1. Premessa e quadro normativo
Nella Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 87 del 14 aprile 2016 è stata pubblicata la legge 8 aprile 2016, n. 49, relativa alla conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 febbraio 2016 n. 18. Dal 15 aprile 2016 è quindi in vigore la riforma delle banche di credito cooperativo (BCC)[1].
Di seguito saranno analizzati gli articoli 1, 2 e 2-bis della citata legge aventi ad oggetto la riforma complessiva delle BCC, la quale ha inciso in modo sostanziale sul decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385 (TUB).
Un approfondimento particolare sarà dedicato al gruppo bancario cooperativo (GBC) e al procedimento di costituzione del o dei GBC mentre, in considerazione della scarsa applicabilità alle BCC, sarà trascurata la disamina delle norme di cui ai commi 3-bis, 3-ter e 3-quater dell’art. 2, con le quali si concede, in casi particolarmente limitati, la possibilità di non adesione al gruppo (riconoscendo la c.d. way out).
Nello specifico, l’art. 1 del d.l. n. 18/2016 convertito con modificazioni dalla legge n. 49/2016 contiene, principalmente, modifiche al TUB che interessano il Capo V, Sezione II, dedicato alle BCC. Tutti gli articoli, dal 33 al 37 del TUB, hanno subito modifiche e/o integrazioni, ma le maggiori novità sono rilevabili nei due nuovi artt. 37-bis e 37-ter, rubricati, rispettivamente, “Gruppo Bancario Cooperativo” e “Costituzione del gruppo bancario cooperativo”.
Gli artt. 2 e 2-bis del d.l. n. 18/2016 trattano, invece, rispettivamente, delle “Disposizioni attuative” e del “Fondo temporaneo delle banche di credito cooperativo”.
Come è stato fatto notare da più parti[2], la nuova legge di riforma delle BCC non agevola certamente la costituzione di più gruppi, stante il mantenimento della soglia minima (già prevista originariamente nel d.l. n. 18/2016) di un miliardo di euro di patrimonio netto per la costituzione della capogruppo società per azioni.
Tale aspetto, considerato unitamente alle restrizioni sulla possibilità di non aderire ad un GBC (c.d. way out), non appare irrilevante ai fini di una eventuale valutazione di illegittimità costituzionale delle norme contenute nel d.l. n. 18/2016, convertito con modifiche dalla legge n. 49/2016, per contrasto agli artt. 41 e 45 della Carta Costituzionale[3]; i profili di illegittimità costituzionale appaiono ancora più evidenti se si consideri l’impossibilità, per le BCC, di potersi trasformare in banca popolare, ipotesi vietata per effetto di quanto disposto dal nuovo comma 1-bis dell’art. 36 del TUB.
Preme da subito rimarcare che, quando l’intera legge di riforma sarà a regime, l’adesione ad un GBC costituirà conditio sine qua non per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo e il capitale della capogruppo sarà detenuto in misura maggioritaria dalle BCC, fatta salva la facoltà attribuita al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) di stabilire una diversa misura per esigenze di stabilità del gruppo.
2. Il gruppo bancario cooperativo
Dalla disamina complessiva delle nuove norme contenute nell’art. 37-bis del TUB, la struttura adottata sembrerebbe quella del gruppo integrato (o gruppo strategico), caratterizzata per la direzione unitaria e l’alto livello di integrazione strategica, in cui si ricerca la razionalizzazione delle diverse fasi operative per sfruttare in maniera efficiente i fattori ed i servizi comuni, la riduzione delle incertezze e dei rischi tipici del mercato e l’ottenimento dei maggiori vantaggi competitivi.
Sotto l’aspetto prettamente operativo, particolari difficoltà saranno rinvenibili nella capacità di coniugare tale struttura organizzativa, nella quale la capogruppo dovrà operare sotto forma di società per azioni, con i principi della territorialità e dello scambio mutualistico delle singole BCC aderenti al gruppo.
Ai sensi di quanto disposto dall’art. 37-bis, comma 1, il GBC risulta composto i) dalla capogruppo società per azioni autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria e, dunque, soggetta alle norme di vigilanza su base consolidata di cui al Titolo III, Capo II del TUB ma che, per effetto della dimensione del gruppo, dovrebbe passare alla vigilanza diretta della BCE (banche considerate “enti creditizi significativi”), ii) dalle BCC soggette all’attività di direzione e coordinamento della capogruppo e all’attività di vigilanza da parte della Banca d’Italia, iii) dalle società bancarie, finanziarie e strumentali (come definite dall’art. 59 del TUB) controllate dalla capogruppo e, infine, iv) da eventuali sottogruppi territoriali facenti capo ad una banca costituita in forma di società per azioni sottoposta (anch’essa) a direzione e coordinamento della capogruppo.
Lo strumento attraverso il quale la capogruppo, partecipata dalle BCC, dalle società bancarie, finanziarie e strumentali e da eventuali sottogruppi territoriali, potrà esercitare l’attività di direzione e coordinamento nei loro confronti, è il contratto di coesione.
Grazie all’introduzione (intervenuta alla Camera dei deputati) del comma 1-bis, viene concessa alle BCC aventi sede legale nelle province autonome di Trento e Bolzano la possibilità di poter costituire autonomi gruppi bancari cooperativi in cui la capogruppo può assumere, alternativamente, la forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata, a condizione che il gruppo sia composto esclusivamente da banche aventi sede ed operanti esclusivamente nella medesima provincia, impedendo, di fatto, alla provincia di Trento, le cui banche operano anche in altre regioni, di poter costituire un autonomo gruppo[4].
Per il gruppo autonomo che le Raiffeisen della provincia di Bolzano decideranno di costituire, saranno i decreti attuativi del MEF e di Bankitalia a fissarne modalità, criteri e requisiti specifici, ivi incluso il requisito minimo di patrimonio netto richiesto per la capogruppo.
Per il GBC o i GBC che si costituiranno nel resto d’Italia, l’art. 37-bis fissa, invece, importanti principi, contenuti e requisiti minimi di cui i decreti attuativi che saranno emanati dalle Autorità di vigilanza e regolamentazione non potranno non tenere conto.
Relativamente allo statuto della capogruppo la norma[5] si limita ad affermare la necessità che lo stesso indichi il numero massimo delle azioni con diritto di voto che possono essere detenute da ciascun socio, direttamente o indirettamente[6] per il tramite di società controllate, di società fiduciarie o per interposta persona, con ciò facendo intendere che, essendo la maggioranza del capitale detenuta dalle BCC, non vi potranno essere singole banche, società o persone fisiche che, per dimensione, contratto o altro, possano, da sole, acquisire diritti di voto in grado di esercitare un’influenza dominate o notevole sulla capogruppo stessa.
D’altronde, la capogruppo, esercitando attività di direzione e coordinamento sulle BCC in base a contratto[7] (il c.d. contratto di coesione del quale si dirà nel prosieguo) ed attuando un controllo sui propri soci, non può correre il rischio di trovarsi nella condizione di essere a sua volta controllata da chi deve invece controllare[8].
Particolare approfondimento richiederebbe, anche se non è questa la sede, l’esame della scarna norma in oggetto in relazione alla legittimità della istituzione di patti parasociali[9] tra BCC, che in ogni caso andrebbero comunicati all’organo di vigilanza ai sensi dell’art. 20, comma 2, del TUB, e, in particolare, di quelli aventi ad oggetto l’esercizio congiunto di un’influenza dominante sulla capogruppo[10].
3. Il contratto di coesione
Il contratto di coesione, disciplinato dall’art. 37-bis ai commi 3 e 7-bis, rappresenta lo strumento principale con il quale la capogruppo esercita l’attività di direzione e coordinamento sui propri soci, ossia sulle BCC, sulle società bancarie, finanziarie e strumentali e sui sottogruppi territoriali eventualmente costituiti.
E’ evidente che, per garantire la corretta funzionalità del GBC e del contratto di coesione, alle partecipazioni detenute dai soci della capogruppo e a quelle detenute dai soci dei sottogruppi territoriali (subholding) non debbano applicarsi le norme che vietano l’acquisto o la sottoscrizione di azioni delle società controllanti da parte di società controllate[11].
A prescindere dal nome attribuito dal legislatore, l’art. 37-bis sembrerebbe fugare ogni dubbio sorto in dottrina circa l’ammissibilità nell’ordinamento giuridico italiano del contratto di dominio[12] (detto anche contratto di dominazione), pacificamente ammesso e ben conosciuto, nell’ordinamento tedesco[13].
Considerata la sua importanza, il comma 3 dell’art. 37-bis fissa i poteri della capogruppo che devono obbligatoriamente essere ricompresi nel contratto di coesione, mentre il comma 7-bis demanda all’organo di vigilanza la definizione del contenuto minimo del contratto stesso.
I poteri inderogabili della capogruppo che debbono, in ogni caso, risultare nel contratto di coesione[14] riguardano:
- L’individuazione e l’attuazione degli indirizzi strategici e degli obiettivi operativi del gruppo;
- Gli altri poteri necessari per l’attività di direzione e coordinamento, proporzionati alla rischiosità delle banche aderenti, ivi inclusi i controlli ed i poteri di influenza volti ad assicurare il rispetto dei requisiti prudenziali e delle altre disposizioni bancarie e finanziarie applicabili al gruppo ed ai soggetti aderenti. Nel concetto di proporzionalità del potere esercitabile dalla capogruppo dovrebbe attuarsi il principio del c.d. risk based approach, ossia quanto più una BCC dimostrerà di avere buona governance, efficienza e competitività (innovazione) tanto più saranno ampi i suoi margini di autonomia (concetti rilevabili anche dal combinato disposto del comma 7-bis di cui si dirà a breve);
- Le ipotesi, comunque motivate, e le modalità di esercizio di tali poteri, in cui la capogruppo può nominare, opporsi alla nomina o revocare uno o più componenti, fino a concorrenza della maggioranza, degli organi amministrativi e di controllo delle società aderenti al gruppo;
- La possibilità di escludere una banca dal gruppo (e non anche le altre società aderenti stando al tenore letterale della norma) in caso di gravi violazioni degli obblighi previsti dal patto di coesione e le altre sanzioni graduate applicabili in relazione alla gravità della violazione;
- I criteri di compensazione e l’equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall’attività comune;
- I criteri e le condizioni, non discriminatorie ed in linea con le finalità di solidarietà delle BCC, di adesione, diniego dell’adesione, recesso dal contratto di coesione ed esclusione dal gruppo (ipotesi che, in ogni caso, debbono essere autorizzate dalla Banca d’Italia);
- La garanzia in solido delle obbligazioni assunte dalla capogruppo e dalle altre banche aderenti (non anche dalle altre società, ad esempio quelle strumentali), nel rispetto della disciplina prudenziale dei gruppi bancari e delle singole banche aderenti.
Ai sensi di quanto disposto dal comma 7-bis dell’art. 37-bis del TUB[15] spetta, invece, alla Banca d’Italia, al fine di assicurare la sana e prudente gestione, la competitività e l’efficienza del GBC, il dovere di emanare disposizioni attuative per la disciplina del contenuto minimo del contratto di coesione che non potranno non tenere conto a) dei suddetti poteri inderogabili attribuiti per legge alla capogruppo e b) dei principi appena enunciati che meritano un particolare approfondimento.
Nonostante la declinazione concreta dei citati principi all’interno del contratto di coesione non sarà di facile soluzione per l’organo di vigilanza, bisogna dare atto che l’innovazione introdotta dalla Camera (il citato comma 7-bis) rappresenta un’importante modifica al d.l. n. 18/2016 per la soluzione dei reali problemi che affliggono il credito cooperativo[16] (e che, in parte, compensa il “disagio” per le restrittive modifiche apportate alla ipotesi di non adesione al GBC, di fatto ora riservata solo ad alcune grandi BCC che non hanno mai partecipato al sistema del credito cooperativo nazionale ed a quelle che hanno da tempo manifestato la volontà di uscirne).
In effetti, nell’originario d.l. n. 18/2016 era demandata al MEF (e non a Bankitalia) la definizione, da introdurre con apposito decreto, dei requisiti minimi organizzativi ed operativi in grado di assicurare la sana e prudente gestione, la competitività e l’efficienza del GBC[17], mentre, con la nuova norma, tali criteri, oltre ad interessare i requisiti minimi ed organizzativi della capogruppo, rilevano anche per il contenuto minimo del contratto di coesione e per il gruppo autonomo delle Raiffeisen della provincia di Bolzano[18].
In considerazione della loro particolare rilevanza, si rende opportuna una disamina specifica dei criteri di cui si discute al fine di comprenderne il reale significato.
Il principio di “sana e prudente gestione”, divenuto oramai il canone cardine dell’intero ordinamento creditizio,è indubbiamente il criterio ispiratore della Banca d’Italia e rappresenta l’obiettivo che la stessa deve far rispettare alle aziende di credito.
Per alcuni[19] il significato del principio di cui si discute può essere ricondotto ad un criterio di indipendenza tra il fine della gestione bancaria e gli interessi estranei alla banca (e dove i due aspetti non devono andare in conflitto).
Per altri[20] la gestione può considerarsi sana quando è orientata a criteri di redditività e, nel contempo, si perseguono obiettivi di carattere patrimoniale e finanziario, mentre la prudenza è riferita al grado di avversione al rischio rispetto alle scelte operate nel corso della gestione ordinaria della banca.
In ogni modo, combinando le varie disposizioni emanate sistematicamente dall’organo di vigilanza nel corso del tempo, operativamente la sana e prudente gestione può dirsi correlata alla regola della buona e trasparente amministrazione, basata sulla distinzione netta dei ruoli e delle responsabilità, su un adeguato bilanciamento dei poteri, un’equilibrata composizione degli organi, un ottimo presidio di tutti i rischi aziendali, un sistema di controlli efficaci ed un insieme di flussi informativi adeguati.
Il concetto di “competitività” potrebbe essere inteso come sinonimo di concorrenza e, quando riferito ad una azienda (anche bancaria), evoca la capacità dell’impresa di produrre vantaggi (appunto competitivi) in grado di porla nel mercato in una posizione di favore. Ne consegue che, in un contesto di concorrenza globale un’azienda che riesce ad essere innovativa può definirsi competitiva[21].
Infine, il criterio di “efficienza”, attiene alla capacita di produrre azioni, prodotti o servizi con il minimo di scarto, di spesa, di impiego di risorse e di tempo senza, tuttavia, compromettere il perseguimento degli obiettivi in precedenza fissati; principio che, declinato con riferimento alle aziende bancarie, implica il contenimento dei costi mantenendo il criterio della sana e prudente gestione.
4. I sottogruppi territoriali ed il fondo temporaneo delle BCC
La sintetica disciplina dei sottogruppi territoriali, anch’essa introdotta dalla Camera in sede referente, è contenuta in appena due norme dell’art. 37-bis: il comma 1, lett. c-bis), ed il comma 6.
Tuttavia, anche l’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 2 del d.l. n. 18/2016, convertito con modifiche dalla legge n. 49/2016, seppur non richiami espressamente le predette norme, sembrerebbe potersi applicare ai sottogruppi in presenza di determinate condizioni.
La norma contenuta nell’art. 37-bis, comma 1, lett. c-bis, si limita a definire gli eventuali sottogruppi territoriali quali banche, ossia soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria, che devono avere la forma giuridica di società per azioni e che sono sottoposte all’attività di direzione e coordinamento della capogruppo (anch’essa, come già detto, società per azioni). Inoltre, viene, ovviamente, specificato che, oltre alle BCC, possono far parte del sottogruppo-banca anche le società bancarie, finanziarie e strumentali.
Il sottogruppo territoriale può quindi essere assimilato ad una sorta di sub-holding che controlla le BCC, le eventuali società bancarie e strumentali e che, a sua volta, è controllata dalla capogruppo.
Non essendo fornita alcuna definizione circa la dimensione e le caratteristiche del territorio che le eventuali subholding potrebbero coprire, sembrerebbe potersi concludere per l’attribuzione di un’ampia libertà di scelta a favore degli operatori. Tale assunto appare confermato, sia dall’assenza di una qualsiasi disposizione che attiene al procedimento di costituzione di tali sottogruppi[22] (per i quali sembrerebbero applicarsi le normali procedure previste per la costituzione di una generica banca società per azioni), sia dal silenzio normativo rilevabile dalle disposizioni che disciplinano il contenuto dei decreti attuativi che dovranno essere emanati dal MEF e dalla Banca d’Italia[23] (riferibile unicamente alla disciplina della capogruppo e del contratto di coesione).
In altri termini, anche dall’analisi normativa del procedimento di costituzione del GBC (di cui si dirà tra breve) sembrerebbe che, mentre per questo è stato previsto un iter particolareggiato e strutturato che condurrà alla piena operatività del o dei GBC non prima dei prossimi venti/ventiquattro mesi, la procedura di costituzione di un qualsiasi sottogruppo possa essere avviata sin da subito in base alla disciplina prevista per la costituzione di una banca s.p.a.[24].
Ciò nonostante, è difficile immaginare che MEF e/o Banca d’Italia, seppur non autorizzati espressamente dalla legge n. 49/2016, non intervengano anche nella disciplina dei sottogruppi nel corso dell’emanazione dei decreti attuativi di rispettivo interesse della capogruppo e del contratto di coesione, quanto meno per coordinare le norme della capogruppo con quelle applicabili ai sottogruppi e in considerazione dell’attuale disciplina generale dei gruppi bancari[25].
L’altra norma che si occupa espressamente delle sub-holding per le BCC è contenuta nel comma 6 dell’art. 37-bis con il quale si prevede, analogamente a quanto disposto per la capogruppo, la non applicabilità ai sottogruppi territoriali delle disposizioni che vietano l’acquisto o la sottoscrizione di azioni delle società controllanti da parte di società controllate[26].
Da ultimo, anche a conferma di quanto già esposto circa la possibilità e l’interesse a costituire sin da subito uno o più sottogruppi territoriali, merita approfondimento il contenuto dell’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 2 del d.l. n. 18/2016, sia in relazione al contenuto del Fondo temporaneo delle BCC[27] che alla positiva applicazione ai sottogruppi costituiti a norma dell’art. 37-bis, comma 1, lett. c) del TUB.
L’art. 2-bis (anch’esso introdotto dalla Camera in sede referente) prevede che, durante il procedimento di costituzione del o dei GBC, gli obblighi di partecipazione di ciascuna BCC ad un GBC siano assolti, sino alla partecipazione della stessa ad un GBC, dall’adesione ad un Fondo temporaneo promosso da Federcasse.
Il Fondo, quale strumento mutualistico-assicurativo di natura privatistica cui ciascuna BCC dovrebbe aderire entro trenta giorni dalla data di approvazione del relativo statuto, opera in piena autonomia decisionale e può favorire processi di consolidamento e di concentrazione delle BCC.
Nello statuto del Fondo sono definiti il sistema contributivo, il limite massimo per singolo intervento e il limite massimo al richiamo di fondi delle BCC aderenti.
All’atto dell’adesione della BCC al GBC, quest’ultima assumerà gli impegni presi in precedenza dalle BCC stesse, subentrerà nelle attività in corso e nei rapporti giuridici in essere con il Fondo.
In sostanza, trattasi di un fondo destinato a supportare le BCC sino alla loro adesione al GBC e finalizzato a favorire processi di consolidamento e di concentrazione delle BCC stesse.
Dubbi si pongono circa la possibilità che l’istituzione del Fondo temporaneo promosso da Federcasse possa configurare un “aiuto di Stato” sanzionabile dalla BCE, atteso che tale fondo, conformemente agli altri fondi promossi dal sistema del credito cooperativo, esplicherebbe i suoi effetti nei confronti di tutte le BCC prima della costituzione del o dei GBC, al punto da poterne, addirittura, comprometterne o comunque influenzarne, la costituzione stessa[28].
Per quanto concerne, invece, l’ultimo periodo del comma 2, dell’art. 2, del d.l. n. 18/2016[29], si prevede che la richiesta di adesione di una BCC, inviata nei termini ivi previsti ad un GBC costituito ed autorizzato dall’organo di vigilanza, sia considerata accolta qualora la stessa BCC abbia in precedenza fatto parte di un accordo di responsabilità contrattuale che tuteli tutte le parti aderenti ed, in particolare, garantisca la loro liquidità e solvibilità.
Premesso che il diniego di adesione di una BCC da parte del GBC deve essere comunicato e motivato alla stessa BCC dopo essere stato autorizzato dalla Banca d’Italia, parrebbe evidente che la partecipazione al Fondo temporaneo, qualora fossero risolti positivamente i dubbi sugli “aiuti di Stato” di cui sopra, garantirebbe l’adesione automatica al GBC a quelle BCC che non avevano originariamente (cioè in sede di costituzione) aderito al GBC.
Sembrerebbe parimenti garantita l’adesione automatica al GBC di quelle BCC che abbiano in precedenza costituito un sottogruppo territoriale nel quale le stesse si siano impegnate contrattualmente a tutelare tutte le BCC facenti parte del sottogruppo stesso. In questo caso, trattandosi di tutela attuata nell’ambito nel medesimo sottogruppo non dovrebbero ravvisarsi neppure i rischi legati ai c.d. “aiuti di Stato”.
In definitiva, non vi è dubbio che il legislatore, pur avendo immaginato i sottogruppi ad uso prevalente di realtà cooperative molto strutturate e diversificate[30], abbia voluto privilegiare ed incentivare soluzioni a tutela della solidità, liquidità e solvibilità delle BCC nella delicata fase di costituzione del GBC (specie per quelle che potrebbero trovarsi in difficoltà nel breve termine), chiedendo, nel contempo, un’assunzione di responsabilità a quelle federazioni regionali che volessero “trasformarsi” in sottogruppi territoriali attraverso l’assunzione della forma di banche società per azioni, soggette, cioè, all’attività di vigilanza di Banca d’Italia al pari delle BCC.
In assenza di una “trasformazione” in banca s.p.a., ben difficilmente le federazioni regionali potranno assumere un ruolo diverso da quello di pura consulenza, al pari di tante altre società di consulenza operanti nel mercato.
Conseguentemente, in assenza di un’espressa volontà di “trasformazione” le risorse operanti nelle federazioni regionali (ed in quella nazionale), soprattutto quelle valide e con maggiori esperienze, potrebbero risultare oggetto di richiesta da parte della capogruppo, delle singole BCC e, soprattutto, degli eventuali sottogruppi territoriali che dovessero formarsi. Questi ultimi, anche in presenza di eventuali disposizioni attuative che dovessero essere emanate (dal MEF e dalla Banca d’Italia) e che dovessero allungarne i tempi di costituzione, potrebbero organizzarsi temporaneamente in associazioni finalizzate alla successiva costituzione del sottogruppo territoriale ed operando, nel frattempo, come soggetti a tutela di tutte le BCC aderenti, acquisendo, per effetto di quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 2, dell’art. 2, il diritto definitivo di adesione al GBC che riterrà più adeguato (prima ancora che il GBC venga costituito)[31].
5. Il procedimento di costituzione del gruppo bancario cooperativo
Il processo di costituzione del GBC è disciplinato dall’art. 37-ter del TUB e dai commi 1 e 2 dell’art. 2 del d.l. n. 18/2016 rubricato “Disposizioni attuative”.
La banca s.p.a. che intende candidarsi ad assumere il ruolo di capogruppo di un GBC deve inviare alla Banca d’Italia, entro 18 mesi dall’entrata in vigore delle disposizioni attuative che saranno emanate dal MEF e da Banca d’Italia, una comunicazione contenente a) lo schema del contratto di coesione conforme a quanto stabilito dall’art. 37-bis, comma 3, del TUB e a quanto previsto nel decreto attuativo che sarà emesso dalla stessa Banca d’Italia ai sensi dell’art. 37-bis, comma 7-bis, del TUB e b) l’elenco delle BCC e delle altre società che intendono aderire al GBC[32].
Il tenore letterale del comma 1, dell’art. 2, del d.l. convertito in legge, con il quale si fissa il termine di 18 mesi per l’invio della comunicazione all’organo di vigilanza e che decorre dall’entrata in vigore delle disposizioni emanate ai sensi dell’art. 37-bis, commi 7 e 7 bis, sembrerebbe eliminare ogni dubbio circa l’obbligatorietà di pubblicazione del decreto anche da parte del MEF[33].
In effetti, ad una prima lettura dei nuovi commi 7 e 7-bis, dell’art. 37-bis, del TUB si potrebbe pensare che, mentre per la Banca d’Italia sussiste un obbligo di disporre in merito i) ai requisiti minimi organizzativi ed operativi della capogruppo, ii) al contenuto minimo del contratto di coesione, iii) alle caratteristiche della garanzia in solido, iv) al procedimento per la costituzione del gruppo e v) all’adesione al medesimo, il legislatore abbia lasciato al MEF la facoltà di decidere se intervenire con proprio decreto in merito i) al numero minimo delle BCC che devono costituire un GBC e ii) alla diversa soglia di partecipazione al capitale della capogruppo da parte delle BCC (che potrebbe essere ridotta per esigenze di stabilità del gruppo).
L’emanazione dei decreti attuativi da parte parte dei due organi citati diviene, dunque, fondamentale per la decorrenza del termine entro il quale costituire il o i GBC, al punto che non possono sussistere dubbi circa la necessità di attendere l’emanazione (presumibilmente entro il mese di settembre 2016) di entrambi i provvedimenti.
Ricevuta la comunicazione inviata dalla candidata capogruppo, la Banca d’Italia, immaginando che venga utilizzato l’intero termine dei 18 mesi a disposizione, accerta la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 37-bis (indicativamente) successivamente al mese di aprile 2018.
In verità il comma 2 dell’art. 37-ter sembra dimenticare quanto disposto dal nuovo comma 7-bis dell’art. 37-bis, giacché si limita a prevedere, oltre all’accertamento del grado di adeguatezza patrimoniale e finanziaria del gruppo, l’idoneità del contratto di coesione a consentire la sana e prudente gestione, senza cioè richiamare i concetti di competitività e di efficienza[34].
Il mancato richiamo di tali ultimi criteri sembrerebbe attribuirsi ad un difetto di coordinamento tra il comma 2 dell’art. 37-ter, rimasto invariato, e la modifica apportata dalla Camera in sede refente al d.l. n. 18/2016 che ha visto l’introduzione del comma 7-bis, con il quale sono stati attribuiti all’organo di vigilanza gran parte dei poteri dispositivi in origine facenti capo al MEF. Ragioni di ordine logico e sistematico inducono, tuttavia, a ritenere corretta l’interpretazione estensiva che demanda alla Banca d’Italia l’accertamento di tutte le condizioni previste dall’art. 37-bis, in particolare dell’idoneità del contratto di coesione a consentire, oltre alla sana e prudente gestione, anche l’efficienza e la competitività del gruppo.
Eseguito l’accertamento (positivo) da parte di Bankitalia e successivamente comunicato alla candidata capogruppo, il contratto di coesione con le BCC che intendono aderire deve essere stipulato entro 90 giorni dalla data di accertamento. Nello stesso termine di 90 giorni le medesime BCC e la capogruppo provvedono alle modifiche statutarie richieste per la partecipazione al GBC, senza applicazione delle norme sul recesso espressamente escluse[35].
Ipotizzando di continuare ad utilizzare il termine massimo concesso dalla novella normativa ed immaginando che l’organo di vigilanza esegua l’accertamento in meno di 60 giorni (ad esempio entro giugno 2018), si potrebbe fissare al mese di settembre 2018 la stipula del contratto di coesione tra la capogruppo e le BCC che avevano manifestato, sin dall’origine, l’intenzione di aderire al gruppo.
Terminata la sottoscrizione del contratto di coesione da parte delle aderenti BCC originarie ed effettuate le necessarie modifiche statutarie, il contratto viene trasmesso (dalla capogruppo) alla Banca d’Italia che provvede all’iscrizione del GBC nell’albo dei gruppi e, successivamente, esegue (presumibilmente entro il mese successivo, ossia entro il mese di ottobre 2018) l’iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 2497-bis, secondo comma, del codice civile[36].
Nel termine di 90 giorni dall’iscrizione del GBC nel registro delle imprese, qualsiasi BCC può chiedere di aderire al gruppo alle medesime condizioni previste per gli aderenti originari[37]. L’organo amministrativo della capogruppo, sentito l’organo di controllo, comunica alla BCC richiedente la deliberazione assunta entro 30 giorni dal ricevimento della domanda di adesione. In caso di mancata risposta nel termine previsto la domanda si ha per accolta.
La norma in commento, pur riferendosi esclusivamente alle BCC, tenuto conto anche del generico richiamo alla banca in caso di comunicazione del diniego da parte della capogruppo[38], dovrebbe ritenersi applicabile anche alle altre società e agli eventuali sottogruppi (costituiti sotto forma di banca s.p.a.) che abbiano svolto funzioni di tutela nei confronti di tutte le parti aderenti sino al momento dell’adesione del sottogruppo al GBC, garantendo così il diritto all’adesione al gruppo a tutte quelle BCC che non hanno partecipato alla costituzione del GBC.
Continuando con la ricostruzione temporale iniziata con la pubblicazione dei due decreti attuativi, si può immaginare che il completamento della costituzione del GBC, con l’adesione da parte delle altre BCC, delle altre società e degli eventuali sottogruppi territoriali, potrà avvenire, verosimilmente, nel corso dei primi mesi del 2019.
Da ultimo, va segnalata anche la possibilità, cui si è fatto cenno, che la capogruppo neghi l’adesione al GBC, ipotesi verificabile solo in assenza di partecipazione ad un accordo di responsabilità contrattuale (Fondo temporaneo, sottogruppo territoriale, associazione di tutela, ecc.) e secondo criteri non discriminatori il linea con il principio di solidarietà tra BCC[39].
In ogni modo, qualora si verificasse tale fattispecie, il diniego dell’adesione, la decisione e le motivazioni, assunte nel rispetto di quanto previsto dall’art. 37-bis, comma 3, lett. d), del TUB sono comunicate dalla capogruppo alla banca richiedente e alla Banca d’Italia che dovrà autorizzare tale diniego (così come per l’adesione, il recesso e l’esclusione)[40].
[1] La nuova legge disciplina anche la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio.
[2] Cfr. F. Capriglione, Approvata la legge di conversione del d.l. n. 18/2016. Un’opzione normativa poco convincente, in Rivista di Diritto Bancario, 11 aprile 2016, in http://www.dirittobancario.it/rubriche/francesco-capriglione/approvata-la-legge-di-conversione-del-dl-n-182016-un-opzione-normativa-poco-convincente, nonchè da G. Santorsola, Considerazioni non giuridiche sulla riforma del Credito Cooperativo, in Rivista di Diritto Bancario, 15 febbraio 2016, in http://www.dirittobancario.it/rubriche/giuseppe-g-santorsola/considerazioni-non-giuridiche-sulla-riforma-del-credito-cooperativo.
In precedenza anche la Banca d’Italia, per mezzo di C. Barbagallo, Capo del Dipartimento di Vigilanza Bancaria e Finanziaria, in audizione presso le Commissioni riunite di Camera e Senato il 15 ottobre 2015 su Seminario istituzionale sulle tematiche relative alla riforma del settore delle banche di credito cooperativo, aveva espressamente affermato che la soglia di capitale della capogruppo non doveva essere talmente elevata da poter essere raggiunta agevolmente solo da un gruppo perché ciò avrebbe costituito una barriera all’entrata la cui coerenza con il dettato costituzionale andrebbe valutata attentamente; l’intero documento in https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2015/Barbagallo-151015.pdf.
[3] In tal senso si sono già espressi più volte dubbi di illegittimità costituzionale in S. Palombini e M. Bindelli, in http://formiche.net/2016/03/22/riforma-bcc-parlamento-pd-governo/.
[4] Per contro, la disciplina del sottogruppo territoriale, del quale si dirà ampiamente nel prosieguo, benché di interesse di tutte le BCC, ad una prima sommaria lettura della norma sembrerebbe pensata appositamente per la provincia di Trento.
[5] Cfr. art. 37-bis comma 2 del TUB.
[6] Cfr. art. 22, comma 1, del TUB.
[7] Sulla possibilità di esercitare attività di direzione e coordinamento in base a contratto si rinvia all’art. 2497-septies del codice civile e all’art. 25, comma 1, del TUB.
[8] I soci della capogruppo, ed in particolare le BCC aderenti al gruppo, non possono trovarsi nella situazione di controllare la capogruppo ai sensi dell’art. 2359, commi primo e secondo, del codice civile, trattandosi, tra l’altro, di norma espressamente richiamata dall’art. 23, comma 1, del TUB (nozione di controllo).
[9] Di particolare interesse si segnala segnala A. Rosa, Patti parasociali e gestione delle banche, in collana della Rivista delle Società a cura di Guido Rossi, Giuffrè Editore.
[10] Ci si riferisce specificamente all’art. 2341-bis, comma primo, lett. c), del codice civile.
[11] Per effetto della modifica introdotta dalla Camera in sede referente, il comma 6 dell’art. 37-bis prevede espressamente la non applicazione degli artt. 2359-bis, 2359-ter, 2359-quater e 2359-quinquies del codice civile.
[12] Così A. Tencati, Riforma delle BCC e gruppi bancari, Key Editore, 17 febbraio 2016, p. 4, in
http://www.personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=49178&catid=161&Itemid=408&mese=02&anno=2016, il quale riprende G. Sbisà, Controllo contrattuale esterno, direzione unitaria e abuso di dipendenza economica, in CI, 2015, p. 815.
Per ulteriori riferimenti bibliografici sul contratto di dominio vds. M. Gaeta, Il regolamento dei gruppi e la vincolatività delle istruzioni della capogruppo, in Rivista di Diritto Bancario, maggio 2007, in http://www.dirittobancario.it/rivista/corporate-governance/regolamento-gruppi-e-vincolativita-delle-istruzioni-della-capogruppo e Studio del Notariato n. 248-2009/I, Autonomia privata e gruppi di imprese (Contratto di “coordinamento gerarchico”, “contratti di servizio” infragruppo e clausole statutarie come strumenti di disciplina dell’attività di direzione e coordinamento), Approvato dalla Commissione Studi d’Impresa il 19 novembre 2009, in http://www.notariato.it/sites/default/files/248I.pdf.
[13] In Germania il contratto di dominio, denominato Beherrschungsvertrag, è previsto nei §§ 291 ss. della legge azionaria tedesca (Aktiengesetz) ai quali si rinvia per eventuali approfondimenti.
[14] Cfr. art. 37-bis, comma 3.
[15] Il comma 7-bis dell’art. 37-bis del TUB è stato introdotto in occasione della discussione parlamentare, specificamente dalla Camera in sede referente.
[16] Circa la necessità di risolvere con la riforma i reali problemi del credito cooperativo riconducibili a governance, efficienza ed innovazione/competitività, si segnala M. Bindelli: http://www.wallstreetitalia.com/opinioni/riforma-bcc-meglio-costituzione-di-piu-gruppi-in-luogo-di-ununica-holding/ ed in http://formiche.net/2016/02/01/ecco-la-migliore-riforma-delle-bcc/.
[17] Cfr. art. 37-bis, comma 7, lett. c), dell’originario decreto-legge 14 febbraio 2016 n. 18.
[18] Cfr. art. 37-bis, comma 7-bis, del decreto-legge 14 febbraio 2016 n. 18 modificato dalla legge 8 aprile 2016 n. 49.
[19] Così A. Patroni Griffi, Commento all’art.19, in AA.VV., Commento al D.Lgs. 1 settembre 1993, n.385, Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di F.Belli, G.Contento, M.Porzio, V.Santoro, Bologna, 2003.
[20] Così M. De Lorenzo, in Commentario t.u.f., Rabitti Bedogni, Milano, 1998, p. 75 e ss.
[21] Per approfondimenti sul tema dell’innovazione (competitiva) si rinvia al pensiero dell’economista austriaco J. A. Schumpeter.
[22] L’art. 37-ter del TUB e l’art. 2 del d.l. n. 18/2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 49/2016, dettano la disciplina per la costituzione del GBC senza fare alcuna menzione agli eventuali sottogruppi territoriali.
[23] Sia il comma 7 che il comma 7-bis dell’art. 37-bis del TUB, riferiti rispettivamente al MEF e alla Banca d’Italia, non fanno alcuna menzione alla costituzione e alla dimensione dei sottogruppi territoriali.
[24] Per la costituzione delle banche società per azioni si applicano gli artt. 2325 e ss. del codice civile e, in particolare, le norme del TUB di cui agli artt. 14, 19 e 25 e quelle della Circolare Bankitalia n. 285 del 17 dicembre 2013, Titolo I, Capitolo 1.
[25] L’intervento dell’organo di vigilanza potrebbe, quanto meno, tenere conto delle norme di cui al Titolo III, Capo II, del TUB e del Titolo I, Capitolo 2, della Circolare Bankitalia n. 285 del 17 dicembre 2013.
[26] Vds. la precedente nota n. 11 cui si rinvia.
[27] La disciplina del Fondo temporaneo delle BCC, introdotta dalla Camera in sede referente, è contenuta nell’art. 2-bis del decreto-legge 14 febbraio 2016, convertito con modifiche dalla legge n. 49/2016.
[28] In tal senso si veda quanto già affermato in http://formiche.net/2016/04/01/riforma-bcc-parere-bce/.
[29] L’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 2 del d.l. n. 18/2016, convertito con modifiche dalla legge n. 49/2016, recita: “Nei casi di cui al presente comma, la richiesta di adesione a un gruppo bancario cooperativo si ha per accolta qualora la banca di credito cooperativo abbia in precedenza fatto parte di un accordo di responsabilità contrattuale che tuteli tutte le parti aderenti ed, in particolare, garantisca la loro liquidità e solvibilità.”.
[30] Ci si riferisce alla realtà trentina la quale vanta un’importante esperienza nel settore del credito cooperativo e che, avendo diverse banche che operano fuori provincia, non potrebbe accedere alle norme sulla costituzione dell’autonomo GBC previsto dal comma 1-bis dell’art. 37-bis del TUB. A tal proposito vds. anche la precedente nota n. 4.
[31] Per la precisione occorre ricordare che, probabilmente, l’associazione potrebbe essere esposta ai medesimi rischi sugli “aiuti di Stato” di cui si è detto per il Fondo temporaneo, almeno sino al momento della sua “conversione” in sottogruppo.
[32] La norma di cui all’art. 37-ter, comma 1, del TUB, nell’elencare la documentazione da inviare all’organo di vigilanza per la costituzione del GBC, sembrerebbe dimenticare gli eventuali sottogruppi territoriali; tale assunto dovrebbe confermare, ancora una volta, la possibilità di una loro costituzione disgiunta da quella della del GBC.
[33] Il comma 7 dell’art. 37-bis del TUB prevede che il MEF può stabilire con proprio decreto, sentita la Banca d’Italia, mentre il comma 7-bis stabilisce che la Banca d’Italia detta disposizioni.
[34] Il comma 2 dell’art. 37-ter del TUB recita: “La Banca d’Italia accerta la sussistenza delle condizioni previste ai sensi dell’art. 37-bis e, in particolare, il grado di adeguatezza patrimoniale e finanziaria del gruppo e l’idoneità del contratto a consentire la sana e prudente gestione del gruppo.”.
[35] Cfr. art. 37-ter, comma 3, del TUB e, in particolare, art. 2, comma 1, del d.l. n. 18/2016.
[36] Cfr. art. 37-ter, comma 4, del TUB.
[37] Cfr. art. 2, comma 2, primo periodo, del d.l. n. 18/2016.
[38] Cfr. art. 2, comma 2, penultimo capoverso, del d.l. n. 18/2016.
[39] Cfr. art. 37-bis, comma 3, lett. d), del TUB.
[40] Cfr. sempre art. 2, comma 2, penultimo capoverso, del d.l. n. 18/2016.