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L’AE sulla modifica della dichiarazione dei redditi in caso di errata opzione fiscale

13 Febbraio 2024
Di cosa si parla in questo articolo

Con risposta n. 42/2024, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito ad un interpello relativo alla possibilità di modificare, mediante dichiarazione integrativa, la dichiarazione dei redditi relativa ad un periodo d’imposta, per rettificare il contenuto dei campi ove è stata esercitata erroneamente una opzione (ovvero quella per riallineamento dei valori ex art. 176, c. 2­ter, del Tuir), in luogo di quella che effettivamente scelta (opzione per il riallineamento di cui dall’art. 1, c. da 696 a 704, della legge 27 dicembre 2019, n. 160).

L’Agenzia delle Entrate risponde negativamente al quesito, per due ordini di ragioni:

  • con l’istituto del ravvedimento operoso, disciplinato dall’art. 13 D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, è possibile definire una irregolarità fiscale, provvedendo spontaneamente alla rimozione formale della violazione commessa e, contestualmente, al pagamento dell’imposta dovuta, degli interessi e della sanzione in misura ridotta in ragione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni stesse. Tale istituto non può, invece, essere utilizzato per modificare scelte o correggere errori o omissioni compiuti in applicazione di regimi opzionali.
  • vi è uno strumento specificamente introdotto dal legislatore, ovvero la remissione in bonis di cui all’art. 2, c. 1 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, volto a evitare che, in determinate circostanze, al contribuente in possesso di requisiti sostanziali normativamente richiesti, sia preclusa la possibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali

L’Agenzia aveva già chiarito che il contribuente deve effettuare la comunicazione ovvero eseguire l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile, da intendersi come la prima dichiarazione dei redditi, il cui termine di presentazione scade successivamente al termine previsto per eseguire l’adempimento stesso (requisito che, nel caso di specie, non sussiste per decorso del termine).

Con la circolare n. 38/E del 2012, nel richiamare il contenuto della relazione illustrativa, è stato chiarito, inoltre, che la previsione normativa in oggetto intende salvaguardare il contribuente in buona fede e, quindi, esclude che il beneficio possa essere fruito o il regime applicato nelle ipotesi in cui il tardivo assolvimento dell’obbligo di comunicazione ovvero dell’adempimento di natura formale rappresenti un mero ripensamento, ovvero una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità.

L’esistenza della buona fede, in altri termini, presuppone che il contribuente abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con il beneficio fiscale di cui intende usufruire (c.d. comportamento concludente), ed abbia soltanto omesso l’adempimento formale normativamente richiesto, che viene posto in essere successivamente.

A parere dell’Agenzia, in conclusione, nel caso descritto nell’interpello, non si ravvisa alcuna distonia che avrebbe potuto dar luogo all’applicazione della disciplina della remissione in bonis, atteso che il versamento dell’imposta sostitutiva, eseguito ben prima (24 luglio 2020) della presentazione della dichiarazione annuale (28 ottobre 2020) a suo dire errata, è coerente con il regime opzionale indicato nella citata dichiarazione, e non con quello che si chiede di modificare.

Ne deriva che la richiesta di modificare l’opzione a posteriori appare un mero ripensamento, una scelta basata su ragioni di opportunità, a nulla rilevando il richiamo al riallineamento fiscale di cui all’art. 1 commi 696 e seguenti della legge n. 160 del 2019 presente nell’informativa del bilancio d’esercizio relativo al 2019, che rappresenta una manifestazione d’intento cui non ha fatto seguito un comportamento concludente e fiscalmente rilevante.

Alla luce delle considerazioni suesposte, all’istante è preclusa la possibilità di emendare l’opzione espressa nella dichiarazione annuale relativa al periodo d’imposta 2019.

Al fine di recuperare l’imposta sostitutiva, erroneamente versata, l’istante potrà pertanto esclusivamente presentare istanza di rimborso ex art. 38 del DPR 29 settembre 1973, n. 602, entro i termini dal medesimo previsti (48 mesi dal versamento), illustrando all’ufficio competente i motivi per i quali il versamento va considerato indebito.

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