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Attualità

L’art. 177 TUIR: restyling necessario

24 Giugno 2024

Luca Rossi, Partner, Studio Legale Tributario Facchini Rossi Michelutti

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo passa brevemente in rassegna le novità alla disciplina dei conferimenti partecipativi che stanno per essere introdotte con le modifiche all’art. 177 del TUIR di attuazione della delega fiscale, soffermandosi sui possibili ulteriori spunti di miglioramento.


In attuazione della delega fiscale stanno per essere introdotte diverse modifiche all’art. 177 del TUIR, in tema di conferimenti partecipativi.

Le modifiche proposte, sebbene ancora nella loro versione non definitiva, sono molto positive e sicuramente migliorano il contesto di riferimento, ma occorre però, a mio avviso, fare ancora piccole modifiche per rendere la norma del tutto efficace.

Il presente breve scritto non ha la finalità di illustrare in dettaglio tutte le modifiche proposte, bensì quella di darne una breve sintesi evidenziando quelli che, a mio avviso, possono essere gli ulteriori miglioramenti anche in un’ottica de iure condendo.

In estrema sintesi:

  • nell’ambito dell’articolo 177, comma 2 del TUIR rileveranno non solo i conferimenti di controllo o che permettano alla conferitaria di raggiungere sulla società conferita una situazione di controllo di diritto ex art. 2359 n. 1, c.c., ma anche quelli attuati successivamente al raggiungimento di una situazione di controllo (incremento del controllo); tale ultima situazione non sarà più riferita a particolari regole statutarie o legali riguardanti la società conferita (norma questa di difficile applicazione nella prassi). Pertanto, il conferimento ad esempio di un 3% di capitale votante di una società italiana in altra società italiana che già detiene il 51% della società conferita rientrerà nel regime agevolato. Modifica molto gradita ed anche molto corretta che tende ad adeguare la normativa alle disposizioni comunitarie di riferimento, del pari modificate nel recepimento domestico (cfr. art. 178, TUIR);
  • la seconda modifica rilevante è tesa ad intercettare una situazione di incompatibilità comunitaria (Trattato UE in tema di libera circolazione dei capitali ovvero di libertà di stabilimento), cercando di ampliare l’oggetto del conferimento anche alle società estere (dotate di organo assembleare) e non solo a quelle italiane. Qui personalmente ritengo che la norma avrebbe dovuto osare di più, restando ancora sussistenti rilevanti incompatibilità comunitarie, soprattutto nei conferimenti di partecipazioni qualificate di cui all’art. 177, commi 2-bis e 2-ter (più oltre commentati).
    La modifica normativa amplia la sua portata, considerando conferibili in neutralità contabile anche le società estere dell’art. 73 comma 1, lett. d) TUIR, sempre però in società di capitali italiane. Ove la società conferita fosse europea la neutralità a tutto tondo del conferimento (anche in assenza di neutralità contabile) sarebbe già garantita dall’art. 178 del TUIR; del pari il conferimento di una società italiana con trasferimento di controllo di diritto in una società europea sarebbe neutrale in virtù dell’art. 178 del TUIR (fondato, come è noto, sugli stessi presupposti partecipativi: trasferimento del controllo di diritto anche uno acto ed ora anche integrazione piena del controllo). Ma perché la norma non ha previsto che anche la conferitaria possa essere non residente? Perché i conferimenti con trasferimento del controllo di una società estera in altra società estera non trova copertura nell’art. 177 del TUIR? Ovviamente, ove entrambe le società estere fossero residenti in due differenti Paesi europei potrebbe trovare applicazione l’art. 178 del TUIR; ma perché il conferimento del controllo di una società francese in altra società francese non può godere della neutralità contabile dell’art. 177 del TUIR? Questa rimane a mio avviso una chiara limitazione che infrange i principi comunitari di riferimento[1].
    Ma la contrarietà ai principi comunitari è ancora più evidente nel caso di conferimenti di partecipazioni qualificate di cui all’art. 177, comma 2-bis e 2-ter, ove si noti che per quella disposizione risulterebbero applicabili anche i principi di libera circolazione dei capitali riferibili anche ai paesi non UE, purché con adeguato scambio di informazioni. Pertanto, anche i conferimenti di partecipate ExtraUE non di controllo potrebbero essere non coperti dall’art. 177 del TUIR (in quest’ambito quindi, non trovando sovrapposizione l’art. 178 del TUIR, molte più situazioni, che dovrebbero invece poter beneficiare della neutralità contabile, rimarrebbero pienamente tassate in contrasto ai principi comunitari di riferimento);
  • una ulteriore modifica che assume però di fatto carattere chiarificatorio (considerato anche l’ultimo indirizzo espresso in proposito dall’Agenzia delle Entrate)[2] è quella che regola i conferimenti in neutralità contabile minusvalenti. Qui il principio è chiaro e condivisibile: nei conferimenti che creano una minusvalenza contabile si riconosce rilevanza a tale minusvalenza ove la stessa sia confermata dal valore effettivo dell’art. 9 del TUIR della partecipazione conferita; ove la minusvalenza è solo contabile la stessa non è deducibile (ovvero non si intende realizzata), ma da una minusvalenza contabile dell’art. 177 del TUIR non può mai emergere un plusvalore tassato in capo al conferente sulla base del valore effettivo dell’art. 9 del TUIR della partecipazione conferita (come invece riteneva, a mio avviso erroneamente, l’Amministrazione finanziaria in un precedente indirizzo interpretativo)[3];
  • veniamo ora alla modifica molto attesa dei conferimenti di partecipazioni qualificate (superiore al 20% / 25% per le società non quotate, rispettivamente per diritti di voto e partecipazione al capitale, ovvero superiore al 2% / 5% per le società quotate, rispettivamente per diritti di voto e partecipazione al capitale). Qui il tema era soprattutto nei conferimenti di holding di partecipazione per le quali per tutte le partecipazioni detenute direttamente o indirettamente dalla holding occorreva restare sopra la soglia delle partecipazioni qualificate (attuando un processo di demoltiplicazione partecipativa seguendo le partecipazioni detenute lungo la catena). Regola che peraltro andava in tilt ove tra le partecipazioni detenute vi fossero delle società quotate che a loro volta detenevano partecipazioni non quotate: si poneva infatti un conflitto nel computo delle partecipazioni rilevanti, in quanto anche per le partecipazioni non quotate detenute da una società quotata la soglia minima rimaneva sopra il 20% dei diritti di voto, mentre per la quotata di più alto livello la soglia era molto più bassa, ossia il 2% dei diritti di voto. Qui la modifica normativa interviene in maniera decisa: (i) modifica la definizione di holding rinviando per tabulas all’art. 162-bis del TUIR (invece della regola dell’art. 87, comma 5, TUIR); (ii) per la holding conferita rilevano solo le partecipazioni dirette della holding, mentre quelle indirette rilevano solo se detenute a loro volta da holding partecipate della holding conferita e altresì controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c. dalla holding conferita; (iii) nel caso di conferimento di una holding la maggior parte delle partecipate dirette o indirette (in termine di loro valore contabile) deve essere sopra la soglia di qualificazione (attuando il solito processo demoltiplicativo nell’ambito del rapporto proporzionale). La proporzione deve essere attuata in un rapporto di composizione percentuale delle partecipate dirette o indirette (tramite holding controllate) sopra soglia rispetto a tutte le partecipate dirette o indirette (tramite holding controllate) anche sotto soglia. Ai fini di questo calcolo si pongono a mio avviso almeno un paio di questioni: nel caso in cui la holding conferita abbia partecipazioni indirette da considerare per il tramite delle holding controllate, nel rapporto di composizione considero sia il valore contabile della holding controllata dalla società holding conferita sia il valore contabile delle società partecipate indirette detenute dalla holding controllata? Ovvero occorre in qualche modo cercare un meccanismo di neutralizzazione di valori contabili per evitare effetti duplicativi? Anche in un’ottica di semplificazione, a mio avviso non occorre attuare alcun aggiustamento, dovendosi computare tanto il valore contabile della holding controllata, quanto quello delle sue partecipate, ma la conclusione è allo stato dubbia. Il dubbio viene in quanto la letteralità della norma in proposito dispone che il rapporto vada costruito in riferimento alle “partecipazioni da essa detenute direttamente, o indirettamente tramite società ai sensi dell’art. 2359 del codice civile anch’esse rientranti tra i soggetti indicati all’art. 162-bis … il cui valore contabile complessivo è superiore alla metà del valore contabile totale delle partecipazioni da essa detenute direttamente o indirettamente tramite le suddette società controllate”. Certo è che ove l’intendimento fosse quello di neutralizzare il valore contabile della holding controllata dalla holding conferita (essendo questa un solo tramite per il computo del valore contabile delle partecipate indirette), sostituendolo con il valore contabile delle società partecipate dalla holding controllata, si potrebbe concettualmente perdere una parte di valore contabile rilevante della holding controllata (quello concettualmente riferibile ad attività diverse dalle partecipazioni detenute dalla holding controllata stessa e ricomprese nel rapporto).
    Un altro dubbio interpretativo nella costruzione del rapporto è se rilevino i soli valori contabili delle partecipazioni ovvero tutti i valori patrimoniali tra la holding e le partecipate che rilevano nell’ambito dell’art. 162-bis per misurare la prevalenza patrimoniale della holding stessa (tipicamente i finanziamenti verso le partecipate). Mi parrebbe coerente valorizzare gli stessi elementi patrimoniali che rilevano ai fini dell’art. 162-bis TUIR; (iv) altra modifica rilevante è quella di considerare le holding quotate come non holding; conseguentemente la minore percentuale rilevante della holding quotata non può incidere negativamente nel computo della percentuale minima delle partecipate non quotate della holding (peraltro, rilevando la holding indiretta solo ove controllata ai fini dell’art. 2359, c.c. tale situazione non si sarebbe quasi mai rappresentata. La norma ha pieno effetto invece ove la holding quotata sia la società conferita ed in questo caso ci si ferma alla percentuale della holding che non è holding ai fini della norma, evitando così il tilt normativo);
  • un’ultima interessante modifica riguarda la deroga alla unipersonalità della holding in caso di conferimento di partecipazioni qualificate dell’art. 177 commi 2-bis e 2-ter. In questo caso, la nuova norma dispone testualmente che “le partecipazioni sono confluite in una società, esistente o di nuova costituzione, partecipata unicamente dal conferente o, nel caso il conferente sia una persona fisica, dal conferente e dai suoi familiari di cui all’art. 5, comma 5”. Nella vecchia versione la società conferitaria doveva essere sempre posseduta soltanto dal conferente; mentre ora nel caso di conferimenti ad opera di persone fisiche la conferitaria può essere partecipata anche dai familiari (dell’art. 5 del TUIR) del conferente. La Relazione al provvedimento interpreta la norma in maniera restrittiva e sicuramente in modo non favorevole alle riorganizzazioni familiari dei gruppi: ossia ritiene che i familiari possano uno acto (come previsto anche dall’art. 177, comma 2 TUIR) conferire una partecipazione qualificata, ma in questo caso (differentemente dall’art. 177, comma 2) ciascuno dei conferenti deve conferire una partecipazione in sé qualificata; in pratica la qualificazione non può essere raggiunta sommando uno acto le partecipazioni conferite dai familiari. Formalmente può essere capita la posizione espressa nella Relazione: mentre l’art. 177, comma 2 TUIR guarda all’effetto del conferimento sulla conferitaria (acquisizione del controllo) qui è agevolato il conferimento di una partecipazione in sé qualificata. La apertura normativa a più partecipanti familiari nella conferitaria avrebbe però potuto lasciare spazio a posizioni interpretative diverse. Se non può giungersi a tale interpretazione, magari modificando il tenore della Relazione nella sua versione definitiva, sarebbe utile una modifica normativa in proposito per facilitare dal punto di vista normativo i già non facili passaggi generazionali nei gruppi familiari della imprenditoria italiana.

 

[1] Questa situazione di incompatibilità l’avevamo già rilevata molto tempo fa in un articolo per esperti del settore. Cfr., in proposito, L. Rossi – M. Ampolilla, “Gli scambi di partecipazioni in una prospettiva europea”, in Bollettino Tributario, 2007, n. 19, pag. 1513.

[2] Cfr. Risoluzione Agenzia delle Entrate, 16 ottobre 2023, n. 56.

[3] Cfr. Principio di diritto n. 10/2020 e Risposta Agenzia delle Entrate n. 537/2020.

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