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La tutela rafforzata dei prodotti d’investimento assicurativi introdotta dalla Direttiva IMD 1.5

15 Dicembre 2014

Serena Marzucchi, dottoranda di ricerca in “Consumatori e mercato” dell’Università di RomaTre, esperta in IVASS

SOMMARIO*: 1. La Proposta della Commissione di revisione della direttiva sull’intermediazione assicurativa. 2. Le modifiche alla direttiva sull’intermediazione assicurativa introdotte dalla direttiva MiFID 2 (c.d. Direttiva IMD 1.5). 3. L’ambito di applicazione delle nuove disposizioni della direttiva sull’intermediazione assicurativa. 4. I nuovi obblighi a carico degli intermediari in caso di distribuzione degli insurance based investment products. 5. La disciplina del conflitto di interessi negli atti regolamentari di secondo livello. 6. Conclusioni.

 

1. La Proposta della Commissione di revisione della direttiva sull’intermediazione assicurativa.

Nel luglio del 2012 la Commissione dell’Unione Europea presentava la proposta di revisione della Direttiva 2002/92/CE (di seguito direttiva IMD)[1]. Prendeva così formalmente inizio il processo di revisione della disciplina comunitaria in materia di intermediazione assicurativa che, caratterizzata da un basso livello di armonizzazione, appariva ormai datata anche alla luce delle importanti modifiche strutturali che negli ultimi anni avevano interessato il mondo della distribuzione dei prodotti assicurativi.

La Proposta della Commissione, elaborata anche a seguito di processo di consultazione formale dell’EIOPA (all’epoca CEIOPS), prevede tra le principali novità:

1. Estensione dell’ambito di applicazione, includendo anche i fornitori di servizi accessori (società di noleggio, agenzie di viaggio), i loss adjusters, i comparatori che non si limitano all’attività di mera segnalazione e la vendita diretta effettuata dalle imprese di assicurazione (ad esclusione dell’obbligo di registrazione dei dipendenti).

2. Modifica dei requisiti per l’accesso all’attività, mediante l’introduzione del principio di proporzionalità tra i requisiti di professionalità e la complessità dei prodotti intermediati[2].

3. Nell’ambito dell’informativa da fornire al contraente in ottica di prevenzione dei conflitti di interesse, l’intermediario deve indicare anche se agisce per conto del contraente o dell’impresa, nonché la natura della remunerazione percepita (fee dal cliente, una commissione dalla compagnia o una combinazione delle due). Con riferimento alla disclosure della remunerazione fissa e variabile, è prevista la comunicazione obbligatoria del criterio di calcolo (per i rami danni in regime transitorio di 5 anni l’informativa è fornita a richiesta), comunicazione che per le imprese fa riferimento ai dipendenti coinvolti nell’attività di distribuzione.

4. Tra gli obblighi di condotta viene previsto che la vendita abbinata di prodotti e servizi assicurativi con prodotti accessori è ammessa soltanto se il servizio o prodotto assicurativo è reso disponibile anche separatamente[3], ed in ogni caso è rafforzata l’informativa da fornire al consumatore[4].

Una delle parti più importanti e controverse della Proposta riguarda la disciplina dei c.d. prodotti assicurativi d’investimento, genericamente intesi come quei prodotti in cui, benché emessi da un’impresa di assicurazione, la componente assicurativa è trascurabile in confronto con la componente di investimento. In particolare, la Proposta si prefigge l’obiettivo di tentare un allineamento tra la disciplina assicurativa e quella finanziaria recata dalla MiFID, con riferimento agli obblighi in materia di informativa alla clientela, conflitti di interessi, valutazione di adeguatezza o appropriatezza, remunerazione dell’intermediario.

2. Le modifiche alla direttiva sull’intermediazione assicurativa introdotte dalla direttiva MiFID 2 (c.d. Direttiva IMD 1.5).

L’accelerazione del processo di approvazione della revisione della direttiva MiFID, accompagnata da una mancata calendarizzazione in seno al Consiglio delle modifiche relative alla direttiva sull’intermediazione assicurativa, ha determinato, quasi al termine dei lavori del trilogo Commissione-Consiglio-Parlamento dell’Unione europea, l’inserimento nel recast della direttiva sull’intermediazione finanziaria di regole specifiche anche per i prodotti d’investimento assicurativi con l’obiettivo di ridurre il gap regolamentare tra prodotti che, sebbene strutturalmente differenti, determinavano analoghe esigenze di tutela dei consumatori. Molti Stati membri lamentavano, infatti, i rischi di arbitraggio regolamentare e di unlevel playing field derivanti dalla assenza di armonizzazione per i prodotti assicurativi, soprattutto con riferimento ai conflitti di interesse, rispetto alla disciplina comunitaria di massima armonizzazione già introdotta per l’intermediazione finanziaria. L’opportunità di rafforzare la tutela del consumatore alla luce della recente crisi finanziaria e dei conclamati casi di vendita di prodotti di investimento non adatti al cliente hanno infine reso il processo di avvicinamento delle due legislazioni ineludibile.

Tale obiettivo è stato, almeno parzialmente, compiuto dalla direttiva n. 2014/65/UE (direttiva MiFID 2) che ha introdotto un primo set di disposizioni per i prodotti assicurativi d’investimento sulla base del fatto che “Gli investimenti che riguardano contratti assicurativi sono spesso messi a disposizione dei consumatori come potenziali alternative agli strumenti finanziari regolamentati dalla presente direttiva o in sostituzione degli stessi. Al fine di fornire una protezione coerente ai clienti al dettaglio e garantire condizioni di parità per prodotti simili, è importante che i prodotti di investimento assicurativo siano sottoposti a opportuni requisiti” (Considerando 87).

Il negoziato per la modifica della direttiva IMD nell’ambito del trilogo per l’approvazione della direttiva MiFID 2 ha, in ogni caso, fatto emergere le difficoltà connesse alla previsione di una compiuta disciplina dei prodotti finanziario-assicurativi per le peculiarità strutturali e di mercato degli stessi. A dimostrazione dell’indubbia difficoltà di integrazione automatica secondo una procedura di “copy and past” delle disposizioni MiFID, il Considerando n. 87 conferma che “Premesso che i requisiti di protezione degli investitori di cui alla presente direttiva dovrebbero quindi essere applicati in condizioni di parità agli investimenti preassemblati in contratti assicurativi, le loro strutture di mercato e caratteristiche di prodotto diverse rendono la definizione di requisiti dettagliati più adeguata nell’ambito della revisione in corso della direttiva 2002/92/CE che della presente direttiva.” Ciononostante, lo stesso Considerando sottolinea con forza la necessità di pervenire ad una convergenza completa delle due discipline:“la futura normativa unionale che disciplinerà le attività degli intermediari assicurativi e delle imprese di assicurazione dovrebbe garantire adeguatamente un approccio normativo coerente sulla distribuzione di prodotti finanziari diversi che rispondo a esigenze simili degli investitori e che quindi presuppongono sfide confrontabili riguardo alla protezione degli investitori. Omississ. Tali nuovi requisiti per i prodotti di investimento assicurativo dovrebbero essere stabiliti nella direttiva 2002/92/CE.”

Il legislatore comunitario chiude, dunque, il negoziato con un messaggio chiaro sui propri progetti regolamentari futuri: necessità di uniformità tra prodotti di investimento assicurativo e prodotti finanziari mediante modifica della direttiva 2002/92/CE nell’ambito della quale introdurre “norme concernenti i conflitti di interessi, i principi generali e le informazioni ai consumatori e di consentire agli Stati membri di imporre restrizioni alla retribuzione degli intermediari assicurativi” (Considerando n. 88).

La convenienza di lasciare alla sedes materiae più opportuna, nell’ambito quindi di una più generale revisione della direttiva IMD, il compito di introdurre la maggior parte dei futuri obblighi previsti per la distribuzione di prodotti assicurativi a contenuto finanziario, ha fatto sì che le nuove disposizioni introdotte dalla direttiva MiFID 2 fossero in realtà alquanto limitate, tanto da essere qualificate una riforma a metà, una direttiva “1.5” appunto.

3. L’ambito di applicazione delle nuove disposizioni della direttiva sull’intermediazione assicurativa.

Dalla limitata portata dei nuovi obblighi inseriti dall’articolo 91, MiFID 2, nella direttiva IMD non deve dedursi un altrettanto circoscritto impatto della recente revisione sul mondo dell’intermediazione assicurativa, soprattutto in una prospettiva futura.

La direttiva MiFID 2, infatti, è il primo atto normativo che contiene una definizione europea di prodotto assicurativo d’investimento. Da questo punto di vista, lo scope delle nuove disposizioni della direttiva sull’intermediazione assicurativa non solo circoscrive l’ambito di applicazione dei (pochi) nuovi articoli inseriti ma, verosimilmente, reca in sé la naturale tendenza ad essere utilizzato anche nei futuri lavori relativi ad una più organica riforma della disciplina dell’intermediazione assicurativa. In virtù del potenziale effetto espansivo della definizione di prodotto assicurativo a contenuto finanziario recata dalla direttiva MiFID 2, appare fondamentale esaminare nel dettaglio il perimetro di quella che, a partire dalla novellata direttiva IMD, si appresta a diventare un’area della distribuzione assicurativa governata da regole particolari.

Il considerando 89 sottolinea che “È opportuno escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i prodotti di investimento assicurativo che non offrono opportunità di investimento e i depositi esposti ai soli tassi di interesse. Dovrebbero essere esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva i prodotti pensionistici individuali e aziendali o professionali aventi lo scopo precipuo di offrire all’investitore un reddito durante la pensione, in considerazione delle loro peculiarità ed obiettivi.

Conseguentemente, il nuovo punto 13 dell’articolo 2 della direttiva IMD, definisce l’insurance based investment product (c.d. IBIP, ovvero il prodotto di investimento assicurativo) “un prodotto assicurativo che presenta una scadenza o un valore di riscatto e in cui tale scadenza o valore di riscatto è esposto in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle fluttuazioni del mercato e questa definizione non comprende:

a)i prodotti assicurativi non vita quali elencati nella direttiva 2009/138/CE, allegato I, (Rami dell’assicurazione non vita);

b)contratti assicurativi vita, qualora le prestazioni previste dal contratto siano dovute soltanto in caso di decesso o per incapacità dovuta a lesione, malattia o infermità;

c)prodotti pensionistici che, ai sensi della legge nazionale, sono riconosciuti come aventi lo scopo precipuo di offrire all’investitore un reddito durante la pensione e che consentono all’investitore di godere di determinati vantaggi;

d)schemi pensionistici aziendali o professionali ufficialmente riconosciuti che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/41/CE o della direttiva 2009/138/CE;

e)prodotti pensionistici individuali per i quali il diritto nazionale richiede un contributo finanziario del datore di lavoro e nei quali il datore di lavoro o il lavoratore non può scegliere il prodotto pensionistico o il fornitore.”

L’articolo 2, punto 4, della Proposta della Commissione rimandava, invece, alla definizione utilizzata nella legislazione PRIIPs, all’epoca in fase di discussione, definendo il prodotto di investimento assicurativo “un contratto di assicurazione che potrebbe anche essere classificato come “prodotto di investimento” ai sensi dell’articolo 2, lettera a), del [regolamento sui documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti di investimento (regolamento PRIP)]”, sottolineando in tal modo l’importanza di assicurare massima omogeneità applicativa a quella che può essere definita, dal punto di vista del legislatore comunitario, una regolamentazione “a tutela rafforzata”.

Invertendo l’originario sistema di rinvii pensato dalla Commissione, il testo è riprodotto in maniera identica nel Regolamento UE n. 1286/2014 del 26 novembre 2014[5] (Regolamento PRIIPs), dove i medesimi prodotti sono definiti “insurance product which offers a maturity or surrender value and where that maturity or surrender value is wholly or partially exposed, directly or indirectly, to market fluctuations” (articolo 4, lettera a)[6].

Una lettura sistematica della disposizione porta a concludere che il legislatore comunitario ha inteso fornire netta prevalenza all’elemento di investimento la cui esistenza, a prescindere dal peso che ha rispetto all’esposizione economica complessiva dell’assicurato, è capace di attrarre a sé con un’inconsueta forza espansiva anche i prodotti vita c.d. “tradizionali” come le gestioni separate. Infatti, a fronte di una definizione particolarmente ampia che include tutti i prodotti “in cui tale scadenza o valore di riscatto è esposto in tutto o in parte, direttamente o indirettamente, alle fluttuazioni di mercato”, la clausola di esclusione risulta essere particolarmente ristretta perché collega le prestazioni assicurative solo ai casi “di decesso o per incapacità dovuta a lesione, malattia o infermità”. Ciò considerato, anche le polizze per il caso vita il cui rendimento è collegato alla performance di gestioni separate risultano essere attratte nell’ambito di applicazione dell’articolo 91 MiFID 2 in quanto la prestazione assicurativa è determinata dal rendimento di un fondo separato assoggettato a fluttuazioni di mercato, a nulla rilevando il fatto che tali prodotti forniscano garanzie di rendimento minimo ovvero di restituzione del capitale investito e quindi risultino in concreto prive del profilo di rischio di investimento che dovrebbe caratterizzare gli IBIPs.

Con riferimento all’ambito di applicazione soggettivo, la direttiva IMD 1.5 amplia lo scope della versione originaria del 2002 che all’articolo 2, paragrafo 2, punto 3, escludeva l’applicabilità della disciplina ai dipendenti delle imprese di assicurazione e quindi lasciava fuori la vendita diretta[7]. Modificando quest’ultima norma, infatti, la disciplina rafforzata per gli IBIP viene applicata non solo agli intermediari ma anche alle imprese; si anticipa, in tal modo, il concetto di “distribuzione assicurativa” che dovrebbe sostituire in via generale, nella futura revisione globale della direttiva IMD, la nozione di intermediazione[8].

La nuova direttiva IMD pare, invece, confermare per il settore assicurativo l’unitarietà della nozione di customer senza introdurre la distinzione tra “cliente” e “cliente professionale” di cui all’allegato 2 della direttiva MiFID 2[9] utilizzata nella disciplina della intermediazione finanziaria per affievolire taluni obblighi nel caso in cui il prodotto sia venduto a clienti dotati di particolare esperienza e conoscenza[10].

4. I nuovi obblighi a carico degli intermediari in caso di distribuzione degli insurance based investment products.

La disciplina recata dal nuovo Capo III bis della direttiva sull’intermediazione assicurativa riconduce sostanzialmente la tutela rafforzata per la distribuzione dei prodotti d’investimento assicurativi alla gestione dei conflitti di interesse. A tale riguardo, il legislatore comunitario non si pone, infatti, in un’ottica interdittiva ma, come per l’intermediazione finanziaria, considera l’esistenza di conflitti di interesse connaturata al rapporto di intermediazione e ne disciplina la gestione.

a. Gli obblighi di gestione.Secondo lo schema già adottato dalla direttiva MiFID anche precedentemente al recente recast, l’intermediario è chiamato a introdurre presidi organizzativi e amministrativi al fine di adottare tutte le misure ragionevoli volte a evitare che i conflitti di interesse incidano negativamente sugli interessi dei propri clienti (articolo 13 ter).[11]

Nella declinazione specifica dell’obbligo, il successivo articolo 13 quater stabilisce che gli intermediari identifichino i conflitti di interesse che potrebbero insorgere tra le imprese, inclusi i dirigenti e i dipendenti, e gli intermediari assicurativi collegati o le persone direttamente o indirettamente con loro collegate e i loro clienti o tra due clienti al momento della prestazione di persone direttamente o indirettamente con loro collegate e i loro clienti o tra due clienti al momento della prestazione di attività di distribuzione assicurativa.

L’obbligo di identificazione declinato per i distributori assicurativi appare più circoscritto di quello analogamente previsto nel settore finanziario per il quale l’articolo 23, par. 1, MiFID 2, dispone che l’intermediario debba “prevenire o gestire” i conflitti. La prevenzione e la gestione, infatti, sono attività che implicano necessariamente una precedente identificazione dei conflitti esistenti ma non si esauriscono nella stessa e richiedono all’intermediario un’ulteriore attività organizzativa espressamente finalizzata alla neutralizzazione dei potenziali effetti negativi, nei confronti del contraente, dei conflitti identificati.

Dal successivo paragrafo 2, emerge che il legislatore, nonostante il tenore letterale del paragrafo precedente, ha inteso imporre all’intermediario assicurativo anche un’attività di gestione dei conflitti d’interesse in essere. L’obbligo di disclosure che incombe sull’intermediario scatta, infatti, quando “le disposizioni organizzative o amministrative adottate dall’intermediario assicurativo o dall’impresa di assicurazione a norma dell’articolo 13 ter per gestire i conflitti di interesse non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato, l’intermediario assicurativo o l’impresa di assicurazione informa chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale e/o delle fonti di tali conflitti di interesse.”

Ulteriore conferma è rinvenibile nel perimetro del potere regolamentare della Commissione che comprende le disposizioni relative alle “misure che si può ragionevolmente richiedere agli intermediari assicurativi o alle imprese di assicurazione di adottare per rilevare, prevenire, gestire e divulgare conflitti di interesse quando svolgono attività di distribuzione assicurativa”[12].

Ritenuto, pertanto, superabile il dato letterale del paragrafo 1, anche alla luce del testo di compromesso per la revisione della direttiva IMD approvato lo scorso novembre dal Consiglio dell’Unione Europea[13], si ritiene che gli intermediari assicurativi siano chiamati non solo ad indentificare ma anche a “prevenire e gestire” i conflitti di interesse analogamente a quanto previsto per gli intermediari finanziari.

b. Obbligo di comportarsi secondo correttezza. Il successivo articolo 13 quinquies introduce la regola generale relativa agli obblighi comportamentali degli intermediari chiamati ad agire “in modo onesto, imparziale e professionale per servire al meglio gli interessi dei clienti”.

L’analoga disposizione prevista da MiFID (articolo 19, attuato nell’articolo 21 del TUF e riproposto senza modificazioni nell’articolo 24, paragrafo 1, della MiFID 2) “implica che l’intermediario… debba farsi carico, prima di eseguire gli ordini di negoziazione, d’informare [il cliente]e di verificare il livello di consapevolezza del rischio da parte di quest’ultimo e l’adeguatezza dell’operazione rispetto alla sua situazione finanziaria, ai suoi obiettivi di investimento ed alla sua propensione al rischio”[14]. Tuttavia, nella novellata direttiva sull’intermediazione assicurativa manca ancora, come vedremo, una disposizione specifica sulla valutazione di adeguatezza cui ancorare l’obbligo di servire al meglio gli interessi dei clienti. È, quindi, lecito interrogarsi se tale disposizione possa ricevere la stessa interpretazione dell’analogo articolo del TUF (art. 21) che, unitamente al correlato obbligo di raccogliere presso il cliente le informazioni necessarie e sufficienti ad individuare le esigenze di investimento dello stesso, ha indotto gli interpreti a ritenere che l’autonomia contrattuale nella intermediazione finanziaria abbia ormai perso quella libertà che civilisticamente la caratterizza, andando a configurarsi come vincolata nel fine (perseguimento dell’interesse dell’investitore), e a qualificare l’intermediario finanziario come “Ufficio di diritto privato”[15].

Infatti, se è vero che l’obbligo a carico degli intermediari assicurativi appare di portata analoga a quello previsto per gli intermediari finanziari, lo stesso, privato degli ulteriori obblighi specifici in materia di valutazione di adeguatezza e appropriatezza, rischia di prestarsi ad una lettura contenuta, limitata alle scarne disposizioni introdotte nella direttiva IMD relative all’obbligo di gestione dei conflitti di interessi in chiave preventiva. Il successivo paragrafo 2 specifica, infatti, che l’informativa fornita ai clienti che deve essere corretta, chiara, non fuorviante e chiaramente identificabile come tale[16]. La norma non chiarisce il novero delle informazioni incluse nell’ambito di applicazione e rispetto alle quali sussiste uno specifico obbligo dell’intermediario. Appare corretto, nel silenzio della direttiva, ricomprendere solo le informazioni che l’intermediario è tenuto a fornire in ottemperanza ad obblighi informativi ovvero che fornisce spontaneamente. Dovrebbero, invece, essere escluse le informazioni che l’impresa di assicurazione è tenuta a fornire all’assicurato in ottemperanza all’articolo 185 della direttiva n. 2009/138/UE (c.d. Direttiva Solvency II), a nulla rilevando la circostanza che materialmente le informazioni sono fornite per il tramite dell’intermediario che entra in contatto con il cliente.

c. Remunerazione. Uno dei nodi centrali della disciplina dei conflitti di interesse riguarda la disciplina delle remunerazioni, con particolare riferimento ai presupposti e ai limiti delle commissioni erogate all’intermediario da parte di soggetti diversi dal cliente che nella direttiva MiFID trovano una compiuta elaborazione all’articolo 24, paragrafi 7 (independent advice) e 9 (inducement).

La difficoltà di riprodurre anche nel settore assicurativo i rigidi schemi regolamentari previsti per l’intermediazione finanziaria, dove sostanzialmente sono ammesse solo forme di remunerazione erogate direttamente dal cliente, sono note. Il mercato assicurativo è, infatti, caratterizzato dalla presenza di operatori che agiscono sotto mandato diretto dell’impresa preponente e da cui sono conseguente remunerati attraverso l’erogazione di commissioni. Vietare le remunerazioni di soggetti terzi – inclusa l’impresa di assicurazione in un’accezione radicale di terzietà – avrebbe implicato il paradosso che gli agenti avrebbero collocato i prodotti di un’impresa dalla quale non avrebbero potuto ricevere alcun compenso. Altro discorso potrebbe valere per i broker i quali, agendo direttamente per conto dei clienti, non sono imprescindibilmente remunerati dall’impresa ma dal contraente stesso.

La problematicità connessa all’estensione delle disposizioni della direttiva MiFID al contesto assicurativo sono accentuate dalla estrema eterogeneità dei mercati europei, taluni caratterizzati dalla netta prevalenza dei mediatori indipendenti, mentre altri vedono una forte presenza di operatori (agenti o banche) che agiscono dietro mandato dell’impresa preponente.

I due descritti fattori hanno determinato che la disciplina – almeno di livello 1 – sulla remunerazione degli intermediari che distribuiscono i prodotti di investimento assicurativi si limitasse all’introduzione dell’opzione per gli Stati membri di cui al paragrafo 3 dell’art. 13 quinquies che autorizza i legislatori nazionali, in sede di recepimento, a vietare “l’accettazione di onorari, commissioni o benefici monetari versati o forniti a intermediari assicurativi o imprese di assicurazione, da parte di terzi o di una persona che agisce per conto di terzi in relazione alla distribuzione di prodotti di investimento assicurativi ai clienti”.

Viene in tal modo elevato al rango comunitario – senza però raggiungere il livello di armonizzazione trattandosi di opzione – il c.d. net quoting system già introdotto negli anni passati in alcuni paesi del Nord Europa in particolare per i broker che agivano nella duplice veste di consulenti dei loro clienti e canale distributivo delle imprese di assicurazione[17].

Dall’esame complessivo della nuova disciplina comunitaria, appare evidente che il declamato allineamento tra l’intermediazione di prodotti assicurativi a contenuto finanziario con l’intermediazione finanziaria propriamente detta è più formale che sostanziale. Restano, infatti, esclusi aspetti chiavi della disciplina MiFID 2 quali:

a) l’informativa specifica sulla tipologia di intermediazione effettuata con particolare alla consulenza indipendente e le conseguenze che ne discendono in termini di ampiezza dell’analisi di mercato e divieto di remunerazione da terzi (articolo 24, par. 4 e 7, MiFID 2);

b) la disciplina degli inducement, secondo cui alle imprese di investimento è consentito accettare remunerazioni da terzi solo se direttamente collegate al servizio offerto al cliente in modo da accrescere la qualità del servizio stesso e non pregiudichino il rispetto del dovere dell’impresa di investimento di agire in modo onesto, equo e professionale nel migliore interesse del cliente(articolo 24, paragrafo 9, MiFID 2)[18];

c) gli obblighi di informativa in caso di vendita abbinata relativi alla possibilità di acquistare i diversi componenti separatamente e di fornire i giustificativi separati dei costi e degli oneri di ciascun componente (articolo 24, par. 11, MiFID 2);

d) la valutazione sulla adeguatezza ed appropriatezza del prodotto venduto rispetto alle esigenze d’investimento del cliente (articolo 25 MiFID 2);

e) la disciplina in materia di “Product Oversight and Governance”, una sorta di “valutazione di adeguatezza preventiva” tesa a garantire che le imprese di investimento disegnino e distribuiscano gli strumenti finanziari a una clientela predeterminata (c.d. clienti target) in base alle diverse esigenze d’investimento (articolo 24, par. 2, MiFID 2)[19].

L’esame delle nuove disposizioni di introdotte nella direttiva sull’intermediazione assicurativa, ma ancor più di ciò che non è stato introdotto, conferma quanto già affermato: la grande novità della direttiva c.d. “IMD 1.5” risiede non tanto nella disciplina sostanziale, quanto nell’aver fornito per la prima volta la definizione comunitaria di “prodotto d’investimento assicurativo” da utilizzare per una futura e compiuta regolamentazione della materia.

5. La disciplina del conflitto di interessi negli atti regolamentari di secondo livello.

Il processo legislativo della revisione della direttiva IMD viene completato dall’adozione di atti regolamentari di secondo livello da parte della Commissione al fine di definire le misure che i distributori devono adottare per rilevare, prevenire, gestire e divulgare conflitti di interesse e stabilire opportuni criteri per determinare i tipi di conflitto di interesse la cui esistenza potrebbe ledere gli interessi dei clienti o potenziali clienti degli intermediari assicurativi o delle imprese di assicurazione (articolo 13 quater, paragrafo 3).

Preliminarmente la Commissione ha richiesto all’Autorità di vigilanza europea (EIOPA), un technical advice in materia che, concretamente, verrà incorporato nel futuro regolamento della Commissione. A seguito della richiesta di advice, EIOPA ha preliminarmente raccolto le opinioni degli Stati membri su un Discussion Paper[20], sulla base dei cui risultati[21] ha pubblicato il Consultation Paper on Conflicts of Interest in direct and intermediated sales of insurance-based investment products.[22]

Il problema, noto a EIOPA, della contemporanea esistenza di lavori in corso per la generale revisione della direttiva IMD non sembra aver impedito, né influenzato i lavori del consesso quando afferma che “Whether IMD2 will alter the implementing measures for which EIOPA is currently preparing its technical advice is a question to be dealt with in the ongoing revision of the Insurance Mediation Directive. In its request for technical advice, the Commission assumes that the empowerment to adopt implementing measures on conflicts of interests will be upheld during the IMD2 negotiations.[23]“

Come ricordato, il processo legislativo che ha portato all’introduzione di una disciplina specifica per i prodotti di investimento assicurativo muoveva dalla necessità di garantire un level playing field tra gli operatori, evitando arbitraggi regolamentari da parte di distributori di prodotti – assicurativi o finanziari – sostanzialmente identici. L’obiettivo principale era, dunque, un ravvicinamento della legislazione assicurativa a quella finanziaria che, almeno a livello europeo, appare decisamente più avanzata in punto di tutela del consumatore.

Si spiega così la scelta di fondo della Commissione elegge a base giuridica da cui partire nell’elaborazione dell’advice e di cui EIOPA deve verificare la congruenza con le peculiaritàdel mercato assicurativo la MiFID Implementing Directive, n.2006/73/UE. Ciò è possibile in quanto dal punto di vista della disciplina del conflitto di interessi, così come esportata dal settore finanziario nella IMD, la MiFID 2 non introduce alcuna novità rispetto alla versione previgente[24], consentendo quindi ad EIOPA di utilizzare come punto di riferimento per l’advice il Livello 2 di regolamentazione nel sistema della MiFID 1, che rappresenta il corrispondente dettaglio regolamentare degli emanandi atti delegati della Commissione.

D’altra parte, molti Stati hanno sottolineato che un semplice “copy and past” delle disposizioni non MiFID non avrebbe garantito un grado sufficiente di compatibilità con le specificità del mercato della distribuzione assicurativa, in particolare per la presenza di piccoli intermediari e intermediari persone fisiche (sole traders). A tale riguardo EIOPA afferma che “the organisational requirements addressing conflicts of interest… should take appropriate account of insurance specifities” ma, d’altro canto, per loro stessa natura i requisiti organizzativi già offrono una sufficiente fessibilità e grado di astrazione daconsentire alleimplementing measures di essere applicate a“all different kind of business models and market structures”[25].

Il giudizio di compatibilità tra la MiFID Implemeting Directive (di seguito D2) e il mercato assicurativo si snoda lungo tre argomenti fondamentali:

a. individuazione delle situazioni rilevati ai fini della identificazione dei conflitti di interesse (c.d. minimum criteria);

b. policy sui conflitti di interesse;

c. remunerazione dell’intermediario.

a. Minimum criteria.

L’articolo 21 della D2 introduce un regulatory set sui minumum criteria in base ai quali gli intermediari debbono individuare i conflitti di interesse connessi allo svolgimento della propria attività. In particolare, tali criteri si articolano su tre livelli:

a. potenzialità del pregiudizio: l’intermediario verifica al momento della prestazione di servizi se possono emergere conflitti di interesse potenzialmente pregiudizievoli per i clienti;

b. perimetro della verifica: il comma 1 dell’articolo 21 richiede espressamente di prendere in esame non solo l’intermediario in sé considerato, ma anche l’eventuale gruppo di appartenenza, attribuendo così rilevanza ai conflitti indiretti che possono sorgere per il tramite di società del gruppo non direttamente coinvolte nell’attività finanziaria;

c. tipologie di conflitto di interesse rilevanti.

Sono in particolare individuate cinque possibili tipologie di conflitti di interesse in cui l’intermediario può essere coinvolto: 1. é probabile realizzi un guadagno finanziario o eviti una perdita finanziaria, a spese del cliente; 2. presenta, nel risultato del servizio prestato al cliente o dell’operazione realizzata per conto di quest’ultimo, un interesse distinto da quello del cliente; 3. ha un incentivo finanziario o di altra natura a privilegiare gli interessi di un altro cliente o gruppo di clienti rispetto a quelli del cliente interessato; 4. svolge la stessa attività del cliente; 5. riceve da una persona diversa dal cliente un incentivo, in relazione con il servizio prestato al cliente, sotto forma di denaro, di beni o di servizi, diverso dalle commissioni o dalle competenze normalmente percepite per tale servizio.

Dato tale background regolamentare, EIOPA ha ritenuto che le stesse situazioni potessero essere considerate valide anche per il settore assicurativo e ne conferma l’applicabilità nel proprio draft technical advice, con la precisazione che, ai fini della individuazione dei conflitti, dovrebbe rilevare non solo le remunerazioni qualificabili come inducement (art. 21, par. 1, lettera e) ma tutte le forme di remunerazione percepite dall’intermediario da soggetti diversi dal cliente. Sul punto, quindi l’advice EIOPA risulta infatti di portata applicativa più ampia.[26]

Viene, infine, sottolineato che il conflitto può determinarsi anche nel caso in cui l’intermediario partecipa al processo di formazione e definizione delle caratteristiche del prodotto assicurativo. È evidente il riferimento ai presidi introdotti da MiFID 2 con riferimento all’area del Product Oversight and Governance e per i quali non sono state ancora adottate le misure di secondo livello. Per tale aspetto (comunque non presente nella direttiva IMD 1.5) e in generale per le ulteriori disposizioni di dettaglio relative ai presidi organizzativi che i distributori dovrebbero introdurre in materia, EIOPA ritiene più opportuno evitare di introdurre una regolamentazione L2, che acquisisce la forma di Regolamento della Commissione, mentre appare più convincente fornire delle indicazioni nella forma di good and bad practicies, mediante l’adozione di linee guida EIOPA la cui flessibilità consente agli Stati membri di adattare più efficacemente i relativi precetti alle diverse realtà distributive[27].

b. Policy sui conflitti.

L’obiettivo principale della disciplina MiFID in tema di conflitti di interessi è assicurare che gli intermediari gestiscano i conflitti adottando ogni misura ragionevole per evitare che detti conflitti ledano gli interessi della clientela. A tal proposito, nell’articolo 22 della D2, preso in esame da EIOPA, prescrive agli intermediari di elaborare in forma scritta la politica di gestione dei conflitti di interesse adeguata alle dimensioni, all’organizzazione dei medesimi, nonché alla natura e complessità delle attività dalle stesse svolte e di applicarla in via continuativa.

La politica di gestione deve: a) consentire di individuare, con riferimento ai servizi e alle attività di investimento e ai servizi accessori prestati, le circostanze che generano o potrebbero generare un conflitto di interesse che possa ledere gravemente gli interessi di uno o più clienti; b) dare conto delle procedure e misure da adottare per gestire, nell’ambito dei conflitti individuati, quelli in grado di ledere gravemente gli interessi dei clienti.

Ciò posto, il successivo paragrafo 3 fornisce indicazioni circa le misure e le procedure da considerare nel definire la politica di gestione. Trattasi di soluzioni tipiche, ritenute astrattamente idonee a garantire che i soggetti impegnati nello svolgimento delle attività produttive di conflitti di interessi operino con un grado di indipendenza appropriato per le dimensioni e le attività dell’intermediario e il grado di rischio per i clienti. Qualora le misure tipizzate non sono idonee a garantire un grado adeguato di indipendenza, le imprese d’investimento sono tenute a predisporre le necessarie misure aggiuntive.

Chiara è la rilevanza delle disposizioni MiFID L2 nell’ottica EIOPA che afferma: “Even though the situations addressed in Article 22(3) are drafted in view of investment firms providing a mixture of different kinds of investment services, rather than insurance undertakings and intermediaries, EIOPA believes that similar conflicts of interest may also arise within some insurance undertakings or intermediaries, in particular in view of the variety of business models in existence across Member States.

In chiave prospettica, EIOPA ritiene, peraltro, parimenti rilevanti le indicazioni ESMA su MiFID 2 in base alle quali la disclosure dei conflitti risulta essere una misura eccezionale e residuale rispetto alla gestione degli stessi all’interno dell’impresa[28]. Il Draft Technical Advice, infatti, ripropone senza alcuna variazione il testo dei paragrafi 1, 2 e 3 dell’articolo 22 ma, con riferimento agli obblighi di disclosure relativi all’esistenza di conflitti di interesse, aggiunge: “4. Insurance intermediaries and insurance undertaking should ensure that disclosure, pursuant to Article 13c (2) of IMD, is a step of last resort that can be used only where the effective organisational and administrative measures established by insurance intermediaries and insurance undertakings to prevent or manage conflicts of interests in accordance with Article 13b of IMD are not sufficient to ensure, with reasonable confidence, that the risks of damage to the interests of the customer will be prevented.” Le modalità di comunicazioni di cui al successivo paragrafo 5, riprendono la già richiamata posizione ESMA[29].

c. Remunerazione dell’intermediario.

EIOPA fornisce, infine, il proprio advice in materia di remunerazione. Il tema è affrontato su richiesta della Commissione, una richiesta su cui peraltro è lecito avanzare seri dubbi di conformità rispetto all’articolo 13 quater, paragrafo 3, che circoscrive il perimetro dei futuri atti delegati della Commissione.

La specificazione, contenuta nella richiesta della Commissione, che “The reception of third-party payments and benefits may influence insurance intermediaries and insurance undertakings in acting with the customer’s best interests in mind, by incentivising them to recommend or sell a particular insurance-based investment product when another product may better meet the customer’s needs. In order to strengthen the protection of customers and increase clarity as to the service they receive, conflicts of interest rules should take into consideration situations related to the reception of such third-party payments and benefits.” non pare, infatti, sufficiente a sostenere un atto delegato che si spinga fino a vietare, al pari del sistema MiFID, la percezione di inducement o in generale di remunerazioni da parte di soggetti terzi (quali le imprese di assicurazione) in assenza di una solida base legislativa di rango primario. Ciò è tanto più vero se si considera che l’applicazione della disciplina degli incentivi anche all’intermediazione assicurativa non è sfuggita al legislatore comunitario per mera dimenticanza ma perché tradizionalmente rappresenta uno dei temi “caldi” dove è dato riscontrare una netta contrapposizione di vedute tra gli Stati membri.

Nonostante la richiesta della Commissione, EIOPA sostiene che una disciplina sulle remunerazioni (in particolare l’obbligo della remunerazione di innalzare la qualità del servizio offerto al cliente) non deve avere “the effect of rendering commission-based distribution models impossible, including for intermediaries solely or mostly dependent on commission for their income.”[30]

Benché sia sottolineata la difficoltà di fornire un’opinione tecnica nelle more della revisione globale della direttiva IMD e il fatto che EIOPA non intende (come potrebbe del resto) sostituirsi ai lavori del legislatore primario, il contributo dell’Autorità europea è particolarmente incisivo e va decisamente oltre il testo della IMD 1.5.

Prendendo espressamente come base non solo la MiFID Implementing Directive ma anche il citato advice ESMA adottato ai sensi della MiFID 2, EIOPA ripropone nell’ambito dell’intermediazione assicurativa due temi cardini della disciplina finanziaria: la disclosure della remunerazione e l’innalzamento della qualità del servizio offerto come prerequisito legittimante la percezione di certe tipologie di remunerazioni.

Nonostante appaia condivisibile la premessa da cui muove il consesso in ordine ai potenziali conflitti di interesse in cui possono trovarsi il broker quando distribuisce i prodotti di un’impresa dalla quale è remunerato e l’agente plurimandatario in caso di livelli di remunerazione differenti rispetto alle imprese concorrenti, non si condivide altrettanto le conseguenze che ne discendono.

Infatti, se con la disciplina della full disclosure della remunerazione è possibile ancora trovare dei punti di raccordo con la distribuzione assicurativa nella sua globalità ancorchè sarebbe stata auspicabile una più approfondita valutazione della congruenza con il settore assicurativo dell’articolo 26 D2[31] anziché limitarsi a ritenerlo generalmente applicabile, l’estensione tout court a tutti agli intermediari assicurativi[32] della nozione di innalzamento della qualità del servizio offerto quale presupposto di legittimità delle remunerazioni pagate da soggetti diversi dal cliente appare inopportuna almeno sotto due punti di vista.

Prima di tutto, nonostante la richiesta della Commissione, la netta posizione di EIOPA si scontra con un dato formale incontestabile: la IMD 1.5 non introduce (salvo l’opzione già menzionata) una disciplina in materia di remunerazione degli intermediari né tantomeno intende limitarne la legittimità a certe condizioni.

Secondo, il paper di EIOPA non prende in considerazione le differenze strutturali, e le ricadute in termini di rilevanza dei conflitti di interesse, tra broker e agenti. Sottovaluta EIOPA che un conto è la posizione del broker il quale è normalmente remunerato dal cliente al quale fornisce il proprio servizio di intermediazione, altra è quella dell’agente il quale agisce su mandato di un’impresa la cui commissione rappresenta la naturale remunerazione per l’attività svolta.

Non si vede, quindi, in particolare con riferimento agli agenti, come possano trovare collocazione nel mondo dell’intermediazione assicurativa gli esempi di “enhancement” introdotti in modo esemplificativo[33] da EIOPA volti a ritenere legittima la remunerazione di terzi quando la stessa sia utilizzata per aumentare il range dei servizi forniti o dei prodotti assicurativi offerti ovvero per innalzare la qualità del servizio, ad esempio mediante il finanziamento di training ai dipendenti dell’intermediario.

6. Conclusioni

Dal rapido esame delle novità recate dalla direttiva IMD 1.5, e in attesa del suo recepimento nell’ordinamento italiano,[34] tre sono le considerazioni che possono essere effettuate.

a. Importanza delle novità introdotte. Come già affermato, si ritiene di dover ridimensionare la rilevanza e l’ampiezza della riforma in quanto, nonostante i tentativi di vis espansiva della Commissione e di EIOPA nella regolamentazione di secondo livello, non si presta ad essere inquadrata come una vera riforma organica idonea ad evitare quell’arbitraggio regolamentare che si prefiggeva di eliminare.

b. Rapporto con la legislazione italiana vigente. Rispetto alla regolamentazione nazionale, la IMD 1.5 rappresenta senz’altro una novità nella parte in cui prescrive agli intermediari di costituire i presidi organizzativi e gestionali necessari ad individuare e neutralizzare gli effetti potenzialmente negativi nei confronti dei contraenti, attualmente non presente nell’ordinamento. Non altrettanto si può dire della clausola generale di correttezza la quale già trova posto nella legislazione italiana, in particolare mediante la disciplina di cui all’articolo 48 “Conflitti di interesse” di cui al Regolamento ISVAP n.5/2006. Tale disposizione, infatti, rispetto alla norma comunitaria risulta di portata più ampia sia sotto un profilo oggettivo che soggettivo: da un punto di vista oggettivo, impone infatti agli intermediari non solo di proporre ai contraenti contratti alle migliori condizioni possibili ma anche di astenersi dal compiere operazioni in cui hanno un interesse in conflitto e in generale di operare in modo da non recare pregiudizio ai contraenti; da un punto di vista soggettivo, i presidi relativi ai conflitti di interesse si applicano alla generalità degli intermediari e delle imprese di assicurazione a prescindere dalla tipologia di prodotto assicurativo distribuito.

c. Frammentazione dell’attività di intermediazione. L’introduzione di una disciplina differenziata per i prodotti d’investimento assicurativi, seppur giustificata dall’esigenza di evitare arbitraggi regolamentari tra distributori di prodotti analoghi, rischia di accentuare l’esistente segmentazione della distribuzione dei prodotti assicurativi vita che in Italia risulta essere prevalentemente in mano agli intermediari bancari e finanziari i quali già risultano essere compliant con la disciplina MiFID e che quindi non subiscono in maniera rilevante i costi di amministrativi e gestionali connessi alle novità regolamentari. Si auspica, quindi, che i futuri lavori per una revisione organica della direttiva IMD non accentuino la disomogeneità normativa tra un’intermediazione assicurativa di serie A e una di serie B, ma al contrario si pongano in un’ottica regolamentare unitaria prevedendo, per quanto possibile, regole omogenee applicabili a tutti i prodotti assicurativi. In tal senso sembra muoversi il recente Compromesso approvato lo scorso novembre dal Consiglio dell’Unione Europea[35] in cui le disposizioni in materia di remunerazione, di obbligo di agire nel miglior interesse dell’assicurato, nonché di collocamento di prodotti assicurativi in linea con le esigenze assicurative del cliente (c.d. “demands and needs”) sono previste nel Chapter VI che disciplina gli obblighi di informativa e le regole di condotta applicabili in linea generale alla distribuzione assicurativa[36].

 

* Serena Marzucchi è dottoranda di ricerca in “Consumatori e mercato” dell’Università di RomaTre e dal 2006 lavora in IVASS, attualmente presso il Servizio Normativa e Politica di Vigilanza. Le opinioni espresse nel presente lavoro sono riferibili unicamente all’Autore e non impegnano in alcun modo l’Istituto.

[1] Proposta della Commissione, documento n. COM(2012) 360 final, disponibile al link http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2009_2014/documents/com/com_com(2012)0360_/com_com(2012)0360_it.pdf.

[2] L’impostazione di una vigilanza differenziata, distinzione non presente nel nostro ordinamento, è completata dall’introduzione di regole di market conduct differenziate per i “clienti professionali”. In realtà la novità pare di scarso ove si osservi che la categoria abbraccia un ristretto ambito di clienti particolarmente qualificati, ossia, i soggetti vigilati nel settore bancario, finanziario e assicurativo (banche, imprese di assicurazione, OICR, fondi pensione e loro società di gestione, investitori istituzionali), le grandi imprese, lo stato e gli enti territoriali, gli enti sopranazionali.

[3] Con riferimento vendita abbinata di polizze connesse a mutui e finanziamenti alla si veda in particolare il Decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito, con modificazioni, in Legge 22 dicembre 2011, n. 214 (c.d. Decreto Salva Italia) e il Decreto Legge n. 1 del 24 gennaio 2012, convertito, con modificazioni, in Legge n. 27 del 24 marzo 2012 (c.d. Decreto Cresci Italia).

[4] Il cliente è informato sulla possibilità di acquistare componenti del pacchetto separatamente, sul costo delle singole componenti se acquistate separatamente e sulla possibilità di acquistare le singole componenti presso altri fornitori.

[5] Pubblicato in GU dell’Unione Europea, 9 dicembre 2014.

[6] Per completezza si precisa che l’articolo 4, lettera ac) definisce i packaged retail and insurance-based investment product (PRIIPs) “any product that falls within the definitions of the aforementioned subparagraphs (a) and (ab)”, ovvero le definizioni di packaged retail investment product (PRIP) e di insurance-based investment product (IBIP).

[7] In assenza di un’armonizzazione comunitaria, il nostro ordinamento ha comunque esteso molti degli obblighi comportamentali previsti per gli intermediari assicurativi anche alle imprese di assicurazione, anticipando in tal modo il processo legislativo dell’Unione Europea (v. Regolamento ISVAP n. 5 del 2006, in particolare gli articoli 47, 48, 49, comma , lettera b), commi 3 e 4, 51, 52 e 53).

[8] Si veda infatti la Proposta della Commissione del 2012, cit., e il VI Presidency compromise (Doc n. 14791/14 del 28 ottobre 2014), cit. consultabile al link http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=EN&f=ST%2014791%202014%20INIT.

[9] Accanto ai clienti che, a certe condizioni, possono su richiesta essere considerati professionali, sono considerati tali per default: 1) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari (enti creditizi; imprese di investimento; altri istituti finanziari autorizzati o regolamentati; imprese di assicurazione; organismi di investimento collettivo e società di gestione di tali organismi; fondi pensione e società di gestione di tali fondi; negoziatori per conto proprio di merci e strumenti derivati su merci; singoli membri di una borsa; altri investitori istituzionali); 2) le imprese di grandi dimensioni che ottemperano, a livello di singola società, a determinati criteri dimensionali; 3) i governi nazionali e regionali, compresi  gli enti pubblici incaricati della gestione del debito pubblico a livello nazionale o regionale , le banche centrali, le istituzioni internazionali e sovranazionali come la Banca mondiale, l’FMI, la BCE, la BEI e altre organizzazioni internazionali analoghe; 4) altri investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari, compresi gli enti dediti alla cartolarizzazione di attivi o altre operazioni finanziarie.

[10] Si veda, ad esempio, la disciplina relativa all’obbligo di eseguire gli ordini alle condizioni più favorevoli per il cliente (art. 27 MiFID 2).

[11] Cfr. art. 16, par. 3, MiFID 2.

[12] Articolo 13 quater, paragrafo 3.

[13] VI Presidency compromise (Doc n. 14791/14 del 28 ottobre 2014), cit.

[14] Cass. 29 dicembre 2011, n. 29864. La statuizione è formulata dalla Cassazione per affermare che l’obbligo dell’intermediario di “verificare… l’adeguatezza dell’operazione” di investimento si applica non solo ai servizi di gestione e di consulenza, ma anche al servizio di negoziazione. La Corte ritiene che tale valutazione debba aver luogo anche nell’esecuzione del servizio di negoziazione, dal momento che essa  rientra i comportamenti attraverso i quali si invera l’obbligo posto a carico dei “soggetti abilitati” (articolo 21 del TUF), ovvero delle “imprese di investimento” (articolo 19 MiFID), di “servire al meglio gli interessi dei clienti”.

[15] Sul consenso contrattuale nell’intermediazione assicurativa, R. Di Raimo, Finanza, finanza derivata e consenso contrattuale. Osservazioni a valle delle crisi d’inizio millennio, in questa Rivista, 10/2014.

[16] V. articolo 24, par. 3, MiFID 2.

[17] Per evitare che il duplice ruolo determinasse un conflitto d’interesse tra l’obiettività dei consigli che forniscono e le proprie considerazioni di carattere commerciale, alcuni paesi hanno vietato tout court le remunerazioni delle imprese di assicurazione ai broker. Sul punto, P. MARANO, La concorrenza tra intermediari assicurativi: prospettive di regola-zione europea e interventi di liberalizzazione nazionali, inLa regolazione assicurativa. Dal codice ai primi regolamenti di attuazione, a cura di P. Marano e M. Siri, Torino, 2009, 23.

[18] La remunerazione pagata da soggetti terzi come le imprese, qualora ammessa, deve comunque essere comunicata al cliente in modo completo, accurato e comprensibile, prima della prestazione del servizio di investimento o del servizio accessorio.

[19] Su impulso del Joint Committee che nel 2013 aveva adottato la propria posizione comune in materia di Product oversight (documento n. JC-2013-77, disponibile al link http://www.esma.europa.eu/system/files/jc-2013-77_pog_-_joint_position_0.pdf), EIOPA, nel silenzio della direttiva IMD ha comunque pubblicato il Consultation Paper
on the proposal for
Guidelines
on
product oversight & governance arrangements by insurance undertakings (https://eiopa.europa.eu/consultations/consultation-papers/index.html#c4273).

[20] La richiesta formale della Commissione e il testo del Discussion paper sono disponibili al link https://eiopa.europa.eu/consultations/consultation-papers/2014-closed-consultations/may-2014/discussion-paper-on-conflicts-of-interest-in-direct-and-intermediated-sales-of-insurance-based-investment-products-priips/index.html.

[21] “Final Report on the Discussion Paper on Conflicts of Interestin direct and intermediated sales of insurance-based investment products” – Doc EIOPA-CCPFI-14/099 del 1 ottobre 2014 disponibile al link https://eiopa.europa.eu/fileadmin/tx_dam/files/publications/reports/EIOPA-CCPFI-14-099_EIOPA_Final_Report_on_the_Discussion_Paper.pdf.

[22] “Consultation
Paper
on
Conflicts of Interest
in direct and intermediated sales of insurance-based investment products” – Doc EIOPA-CCPFI-14/041 del 1 ottobre 2014 disponibile al link https://eiopa.europa.eu/en/consultations/consultation-papers/index.html. La pubblica consultazione si è chiusa il 1° dicembre u.s.

[23] Final Report, cit., 5.

[24] Articolo 18, paragrafi 1 e 2, Direttiva 2004/39/CE (MiFID1).

[25] Final Report, cit., 4. L’importanza di prendere in considerazione il principio di proporzionalità era già stato sottolineato dal chairman Gabriel Bernardino nel discorso introduttivo al  public event on conflicts of interest tenuto da Eiopal’11 luglio 2014 “We acknowledge that insurance undertakings and intermediaries might face different challenges when dealing with conflicts of interest. We are mindful of the fact that rules for very small intermediaries and very large undertakings might have to differ substantially, while – at the same time – reach the common goal. Therefore, we will take proportionality into account.” Il testo integrale è disponibile al link https://eiopa.europa.eu/fileadmin/tx_dam/files/Press-Room/speeches/2014-07-11_Public_event_IMD_1.5.pdf.

[26] “e) the insurance intermediary, insurance undertaking, linked person or person involved in carrying out insurance distribution activities receives or will receive from a person other than the customer a monetary or non-monetary benefit in relation to the insurance distribution activities provided to the customer.”, EIOPA Consultation Paper, cit., 12.

[27] V. nota 19.

[28] Consultation Paper on MiFID II/MiFIR, documento n. ESMA/2014/549 del 22 maggio 2014.

[29] “5. Insurance intermediaries and insurance undertaking should make that disclosure to customers, pursuant to Article 13c (2) of IMD, in a durable medium. The disclosure should include sufficient detail, including the risks to the customer that arise as a result of the conflict and the steps undertaken to mitigate these risks, to enable that customer to take an informed decision with respect to the insurance distribution activities in the context of which the conflict of interest arises.”

[30] Consultation Paper, cit., 23.

[31] Art. 26 D2: “Incentivi.Gli Stati membri assicurano che si consideri che le imprese di investimento non agiscono in modo onesto, equo e professio- nale, per servire al meglio gli interessi dei clienti, se, in relazione alla prestazione di un servizio di investimento o accessorio ad un cliente, versano o percepiscono competenze o commissioni oppure forniscono o ricevono prestazioni non monetarie ad eccezione di: a)  competenze, commissioni o prestazioni non monetarie pagati o forniti a o da un cliente o una persona per conto del cliente; b)  competenze, commissioni o prestazioni non monetarie pagati o forniti a o da un terzo o una persona che agisca per conto di un terzo, qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: i) l’esistenza, la natura e l’importo di competenze, commissioni o prestazioni, o, qualora l’importo non possa essere accertato, il metodo di calcolo di tale importo, devono essere comunicati chiaramente al cliente, in modo completo, accurato e comprensibile, prima della prestazione del servizio di investimento o accessorio in questione; ii) il pagamento di competenze o commissioni o la concessione di prestazioni non monetarie deve essere volta ad accrescere la qualità del servizio fornito al cliente e non deve ostacolare l’adempimento da parte dell’impresa dell’obbligo di servire al meglio gli interessi del cliente; c) competenze adeguate che rendano possibile la prestazione di servizi di investimento o siano necessarie a tal fine, come ad esempio i costi di custodia, le competenze di regolamento e cambio, i prelievi obbligatori o le competenze legali, e che, per loro natura, non possano entrare in conflitto con il dovere dell’impresa di agire in modo onesto, equo e professionale per servire al meglio gli interessi dei suoi clienti. Gli Stati membri consentono alle imprese di investimento, ai fini della lettera b), punto i), di comunicare i termini essenziali delle disposizioni in materia di competenze, commissioni o presta- zioni non monetarie in forma sintetica, purché si impegnino a rendere noti altri dettagli su richiesta del cliente ed onorino tale impegno.”

[32] Con riferimento ai dipendenti dell’impresa EIOPA ritiene necessario effettuare ulteriori approfondimenti.

[33] Non rappresentano, secondo EIOPA, un safe harbour ma la loro concreta capacità di eliminare in nuce le conseguenze negative del conflitto va esaminata case by case (Consultation Paper, cit. 23)

[34] Il termine per il recepimento nazionale scade a luglio 2016.

[35] VI Presidency compromise (Doc n. 14791/14 del 28 ottobre 2014), cit.

[36] Si rimanda in particolare agli articoli 15, par. 1 e 3, 15a, par. 4, 15b par. 2, 15c par. 5, del Compromesso.

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