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Attualità

La valutazione del merito creditizio nelle operazioni di “cessione del quinto”

14 Marzo 2022

Francesco Salerno, Partner, KPMG Studio Associato – Consulenza legale e tributaria

Di cosa si parla in questo articolo

Le tematiche oggetto del presente contributo saranno oggetto di approfondimento nel webinar del 18 marzo su “Cessione del quinto: profili di vigilanza – Comunicazione Banca d’Italia 12 gennaio 2022“.

1. Le operazioni di finanziamento garantite da “cessione del quinto” dello stipendio o della pensione rappresentano, da tempo, una tra le più diffuse forme di credito ai consumatori. Garanzia di rimborso tramite trattenute alla fonte e obbligatorietà delle coperture assicurative per il caso di perdita impiego o premorienza, sono ragioni che hanno difatti contribuito ad accrescere l’apprezzamento degli operatori verso questa forma tecnica di finanziamento, tanto più dopo le modifiche alle disposizioni prudenziali, introdotte dal Regolamento UE n. 873/2020, che hanno ridotto il fattore di ponderazione ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali.

La bassa rischiosità di queste operazioni non deve tuttavia indurre a trascurare i rischi che comunque accompagnano (anche) questo genere di finanziamento, non dovendo in ogni caso portare ad omettere l’adempimento degli obblighi di valutazione del merito creditizio stabiliti dall’art. 124-bis t.u.b., che come noto richiede ai finanziatori professionali di tener conto della complessiva situazione del debitore[1].

Ad enfatizzare questo aspetto è stata di recente la Comunicazione della Banca d’Italia del 12 gennaio 2022 (la “Comunicazione”)[2], che nel fornire tutta una serie di indicazioni volte al presidio di vari aspetti e rischi (operativi, legali e di reputazione, di remunerazione  e incentivazione, di liquidità, di mercato, di digitalizzazione, ecc.), ha tra l’altro suggerito agli operatori di non limitare la propria indagine, al momento della valutazione del merito creditizio, all’analisi «della posizione finanziaria del datore di lavoro» bensì di prestare attenzione alla complessiva situazione finanziario-patrimoniale del debitore anche nella prospettiva di «prevenire i rischi di sovra-indebitamento».

Col proposito di dare evidenza ai rischi di credito che anche questo genere di operazioni comunque comporta, la Comunicazione ha dato enfasi, inoltre, alle possibili implicazioni delle procedure di sovraindebitamento, sottolineando come le nuove regole abbiamo «esplicitamente previsto la possibilità di falcidia e ristrutturazione anche dei debiti derivanti da contratti di finanziamento “CQS/CQP” e, più in generale, la necessità da parte dell’organo di composizione della crisi di indicare nella propria relazione se il finanziatore abbia tenuto conto del merito di credito del debitore nella fase di concessione del credito».

2. Così facendo, ponendo cioè gli obblighi di valutazione del merito creditizio in una prospettiva di prevenzione dal rischio di sovraindebitamento, la Comuni­cazione sembra porsi in linea con l’orientamento interpretativo che riconosce a questi obblighi una rilevanza anche nell’ambito dei rapporti tra consumatore e finanziatore.

Invero, non avendo il legislatore ben chiarito le finalità degli obblighi previsti dall’art. 124-bis t.u.b., l’interpretazione di questa norma ha suscitato molti dubbi. Alcuni hanno infatti sostenuto che l’obbligo di verifica del merito creditizio rileverebbe da un punto di vista solo pubblicistico quale  strumento di sana e prudente gestione dell’impresa bancaria[3]. Altri hanno invece argomentato che il diligente finanziatore dovrebbe astenersi dall’erogare credito in mancanza di merito creditizio[4], in quanto la concessione di nuovo credito potrebbe determinare conseguenze a discapito del consumatore, e tanto più, aggiungerei, nel caso in cui l’erogazione sia da mettere in relazione a bisogni non essenziali se non proprio effimeri (si pensi, ad esempio, al debitore che non riesca poi ad ottenere credito per una esigenza di vita a motivo di segnalazioni in centrale rischi conseguenti a finanziamenti per l’acquisto di beni effimeri; o che ottenga un mutuo a condizioni molto gravose al solo scopo di saldare una precedenza esposizione verso il medesimo finanziatore;  o che aggravi la situazione per saldare debiti a breve sosti­tuen­doli con altri a più lunga scadenza ma più onerosi ed insostenibili; ecc.). Il consumatore, quale naturale implicazione di questa seconda tesi, dovrebbe poter perciò reagire sul piano privatistico ogniqualvolta dalla condotta irresponsabile del finanziatore ne siano discese conseguenze a suo danno[5].

Quali sarebbero le reazioni alle quali il consumatore dovrebbe poter accedere non è tuttavia facile a dirsi. A differenza di quanto non accada in altri paesi [6], nel nostro ordinamento non si rinvengono infatti disposizioni speciali volte a sanzionare le condotte irresponsabili degli operatori. Né una sufficiente protezione del consumatore si avrebbe anche a voler, anche solo per ipotesi, immaginare l’invalidità del contratto di finanziameno (e basti pensare, per averne riprova, che la stessa non farebbe venir meno l’obbligo di restituire le somme erogate). Sicché, a fronte di un’erogazione irresponsabile non rimarrebbe che ipotizzare il risarcimento del danno, anche in questo caso però con difficoltà di non poco conto in termini sia di accertamento dei presupposti che di quantificazione [7].

3. Vanno lette dunque in questo contesto, di difficoltosa identificazione delle eventuali conseguenze sanzionatorie, le previsioni introdotte in tema di composizione della crisi da sovraindebitamento, cui la Comunicazione fa riferimento, chiaramente finalizzate a responsabilizzare i finanziatori nel momento della verifica del merito creditizio, pena la comminazione di sanzioni di stampo processuale. Invero, traendo spunto da soluzioni ideate dalla giurisprudenza[8], l’art. 69, co. 2, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) ha precluso al creditore irrispettoso dell’obbligo di verifica del merito creditizio la possibilità di «presentare opposizione o reclamo in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta»[9], così privandolo – di fatto – della possibilità di reagire ad eventuali progetti di ripartizione dell’attivo lesivi delle sue aspettative di recupero. Nell’attesa dell’entrata in vigore del CCII, analoga previsione è stata peraltro inserita, da parte dalla legge 176/2020 di conversione del d.lgs 137/2020, nella legge 3/2012, mediante l’aggiunta all’art. 7, co. 2, della lettera d-ter).

Nel contempo, il legislatore ha tenuto a chiarire che le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, con l’apparato di regole comprensivo delle limitazioni procedurali appena riferite, possono riguardare anche i crediti assistiti da cessione del quinto.

L’opportunità di questo chiarimento è dipeso dal fatto che, inizialmente,  la possibilità di ristrutturare i crediti derivanti da operazioni di cessione del quinto nell’ambito delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento è stata molto dibattuta. La tesi favorevole era sostenuta assumendo a premessa che la cessione del quinto rappresenterebbe un’ipotesi di cessione di credito futuro cui doversi applicare, in analogia a quanto previsto nell’ambito della procedura fallimentare, la regola dell’inopponibilità (della cessione del credito futuro) alla procedura[10]. Questa tesi però forse non considerava, oltre a qualche margine di opinabilità della stessa regola dell’inopponibilità alla procedura, la diversità della procedura fallimentare rispetto alla procedura da sovraindebitamento e, soprattutto, la funzione di garanzia perseguita dalla cessione del quinto[11], che rende quest’ultima fattispecie evidentemente affine alle altre ipotesi di garanzia, quali specificamente il privilegio, il pegno e l’ipoteca, la cui efficacia di certo non viene meno nell’ambito dei piani di composizione della crisi da sovraindebitamento[12].

Una soluzione a questo dubbio intepretativo è stata tuttavia suggerita dall’approvazione del CCII, il cui art. 67, co. 3, stabilisce che nell’ambito della procedura di ristrutturazione dei debiti «[l]a proposta può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione [omissis]». Il rinvio dell’entrata in vigore del CCII non ha comunque consentito di concludere che la precisazione fornita dall’art. 67, co. 3, CCII, potesse applicarsi da subito. La questione è stata comunque nel frattempo definitivamente superata dalla già menzionata legge 176/2020, che ha introdotto la medesima precisazione nella legge 3/2012, a tal fine integrandone l’art. 8 con l’aggiunta del comma 1-bis[13].

In conclusione, e come la Comunicazione non ha mancato di riferire, trovano quindi applicazione anche al caso di irresponsabile erogazione di  finanziamento assistito da cessione del quinto, (quantomeno) gli effetti preclusivi dell’opposizione o del reclamo per contestare la convenienza della proposta di ristrutturazione. Senza in astratto potersi altresì escludere – stante il tendenziale riconoscimento, cui anche la Comunicazione ha dato conferma, delle finalità protettive dei consumatori dell’obbligo di verifica del merito creditizio – il rischio di iniziative di stampo sostanzialmente risarcitorio nell’ambito del rapporto di finanziamento[14].

 

[1] Ai sensi dell’art. 124-bis «1. Prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore valuta il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario,ottenute consultando una banca dati pertinente. 2. Se le parti convengono di modificare l’importo totale del credito dopo la conclusione del contratto di credito, il finanziatore aggiorna le informazioni finanziarie di cui dispone riguardo al consumatore e valuta il merito creditizio del medesimo prima di procedere ad un aumento significativo dell’importo totale del credito. 3. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, detta disposizioni attuative del presente articolo».

[2] La comunicazione, con ad oggetto “Operazioni di finanziamento contro cessione del quinto o della pensione. Profili di rischiosità e linee di vigilanza”, è rinvenibile in www.bancaditalia.it

[3] L. Modica, Profili giuridici del sovraindebitamento, Napoli, 2012, 279; D. Maffeis, Molteplicità delle forme e pluralità di statuti del credito bancario nel mercato globale e nella società plurale, in Nuove leggi civ. comm., 2012, 730.

[4] R. De Chiara, Commento all’art. 124-bis, in Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia3 , diretto da F. Capriglione, tomo III, Padova, 2012, 1873; A. Nigro, Linee di tendenza delle nuove discipline di trasparenza. Dalla trasparenza alla “consulenza”?, in Dir. banc. merc. fin., 2011, 19; E. Pellecchia, Dall’insolvenza al sovraindebitamento, Torino, 2012, 91; A.A. Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Bologna, 2013, 124.

[5] Per un approfondimento di questi diversi aspetti, ed in generale della rilevanza degli obblighi di verifica del merito creditizio in una prospettiva di prevenzione del sovraindebitamento e di tutela del consumatore, mi permetto rinviare a F. Salerno, La prevenzione del sovraindebitamento nel credito al consumo, Pisa, 2017, passim.

[6] In Francia, ad esempio, il Code de la consommation stabilisce il venir meno, in tutto o in parte, del diritto del finanziatore agli interessi in caso di mancata valutazione del merito creditizio oltre che di omessa comunicazione al consumatore delle informazioni obbligatorie fornite in sede precontrattuale; in Svizzera, la Loi Federale sur le crédit à la consommation impone ai finanziatori di erogare credito in maniera responsabile prevedendo conseguenze sul diritto alla restituzione del credito e/o degli interessi a seconda della gravità della condotta; in Sud Africa, il National credit Act 34/2005 prevede, in caso di temerarietà del finanziamento, la facoltà del giudice di sospendere anche d’ufficio l’efficacia del contratto di credito con conseguente interruzione dei pagamenti e del decorso degli interessi.

[7] Per l’ammissibilità dello strumento risarcitorio v., in giurisprudenza, Trib. Macerata, 24 maggio 2018, in Nuova giur. civ. comm., 2018, 1430 ss.

[8] Ovviando alla difficoltà di delineare le conseguenze della violazione dell’obbligo di verifica del merito creditizio, la giurisprudenza (v. in particolar modo Trib. Ascoli Piceno, 4 aprile 2014, in www.ilcaso.it) aveva difatti omologato un “piano del consumatore” che prevedeva un trattamento svantaggioso per il creditore asseritamente responsabile della situazione di sovraindebitamento.

[9] Per superare i dubbi di presunta violazione della par condizio creditorum, il d.lgs. 147/2020 ha al integrato l’art. 67, co. 2, CCII, precisando la possibilità di prevedere un trattamento «differenziato» dei creditori .

[10] A favore della ristrutturazioni dei crediti da cessione del quinto, tra altre, Trib. Pistoia, 2013, in www.unijuris.it; Trib. Torino, 8 giugno 2016, in www.ildirittodegli affari.it; Trib. Livorno, 15 febbraio 2017, in www.tribunale.livorno.it.

[11] Cfr. F. Salerno, La ristrutturazione dei crediti da “cessione del quinto”nella composizione della crisi da sovraindebitamento, in Il nuovo diritto delle società, 2018, 41 ss.

[12] Dovendo infatti i piani di composizione della crisi in ogni caso garantire il pagamento dei crediti assistiti da privilegio, pegno e ipoteca in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato dei beni ed in ragione della collocazione preferenziale (art. 7, l. 3/2012).

[13] Che stabilisce: «La proposta di piano del consumatore può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno, salvo quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, secondo periodo»

[14] Per la cui astratta ammissibilità, v. supra e nota 7.

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