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Giurisprudenza

La tutela cautelare nel processo tributario: prime applicazioni dell’art. 62 bis

24 Marzo 2016

Stefano Loconte, Avvocato e Professore a contratto di Diritto Tributario e Diritto dei Trust, Università degli Studi LUM “Jean Monnet” di Casamassima, Rossella Rotunno, Avvocato Loconte & Partners

CTR Bari, Sez. di Lecce, 29 febbraio 2016, n. 217/23/16

Riscossione sospesa per l’avviso di accertamento in relazione al quale pende ricorso per Cassazione qualora da essa possa derivare un danno grave ed irreparabile al contribuente.

Questo quanto deciso dalla Commissione tributaria regionale di Bari – sezione di Lecce, con ordinanza n. 217/23/16 del 29 febbraio 2016, in attuazione del nuovo art. 62 bis del decreto legislativo n. 546 del 1992.

Nel caso di specie, il contribuente, dopo aver proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza del C.T.R. di Bari n. 1831/23/14, chiedeva, in via principale, la sospensione dell’esecuzione dell’atto di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate di Lecce, da cui traeva origine la vertenza e, in via subordinata, la sospensione dell’esecutività della citata sentenza di secondo grado, prospettando di poter subìre, per effetto dei menzionati provvedimenti, un danno grave ed irreparabile.

Il Collegio giudicante, limitandosi a valutare il solo presupposto della gravità ed irreparabilità del danno, derivante dall’esecuzione, riteneva, allo stato, di sospendere l’esecuzione dell’atto impositivo all’origine del processo tributario, senza, peraltro, imporre al contribuente la prestazione di idonea garanzia. Ciò alla luce delle prove documentali, da quest’ultimo offerte, dalle quali emergeva chiaramente una pregressa esposizione debitoria che, unita alla pretesa fiscale oggetto della controversia, non gli avrebbe consentito di adempiere a quanto richiestogli.

Nulla, invece, veniva deciso sulle spese di cui al procedimento in oggetto. Al riguardo, la Commissione adìta osservava, infatti, come la natura meramente incidentale del giudizio cautelare, la cui efficacia rimane condizionata dalla pronuncia della Suprema Corte, comporta che sia quest’ultima a doversi pronunciare sulla loro liquidazione, unitamente a quella relativa alle spese del giudizio di legittimità.

Orbene, la pronuncia in oggetto rappresenta una prima applicazione concreta della nuova disciplina in materia di tutela cautelare nel processo tributario, introdotta dal D. Lgs. n. 156 del 24 settembre 2015.

Tale provvedimento, recependo il principio più volte affermato dalla Corte Costituzionale[1], ha previsto che il giudice possa sospendere gli effetti della sentenza di primo grado unitamente all’appello (o con domanda in via separata), così come di quella di secondo grado impugnata in Cassazione.

 In particolare, il nuovo articolo 62 bis, rubricato “Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria della sentenza impugnata per Cassazione”, riconosce al contribuente che ha proposto ricorso per Cassazione, la facoltà di chiedere alla Commissione che ha pronunciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività allo scopo di evitare un danno grave ed irreparabile. Allo stesso fine, viene garantita anche la possibilità di richiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto impositivo che ha originato la controversia, a condizione, in ogni caso, che a decidere sulla relativa istanza sia un Collegio giudicante formato da persone fisiche diverse da quelle che hanno deliberato la decisione di cui si richiede la sospensione.

L’intervento in esame, di indubbia portata innovativa, ricalca sostanzialmente quanto previsto in ambito civilistico dall’art. 373 c.p.c. (“Il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza. Tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave ed irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa o che sia presentata congrua cauzione”). La nuova norma subordina, pertanto, la sospensione de qua alla sola sussistenza del periculum in mora che potrebbe derivare al contribuente dall’esecutività dell’atto o della sentenza, senza alcuna possibilità per i giudici di valutare la fondatezza della difesa dallo stesso proposta (c.d. fumus boni iuris) e, dunque, di pronunciarsi sul merito della controversia. Ciò, in quanto tale elemento è già stato oggetto di valutazione da parte del giudice che ha emesso la sentenza di cui si chiede la sospensione impugnata innanzi alla Suprema Corte.

Tale circostanza, confermata anche dall’Agenzia delle Entrate con circolare n. 38 del 2015, rappresenta senza dubbio un’importante novità. Difatti, in passato, la Cassazione, nell’ammettere la possibilità di sospensione cautelare della sentenza tributaria d’appello, aveva sovente affermato come la specialità della materia tributaria, unitamente all’esigenza di garantire il regolare pagamento delle imposte, imponga una rigorosa valutazione dei requisiti del fumus dell’istanza cautelare e del periculum[2].

Altro profilo interessante concerne la terminologia adottata dal legislatore della riforma, il quale, prevedendo espressamente la possibilità di richiedere tanto la sospensione della sentenza quanto quella dell’atto non lascia alcun dubbio circa il fatto che, una volta accolta la domanda di sospensione, la riscossione deve arrestarsi, a nulla rilevando che la stessa derivi dall’atto o dalla sentenza. Ciò a discapito della prassi spesso seguita da alcuni Uffici, i quali, al fine di sottrarsi al precetto giudiziale derivante dalla sospensione della sentenza, erano soliti continuare la riscossione in quanto ciò derivava dall’atto e non dalla sentenza.

Per il resto, il rito appare analogo a quello previsto dall’art. 52  del D. Lgs. 546/1992 relativamente alla sospensione delle sentenze di primo grado, con alcune accortezze. Ai fini della pronuncia in esame, il contribuente dovrà, infatti, produrre in giudizio il certificato di avvenuto deposito del ricorso in Cassazione (art. 62 bis, comma 6, D. Lgs. 546/1992).

Da ultimo, come specificato dal Ministero dell’Economia con circolare n. 1/2011, non sarà dovuto alcun contributo unificato, né si ritiene necessaria la nota di iscrizione a ruolo.



[1] In particolare, la possibilità di estendere la tutela cautelare ai gradi di giudizio successivo al primo era stata accordata soltanto in forza di un intervento della Corte Costituzionale del 17.06.2010, sentenza n. 2170 (confermata dalla successiva sentenza del 10.04.2012, n. 109), che, attraverso una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 47 del D. Lgs. n. 546/1992, aveva esteso anche nel processo tributario l’operatività dei corrispondenti articoli 283 e 373 c.p.c..

[2] Cfr. ex multis: Cass. 2012, n. 2845


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