Con l’ordinanza 11 aprile 2024, n. 9899, la Corte di Cassazione ha stabilito che, in tema di reddito d’impresa, gli accantonamenti a fondo rischi – essendo effettuati in previsione di passività prive dei requisiti di certezza e di determinabilità – sono soggetti alla disciplina prevista dall’art. 109, primo comma, parte seconda del T.U.I.R., ove si stabilisce che i componenti di reddito di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza, o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni.
Ne consegue che l’emersione di una sopravvenienza fiscalmente imponibile a seguito dell’azzeramento o della riduzione del fondo stesso si determina nel periodo d’imposta in cui si è disposto in tal senso.
Nella fattispecie esaminata dalla Cassazione, una società di capitali istituiva nel 2001 un fondo rischi a copertura di passività potenziali per interessi nei confronti dell’INPS, relativamente a somme erogate a vario titolo e suscettibili di ripetizione ad esito di contenzioso.
Negli esercizi successivi il fondo veniva utilizzato in ragione del consolidamento delle pretese di controparte, salvo restare invariato a decorrere dal primo quinquennio.
Nel riscontrare la prolungata desistenza dell’Istituto, la contribuente provvedeva a ridurre drasticamente tale fondo nel bilancio relativo all’esercizio 2012, imputando a conto economico la parte residua.
Tuttavia, secondo l’Ufficio, tale somma, qualificata come insussistenza attiva, rappresentava, in realtà, una sopravvenienza e che la stessa, essendo stata indicata tra le variazioni in diminuzione rispetto al reddito del 2012, non era stata assoggettata ad IRES.
La legittimità della ripresa veniva riconosciuta dal giudice di appello in riforma della decisione di prime cure.
La Suprema Corte, respingendo il ricorso della società contribuente, evidenzia come l’oggetto del contendere non sia l’“an” della rilevanza fiscale della sopravvenienza, bensì solo il “quando”, cioè la determinazione del periodo d’imposta in cui imputarla, anche se, come emerge dalla sentenza, non è possibile comprendere in che misura il fondo, all’epoca della sua istituzione o in un momento successivo, fosse stato dedotto dal reddito.
In ragione della disciplina tributaria di riferimento (art. 109 del T.U.I.R., già art. 75 all’epoca dei fatti), la Corte ritiene che l’originaria incertezza della passività, via via parzialmente definita con le progressive movimentazioni del fondo, può considerarsi definitivamente risolta alla data in cui, secondo la valutazione del contribuente, sono venute meno le considerazioni che avevano in origine suggerito la prudenziale valutazione del rischio.
Di contro, non hanno rilievo fattori non determinanti per l’eliminazione dell’incertezza stessa, quali il venir meno di richieste o solleciti, circostanze che del resto avevano indotto la contribuente ad adeguare, non già ad eliminare il fondo medesimo.