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Giurisprudenza

Decadenza da agevolazioni per l’imposta di registro, cessione infragruppo ed elusione fiscale

16 Luglio 2024

Francesco Castro, Dottorando di ricerca in diritto dell’Unione Europea e ordinamenti nazionali, Università degli studi di Ferrara

Cassazione Civile, sez. V, 11 giugno 2024, n. 16248, – Pres. Sorrentino, Rel. Lo Sardo

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza n. 16248 dell’11 giugno 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell’abuso del diritto riguardo alla decadenza dalle agevolazioni – vigenti ratione temporis sull’imposta di registro, ipotecaria e catastale, per la mancata rivendita entro tre anni dall’acquisto di un immobile a destinazione abitativa.

Una società aveva impugnato un avviso di rettifica e liquidazione delle maggiori imposte a seguito della decadenza dalle agevolazioni previste dall’art. 1, comma 1, sesto periodo, della Tariffa Parte prima (“TP1”) allegata al D.P.R. 131/1986 (“TUR”) e dalla nota II-ter all’art. 1 della TP1, nonché dall’art. 10, comma 2, del D. Lgs. n. 347/1990. 

Le norme citate, in particolare, prevedevano che se il trasferimento di fabbricati è esente da IVA ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8-bis del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, ed è effettuato nei confronti di imprese che dichiarano di volerli trasferire entro tre anni, si applica un’imposta di registro proporzionale dell’1%.

Se non avviene il ritrasferimento entro il triennio, le imposte sono dovute nella misura ordinaria, con una sanzione del 30% oltre agli interessi di mora.

Nel caso di specie, la società ricorrente aveva acquistato immobili, tra cui quelli strumentali e abitativi, e successivamente li aveva rivenduti a una società neocostituita e facente parte dello stesso gruppo.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, la successiva cessione da parte della contribuente alla società “sorella” costituiva un abuso del diritto ai sensi dell’art. 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, in quanto era stata effettuata per eludere la decadenza per mancata rivendita entro i tre anni dall’acquisto. 

La Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la pronuncia di primo grado, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate. 

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della contribuente. 

In particolare, la Corte ha affermato che la ratio dell’agevolazione, all’epoca vigente, risiedeva nella rivendita immobiliare entro tre anni dall’acquisto, a soggetti privati per uso abitativo, premiando le imprese che assicuravano una rapida ricollocazione degli immobili sul mercato abitativo

La Corte ha riscontrato la mancanza di elementi comprovanti apprezzabili ragioni extrafiscali, economiche, organizzative o gestionali che avrebbero potuto escludere l’abuso del diritto.

Tali ragioni non possono identificarsi nella prevenzione della decadenza dai benefici fiscali o nella “segregazione” degli immobili, invocata dalla parte, al fine di razionalizzarne la gestione. 

Peraltro, la Corte ha sottolineato come la società cedente continuava a gestire e pubblicizzare gli immobili dopo il trasferimento e che la società acquirente, costituita pochi mesi prima dell’acquisto, non aveva svolto attività commerciali dopo l’acquisto, non aveva un’autonoma struttura organizzativa e condivideva la sede con la società controllante.

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