza
***
Il trattamento normativo della ricerca in materia di investimenti e la sua evoluzione: ieri, oggi e domani: premessa. 1.Ieri 1.1. Il regime previgente (1999-2005);1.2.La Riforma della disciplina sulla ricerca a seguito del recepimento in Italia della normativa comunitaria in materia di Market Abuse (2005/2006); 1.3.La ricerca in materia di investimenti come servizio accessorio (2007 – MIFID I e regolamentazione comunitaria e domestica attuativa). 2. Oggi. 2.1. Due criticità regolatorie (e di business) 2.1.1. Un passo indietto: comunicazione Consob n. DIN/9003258 del 14/1/2009 – Misure di "livello 3" concernenti la tematica della ricerca in materia di investimenti nel rapporto tra gestore e negoziatore. 2.1.2. Il final report dell’ESMA del 19/12/2014. La ricerca come “incentivo”; 2.2. La pubblicazione delle raccomandazioni in materia di investimenti su richiesta della Consob (art. 69-novies Regolamento Emittenti). 3. Domani; 3.1. Prospettive di emendamento e mitigazione del (A) regime proposto dal final report ESMA e (B) della disciplina della pubblicazione delle raccomandazioni su richiesta della Consob
Premessa
La disciplina della ricerca in materia di investimenti ha subito, in Italia e in Europa, una significativa evoluzione in termini di qualità, ma soprattutto di “quantità” della regolamentazione. Dalla iniziale normazione, piuttosto scarna, si è via via passati ad una regolamentazione sempre più stringente che, specialmente nei suoi ultimi sviluppi, rischia, secondo molti, di danneggiare più che disciplinare la relativa industria (e conseguentemente l'indotto, vale a dire gli emittenti oggetto della ricerca).
Le pagine che seguono intendono descrivere tale evoluzione e provare a prospettare il futuro della ricerca, senza azzardare previsioni, ma dando conto degli elementi e dei "disegni" a disposizione.
1. Ieri
1.1. Il regime previgente (1999-2005)
Il Regolamento Emittenti, nella sua originaria versione del maggio 1999, ha il compito di attuare la delega in materia di comunicazioni al pubblico, rimessa alla Consob dal TUF, per disciplinare casi e modalità di pubblicazione del materiale in parola[1].
Gli studi rispondono all’esigenza di diffondere al pubblico il contenuto delle analisi specialistiche delle informazioni su fatti rilevanti nell’ambito delle relazioni tra emittenti, analisti finanziari e investitori istituzionali; informazioni che a sua volta debbono rispondere ai principi della fair disclosure, intesa come pubblicazione non selettiva di tali informazioni.
Gli emittenti di strumenti finanziari, gli intermediari autorizzati ed i soggetti in rapporto di controllo con essi, possono pubblicare studi o statistiche riguardanti emittenti di strumenti finanziari a condizione di trasmettere alla Consob tale materiale entro il giorno di diffusione al pubblico e di depositarlo, nello stesso termine, presso la società di gestione del mercato di quotazione dello strumento, la quale provvede a metterlo a disposizione del pubblico.
Quale ulteriore condizione per la pubblicazione, il materiale deve riportare l’avvertenza di essere stato redatto da un soggetto che può avere un proprio specifico interesse riguardo gli emittenti, gli strumenti finanziari o le operazioni oggetto di analisi (art. 69).
Nel caso in cui i destinatari degli studi e statistiche (di seguito anche “studi”) siano i soli clienti dell’intermediario autorizzato (oppure i soli soci dell’emittente o delle società in rapporto di controllo con esso) il termine per il deposito presso la società di gestione del mercato è esteso a quindici giorni dall’inizio della diffusione.
Già dopo circa due anni la Consob rimette mano alla normativa introducendo alcuni più incisivi obblighi comportamentali. Accade in occasione della consultazione sulla modifica dell'art. 69[2]: per la verità le modifiche sono minimali e quasi chirurgiche. Ciò che conta sono le più ampie riflessioni svolte dall'Autorità nel presentare la consultazione.
La Consob riconosce il frutto dell’opera di analisi finanziaria come “un elemento positivo destinato ad integrare e ad arricchire il processo di disclosure generato dall’informazione continua sulle notizie price sensitive”. Essa ha lo scopo di sistematizzare, riordinare e spiegare tecnicamente il contenuto del flusso, più o meno continuo, di informazioni che “colpisce” l’investitore (o che l’investitore, autonomamente e di propria iniziativa, ricerca) e che è quindi idoneo a influire sull’andamento dei prezzi di borsa. Si tratta di un valore tecnico aggiunto consistente nel permettere all’investitore di assumere una consapevole scelta di investimento e nel tutelare l’integrità dei mercati.
Inizia a cambiare la prospettiva regolamentare della ricerca: dalla necessità di ridurre le asimmetrie informative sul mercato, si pone maggiore attenzione all’obiettivo di dettare presidi che assicurino l’indipendenza dell’opera di analisi, e con essa la completezza e la chiarezza. Obblighi di condotta debbono essere quindi stabiliti in tal senso.
Con riferimento al requisito dell’indipendenza, è importante disciplinare adeguatamente i casi in cui chi diffonde studi abbia, riguardo all’oggetto dello studio stesso, uno specifico interesse potenzialmente derivante da rapporti di controllo, contrattuali, operativi o di natura finanziario-economica (di tale ultima natura sono i rapporti di credito vantati dal soggetto diffusore verso l’emittente o le posizioni prese sul mercato dal primo sui titoli del secondo).
L’obbligo di avvertenza deve essere declinato nel senso di:
· specificare la natura e le ragioni dell’esistenza dell’interesse e quindi:
- l’esistenza di legami di controllo e di partecipazione rilevante, anche indiretti;
- la partecipazione agli organi sociali;
- la conclusione di accordi per la prestazione di servizi di finanza aziendale (consulenza, partecipazione a consorzi di collocamento, sponsorship ecc.);
- il collegamento tra i titoli emessi o detenuti dal soggetto diffusore e i titoli dell’emittente.
· evidenziare le fonti delle valutazioni contenute negli studi, insieme alle circostanze e alla data in cui sono state ottenute;
· elaborare procedure interne volte a garantire l’indipendenza degli analisti autori degli studi con pubblicazione dei nomi edisclosure dell’eventuale appartenenza ad associazioni di categoria;
· assicurare modalità e tempi omogenei e costanti di pubblicazione degli studi, per limitare l’influenza sull’andamento dei prezzi. In quest’ottica, il soggetto diffusore deve informare i destinatari in merito all’intendimento di garantire o meno la copertura dei titoli oggetto dello studio ed alla frequenza delle pubblicazioni (così come deve informare di eventuali mutamenti dell’eventuale politica di copertura a suo tempo annunciata). Occorre inoltre che gli studi succedutisi su di uno stesso titolo siano coerenti e che quindi si ragguagli il destinatario in merito a precedenti giudizi espressi e loro eventuali revisioni.
Nel 2002[3], all’art. 69 viene aggiunta la disciplina che consente alla Consob di richiedere la pubblicazione dello studio al soggetto che lo ha diffuso nel caso di fuoriuscita di notizie sul contenuto e contestuale sensibile variazione dei prezzi di mercato e/o del volume di scambi del titolo target rispetto al giorno precedente.
Più precisamente, si richiede al soggetto diffusore in prima battuta un comunicato contenente un commento sulla veridicità delle notizie e, solo ove lo studio sia già stato distribuito al destinatario particolare (socio dell’emittente o delle società in rapporto di controllo o clienti dell’intermediario autorizzato), una integrale pubblicazione del materiale, mediante invio ad almeno due agenzie di stampa, alla Consob ed alla società di gestione del mercato, al quale provvede all’immediata messa a disposizione del pubblico.
Le riflessioni svolte dalla Consob a margine della consultazione del 2001 vengono riversate, senza aggiunte o modifiche di rilievo, nella Comunicazione Consob n. DME/3019271 del 26 marzo 2003, rilasciata mentre entra in vigore la primissima produzione normativa comunitaria in materia di market abuse (pochi giorni prima della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea della Direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato[4] e nove mesi prima della pubblicazione della pertinente direttiva della Commissione in materia di raccomandazioni[5])la quale intende fare il complessivo punto della situazione in materia di informazione societaria.
1.2. La Riforma della disciplina sulla ricerca a seguito del recepimento in Italia della normativa comunitaria in materia di Market Abuse (2005/2006)
Nel 2005 la ricerca assume i connotati odierni: la disciplina, precedentemente racchiusa nel solo art. 69, viene ampiamente sviluppata e articolata a seguito delle modifiche e integrazioni apportate al TUF dalla legge "comunitaria 2004" al fine del recepimento della già citata normativa comunitaria in materia di abusi di mercato.
In sostituzione dell’endiadi “studi e ricerche”, viene introdotto il termine “raccomandazione”, definita come “ricerche o altre informazioni destinate ai canali di divulgazione o al pubblico, intese a raccomandare o a proporre, in maniera esplicita o implicita, una strategia di investimento in merito ad uno o a più strumenti finanziari”.
Viene edificata (recte: replicata dalla normativa comunitaria) una complessa architettura di definizioni cui è stata rimproverata una evidente circolarità:
raccomandazione = ricerca “intesa a raccomandare”
ricerca = elaborazione di soggetti “la cui principale attività consiste nell'elaborazione di raccomandazioni”
del resto addebitabile ab origine alla normativa comunitaria[6], ma che avrebbe potuto essere evitata in sede nazionale da un recepimento meno pedissequo.
In attuazione di detta normativa europea la CONSOB stabilisce de iure condito in quali casi e con quali modalità devono essere presentate le ricerche e le altre informazioni che raccomandano una strategia di investimento e dev’essere divulgata l'esistenza di interessi specifici o di conflitti di interesse.
Le prescrizioni attengono a:
- autore
- forma
- contenuto
della raccomandazione.
Quanto all’autore: l’identità della persona che ha prodotto la raccomandazione, della funzione da essa svolta e dellla persona giuridica preponente deve essere riportata nella raccomandazione in modo chiaro e visibile.
Debbono essere indicati gli estremi dell’autorizzazione alla prestazione dei servizi di investimento, nel caso in cui la persona giuridica preponente sia un soggetto abilitato, ovvero il sito internet contenente le disposizioni di autoregolamentazione che presiedono all’attività di un soggetto non abilitato autore della raccomandazione.
Quanto alla forma: oltre a recare le indicazioni concernenti l’identità dell’autore, la raccomandazione deve indicare la frequenza degli aggiornamenti, la modifica di rilievo della politica di copertura eventualmente annunciata in precedenza, la data della propria iniziale diffusione, la data e l’ora cui si riferiscono i prezzi degli strumenti finanziari menzionati, le eventuali differenze rispetto a precedenti (nell’arco degli ultimi 12 mesi) raccomandazioni sullo stesso titolo o emittente (con indicazione del tenore della modifica e della data della raccomandazione precedente interessata dalla modifica).
Quanto al contenuto:
- una chiara separazione dei fatti dalle “informazioni non fattuali” (interpretazioni, valutazioni, opinioni),
- l’indicazione di fonti attendibili o della cui dubbia attendibilità sia dato chiaramente conto.
- Inoltre,
- le proiezioni, previsioni ed obiettivi di prezzo debbono essere chiaramente indicati come tali, assieme alle principali ipotesi che le sorreggono. Gli elementi di base e/o le metodologie utilizzate per valutare uno strumento finanziario o un emittente o per fissare un obiettivo di prezzo debbono essere “riassunti in maniera adeguata”;
- il significato di ogni specifica raccomandazione di acquisto, vendita, mantenimento della posizione, che includa eventualmente anche l'orizzonte temporale dell'investimento al quale la raccomandazione si riferisce, deve essere adeguatamente spiegato e ogni eventuale rischio, ivi compresa un'analisi di sensibilità delle pertinenti ipotesi, segnalato in maniera appropriata.
Con il termine “analisi di sensibilità” – processo incongruamente tratto dalla pratica del project management e diretto, specialmente nella programmazione economico-finanziaria, ad osservare cosa accade o può accadere al mutare delle variabili che caratterizzano il progetto stesso (cd. “what if analisys”) – si intende una valutazione di robustezza del collegamento tra ipotesi di partenza e previsioni formulate; si vuole cioè che tale collegamento sia chiaro e comunque adeguamente spiegato al destinatario.
A tali aspetti di contenuto si ricollegano le misure che, su richiesta della Consob, debbono essere “idonee a dimostrare il carattere ragionevole di ogni raccomandazione”: si tratta, come ha spiegato l’autorità in sede di resoconto sugli esiti della consultazione, di adeguate misure procedurali e organizzative che il soggetto pertinente (la persona fisica o giuridica che produce o diffonde raccomandazioni nell'esercizio della propria professione o attività) deve adottare in merito al processo di produzione delle raccomandazioni.
Con riferimento al tema dei conflitti di interesse, si impongono ai soggetti abilitati obblighi non solo informativi ma anche organizzativi.
I primi, quelli informativi, incidono nelle dinamiche partecipative, di business e remunerative, in quanto il soggetto abilitato deve dare disclosure rispettivamente:
- delle partecipazioni significative e degli interessi finanziari rilevanti del soggetto pertinente nell’emittente e viceversa, considerando anche i soggetti collegati o in rapporto di controllo (per soggetto pertinente si intendono d’ora in poi anche i soggetti collegati o in rapporto di controllo),
- dei ruoli svolti dal soggetto pertinente come lead-manager o co-lead manager nell’ambito di una offerta pubblica di titoli dell’emittente; dei servizi di finanza aziendale eventualmente resi dal soggetto pertinente all’emittente; degli accordi tra questi esistenti in relazione alla produzione della raccomandazione; della percentuale di emittenti che hanno goduto negli ultimi dodici mesi dei servizi di finanza aziendale forniti dal soggetto pertinente, e tale percentuale va indicata, mediante rassegna a cadenza trimestrale, per ogni categoria di raccomandazione buy, sell ehold,
- dei collegamenti tra remunerazione dei dipendenti o collaboratori che hanno partecipato alla formulazione della raccomandazione e servizi di finanza aziendale (non necessariamente resi all’emittente) e del prezzo e data di acquisto (o ricezione) eventuale delle azioni dell’emittente da parte di tali dipendenti o collaboratori prima di una offerta pubblica degli stessi titoli.
Il rischio che vengano diffusi dati e informazioni riservati viene espressamente considerato dalla disciplina nel solo caso dei servizi di finanza aziendale eventualmente resi dal soggetto pertinente all’emittente e presidiato, per tale caso, da un’esimente dall’obbligo didisclosure.
Quelli organizzativi si esauriscono fondalmente nell’erezione di barriere allo scambio di informazioni (“chinese walls”).
La diffusione al pubblico di raccomandazioni fornite da terzi è un tema che è stato trattato soprattutto in materia di attività giornalistica, specialmente di natura finanziaria, e merita di essere ricordata in questa sede soprattutto per il fatto che gli obblighi incombenti al produttore si estendono al diffusore che modifichi sostanzialmente il materiale elaborato da terzi.
La modifica più rilevante è quella attinente la pubblicazione delle raccomandazioni.
La norma è l’evidente frutto del tentativo di contemperare l’esigenza, da un canto, di preservare il valore economico del materiale di ricerca e analisi, destinato a specifici canali che ne beneficiano a titolo oneroso – direttamente in quanto investitori istituzionali, ovvero indirettamente come clienti – e dall’altro di impedire la (o meglio, rimediare alla) diffusione di notizie incomplete e/o addirittura infondate (e non tanto quella di rimediare ad asimmetrie informative, già scontate con la originaria diffusione legittimamente limitata agli anzidetti circoli di investitori).
La generale pubblicazione delle raccomandazioni (con la solita trasmissione alla società di gestione del mercato e messa a disposizione sul sito internet) al di là della cerchia dei destinatari prestabiliti della iniziale diffusione, è infatti prevista su richiesta della Consob nel caso in cui irumors alterino l’andamento dei prezzi e/o del volume di scambi del titolo interessato.
1.3. La ricerca in materia di investimenti come servizio accessorio (2007 – MIFID I e regolamentazione comunitaria e domestica attuativa)
Con il recepimento in Italia della MIFID I, vengono dettate, in aggiunta alle regole relative al momento dell’informazione societaria, norme deputate a regolamentare gli aspetti organizzativi della ricerca.
Il Regolamento Congiunto dedica alla ricerca un apposito Titolo (il II) della Parte (3) dedicata ai conflitti di interesse, e ne “approfitta” per lavorare ancora sulla definizione di ricerca.
Anziché rinviare per relationem alla definizione di cui all'art. 65 del Regolamento Emittenti, il Regolamento Congiunto riproduce tale definizione (nel Regolamento Congiunto le ricerche debbono essere intese a “suggerire”, mentre nel Regolamento Emittenti a “proporre”) estendendola anche agli strumenti finanziari non negoziati sui mercati regolamentati, giacchè nella descrizione degli strumenti manca il riferimento all'art. 180, co. 1 lett. a) del TUF, presente invece nell'art. 65 cit.
La ricerca deve (a) essere descritta come tale ovvero presentata come obiettiva o indipendente (la disgiunzione non è irrilevante, in quanto una ricerca “interessata” o emessa da soggetti “interessati” ben potrebbe essere obiettiva) e (b) non costituire consulenza in materia di investimenti.
Quest'ultima distinzione si rende necessaria allorché il recepimento della MIFID introduce il (o meglio eleva il precedente servizio accessorio al rango di) servizio di investimento della consulenza in materia di investimenti, la quale si impernia sul medesimo concetto di “raccomandazione”, ma individualizzata.
La ricerca che abbia ad oggetto strumenti finanziari quotati (si richiama in tale circostanza l'art. 65 cit.) e manchi degli anzidetti due elementi (a) e (b), si “trasforma” in “comunicazione pubblicitaria e promozionale”.
Sebbene tale riqualificazione venga asseverata“ai fini del Regolamento adottato dalla CONSOB ai sensi dell'art. 6, comma 2, del TUF”, non risulta che alcuna definizione e/o disciplina in tal senso sia stata emanata, a meno che non voglia farsi riferimento a quella dei “messaggi e annunci pubblicitari” di cui agli artt. 34-octies e 34-decies del Regolamento Emittenti[7].
In tal caso rimarrebbe però scoperta la “ricerca promozionale” avente ad oggetto strumenti finanziari non quotati.
Oppure, dobbiamo prendere atto che l'unica specifica disciplina applicabile allo strano ibrido della "ricerca pubblicitaria" sia quella del comma 3 dell'art. 27 del Regolamento Congiunto che prevede che in tali raccomandazioni “gli intermediari specificano in modo chiaro ed evidente che le stesse non rispettano i requisiti volti a promuovere l'indipendenza della ricerca in materia di investimenti e che esse non sono sottoposte ad alcun divieto in ordine alla effettuazione di negoziazioni prima della loro diffusione”.
Le regole aggiuntive poste dal Regolamento Congiunto per i conflitti di interessi nella produzione e divulgazione di ricerche in materia di investimenti (parliamo quindi della “ricerca indipendente o obiettiva”) prescrivono una serie di obblighi organizzativi volti a preservare indipendenza e obiettività degli analisti e degli altri soggetti rilevanti dell'intermediario:
- divieto di compiere operazioni personali o eseguire ordini sollecitati su titoli oggetto della raccomandazione, almeno se e fintanto che abbiano una conoscenza privilegiata (rispetto a pubblico, clienti e destinatari della ricerca) di tempi e contenuti della raccomandazione;
- divieto di percepire incentivi da soggetti interessati alla ricerca in fase di elaborazione;
- divieto di promettere trattamenti di favore agli emittenti del titolo oggetto della ricerca;
- divieto di accesso e controllo preliminare, da parte di chiunque, delle bozze del materiale che costituisce ricerca (salvo il caso di verifica del rispetto degli obblighi regolamentari, ma desta perplessità che, a tal fine, l'accesso e il controllo siano generalmente consentiti: più coerente sarebbe stato prescrivere che tale accesso e controllo fosse riservato alle sole funzioni di controllo, specialmente se degli emittenti).
2. Oggi
2.1. Due criticità regolatorie (e di business)
2.1.1. Un passo indietro: la comunicazione Consob n. DIN/9003258 del 14/1/2009 – Misure di "livello 3" concernenti la tematica della ricerca in materia di investimenti nel rapporto tra gestore e negoziatore
Con la formulazione delle misure di "livello 3", adottate sulla scorta della disciplina dettata sul punto dai principali regulators comunitari, la Consob aveva già nel 2009 (con comunicazione n. DIN/9003258 del 14-1-2009) avuto modo di soffermarsi sulle condizioni di ricevibilità della ricerca in materia di investimenti che i negoziatori riconoscono ai gestori (individuali o collettivi) quale specifica prestazione non monetaria.
La finalità perseguita è quella di garantire un’elevata qualità della ricerca in materia di investimenti quale strumento a supporto di una corretta prestazione dei servizi di gestione.
La Consob analizzava nella sua comunicazione:
- il ruolo della ricerca del processo di gestione
- il valore economico e la remunerazione della ricerca da parte del cliente e da parte del gestore
- gli effetti della ricerca sulla best execution
1. La ricerca in materia di investimenti deve considerarsi – nell’ottica della Consob – un elemento necessario ed indefettibile del processo decisionale posto in essere da qualsivoglia gestore di portafogli collettivi o indiv\iduali. L’efficiente valutazione delle possibili opportunità di investimento, nonché la costruzione ed il mantenimento di un portafoglio di strumenti finanziari che ottimizzi il profilo di rischio/rendimento atteso in relazione agli obiettivi di investimento prefissati, sono, infatti, strettamente connessi con la qualità e con la pluralità delle informazioni disponibili.
2. Il ragionamento di cui al punto 1. conduce a ritenere che la ricerca sia già remunerata dai clienti mediante l’addebito delle commissioni di gestione prelevate a valere sui portafogli gestiti.
Il gestore a sua volta remunera la ricerca fornitagli dal negoziatore con parte dei fondi prelevati a tiolo management fees.
La remunerazione viene corrisposta al negoziatore con tipica modalità "bundled", ovvero in maniera non separata rispetto alla remunerazione dell’attività di esecuzione degli ordini, il che impone un apprezzamento economico di tale ricerca indipendente e separatamente ricostruibile rispetto alla remunerazione degli altri servizi forniti dal broker (o anche da terzi diversi dal negoziatore: le misure di livello 3 si applicano anche alla ricerca prodotta o fornita da soggetti terzi e non direttamente dal negoziatore, laddove la ricerca resa dal terzo abbia un’incidenza economica sulle commissioni di negoziazione corrisposte al broker).
L’apprezzamento economico della ricerca da parte del gestore va effettuato in base a criteri di ragionevolezza, oggettività ed attendibilità, basandosi anche sulle informazioni acquisite dal negoziatore. “Il ragionevole apprezzamento economico della ricerca è finalizzato esclusivamente alla corretta applicazione della norme in tema di transmission policye di disclosure sugli inducementse non comporta, quindi, alcuna separata rilevazione del valore stimato della ricerca, così da mantenere ferma l’unitaria contabilizzazione delle commissioni di negoziazione complessivamente corrisposte al broker.”
Dato il suo valore economico, la ricerca rileva come prestazione non monetaria (c.d. soft commission) fornita al gestore da un soggetto diverso dal cliente, il che chiama in causa la disciplina in tema diinducements del Regolamento Intermediari[8]. In base a tale disciplina, gli inducements (anche nella forma di soft commission) sono ritenuti ammissibili qualora (i) determinino un incremento della qualità del servizio di gestione reso al cliente o all’OICR; (ii) non ostacolino l’obbligo di servire al meglio gli interessi del cliente o degli OICR e (iii) siano oggetto di specifica disclosure.
Pertanto, l’attività di ricerca ricevuta dal gestore dovrà:
– determinare un incremento della qualità del servizio reso al cliente o all’OICR, mediante la
presenza dei requisiti di:
- novità (rispetto alle strategie che il gestore deve aver già necessariamente elaborato o acquisito)
- originalità (valutazione critica e non mera riproposizione di fatti noti già esistenti)
- rigore (non limitarsi all'affermazione di fatti noti già esistenti)
- significatività (delle conclusioni raggiunte, in forza di una elaborazione dei dati secondo i criteri sopra esposti);
– non pregiudicare gli interessi del cliente/OICR gestiti;
– essere oggetto di informativa preventiva, completa, accurata e comprensibile (oltre che periodicamente aggiornata in caso di rapporto di durata tra broker e gestore) e declinarsi nella precisazione dell'oggetto delle prestazioni fornite e i termini essenziali degli accordi che le regolano, la rilevanza economica per linee di gestione e OICR gestiti. A tal fine, potranno essere utilizzati i criteri da impiegare per determinare l’apprezzamento economico della ricerca in sede di applicazione della transmission policy, come si dirà in seguito.
Per assolvere agli obblighi di informativa, il gestore può utilizzare un qualsiasi documento previsto dalla regolamentazione vigente che, per natura e tempistica di diffusione, risulti idoneo allo scopo (ad es., il prospetto d’offerta) direttamente o anche indirettamente tramite l’intermediario-distributore che intrattiene la relazione con il cliente/investitore. Tale obbligo di disclosure può anche essere adempiuto mediante la trasmissione di un’informativa in forma sintetica sui termini essenziali degli accordi, secondo le modalità prescritte dal Regolamento Intermediari[9].
Al riguardo, devono considerarsi "termini essenziali degli accordi" la sommaria descrizione della ricerca che si riceve, le motivazioni che inducono il gestore ad utilizzarla, la natura economicamente apprezzabile della soft commission fornita e la precisazione che la relativa incidenza economica, ancorché non separatamente contabilizzata, risulta inglobata (bundled) nella commissione complessivamente resa al broker.
3. La ricezione da parte del gestore di ricerca fornita dallo stesso soggetto esecutore degli ordini impartiti per conto dei portafogli o dei fondi gestiti, laddove non separatamente remunerata, può influenzare il perseguimento del miglior risultato possibile per il cliente/OICR. Viene quindi chiamata in causa anche la disciplina in materia di best execution[10]. Tale disciplina prevede in particolare che i gestori, laddove non intendano eseguire direttamente gli ordini, debbano stabilire una strategia di trasmissione (c.d. transmission policy) che identifichi i negoziatori cui "instradare" gli ordini in virtù delle strategie di esecuzione adottate.
La trasmission policy deve altresì identificare gli ordini per tipologia di strumenti finanziari in virtù delle strategie di esecuzione adottate dai negoziatori di cui si avvale il gestore e deve considerare, fissandone l’importanza relativa, determinati:
- fattori, i.e. il prezzo, i costi, la rapidità e la probabilità di esecuzione e di regolamento, le dimensioni, la natura dell’ordine o qualsiasi altra considerazione pertinente ai fini della sua esecuzione[11]; e
- criteri, i.e. gli obiettivi di investimento e i rischi specifici del cliente/OICR gestito, le caratteristiche dell’ordine, le caratteristiche degli strumenti finanziari oggetto dell’ordine e delle condizioni di liquidabilità dei medesimi, nonché le caratteristiche delle sedi di esecuzione alle quali l’ordine può essere diretto[12].
La strategia di trasmissione deve essere anche oggetto di informativa appropriata agli investitori, nonché di verifica dell’efficacia della stessa e della qualità dell’esecuzione ed è soggetta ad aggiornamento periodico.
Alla luce di quanto sopra, nell’ipotesi in cui il negoziatore svolga a favore del gestore anche un’attività di ricerca, della cui remunerazione non viene fornita separata evidenza nelle commissioni di negoziazione complessivamente corrisposte, detta attività non può essere considerata – ai sensi della normativa vigente – un fattore di selezione del miglior negoziatore cui "instradare" gli ordini in attuazione della transmission policy. Infatti, il gestore, ai fini dell’osservanza degli obblighi di best execution e della migliore esecuzione nell’interesse del cliente/OICR, deve valutare i soli parametri menzionati dalla normativa, tra cui il costo effettivo dell’esecuzione. Ai fini della determinazione di quest’ultimo parametro, il fatto che la ricerca ricevuta dal gestore sia implicitamente remunerata dalla commissione di negoziazione corrisposta al broker obbliga il gestore a considerare le commissioni di negoziazione al netto del valore economico stimato della ricerca ricevuta.
Ancora con riguardo al rispetto dei principi di best execution, il gestore deve verificare l'esistenza di una ragionevole e qualificata correlazione tra la ricerca acquisita e l’attività di negoziazione degli ordini cui è abbinata, agevolando, conseguentemente, il perseguimento del miglior risultato possibile in favore dei clienti/OICR. A tal fine deve essere verificata, sempre naturalmente a cura del gestore, la coerenza tra l'oggetto della ricerca fornita dal negoziatore e la specifica competenza operativa del broker cui vengono "instradati" gli ordini per conto dei patrimoni gestiti (a titolo esemplificativo, un broker che operi sul mercato asiatico potrà fornire ricerca esclusivamente con riferimento a tale mercato). La valutazione di tale coerenza andrà diversamente calibrata a seconda del grado di specializzazione operativa del negoziatore cui è "instradato" l’ordine (negoziatori cd. " globali" o specializzati, ad esempio, per aree geografiche o per settore)[13].
Riassunto il ragionamento dell’Autorità di vigilanza, cerchiamo di esaminarlo criticamente.
La posizione espressa dalla Consob non manca di destare perplessità in alcuni punti e questo è anche il frutto di un probabile malinteso concetto di inducement già a livello normativo europeo.
La ricerca viene esaminata e valutata sotto molteplici aspetti, non sempre tra di loro compatibili o coerenti:
- la ricerca dovrebbe essere parte del servizio offerto dal gestore e risulta essere già remunerata dai clienti mediante l’addebito delle commissioni di gestione;
- la ricerca è una prestazione non monetaria che, per essere ammissibile, deve incrementare la qualità del servizio reso dal gestore e non deve impedire al gestore di servire al meglio gli interessi dei clienti;
- la ricerca ricevuta dal gestore è implicitamente remunerata dalla commissione di negoziazione corrisposta al broker;
- la ricerca non può essere considerata un fattore di selezione del miglior negoziatore cui “instradare” gli ordini di attuazione della transmission policy.
Quanto al punto i), la prassi operativa vede nella ricerca un ausilio all’attività del gestore, il principale obiettivo del quale deve essere quello di impiegare al meglio le disponibilità in portafoglio. Non è sufficiente infatti sapere che una data area geografica o un certo segmento industriale – o finanche un preciso titolo – si presti all’ottimale investimento delle disponibilità in portafoglio, ma occorre anche che l’investimento sia posto in essere con determinate modalità temporali e quantitative a seconda dell’entità, del profilo di rischio-rendimento e della politica di gestione del portafoglio.
Il punto ii) contraddice il punto i) e al tempo stesso conforta le osservazioni sopra rese. Lungi infatti dall’essere un servizio scontato e assodato, la ricerca rappresenta un valore aggiunto per il cliente gestito.
L’affermazione di cui al punto iii) non è sempre vera: la ricerca può servire anche ad evitare operazioni di investimento che, senza la ricerca stessa o con una ricerca di minor qualità, sarebbero apparse appropriate al gestore e che invece la “buona” analisi segnala come inopportune, se non dannose, o quantomeno intempestive. Può servire a mantenere un titolo in portafoglio perché l’analisi gli attribuisce buone prospettive di rendimento, e così via. In queste come in altre ipotesi non vi è attività di esecuzione (e non vi è quindi pagamento delle commissioni di negoziazione) e tuttavia la ricerca si presume abbia reso un servizio al cliente.
L’affermazione di cui al punto iv) – come anche le precedenti – è forse giustificata in un’ottica che “dissezioni” l’attività di gestione, pretendendo di scomporla in tante porzioni isolatamente considerate e regolamentate. Un’ottica probabilmente aderente al dato normativo, ma che finisce per comportarsi come il famigerato “Procuste” e per applicare a queste porzioni lo stesso supplizio che il brigante riservava agli sfortunati viandanti.
In realtà, il miglior interesse della clientela gestita, a differenza di quella amministrata, risiede innanzitutto nel miglior impiego degli asset e, solo in seconda battuta (una volta cioè individuato il miglior investimento), in una migliore esecuzione delle decisioni di investimento.
È evidente dunque che in questa diversa prospettiva, che potremmo definire olistica, la qualità della ricerca è essenziale affinché possa assicurarsi al cliente/OICR il miglior risultato gestorio possibile.
2.1.2. Il final report dell’ESMA del 19/12/2014. La ricerca come “incentivo”
Nel “Final Report ESMA’s Technical Advice to the Commission on MiFID II and MiFIR” del 19 dicembre 2014, finalizzato a fornire orientamenti alla Commissione Europea per la redazione di atti delegati dalla MIFID II, la ricerca elaborata dal negoziatore e ricevuta dal gestore risultata qualificata “minor non-monetary benefit” e quindi come inducement.
Affinché la qualificazione come incentivo venga meno (ovvero affinché l’inducement sia legittimo) la ricerca deve essere remunerata dal gestore che la riceve con propri fondi, oppure può essere addebitata al cliente mediante la costituzione di un conto segregato, controllato dal gestore, alimentato da specifiche commissioni di ricerca pagate dal cliente.
Deve essere altresì previsto un budget iniziale, modificabile solo con il consenso scritto del cliente, e i singoli pagamenti volti a finanziare il conto non debbono essere correlati al valore delle transazioni.
L’industria ha manifestato la sua posizione contraria a tale qualificazione ed agli stringenti limiti per evitare l’inammissibilità: qualificazione e limiti che, se effettivamente in vigore ed applicati, impatterebbero negativamente sull’attività di ricerca e quindi sulla liquidità dei mercati, soprattutto a discapito delle piccole società quotate.
In particolare, la condizione dell’apertura di un conto segregato con un budget prestabilito e modificabile con il solo consenso scritto del cliente è parsa del tutto irrealistica, perché non è possibile stabilire a priori, neppure con un “reasonable assessment” il volume di ricerca che sarà necessaria anche solo in un arco di tempo di dodici mesi; tale meccanismo, con l’aggiunta della necessità dell’accordo del cliente per eventuali modifiche, ingesserebbe ingiustificatamente l’attività del gestore.
Un possibile emendamento al testo dell’ESMA, proposto da Assosim, oltre che daAMAFIAssocation française des marchés financiers e da BWE Bundesverband der Wertpapierfirmen, prevede:
- l’eliminazione degli obblighi di unbundling;
- la preventiva disclosure da parte del gestore che riceve la ricerca al cliente gestito sulle modalità di allocazione dei fondi destinati alla ricerca. Dell’effettiva allocazione il gestore dovrebbe altresì rendere conto al cliente alla fine del periodo di riferimento, che potrebbe essere annuale o infra-annuale. Adeguate procedure di controllo interno dovrebbero assicurare l’utilizzo dei fondi destinati alla ricerca nel migliore interesse del cliente stesso;
- (la conferma de) il divieto di parametrare le commissioni di ricerca al controvalore delle operazioni eseguite dall’intermediario.
2.2. La pubblicazione delle raccomandazioni in materia di investimenti su richiesta della Consob (art. 69-novies Regolamento Emittenti)
Il potere della Consob di chiedere la pubblicazione di raccomandazioni che abbiano visto una parziale ed incontrollata “fuga di notizie” da cui siano conseguiti rumors che abbiano alterato i corsi borsistici, è oggetto di numerose critiche da parte degli operatori.
Come abbiamo visto, la prima disciplina del 2002 salvaguarda il bene economicamente apprezzabile costituito dalla ricerca, prescrivendone l’integrale pubblicazione solo dopo che questa abbia raggiunto i propri destinatari.
Il materiale in questione, proprio in virtù della sua natura di “studio e ricerca”, ha un costo e – se munita dei requisiti che ne fanno un prodotto economicamente apprezzabile prima ancora che normativamente compliant, vale a dire novità, originalità, qualità, rigore e significatività – è suscettiva di sfruttamento economico da parte di chi la produce e/o la diffonde; alla stregua, potremmo dire, di un’opera di ingegno a beneficio della platea di investitori, istituzionali e non, che la considera indubbiamente necessaria, anche se forse non sufficiente, per prendere consapevoli decisioni di investimento per sé o per i propri clienti finali.
La disciplina sopravvenuta (2006) ha eliminato il “buffer” del preventivo comunicato e della pubblicazione successiva alla distribuzione.
Essa richiede senz’altro la pubblicazione al mercato al congiunto verificarsi delle seguenti condizioni:
a)presenza di notizie in merito ai contenuti di una raccomandazione attribuiti a uno degli emittenti, soggetti abilitati e affiliati/e
b)sensibile variazione del prezzo di mercato degli strumenti finanziari oggetto della raccomandazione rispetto all'ultimo prezzo del giorno precedente e/o del volume degli scambi di detti strumenti rispetto a quello del giorno precedente;
Infine, c) deve essere “gia' iniziata la distribuzione della predetta raccomandazione”, mentre la disciplina del 2002 prevedeva almeno che la pubblicazione avvenisse dopo che lo “studio o la statistica” (terminologia dell’epoca) fossero “gia' stati distribuiti”.
Si è parlato al riguardo di un vero e proprio "potere di espropriazione" (cfr. Gugliotta, Quando la Consob scavalca la Costituzione, in Financial Community Hub, www.fchub.it, 18 luglio 2014), sfornito di base legislativa e concretamente esercitato senza il rispetto dei "motivi di interesse generale" e dell'obbligo di indennizzo, previsti dall'art. 42, 3° comma della Costituzione.
Se il legislatore avesse voluto fare riferimento a studi e ricerche – che sono cosa diversa, in quanto deputati ad esaminare ed elaborare i predetti fatti ed eventi, al fine di formulare previsioni economiche e finanziarie – li avrebbe specificamente nominati, come del resto fa al comma 8 cit..
E comunque a ben vedere, si voglia fondare il potere di pubblicazione sul comma 8 o sul comma 5 dell’art. 114, si porrebbero per l’uno e/o per l’altro seri dubbi di costituzionalità, per l'omessa previsione di un obbligo di indennizzo (ed anzi la Consob potrebbe provvedere alla pubblicazione a spese del soggetto inciso inadempiente), oltre che per la non puntuale descrizione della fattispecie e dell'oggetto del potere ablativo.
3. Domani
3.1. Prospettive di emendamento e mitigazione (A) del regime proposto dal final report ESMA e (B) della disciplina della pubblicazione delle raccomandazioni su richiesta della Consob
(A) Gli emendamenti proposti dalle associazioni di categoria italiane, francesi e tedesche non hanno sinora avuto pieno successo. Nel nuovo testo (probabilmente finale) portato dall'ESMA (vd tabella allegata infra) all'attenzione della Commissione UE permangono gli obblighi di unbundling dei costi della ricerca e quello di sottoporre all’approvazione dei clienti un budget preventivo dei costi stessi.
Il budget deve essere contrattualizzato nelle condizioni generali o nei terms of business e delle eventuali modifiche al rialzo di tale budget il cliente deve essere informato preventivamente. Non è più previsto, dunque, l’obbligo del gestore di raccogliere il consenso scritto di ciascun cliente per ogni modifica. Viene altresì vista con favore la contrattualizzazione a monte, con il che sarebbe evitato l’obbligo di acquisire uno specifico consenso client by client.
Le anzidette timide modifiche spingono l’industria a propugnare una lettura della complessiva disciplina secondo cui l’unbundling dovrebbeoperare a livello meramente informativo e non si sostanzierebbe, pertanto, in un obbligo per il gestore di effettuare distinti pagamenti per le attività di ricerca, da un lato, e di esecuzione degli ordini, dall’altro.
Tale lettura non è in verità supportata dal dato letterale ed il timore è che – malgrado talune modifiche “cosmetiche” – il regime proposto originariamente dall’ESMA alla fine prevalga.
(B) Recentissimi incontri tra le associazioni di categoria e l'Autorità di vigilanza hanno cercato di individuare alcuni possibili criteri e condizioni, all'insegna dei quali calibrare l'esercizio del potere in discussione, al fine di contemperare l’obiettivo di garantire la parità informativa sul mercato in caso di diffusione di rumor e/o notizie aventi ad oggetto una raccomandazione di investimento con l’esigenza degli intermediari abilitati di salvaguardare il valore economico delle raccomandazioni stesse.
Il criterio di cui al punto a)dell’art. 69-novies, co. 2 del RE – «presenza di notizie sui contenuti di una raccomandazione attribuiti a uno dei soggetti indicati al comma 1» (emittenti, soggetti abilitati e soggetti in rapporto di controllo con essi) potrebbe trovare una più specifica definizione valutando, in sede di vigilanza (anche e soprattutto mediante contatti diretti con il soggetto che ha prodotto o diffuso l'analisi):
- se la notizia sui contenuti della ricerca sia l’unica informazione rilevante, o la principale, diffusa sull’emittente nel corso della giornata: ove infatti risultino altre notizie non riconducibili alla raccomandazione, la pubblicazione di questa non sarebbe necessaria né giustificata;
- se vi siano dispacci di agenzie e notizie diffuse da media attendibili e diffusi che ricollegano l’andamento del titolo alla diffusione della raccomandazione: in tal caso la pubblicazione potrebbe essere giustificata, ma non nel caso in cui le informazioni trapelate e riferite a quest’ultima fossero già sufficientemente specifiche.
Quanto al criterio di cui al punto b) dell’art. 69-novies, co. 2 del RE – «sensibile variazione del prezzo di mercato degli strumenti finanziari oggetto della raccomandazione rispetto all’ultimo prezzo del giorno precedente e/o sensibile variazione del volume degli scambi di detti strumenti rispetto a quello del giorno precedente» – esso potrebbe essere valutato tenendo conto anche delle condizioni generali del mercato. Per esempio, in caso di forte rialzo o ribasso del titolo, ma comunque in linea con gli indici di borsa o settoriali, la pubblicazione potrebbe non essere richiesta, mentre in caso di rialzo/ribasso più contenuto, ma in controtendenza rispetto al mercato, la pubblicazione sarebbe plausibile.
Sempre con riferimento alle raccomandazioni di investimento aventi ad oggetto emittenti già quotati, un ulteriore profilo rilevante, finalizzato a minimizzare la diffusione di rumors, riguarda la possibile definizione di vincoli di confidenzialità tra l’intermediario autore della raccomandazione e i propri clienti, in modo da mitigare il rischio che questi possano diffondere informazioni sulla stessa. A questo riguardo, la Consob ha rilevato anche l’opportunità di avviare un confronto con le Associazioni dei giornalisti, al fine di definire una sorta di best pratice in caso di diffusione di informazioni relative alle raccomandazioni di investimento[15].
Tuttavia, gli operatori ben sanno come qualsivoglia vincolo contrattuale di confidenzialità lasci il tempo che trova una volta infranto, sia per la difficoltà di dimostrare che proprio quel destinatario, tra molti, abbia provocato la fuga di notizie, sia sull'enforceability della violazione, quand'anche ne sia individuato l'autore.
Le interlocuzioni con l'Autorità di vigilanza hanno altresì riguardato le raccomandazioni aventi ad oggetto titoli in fase di quotazione (pre-IPO) abitualmente riservate agli investitori istituzionali e non destinate ad essere diffuse tra gli investitori retail. In tal caso la richiesta di pubblicazione viene normalmente valutata in caso di diffusione di estratti delle stesse a mezzo stampa, ove tali indicazioni possano generare un’interferenza al processo di adesione all’offerta. Anche in questo caso, infatti, può sussistere l’esigenza di ripristinare la parità informativa anche per gli investitori retail.
Sono state quindi individuate soluzioni che distinguendo tra le ricerche pubbliche e quelle destinate esclusivamente ad investitori istituzionali prevedano norme di trasparenza, per le prime, e misure volte ad accrescere la confidenzialità, per le seconde.
L'indeterminatezza delle soluzioni proposte – qui riportate per completezza espositiva e ancora in discussione al momento in cui si scrive – non consente un'ulteriore disamina in questa sede.
***
Definizioni principali (in ordine alfabetico)
Direttiva MIFID I o MIFID I: Direttiva 2004/39/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio
Direttiva MIFID di livello 2: Direttiva 2006/73/CE della Commissione del 10 agosto 2006 recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell’attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva
Regolamento Congiunto: Provvedimento del 29/10/2007 Consob – Banca d'Italia – ppdegli intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio.
Regolamento Emittenti: regolamento adottato con delibera Consob n. 11971 del 14 maggio 1999
Regolamento Intermediari: regolamento recante norme di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di intermediari adottato con delibera Consob n. 16190 del 29 ottobre 2007
TUF: testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52.–dlgs 24 febbraio 1998 n. 58
[1] Cfr. Art. 114, co. 5 del TUF nella versione all’epoca vigente: “5. La CONSOB stabilisce con regolamento in quali casi e con quali modalità devono essere fornite nformazioni al pubblico sugli studi e sulle statistiche oncernenti li emittenti quotati, laborati da questi ultimi, da intermediari autorizzati a prestare servizi di investimento, nonche' da soggetti in rapporto di controllo con essi.”
[2] Documento di consultazione: bozza di comunicazione su " Modalità di diffusione di Studi e Statistiche concernenti emittenti strumenti finanziari" (febbraio 2001).
[3] Delibera 13616 del 12 giugno.
[4] Gazzetta ufficiale dell'Unione europea n. L 96 del 12.4.2003.
[5] Direttiva 2003/125/CE della Commissione del 22 dicembre 2003 recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la corretta presentazione delle raccomandazioni di investimento e la comunicazione al pubblico di conflitti di interesse – Gazzetta ufficiale dell'Unione Europa L 339/73 del 24 dicembre 2003.
[6] Direttiva 2003/125/CE della Commissione del 22 dicembre 2003 cit.
[7] In tal senso cfr. Comunicazione n. DME/DEM/DSG/9085166 dell’1-10-2009; vd. anche Comunicazione n. 11021864 del 24-3-2011 in materia di messaggi pubblicitari relativi ad offerte al pubblico e/o ammissioni alle negoziazioni su di un mercato regolamentato di prodotti finanziari non-equity. Disciplina applicabile e raccomandazioni.
[8] Artt. 26, comma 1, lett. b) della Direttiva NIFID di "livello 2"; 6, comma 2, del TUF e artt. 52, comma 1, lett. b), e 73, comma 1, lett. b), cit. del Regolamento Intermediari.
[9] Artt. 52, comma 2, e 73, comma 2 quest’ultimo nella versione all’epoca vigente.
[10] Artt. 21 della Direttiva MIFID I 44 – 46 della Direttiva MIFID di "livello 2"; Regolamento Intermediari artt. 45 e 48, con riferimento ai servizi di investimento e artt. 68 e 70, per la gestione collettiva, in virtù della delega conferita dall’art. 6, comma 2, del TUF.
[11] Artt. 70, commi 1 e 2, e 68, comma 1, Regolamento Intermediari.
[12] Artt. 70, commi 1 e 2, e 68, comma 2, Regolamento Intermediari.
[13] Già qualche anno prima la questione era stata "attenzionata" dalle istituzioni e dai regulators UE (all'epoca “comunitari”). La Consob, nella stessa comunicazione in commento, rammenta che la Commissione europea in data 10 ottobre 2007 aveva pubblicato sull’argomento una Q&A nel proprio data-base “Your questions on MiFID”. Nella Q&A n. 112, si precisa che il gestore deve ottenere sufficienti informazioni dal broker al fine di giustificare l’allocazione del costo tra attività di esecuzione e di ricerca; allocazione che, al fine di assicurare il miglior interesse del cliente, non può essere arbitraria o irragionevole. Viene fatta salva l’applicazione alla fattispecie in esame della disciplina normativa in tema di soft commission. Il CESR, predecessore dell'ESMA, non si è mai pronunciato con specifico riguardo alla legittimità ed ammissibilità della fattispecie di soft commission, né alle implicazioni connesse con il rispetto della best execution (cfr., in proposito, la raccomandazione CESR/07-228b “Inducements under MiFID” e il documento “Q&A” CESR/07-320 “Best Execution under MiFID”, entrambi del Maggio 2007). I regulators dei principali Paesi membri hanno dettato regole apposite sul tema in oggetto; la Consob cita nella comunicazione in commento il COBS 11.6 per il Regno Unito, gli artt. 314-77/314-85-1 del Règlement général in Francia e, sempre in Francia, l’istruzione AMF n. 2007–02 del 18 gennaio 2007. In proposito, la Consob addita ad esempio la normativa britannica che prevede specifiche disposizioni in tema di "using of dealing commission". Tale disciplina consente al gestore di ricevere dal negoziatore ricerca in aggiunta all’esecuzione degli ordini dei propri clienti purché la ricerca ricevuta:
– sia in grado di fornire valore aggiunto alla decisione, rappresenti un’elaborazione originale, sia rigorosa e raggiunga conclusioni significative;
– sia oggetto di specifici obblighi di informativa preventiva e periodica sui costi separati di ricerca e esecuzione;
– siano contemplati negli accordi broker-gestore meccanismi di pagamento che consentano il rispetto della regola di "contabilità separata".
– non sia compromessa la capacità dei gestori di rispettare l’obbligo dibest execution.
[14] Nella attuale versione (sostanzialmente vigente dal 2005, salve talune modifiche che hanno progressivamente ampliato la cerchia dei destinatari delle prescrizioni, ma che qui non interessano): “La Consob può, anche in via generale, richiedere agli emittenti, ai soggetti che li controllano, agli emittenti quotati aventi l'Italia come Stato membro d' origine, ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai dirigenti, nonché ai soggetti che detengono una partecipazione rilevante ai sensi dell'articolo 120 o che partecipano a un patto previsto dall'articolo 122 che siano resi pubblici, con le modalità da essa stabilite, notizie e documenti necessari per l'informazione del pubblico. In caso di inottemperanza, la Consob provvede direttamente a spese del soggetto inadempiente.”
[15] Gli aspetti sopra descritti, qualora siano individuati come profili orientati a migliorare e rendere più efficace ed efficiente l’attività di vigilanza della Consob sulle raccomandazioni di investimento, potrebbero essere introdotti nell’ambito della futura revisione della Comunicazione DME n. 6027054/06, in materia di“Informazione al pubblico su eventi e circostanze rilevanti”, mantenendo invece inalterato il contenuto dell’art. 69-novies del RE.