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La rinegoziazione dei mutui degli enti locali nel decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020 (c.d. Decreto Rilancio)

3 Giugno 2020

Filippo Brunetti e Marco Cerritelli, Chiomenti

Di cosa si parla in questo articolo

Sommario: Introduzione; 1. Le novità in materia di rinegoziazione dei mutui degli enti locali; 2. La disciplina speciale applicabile all’attuazione degli accordi di moratoria ABI; 3. Formalità documentali; 4. Garanzie a tutela del credito

 

Introduzione

In data 19 maggio 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020 (c.d. “Decreto Rilancio”, e di seguito, per brevità, il “Decreto”) che introduce, tra l’altro, diverse misure volte a dare immediato sollievo alle finanze degli enti locali, attenuando il peso degli oneri a loro carico dipendenti dal rimborso dei prestiti in essere.

Al riguardo, merita particolare attenzione l’articolo 113 (Rinegoziazione mutui enti locali. Semplificazione procedure di adesione) che prevede una speciale disciplina in materia di rinegoziazione dei mutui ed introduce talune significative semplificazioni procedurali e specifiche deroghe con riferimento all’applicazione di accordi di moratoria promossi dall’ABI.

Le disposizioni in commento appaiono quanto mai opportune al fine di proteggere la liquidità dell’Ente, posto che – a seguito del dispiegarsi degli effetti dell’emergenza COVID-19 – il sistema delle autonomie locali (al pari di altri importanti comparti dell’economia nazionale) si trova a dover fronteggiare contestualmente da un lato una prevedibile contrazione delle entrate proprie e dall’altro un aumento dei costi imprevisti e variamente connessi al contrasto della situazione emergenziale.

La norma in esame si prefigge lo scopo di perseguire obiettivi di semplificazione ed agevolazione finalizzati al tempestivo e più efficace funzionamento dell’ampio spettro di strumenti ad oggi approntati – sia per via legislativa che su base volontaria – per tutelare gli equilibri correnti dell’esercizio degli enti interessati. Tra questi si ricordano:

  1. la rinegoziazione per l’anno 2020 dei prestiti concessi agli Enti Locali dalla Cassa depositi e prestiti, disciplinata dalla Circolare n. 1300;
  2. la sospensione per l’anno 2020 del pagamento della quota capitale dei mutui contratti con le banche aderenti all’accordo quadro ABI-ANCI-UPI;
  3. la sospensione per l’anno 2020 della quota capitale dei c.d. “Mutui Mef”;

a sospensione, attivata dall’Istituto per il Credito Sportivo, della quota capitale delle rate dei mutui in scadenza nel 2020.

1. Le novità in materia di rinegoziazione dei mutui degli enti locali

In considerazione delle difficoltà determinate dall’attuale emergenza epidemiologica da virus COVID-19, l’articolo 113 (Rinegoziazione mutui enti locali. Semplificazione procedure di adesione) del Decreto Rilancio introduce significative misure volte a dare immediato sollievo alle finanze degli enti locali, attenuando il peso degli oneri a loro carico dipendenti dal rimborso dei prestiti in essere.

In particolare, il primo comma della norma in esame prevede che “gli enti locali possano effettuare operazioni di rinegoziazione o sospensione quota capitale di mutui e di altre forme di prestito contratto con le banche, gli intermediari finanziari e la Cassa depositi e prestiti”.

Tale facoltà, esercitabile quanto al profilo temporale nel corso dell’anno 2020, viene attribuita agli enti anche laddove gli stessi versino in fase di esercizio provvisorio di cui all’articolo 163 (Esercizio provvisorio e gestione provvisoria)[1] del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (“TUEL”). Pertanto, anche gli enti che non avessero approvato il bilancio di previsione 2020-2022[2] possono fare ricorso all’agevolazione.

L’ambito oggettivo è particolarmente ampio, comprendendo sia le operazioni di “rinegoziazione”[3] che quelle aventi ad oggetto la “sospensione” della quota capitale. Il perimetro della forma tecnica delle operazioni di credito è tuttavia limitato ai soli “mutui” ed alle “altre forme di prestito”.

Quanto all’ambito soggettivo, la norma si rivolge – con riferimento al lato passivo del rapporto obbligatorio – agli “enti locali” (i.e.: gli enti rientranti nell’ambito soggettivo di applicazione del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267) e – sul fronte del ceto creditorio – a “banche”, “intermediari finanziari” ed alla “Cassa depositi e prestiti”.

La disposizione introduce inoltre una apprezzabile misura di semplificazione procedurale, volta ad accelerare l’iter deliberativo degli Enti e a superare talune difficoltà di ordine pratico dipendenti dalla situazione emergenziale. In condizioni operative ordinarie, infatti, la competenza in materia di autorizzazione alla rinegoziazione di prestiti e mutui si considera riservata al consiglio ai sensi dell’articolo 42 (Attribuzioni dei consigli) del TUEL[4]. In deroga a tale previsione, l’articolo 113 del Decreto consente agli enti di aderire a qualsivoglia operazione di rinegoziazione e/o accordo di moratoria mediante deliberazione dell’organo esecutivo[5].

Alle semplificazioni di ordine strutturale (l’assenza di effetti preclusivi dipendenti dall’esercizio provvisorio) e procedimentale (attraverso la deroga alle competenze consiliari) la norma accompagna comunque una (ragionevole) condizione. Resta infatti fermo l’obbligo di provvedere alle iscrizioni in bilancio. Sotto il profilo tecnico, tale adempimento potrà essere disposto in sede di approvazione del bilancio, nel caso in cui questa intervenga successivamente all’operazione di rinegoziazione, o attraverso variazione di bilancio, per gli enti che dovessero aver già deliberato il bilancio di previsione.

2. La disciplina speciale applicabile all’attuazione degli accordi di moratoria ABI

Il secondo comma dell’articolo 113 del Decreto è dedicato ad agevolare l’attuazione degli accordi inter-associativi finalizzati a promuovere la sospensione per l’anno 2020 del pagamento della quota capitale dei mutui in essere, con conseguente modifica del relativo piano di ammortamento. Questo effetto viene perseguito introducendo una disciplina speciale recante importanti deroghe alla cornice normativa.

Il riferimento (implicito) è all’accordo-quadro perfezionato il 6 aprile scorso tra ABI, ANCI ed UPI[6] volto a stimolare le banche a mettere a disposizione strumenti idonei ad attenuare il peso dell’onere debitorio a carico degli enti locali attraverso la sospensione del pagamento della quota capitale delle rate dei mutui in scadenza nell’anno 2020, con estensione di un anno della durata del piano di ammortamento originario. La durata complessiva del mutuo non potrà comunque risultare superiore a 30 anni e non vengono sostanzialmente modificate le condizioni economiche contrattualmente stabilite. Il tasso di interesse che regola l’operazione di sospensione resta quello originariamente pattuito e gli interessi maturati nel periodo di sospensione dovranno essere corrisposti alla banca finanziatrice alle scadenze previste.

L’accordo-quadro ha natura volontaria e, alla data del 25 maggio 2020, risultano avervi formalmente aderito 89 banche[7]. Trattandosi di adesione di tipo volontaristico, le banche possono offrire condizioni migliorative rispetto a quelle previste dall’accordo-quadro medesimo[8], nonché modalità e soluzioni operative aventi effetti equivalenti. L’accordo-quadro contempla altresì agevolazioni di natura economica, prevedendo che ai fini della esecuzione della sospensione non sia prevista l’applicazione di commissioni a carico dell’Ente. Quanto precede al netto degli oneri relativi agli atti connessi all’operazione che restano a carico degli enti beneficiari richiedenti l’agevolazione[9].

L’intento, sicuramente meritorio, rischiava tuttavia di essere frustrato dal particolare rigore caratterizzante la cornice normativa che regola il ricorso all’indebitamento da parte degli enti locali e che mal si coniugava con il dispiegarsi delle soluzioni tecniche ipotizzate.

In considerazione di quanto precede, attraverso il disposto del comma secondo dell’articolo 113 del Decreto il Legislatore ha sostanzialmente recepito alcune specifiche istanze di semplificazione formulate da parte dell’ABI e dell’ANCI con l’obiettivo di dare più ampia ed agevole diffusione allo strumento della sospensione.

Sotto il piano pratico, tale effetto viene perseguito disponendo che in caso di adesione ad accordi promossi dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e dalle associazioni degli enti locali, che prevedano la sospensione delle quote capitale della rate di ammortamento in scadenza nell’anno 2020 dei finanziamenti in essere, con conseguente modifica del relativo piano di ammortamento, detti accordi di moratoria possano avvenire anche in deroga all’articolo 204, comma 2, del TUEL e all’articolo 41, commi 2 e 2-bis, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, fermo restando il pagamento delle quote interessi alle scadenze contrattualmente previste.

Le novità sono di assoluto rilievo, e meritano pertanto di essere distintamente approfondite.

3. Formalità documentali

3.1. Forma scritta e possibilità di utilizzo dello scambio di corrispondenza

Particolare rilevanza pratica, come accennato, deve essere attribuita alla espressa deroga che l’articolo 113 del Decreto dispone in relazione ai vincoli dettati ai sensi dell’articolo 204 (Regole particolari per l’assunzione di mutui), comma 2 del TUEL. Come noto, quest’ultimo prevede che i contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, e dall’Istituto per il Credito Sportivo, debbano, a pena di nullità: (a) essere stipulati in forma pubblica; e (b) contenere di necessità determinate clausole e condizioni[10]. Queste ultime prevedono, ad esempio, che la rata di ammortamento debba essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi, disposizione evidentemente difficilmente conciliabile con la spirito dell’Accordo-Quadro.

Ne consegue, in questa prospettiva, che possono venire in rilievo, inter alia, gli artt. 17 del RD n. 2440/1923 e 101 del RD n. 827/1924 che, ferma la necessità della forma scritta ad substantiam, prevedono la possibilità di formalizzazione di contratti anche per scambio di corrispondenza qualora la pubblica amministrazione contratti con “ditte commerciali” (nozione nella quale rientrano anche le Banche).

In relazione all’interpretazione ed applicazione di tale disposizione si è formata ampia giurisprudenza secondo cui anche per la Pubblica Amministrazione è consentita la conclusione di contratti a distanza, a mezzo di corrispondenza, nella forma di scambio di proposta e accettazione tra assenti. In tale caso il requisito di forma scritta ad substantiam è soddisfatto in caso di cd. elaborazione comune del testo contrattuale, e cioè mediante la sottoscrizione di un unico documento contrattuale il cui contenuto sia stato concordato dalle parti, anche laddove la sottoscrizione di tale unico documento non sia contemporanea ma avvenga in tempi e luoghi diversi [11].

Allo stesso modo anche l’art. 117 del TUB prevede la forma scritta ad substantiam laddove al comma 1 stabilisce che: “I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare e’ consegnato ai clienti”[12].

Quanto alla disciplina dei contratti pubblici in generale, l’art. 32, comma 14, del d.lgs 50/2016 prevede che: “Il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante della stazione appaltante o mediante scrittura privata”.

Dal complesso delle disposizioni ora richiamate si evince la possibilità di stipula degli accordi di moratoria mediante scambio di corrispondenza per la “sottoscrizione di un unico documento contrattuale il cui contenuto sia stato concordato dalle parti” atteso che tale modalità rispetta i requisiti di forma (scritta) richieste dal complesso delle normative di riferimento.

In conclusione, è evidente che, alla luce del vigente quadro normativo solo per la stipula in forma pubblico amministrativa dei contratti della P.A. rimane l’obbligo della contestualità (fisica e temporale) dei soggetti sottoscrittori, mentre nello scambio di corrispondenza secondo gli usi non sussiste un obbligo di compresenza o contestualità delle sottoscrizioni potendosi utilizzare strumenti elettronici (firma digitale e posta elettronica certificata) nel rispetto delle vigenti regole tecniche (D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82).

3.2. La deroga all’art. 41, commi 2 e 2 bis, della legge 28 dicembre 2001, n. 448

Altre disposizioni opportunamente derogate da parte dell’articolo 113 del Decreto sono quelle dettate dall’articolo 41, commi 2 e 2-bis, della legge 28 dicembre 2001, n. 448. In forza di tali previsioni, gli enti locali sono facoltizzati in via ordinaria a provvedere alla rinegoziazione dei mutui, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi.[13]

Quale conseguenza pratica della deroga, le parti coinvolte (ente interessato e banca finanziatrice) possono legittimante porre in essere l’operazione di sospensione attenuando le formalità connesse alla stipulazione dell’atto volto a formalizzare il nuovo regolamento del rapporto creditizio ed il relativo piano di ammortamento. Per l’effetto, risultano allontanati alcuni dubbi interpretativi inizialmente sollevati in ordine alla decorrenza ed agli elementi di cui si compone la (nuova) rata. Infine, l’Ente ha facoltà di procedere alla sospensione senza dover indugiare sulle valutazioni formali in ordine alla convenienza dell’operazione altrimenti necessarie ai sensi dell’articolo 41, commi 2 e 2-bis, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

4. Garanzie a tutela del credito

Infine, quale misura di ulteriore agevolazione, il secondo comma dell’articolo 113 del Decreto prevede che le operazioni di sospensione non comportano il rilascio di nuove garanzie, precisando altresì che le garanzie costituite in sede di perfezionamento del rapporto originario sono automaticamente prorogate al fine di recepire la modifica del piano di ammortamento.

Viene così ipotizzata una eterointegrazione precettiva (art. 1339 cod. civ.) delle delegazioni di pagamento notificate al tesoriere a garanzia del tempestivo adempimento delle obbligazioni restitutorie assunte dall’ente locale con la stipula del mutuo.

Il riferimento è alle delegazioni di pagamento di cui all’art. 206 del D.lgs 267/2000 rilasciate dall’ente a garanzia del rimborso del debito e che costituiscono titolo esecutivo nei confronti del (solo) ente locale[14].

Al riguardo può essere utile ricordare che il DM 30 agosto 2019, recante: “Rinegoziazione dei mutui di competenza del MEF, in attuazione dell’articolo 1, comma 963, della legge 30 dicembre 2018, n. 145” all’art. 3, comma 2, prevede(va) che “le delegazioni di pagamento rilasciate dagli enti mutuatari a garanzia dei mutui oggetto di rinegoziazione restano valide a tutti gli effetti di legge anche successivamente alla rinegoziazione, nei limiti degli importi delle rate di ammortamento da corrispondere da parte di detti enti sulla base del nuovo piano di ammortamento”.

Una medesima soluzione operativa è ora dunque recepita anche dall’art. 113 del Decreto.

Sul punto può essere utile ricordare che la soluzione operativa prescelta dall’art. 113 del Decreto si fonda sul presupposto che la delegazione di pagamento rilasciata dall’ente è espressiva di volontà negoziale e non di volontà provvedimentale dell’ amministrazione, in quanto riverbera i suoi effetti esclusivamente nell’ambito dei rapporti contrattuali inter partes; essa ha carattere consustanziale e servente, rispetto ai negozi assistiti secondo la tipica natura accessoria che connota il negozio strumentale (nella specie di garanzia impropria).

Più in dettaglio, il rilascio della delegazione di pagamento configura un negozio posto in essere con la capacità di diritto privato ed avente funzione causale di garanzia sui generis ( in particolare, la causa di garanzia è assicurata dall’adozione normativa di un modello – costituente in ambito privatistico una delle tante modalità di estinzione di una obbligazione pecuniaria- in cui la posizione del creditore è tutelata a mezzo della dissociazione del soggetto debitore rispetto a quello istituzionalmente deputato ad eseguire i pagamenti per conto del primo, dal vincolo sulle somme destinate alla soddisfazione del credito nonché dal mandato di pagamento rilasciato in via preventiva ed a mezzo di notifica formale al soggetto pagatore)[15]. In tale prospettiva si giustifica, dunque, la previsione secondo cui non risulta strettamente necessario il rilascio di nuove garanzie in quanto quelle già rilasciate sono “automaticamente prorogate al fine di recepire la modifica del piano di ammortamento”.

 


[1] L’articolo 163 del TUEL disciplina l’esercizio provvisorio e la gestione provvisoria nel caso in cui il bilancio di previsione non sia approvato entro il 31 dicembre dell’anno precedente. Come regola di ordine generale, nel corso dell’esercizio provvisorio o della gestione provvisoria, gli enti gestiscono gli stanziamenti di competenza previsti nell’ultimo bilancio approvato per l’esercizio cui si riferisce la gestione o l’esercizio provvisorio, ed effettuano i pagamenti entro i limiti determinati dalla somma dei residui al 31 dicembre dell’anno precedente e degli stanziamenti di competenza al netto del fondo pluriennale vincolato.

[2] La cui scadenza è stata attualmente prorogata al 31 luglio 2020.

[3] In generale sulla rinegoziazione dei mutui degli Enti Locali cfr Ministero dell’Interno – Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli Enti Locali, “Atto di indirizzo ex art. 154, comma 2, del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. estinzione anticipata dei mutui e riduzione degli oneri del servizio del debito per gli enti localiconsultabile al link https://dait.interno.gov.it/documenti/atto_di_indirizzo_estinzione_anticipata_mutui_definitivo.pdf

[4] Cfr. art. 42 (Attribuzioni dei consigli) del TUEL, comma secondo, lettera (h), a mente del quale compete al Consiglio “contrazione di mutui e aperture di credito non previste espressamente in atti fondamentali del consiglio ed emissioni di prestiti obbligazionari;”. Si consideri che già in applicazione del decreto del 30 agosto 2019, che definiva le modalità con cui Comuni, Province e Città Metropolitane avrebbero potuto rinegoziare alcune tipologie di mutuo accesi con la Cassa depositi e prestiti, in attuazione dell’articolo 1, commi 961 e seguenti, della legge 145/2018 (legge di bilancio 2019), si è ritenuto che tale rinegoziazione non rientrasse nella competenza del Consiglio Comunale in considerazione del fatto che l’operazione di riduzione del tasso di interesse applicato non comporta né un allungamento della durata del debito, né una variazione delle condizioni originarie dei prestiti e dunque rientra tra le attività di natura gestionale di competenza dirigenziale.

[5] Da individuarsi, quanto ai Comuni, nella “giunta comunale”.

[6] Per consultazione, cfr. https://www.abi.it/DOC_Info/Accordi%20e%20convenzioni%20Covid/accordo_mutui%20enti%20locali%20con%20firme.pdf

[7] Per l’elenco completo, cfr. https://www.abi.it/DOC_Info/Accordi%20e%20convenzioni%20Covid/lista%20banche.pdf

[8] Cfr. Articolo 4 (Condizioni e modalità di Sospensione) dell’Accordo Quadro.

[9] Cfr. articolo 6 (Ulteriori condizioni di realizzazione della Sospensione) dell’Accordo-Quadro.

[10] Segnatamente: (i) l’ammortamento non può avere durata inferiore ai cinque anni; (ii) la decorrenza dell’ammortamento deve essere fissata al 1° gennaio dell’anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell’ammortamento può essere posticipata al 1° luglio seguente o al 1° gennaio dell’anno successivo e, per i contratti stipulati nel primo semestre dell’anno, può essere anticipata al 1° luglio dello stesso anno; (iii) la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi; (iv) unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell’ammortamento e sino alla scadenza della prima rata. Qualora l’ammortamento del mutuo decorra dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento sono calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data di valuta della somministrazione al 31 dicembre successivo e dovranno essere versati dall’ente mutuatario con la medesima valuta 31 dicembre successivo; (v) deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell’investimento, dato atto dell’intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti; (vi) deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro dell’economia e delle finanze con proprio decreto

[11] Per ragioni di sintesi appare sufficiente richiamare i principi desumibili dalle citate disposizioni per come interpretate ed applicate dalla Corte di Cassazione (cfr, ex multis, Cass. Civ. sez. III, 17/06/2016, n.12540) secondo cui: “I contratti conclusi dalla pubblica amministrazione richiedono la forma scritta “ad substantiam” e devono inoltre di regola essere consacrati in un unico documento, ad eccezione dell’ipotesi eccezionale di contratti conclusi con ditte commerciali, prevista dall’art. 17 del r.d. n. 2440 del 1923, in cui è ammessa la conclusione a distanza, a mezzo di corrispondenza, nella forma di scambio di proposta e accettazione tra assenti: tale requisito di forma è dunque soddisfatto in caso di cd. elaborazione comune del testo contrattuale, e cioè mediante la sottoscrizione di un unico documento contrattuale il cui contenuto sia stato concordato dalle parti, anche laddove la sottoscrizione di tale unico documento non sia contemporanea ma avvenga in tempi e luoghi diversi”.

[12] Al riguardo la giurisprudenza ritiene che nei contratti bancari è sufficiente che il contratto sia redatto per iscritto, che una copia sia consegnata al cliente e vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, potendo il consenso della banca desumersi alla stregua dei comportamenti concludenti (cfr Tribunale Parma, 24/02/2020, n.153; Cassazione civile sez. I, 06/06/2018, n.14646; Cassazione civile sez. I, 29/11/2018, n.30885).

[13] Questo al netto delle commissioni e dell’eventuale retrocessione del gettito dell’imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti riscossa dalle banche ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 239 del 1996.

[14] MONACO, «Delegazione di pagamento», in NN.D.I., IV, Torino, 1960, 356 , fornisce una ricostruzione “storica” della delegazione di pagamento “pubblicistica”, a partire dall’istituto allora disciplinato dall’art. 94 del TU finanza locale, approvato con il R.D. 14 settembre 1931, n. 1775 relativo alle delegazioni di pagamento che l’ente locale poteva emettere a garanzia di contratti di mutuo e notificare al proprio agente della riscossione Nello scritto in questione si sottolinea che in quel regime i delegati dovevano espressamente accettare la delegazione (cfr. pag. 359, prima colonna, ultimo periodo) e potevano essere delegati gli agenti della riscossione “i quali in conseguenza dell’avvenuta delegazione sono tenuti a versare i cespiti riscossi al delegatario anziché al delegante” ed anche gli esattori comunali, etc., nonché il tesoriere dello Stato, incaricato del servizio di tesoreria (cfr. pag. 358, prima colonna, lett. D) e si chiarisce anche che: “Una volta accertato che l’agente della riscossione non assume alcuna obbligazione nei confronti del delegatario, ma si limita ad adempiere alla sua obbligazione nei confronti del delegante, pagando, per ordine di quest’ultimo, al delegatario, non si spiegherebbe l’esistenza di un’azione diretta del delegatario nei confronti del delegato in caso d’inadempimento. Ma l’apparente anomalia si giustifica, ove si consideri che la delegazione di pagamento ha un suo particolare effetto: quello di attuare una vera e propria surrogazione legale del delegatario al delegante nell’esercizio dell’azione a quest’ultimo spettante nei confronti dell’agente delegato. Abbiamo visto infatti nelle pagine precedenti che il delegatario può svolgere la stessa procedura speciale e sommaria di esecuzione sulla cauzione che viene normalmente posta in essere dall’ente pubblico a carico dell’agente che non provvede al puntuale versamento dei cespiti a lui dati in carico per la riscossione” (pag. 361, fine seconda colonna e 362 inizio prima colonna). A ben vedere, quindi, la delegazione di pagamento non ha mai storicamente determinato obbligazione autonoma del delegato nei confronti del delegatario o costituito titolo esecutivo nei confronti del tesoriere delegato e non già del Comune.

[15] Cfr TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 20 gennaio 2007, n. 53.

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