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Approfondimenti

La Russian roulette clause come strumento per superare le ipotesi di dead-lock tra i soci

10 Aprile 2018

Avv. Matteo Marciano, Associate, Dott. Alessandro Passanisi, Associate, La Scala Società Tra Avvocati

Tribunale di Roma, 19 ottobre 2017, n. 19708 – Pres. Cardinali, Rel. Romano

Talvolta, durante la “vita” di una società, tanto la pluralità di soggetti quanto la presenza di diversi livelli di deliberazione possono portare a situazioni di stallo decisionale (dead-lock).

Quando si parla di stallo decisionale, si è soliti riferirsi a quel fenomeno in forza del quale l’attività della società si paralizza. Tradizionalmente lo stallo decisionale è causato da dissidi tra i soci o dal disinteresse di alcuni di questi verso l’attività d’impresa; situazioni queste che, se protratte nel tempo, possono portare all’impossibilità di funzionamento dell’assemblea con il conseguente scioglimento della società.

Al fine di poter superare tali situazioni di impasse, è sempre più usuale prevedere dei meccanismi che mirano alla risoluzione di tali circostanze di stallo.

È possibile, in prima battuta, tracciare una linea di demarcazione tra le due grandi categorie generali nelle quali detti meccanismi possono suddividersi:

  1. meccanismi che mirano a mantenere in vita la società.
  2. meccanismi che mirano allo scioglimento della società.

Tralasciando, in questo contesto, un’analisi dei secondi, si farà particolare attenzione ad una tipologia di clausola – appartenete alla tipologia di meccanismi di cui al punto a) – che sempre più frequentemente viene prevista all’interno dei patti parasociali che regolano i rapporti tra soci. Si tratta della clausola della c.d. roulette russa (russian roulette clause) la quale, come meglio si vedrà nel proseguo della trattazione, è stata recentemente oggetto dell’importante sentenza del Tribunale di Roma, n. 19708 del 19 ottobre 2017.

Per effetto della clausola della roulette russa, in caso di dead-lock un socio – ai sensi dell’art. 1285 c.c. – assume irrevocabilmente l’obbligazione alternativa di vendere o di acquistare la partecipazione dell’altro socio.

Più nello specifico, il socio offerente dovrà comunicare la propria valutazione – in termini economici – dell’intero capitale sociale che potrà valere alternativamente come (i) offerta irrevocabile di acquisto delle partecipazioni dell’altro socio, ovvero (ii) offerta irrevocabile di vendita delle proprie partecipazioni. A questo punto il socio ricevente avrà la facoltà di aderire ad una delle due proposte, alternative tra loro.

Il prezzo di acquisto della partecipazione deve essere proporzionalmente calcolato sulla base della valutazione dell’intero patrimonio sociale comunicata dal socio offerente. Pertanto, la clausola garantisce una commisurazione equa del prezzo in quanto il socio offerente – che, lo si ribadisce, determina il prezzo dell’intero capitale – potrà trovarsi, a seconda della scelta effettuata dal socio ricevente, nelle vesti di acquirente (ed in questo caso una valutazione al di sotto dei valori reali potrebbe effettivamente giovargli) ovvero in quella di venditore e in tal caso la predetta valutazione risulterebbe a lui oltremodo svantaggiosa.

Proprio la clausola della roulette russa (contenuta all’interno di un patto parasociale e stipulata, nel caso di specie, tra due soci paritari di una S.p.A.), come anticipato precedentemente, è stata oggetto di analisi ed approfondimento della suddetta sentenza del Tribunale di Roma.

In detta pronuncia i Giudici romani hanno diretto una coerente e lineare analisi di tutte le contestazioni mosse alla clausola in esame, opponendosi ed argomentando su ognuna di esse, fino ad arrivare alla promozione di detta clausola come valida ed efficace.

Sintetizzando, i punti affrontati possono così elencarsi:

  1. meritevolezza degli interessi perseguiti dalla clausola della roulette russa;
  2. invocata nullità della clausola per vizio dell’oggetto rimesso al mero arbitrio di una delle parti;
  3. invocata nullità della clausola per l’assenza di un meccanismo di equa valorizzazione della partecipazione;
  4. invocata nullità della clausola per violazione del patto leonino;
  5. invocata nullità della clausola per violazione dell’art. 2341 bis c.c.

L’analisi che qui si intende condurre seguirà pedissequamente le tappe percorse nella sentenza in esame, approfondendo le tematiche afferenti la clausola della roulette russa nel medesimo ordine utilizzato dal Tribunale romano.

1. Della meritevolezza degli interessi perseguiti dalla clausola della roulette russa

Prima di scendere nel merito delle contestazioni mosse dalle società attrici, il Tribunale ha delineato una preventiva e generale analisi sulla “meritevolezza” degli interessi perseguiti dalla clausola della roulette russa.

I Giudici romani definiscono la clausola in esame quale negozio legislativamente atipico la cui validità dev’essere verificata, ai sensi dell’art. 1322 comma 2 c.c., in termini di liceità e di rispondenza ad interessi meritevoli di tutela per l’ordinamento.

Con espresso riferimento ai fatti oggetto di causa, il Tribunale – nel ricercare la “meritevolezza” degli interessi tutelati (secondo il nostro ordinamento) – ha concentrato la propria analisi sulle motivazioni che di fatto hanno spinto il socio ad attivare la clausola; detto iter logico (è stato seguito) al fine di stabilire se dette motivazioni potessero, o meno, giustificare la presenza di un fine meritevole di tutela per l’utilizzo della clausola in esame.

 In forza dello stallo decisionale deliberativo concretamente verificatosi e destinato a paralizzare l’attività societaria, questo avrebbe senz’altro comportato, fisiologicamente, lo scioglimento della società, in ottemperanza a quanto previsto dal comma terzo dell’art. 2384 c.c.

Il Tribunale ha quindi osservato che il socio, nell’“innescare” la clausola, è stato mosso tanto dal tentativo di salvaguardia del progetto imprenditoriale, quanto dalla speranza di evitare le lungaggini di una, prospettata, procedura di liquidazione.

Detti motivi, hanno pertanto convinto i Giudici a stabilire che gli interessi perseguiti dalla clausola in oggetto sono assolutamente meritevoli di tutela secondo le disposizioni del nostro ordinamento ed è stato, pertanto, chiuso il cerchio sul punto statuendo che: “la russian roulette clauseappare certamente pattuizione diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.”

2. La invocata nullità della clausola per vizio dell’oggetto rimesso al mero arbitrio di una delle parti

Sotto altro profilo, secondo la ricostruzione di parte attrice la clausola della roulette russa sarebbe nulla in quanto:

  1. così come costruita permetterebbe al socio di provvedere alla determinazione del prezzo in assenza di un criterio predeterminato e senza l’obbligo di fornire alla controparte una giustificazione circa il risultato raggiunto;
  2. l’ordinamento positivo esclude che la determinazione dell’oggetto di una prestazione possa essere demandato al libero arbitrio di solo una delle due parti. A ciò osterebbe la disciplina della condizione meramente potestativa di cui all’art. 1355 c.c. la quale non ammette l’assunzione di un’obbligazione il cui contenuto sia sottoposto al mero arbitrio di una delle due parti.

Il Tribunale ha, però, ritenuto non fondati i suddetti motivi argomentando come segue.

In ordine alle contestazioni di cui al punto i) si è osservato che, effettivamente, la clausola così come descritta e inserita nel patto parasociale, non prevede alcun criterio predeterminato o comunque verificabile ex ante per la determinazione del prezzo, né tantomeno contiene previsioni circa l’obbligo per il socio, che la attivi, di porre in essere una disclosure sui criteri adottati.

Tuttavia la circostanza in forza alla quale si concede al soggetto oblato la duplice facoltà di vendere o alternativamente acquistare la partecipazione (al prezzo così stabilito dal socio offerente), consente di escludere che la determinazione del corrispettivo sia rimessa al mero arbitrio della parte.

È l’intrinseca costruzione della clausola della roulette russa ad assicurare un equilibrio negoziale a prescindere dal criterio utilizzato nella determinazione del corrispettivo; in altre parole a garantire l’equità del corrispettivo determinato interviene la circostanza per cui il socio che si offre di acquistare ad un prezzo, da lui stabilito, le altrui partecipazioni può essere chiamato a vendere la propria partecipazione alle medesime condizioni.

Passando al secondo dei motivi di cui sopra, circa il richiamo ai principi che regolano la condizione meramente potestativa, il Tribunale parte dalla distinzione fatta dalla Giurisprudenza tra condizione potestativa e condizione meramente potestativa. Sul punto si legge pertanto che “la condizione è meramente potestativa quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica potestativa quando l’evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei a influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato”.

 Alla luce dei principi giurisprudenziali sopra esposti, i Giudici hanno ritenuto non potersi classificare come meramente potestativa la condizione posta alla base della clausola in esame. Questo in virtù del fatto che il titolare dell’iniziativa deve, giocoforza, tenere in considerazione, quale elemento estrinseco, il diritto di scelta che spetterà al socio che vedrà recapitarsi la valutazione del capitale sociale. È da questo rilievo che il Tribunale rinviene il tratto caratteristico della condizione potestativa (e non già meramente potestativa), individuando, appunto, nel diritto di scelta del socio quella” alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente” che funge a tutti gli effetti da elemento equilibratore.

In altre parole si evidenzia come, al potere di determinare il corrispettivo per la compravendita della partecipazione, fungerà da contrappeso il diritto dell’oblato di approfittare, in un senso o nell’altro, di valutazioni erronee per difetto o per eccesso.

Il Tribunale ha concluso sostenendo che “può affermarsi che l’effetto sostanzialmente espropriativo non è corretto dall’adozione necessaria di un valore legale come prezzo, ma dallo stesso procedimento di individuazione del socio uscente predisposto dalla clausola”.

3. La invocata nullitàper l’assenza di un meccanismo di equa valorizzazione della partecipazione ed il parallelismo con le clausole del tipo drag along

Parte attrice ha, ulteriormente, contestato la nullità della clausola in esame delineando al contempo un parallelismo con le clausole del tipo drag along. Secondo gli attori infatti, la clausola della roulette russa dovrebbe ritenersi nulla – alla stregua, come detto, di quella di drag along – alla luce della violazione del principio secondo il quale, ogni qualvolta un socio forzosamente è chiamato ad uscire dalla compagine sociale deve essergli riconosciuta la percezione di una somma non inferiore a quella spettante al socio recedente (secondo la disciplina di cui agli artt. 2437 e ss. c.c.). Pertanto, ipoteticamente, la validità e legittimità di dette clausole potrebbe essere garantita esclusivamente dalla presenza di un meccanismo atto a prevedere una equa valorizzazione della partecipazione sociale dismessa.

Viene, nello specifico, invocato un principio generale di necessaria attribuzione di un valore non arbitrario alla partecipazione sociale.

Prima di analizzare nel merito le questioni affrontate dal Tribunale in opposizione a quanto contestato dagli attori, è necessario accennare alle caratteristiche principali della clausola di drag along (in questo contesto parallelamente richiamata) al fine di capire fino a che punto detto parallelismo sia coerente in relazione al tema della russian roulette clause.

Le clausole del tipo drag along sono pattuizioni che prevedonoun diritto in favore del socio di maggioranza. Difatti, in forza di tale clausola, il socio di maggioranza che intende alienare la propria partecipazione, acquista il diritto di negoziare con i terzi la vendita (alle medesime condizioni economiche) non solo delle proprie azioni, ma di tutto il capitale sociale (incluse anche le partecipazioni di minoranza). Può dunque configurarsi un diritto del socio alienante il quale “trascina” la partecipazione del socio di minoranza nel progetto di cessione delle proprie azioni.

Drag alonge russian roulette, assolvono a due funzione diverse. Se mediante l’utilizzo della prima si agevola il socio di maggioranza nelle trattative funzionali alla vendita dell’intera partecipazione sociale (permettendogli, come detto, di negoziare ed eventualmente cedere alle medesime condizioni anche le partecipazioni del socio di minoranza), con l’utilizzo della seconda si mira a risolvere le ipotesi di dead-lock con la concentrazione della partecipazione sociale in capo a un solo soggetto.

Parte attrice – insistendo sul parallelismo tracciato con la clausola di drag along e sulla compatibilità della disciplina tra le due clausole – richiama un precedente giurisprudenziale (emesso in fase cautelare in relazione a una clausola di tipo drag along), il quale impone quale condizione primaria per la validità della clausola la compatibilità di quest’ultima col principio di equa valorizzazione della partecipazione sociale; più nello specifico si prosegue affermando che dovrebbe garantirsi al socio costretto alla forzata dismissione della propria partecipazione di percepire almeno il valore che gli sarebbe riconosciuto in caso di recesso, secondo quanto previsto dai commi 2 e 4 dell’art. 2437 ter c.c. Infatti l’orientamento dell’ordinanza richiamata da parte attrice, ha ritenuto corretto assimilare la clausola della drag along alla figura delle azioni riscattabili espressamente disciplinate dall’art 2437 sexies c.c., dal momento che entrambe le fattispecie risultano essere connotate da uno stato di soggezione del titolare delle azioni a un potere altrui il cui esercizio condiziona la permanenza del socio nella compagine sociale.

L’analisi dal Tribunale circa la possibilità di applicare il summenzionato principio di equa valorizzazione al caso di specie, così come richiesto da parte attrice, prosegue evidenziando come la disciplina della clausola antistallo (del tipo in esame) e quella del riscatto azionario – richiamato, lo si rammenta, sempre in un’ottica di assimilazione della clausola di drag along, e quindi della simile clausola della roulette russa, al congegno delle azioni riscattabili ex art. 2437 quater c.c. – siano differenti per funzione, meccanismo e struttura. Infatti, chi accetta, in presenza di una russian roulette clause, di essere esposto all’altrui valorizzazione del patrimonio sociale con possibile e conseguente espropriazione della propria quota è al contempo investito del potere alternativo di acquistare allo stesso prezzo al quale avrebbe potuto vendere. Tale ultima “tutela”, se così può definirsi, è assente per colui il quale – come nei casi di riscatto azionario ex art. 2437 sexies c.c. – è meramente soggetto all’altrui diritto potestativo “puro” di riscatto. Si evince, pertanto, che il socio assoggettato a una clausola antistallo ha la facoltà di scegliere se vendere o acquistare mentre il socio sottoposto a una “clausola di riscatto azionario” subisce indistintamente l’altrui scelta di riscattare: quindi se per quest’ultimo la legge prevede una tutela inderogabile sotto forma di soglia minima di valutazione ai fini del riscatto, lo stesso meccanismo non può essere analogicamente adattato anche al socio vincolato da una russian roulette clause.

È utile, per complettezza e non per mero tuziorismo, evidenziare come la vicenda che ha generato l’ordinanza cautelare di cui sopra è stata successivamente definita da un lodo arbitrale il quale ha sostenuto che la clausola del tipo drag along non è chiamata a prevedere ex ante la certezza di una equa valorizzazione.

Scendendo nel merito delle valutazioni proprie del Tribunale di Roma in opposizione a quanto contestato dagli attori, si è evidenziato come ove si propendesse per ammettere l’esistenza di un principio generale di equa valorizzazione della partecipazione sociale, quello previsto per il recesso del socio ai sensi dell’art. 2437 ter c.c. risulterebbe poco appropriato alle circostanze.

Infatti – assumendo l’assenza di un’eventuale pattuizione parasociale ed in presenza di uno stallo decisionale come quello effettivamente verificatosi – un parametro di riferimento adeguato per l’equa valorizzazione della partecipazione sociale sarebbe quello previsto in sede di liquidazione e non già di recesso, anche alla luce della circostanza in virtù della quale proprio la liquidazione sarebbe conseguenza fisiologica alla situazione di stallo decisionale in oggetto.

Basandosi sul principio previsto dall’art. 2437 ter c.c. si imporrebbe una fattispecie non coerente ed aderente alle circostanze in oggetto, con conseguente compressione dell’autonomia privata delle parti.

Analizzando infatti i criteri di valutazione in sede di recesso emergono senz’altro, come primari, (i) la consistenza patrimoniale della società oltreché (ii) le prospettive reddituali, elemento quest’ultimo assai lontano dalla ipotetica (e prospettata) fase liquidatoria che di lì a poco si sarebbe potuta porre in essere.

Il Tribunale ha, inoltre, sostenuto che non è possibile “predicare l’esistenza di un principio di equa valorizzazione della partecipazione applicabile anche all’ipotesi di russian roulette clause, almeno nei termini prospettati dall’attrice”.

A conclusione, il Tribunale rileva che “non può ravvisarsi all’interno del diritto societario alcuna norma imperativa implicita che vieti o renda illegittima ex ante una clausola antistallo del tipo della roulette russa anche nel caso in cui la parte titolare del potere di determinare il prezzo non sia soggetta ad alcun criterio obiettivo da seguire e ciò a condizione che la clausola non porti, necessariamente, ad una determinazione iniqua. Ciò che l’ordinamento vuole non è tanto la fissazione di un valore intrinsecamente equo, ma che la clausola pattizia non consenta, a priori, di fissare un valore manifestamente iniquo”.

Alla luce delle argomentazioni sopra meglio descritte, anche per i profili di invocata nullità relativa all’assenza di un meccanismo di equa valorizzazione, il Tribunale opponendosi ha sancito la validità e la legittimità della clausola in essere.

4. La clausola di russian roulette e la violazione del divieto del patto leonino

Tra le principali critiche mosse alla liceità della clausola della russian roulette merita senz’altro un approfondimento l’invocata violazione che detta clausola integra in relazione al divieto del patto leonino.

Sia consentito un breve inquadramento circa l’istituto del patto leonino.

Come noto, l’art. 2265 c.c. dispone che “è nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite”. Il fondamento del divieto, secondo l’opinione dottrinale maggiormente diffusa, è da ricercare nell’incompatibilità del patto stesso con la causa del contratto sociale e quindi con la funzione economica del contratto di società, intesa come insieme di persone (tutte sottoposte ad un’alea comune) che cooperano tra di loro per lo svolgimento di una determinata attività economica, al fine del conseguimento di un guadagno.

La partecipazione agli utili e al rischio d’impresa costituiscono infatti l’unico ed essenziale incentivo ad un esercizio prudente ed avveduto dei poteri corporativi e amministrativi; il tutto nell’interesse della società e della salvaguardia del suo patrimonio.

Il divieto di patto leonino non deve essere interpretato in maniera esclusivamente rigida e formale, ossia ritenendo che sia vietata esclusivamente la pattuizione diretta ad escludere in modo assoluto la partecipazione di un socio agli utili o alle perdite. Diversamente, devono ritenersi integranti la fattispecie in esame anche quelle pattuizioni con le quali i soci, o alcuni di questi, si obblighino a tenere indenni dalle perdite altri soci, oppure ad attribuire loro utili in misura tale che nient’altro rimanga per essi.

Deve in ogni caso ritenersi nullo non solo il patto leonino che trovi la propria fonte nel contratto sociale, ma anche quello che si attui attraverso un’autonoma convenzione parasociale. È infatti certamente vero che i patti parasociali stipulati tra i soci assumono valenza meramente obbligatoria uti singuli e vincolano solamente i loro sottoscrittori; tuttavia non può non considerarsi come l’art. 2265 c.c. non applichi distinzione tra patto inserito nel contratto sociale e patto autonomo, dovendosi quindi ritenere entrambi nulli. Il tutto risulta poi maggiormente confermato dal fatto che, il patto, anche se formalmente estraneo al contratto sociale è a questo strettamente collegato realizzandosi tra i due un risultato unitario.

Alla luce di quanto finora premesso, è possibile comprendere le ragioni che hanno portato il Tribunale di Roma ad escludere che l’inserimento di una russian roulette clause nei patti parasociali di una società, non sia idoneo ad integrare una fattispecie rientrante nel divieto del patto leonino.

Il Tribunale giustamente osserva come“le clausole antistallo non sono idonee – tanto per la loro finalità che per la loro struttura – ad escludere un socio dalla responsabilità della gestione ovvero a consentire ad uno di essi di approfittare di una determinata situazione per escludere l’altro. Infatti, la parte cui è attribuita la facoltà di assumere l’iniziativa di attivare la procedura non è libera di farlo in qualsiasi momento, essendo tale facoltà vincolata al verificarsi di uno degli eventi, indicati nella clausola stessa, di incapacità decisionale delle società o di scadenza del patto parasociale. La circostanza che l’avvio della procedura sia limitata al verificarsi di alcuni eventi impedisce alla parte di approfittare di particolari momenti favorevoli (ad es., un momento di forte crescita della società e, dunque, di valorizzazione positiva delle partecipazioni) per escludere l’altro socio dalla partecipazione societaria conseguendo le utilità che sarebbero a questi spettate”.

Ma vi è di più “proprio la mancata predeterminazione del valore attribuibile alla partecipazione sociale da acquistare o da cedere in conseguenza del verificarsi dell’evento di stallo esclude la violazione dell’art. 2265 c.c.: infatti, una eventuale predeterminazione consentirebbe al socio titolare del potere di iniziativa di approfittare di incrementi o di decrementi del valore della società in modo da tentare di acquisire la partecipazione della controparte ad un valore inferiore a quello di mercato ovvero di cedere la propria per un corrispettivo superiore a quello di mercato”.

5. La clausola di russian roulette e la violazione del divieto ex art. 2431 bis c.c.

In ultima analisi il Tribunale ha poi proceduto a ribadire come la clausola della roulette russa debba considerarsi valida anche con riferimento alla disciplina dettata dal legislatore in tema di patti parasociali, in particolare in relazione alla considerazione che il mancato rinnovo dei patti sia considerato come stallo.

L’art. 2341 bis c.c. testualmente dispone che i patti parasociali non possono avere una durata superiore a cinque anni e si intendono stipulati per quella durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore.

Il Tribunale si è quindi trovato a valutare la possibile violazione indiretta della norma, qualora i patti parasociali prevedano che il mancato rinnovo degli stessi integri una fattispecie di stallo idonea ad attivare la procedura della russian roulette clause. In particolare ci si è chiesti se l’attivazione della procedura della clausola in esame possa essere considerata come una vera e propria sanzione per il mancato rinnovo dei patti parasociali, soprattutto in ragione del fatto che la compagine sociale è composta in maniera paritetica da due soci i quali, in caso di mancato rinnovo del patto, avranno il diritto di attivare la procedura della russian roulette clause e, così facendo, si troveranno nella condizione di essere innanzi al reciproco bivio di decidere se alienare la propria partecipazione, uscendo dalla società, oppure acquisire l’altrui partecipazione, divenendo socio unico.

In altri termini, una clausola del genere renderebbe il patto parasociale con una durata potenzialmente illimitata poiché o viene rinnovato il patto (così assumendo una durata superiore al quinquennio) o viene sciolto il rapporto sociale limitatamente ad un singolo socio.

Di diverso avviso è risultato essere il Collegio romano secondo cui “le clausole che collegano al mancato rinnovo del patto l’avvio della procedura antistallo – attraverso l’attribuzione ad una delle parti della facoltà di determinare il prezzo ed all’altra dell’alternativa tra l’acquisto e la vendita della partecipazione – non sono a priori invalide in quanto non appaiono dirette a condizionare la volontà dei paciscenti allo scopo di “cristallizzare” gli equilibri (proprietari e di governo) riflessi dal patto. Al contrario, esse sono finalizzate ad una risistemazione di tali equilibri proprio per il caso in cui il vincolo parasociale venga a cessare per effetto del mancato rinnovo e così a scongiurare lo scioglimento della società”.

In altre parole, il Tribunale di Roma ha sottolineato come il meccanismo in forza del quale le parti disciplinano in via anticipata i termini e le modalità di definizione degli aspetti proprietari e di governo di una società per il caso in cui il patto parasociale cessi di esistere, non ha la finalità di cristallizzare il patto oltre i termini di legge, ma è volto ad evitare che a seguito dello scioglimento del patto di sindacato si verifichi tra i soci uno stallo decisionale.

In ogni caso, il fatto che astrattamente simili pattuizioni debbano considerarsi lecite, non implica che le stesse possano essere articolate in maniera tale da tradursi in un’indiretta violazione del disposto dell’art. 2341 bis c.c.

Basti pensare ad un’ipotesi che preveda che, in caso di mancato rinnovo dei patti parasociali, si proceda ad attivare il meccanismo della russian roulette clause, ma con modalità idonee a determinare il prezzo di cessione della partecipazione in maniera tale che questo risulti iniquo e, quindi, punitivo.

In tal caso però, è opportuno ribadirlo, la violazione della disciplina dettata per i patti parasociali non è da rinvenirsi nella clausola considerata in termini astratti, ma nell’utilizzo che le parti intendono farne servendosi di uno strumento lecito per il raggiungimento di fini illeciti (ossia il perpetuarsi del vincolo parasociale oltre i vincoli consentiti). Infatti “una cosa è considerare come autonoma situazione di stallo il fatto che il patto parasociale non sia stato rinnovato e consentire pertanto alle parti della joint venture paritetica, ormai priva di una regola di governance, di porvi rimedio, acquistando la quota altrui o vendendo la propria, e così conservando il going concern dell’impresa comune; tutt’altra cosa è sanzionare chi non intenda rinnovare un patto parasociale con un riscatto forzoso delle sue azioni a vantaggio degli altri paciscenti.”

In definitiva, come giustamente rilevato dalla sentenza in analisi, la legittimità di una clausola del tipo roulette russa in cui il mancato rinnovo del patto parasociale è assunto come ipotesi di stallo, può essere considerata legittima perché:

  1. è ragionevole considerare il mancato rinnovo dei patti parasociali come ipotesi di stallo;
  2. la clausola non impedisce la modifica dei patti parasociali e quindi la libertà delle parti di rinegoziarli con l’unico limite che, ove non si riesca a trovare un accordo, si verificherà una ipotesi di stallo;
  3. la doppia opzione (acquistare o vendere) concessa ad una delle parti e, dunque, la reciprocità della facoltà impedisce di ravvisare una posizione di mera soggezione in capo al soggetto che, sebbene “subisca” la determinazione del prezzo, ha la facoltà di procedere alla vendita o all’acquisto.

6. L’ ambito di applicazione della clausola e la sua utilità

In conclusione è possibile sottolineare come la clausola in esame possa essere uno strumento sicuramente utile per risolvere possibili situazioni di stallo decisionale all’interno della vita sociale.

In società partecipate in maniera paritetica, è sicuramente un’intelligente architettura negoziale inserire una clausola del tipo roulette russa.

Con l’applicazione di questa clausola si può, infatti, superare un’eventuale incapacità decisionale dell’organo deliberativo, evitando così il concretizzarsi di una causa di scioglimento della società.

In altri termini, si riuscirebbe a proseguire l’attività sociale anziché rischiare la dissoluzione della società per l’impossibilità di funzionamento o continuata inattività dell’assemblea ex art. 2484, comma 1, numero 1, c.c.

Inoltre, da un lato si permetterebbe al socio che ancora crede o ha interesse nel progetto imprenditoriale della società, di avanzare una proposta d’acquisto all’altro (proposta che dovrà naturalmente concretizzarsi in valori equi, stante il rischio dell’esercizio del diritto di acquisto da parte del destinatario di questa), per altro verso si metterebbe l’altro socio nella condizione di abbandonare la compagine sociale o, qualora lo dovesse ritenere maggiormente conveniente, procedere a propria volta all’acquisto della partecipazione dell’originario offerente alla somma da quest’ultimo stabilita.

Il tutto poi si traduce in un notevole vantaggio per la società che vede salvaguardato il proprio progetto imprenditoriale a seguito dell’acquisto dell’intero capitale sociale da parte del socio che maggiormente crede nel progetto stesso. 


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