WEBINAR / 20 Febbraio
DORA: le richieste Banca d’Italia sulla gestione del rischio ICT


Comunicazioni Banca d’Italia 23 e 30 dicembre 2024

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 31/01


WEBINAR / 20 Febbraio
DORA: le richieste Banca d’Italia sulla gestione del rischio ICT
www.dirittobancario.it
Articoli

Le azioni inibitorie collettive: profili funzionali e regolatori

23 Gennaio 2025

Mario Renna, Professore Associato di Diritto Privato, Università degli Studi di Siena

Di cosa si parla in questo articolo

SOMMARIO: Le azioni inibitorie collettive, disciplinate dal codice di procedura civile, e le azioni rappresentative per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori e finalizzate a ottenere un provvedimento inibitorio necessitano di essere apprezzate strutturalmente e funzionalmente. Appare opportuno insistere sull’ampiezza rimediale, sulla capacità di incidere sugli assetti di interessi e sull’attitudine regolatoria dei provvedimenti inibitori.

ABSTRACT: Collective injunctions, set off by the Civil Procedure Code, and representative actions for the protection of the collective interests of consumers that are brought by a qualified entity as a claimant party on behalf of consumers to seek an injunctive measure must be examined at the structural and functional level. It seems appropriate to focus on the breadth of remedies, on the relevant private and social impact and on the regulatory bent of the injunctions.


1. Inibitorie, dimensione collettiva del conflitto ed effettività della tutela

Interrogarsi sull’impatto[1] che le azioni inibitorie collettive – nella configurazione generale[2] e consumeristica, così come oggi rispettivamente disciplinate dall’art. 840-sexiesdecies c.p.c. e dall’art. 140-octies c. cons.[3] (il cui conio, in quest’ultimo caso, è di derivazione europea[4]) – spiegano in termini di tutela di interessi aggregati[5] e di condizionamento delle attività d’impresa[6] costituisce un punto di osservazione per esaminare i profili funzionali delle misure in questione, ma anche il più complessivo processo di regulation through litigation[7].

Si consideri come, tra i principi fondamentali costituzionali, sia ora annoverata la salvaguardia dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi[8] «anche nell’interesse delle future generazioni». Con tale formula si delinea un dovere repubblicano di protezione ambientale, al contempo, diacronico e articolato[9]. Oltre all’art. 9, la novella costituzionale ha interessato l’art. 41, commi 2 e 3, e inciso i limiti posti nei confronti dell’iniziativa economica privata[10]. Così, se da un lato, il riferimento alla salute e all’ambiente[11] è destinato a generare formalmente nuovi, ma non inediti[12], punti di equilibrio, dall’altro, l’attività economica pubblica e privata potrà essere indirizzata e coordinata anche a fini ambientali[13]. Appare, allora, opportuno considerare le tecniche inibitorie tenendo conto della menzionata revisione costituzionale che, pur non mutando i rapporti di forza tra iniziative economiche e limiti esterni[14], né funzionalizzando l’autonomia privata individuale e collettiva, offre nuova linfa all’esame della tutela collettiva e dell’incidenza sugli assetti di mercato[15].

La tutela inibitoria collettiva appare capace di incidere sulle «soggettività costituzionalizzate di capitale e lavoro»[16]: essa si riflette «sulla libertà e sull’attività del soggetto», contraddistinguendosi «per l’anticipata valutazione del pregiudizio che traduc(e) in termini patrimoniali»[17]. Il ricorso a tale strumento, oltre a favorire la comprensione del livello aggregato del conflitto[18], si riflette sull’esplicarsi dell’autonomia d’impresa, senza abilitare tendenze volte alla funzionalizzazione dell’iniziativa economica privata[19].

L’azione inibitoria collettiva potrà farsi spazio con rfierimento al contenzioso lavoristico[20], purché il procedimento inibitorio avviato, e la relativa causa petendi, abbia ad oggetto l’«accertamento della lesione e non su quello del diritto affermato»: per i giudici del Tribunale di Milano, ad esempio, «tra i diritti individuali tutelabili non pare possano ritenersi esclusi quelli connessi a rapporti di lavoro – ove forniti del requisito dell’omogeneità – stante l’ampiezza della previsione legislativa, essendo pertanto sul punto infondata ogni contraria eccezione di parte resistente»[21].

Lo strumento processuale in rassegna, inoltre, oltre a poter essere invocato nell’ambito della climate change litigation[22], favorisce una feconda intersezione tra azioni rappresentative consumeristiche e protezione dei dati personali[23]: unitamente al richiamo al GDPR, così come risultante dall’Allegato I alla direttiva (UE) 2020/1828, quale plesso regolamentare incluso nell’ambito applicativo della predetta direttiva, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha precisato che l’art. 80 GDPR – rubricato “Rappresentanza degli interessati” – «non impedisce l’esercizio di azioni rappresentative complementari nel settore della tutela dei consumatori»[24]. Per i giudici europei, la «violazione delle norme aventi per scopo la tutela dei consumatori o la lotta contro le pratiche commerciali sleali – violazione che un’associazione di tutela degli interessi dei consumatori […] mira a prevenire e a sanzionare segnatamente mediante il ricorso alle azioni inibitorie previsto dalla normativa nazionale applicabile – può essere correlata, come nel caso di specie, alla violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali di tali consumatori»[25].

A conforto di quanto sopra sostenuto, una importante e concordante indicazione giunge sempre dalla giurisprudenza europea[26]. L’azione inibitoria collettiva, intentata ai fini della cessazione dell’utilizzo di una clausola di “tasso minimo”, impiegata nelle condizioni generali di contratto di mutuo ipotecario, così come l’azione individuale, non osta al controllo di trasparenza delle clausole contrattuali da parte del giudice adito[27]; l’esame, tuttavia, «non può riguardare circostanze proprie di situazioni individuali, ma verte su prassi standardizzate di professionisti»[28]. Il giudice dovrà esaminare se «in funzione della natura dei beni o dei servizi oggetto dei contratti di cui trattasi, se il consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia in grado, al momento della conclusione del contratto, di comprendere il funzionamento di tale clausola e di valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di quest’ultima. A tal fine, detto giudice deve tener conto dell’insieme delle pratiche contrattuali e precontrattuali standard seguite da ciascun professionista interessato, tra le quali figurano, in particolare, la redazione di detta clausola e il posizionamento di quest’ultima nei contratti tipo utilizzati da ciascun professionista, la pubblicità che è stata fatta dei tipi di contratti oggetto dell’azione collettiva, la diffusione delle offerte precontrattuali generalizzate rivolte ai consumatori nonché ogni altra circostanza che detto giudice ritenga rilevante al fine di esercitare il suo controllo per quanto concerne ciascuno dei convenuti»[29].

2. L’azione inibitoria collettiva regolata dal codice di rito (protezione ambientale e impatti sull’esercizio dell’attività d’impresa)

I conflitti che investono diritti soggettivi e interessi legittimi ultraindividuali[30] necessitano di essere governati attraverso un appropriato apparato rimediale[31]: come già nitidamente precisato, «la tutela giurisdizionale – la ‘giustizia’ – sarà invocata non più soltanto contro violazioni di carattere individuale, ma sempre più spesso anche di carattere essenzialmente collettivo, in quanto coinvolgono gruppi, classi, collettività. Si tratta, in altre parole, di ‘violazioni di massa’»[32].

Giova riconoscere come la tutela ambientale[33] risulti oggi – proprio per la sua incomprimibile declinazione relazionale e trans-soggettiva[34] – rinvigorita[35], e sempre più smarcata dalla tecnica risarcitoria[36], grazie all’introduzione dell’azione inibitoria collettiva nel codice di procedura civile[37]. Nel contesto «[del]la conservazione e [del]la difesa della natura […] riconducibili all’aspirazione alla ‘migliore condizione della vita’»[38], l’azione inibitoria collettiva potrà rappresentare uno strumento tempestivo e proporzionale, dotato di spiccata carica sociale[39], anche in considerazione della perdurante mancanza di una azione diretta da parte dei privati, sia in forma individuale che aggregata, volta a far valere il danno ambientale. Infatti, stante una perdurante situazione di inquinamento, là dove si manifesti in un deterioramento significativo e misurabile come previsto dall’art. 300, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, potrà configurarsi un danno pubblico[40] ambientale che legittima l’esercizio dell’azione risarcitoria da parte del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (art. 311, comma 1, d.lgs. n. 152/2006). Assieme alla gestione accentrata del profilo risarcitorio, tra le risorse naturali suscettibili di essere compromesse da un deterioramento diretto o indiretto generatore di danno risulta formalmente assente l’aria: tuttavia, un’analisi, al contempo, sistematica e funzionale della disciplina prevista per la prevenzione e la limitazione dell’inquinamento atmosferico (art. 267 ss. d.lgs. n. 152/2006) potrebbe favorire, erodendo la centralità complessiva della logica rimediale di marca riparatoria, il rafforzamento della tutela inibitoria[41]. Si badi, infatti, che l’art. 313, comma 7, d.lgs. n. 152/2006 riconosce ai soggetti lesi nella loro salute o nei beni di loro proprietà da un fatto produttivo di danno ambientale il diritto ad agire nei confronti del responsabile[42]: viene così accordata, nella tipica prospettiva degli illeciti plurioffensivi, una tutela risarcitoria per i danni collaterali al pregiudizio ambientale, ovvero contestuali al deterioramento ambientale[43].

L’esigenza di una rilettura delle regole fissate nella parte sesta del d.lgs. n. 152/2006 pare, allora, legittimata dall’introduzione dell’azione inibitoria collettiva[44]. La nuova disposizione espressa dall’art. 840-sexiesdecies c.p.c. potrebbe rappresentare uno strumento ottimale per la salvaguardia di posizioni giuridiche soggettive in chiave preventiva e in una accezione collettiva, oltre a spiegare una efficacia deterrente di rilevante impatto in termini gius-politici e regolatori[45]. L’azione inibitoria collettiva, oltre ad emanciparsi da una protezione cautelare e singolare[46], offre una opzione più soddisfacente rispetto al risarcimento dei danni in forma specifica[47].  In termini di sistema, un siffatto modello di private enforcement[48] potrebbe: i) condurre alla salvaguardia di posizioni giuridiche su base aggregata e relazionale; ii) disincentivare la realizzazione di pratiche potenzialmente dannose da parte degli attori economici[49]. Non si tratta di legittimare soverchie ingerenze giudiziali, quanto di riconoscere alla tutela inibitoria non solo una strumentale attitudine preventiva, ma anche la capacità di contrastare atti e comportamenti capaci di generare fenomeni ascrivibili all’interno della categoria del danno ambientale[50].

3. L’operatività dell’azione inibitoria collettiva

L’azione inibitoria collettiva integra, dunque, un tipo di tutela non rimesso «all’interesse materiale e all’estro dell’iniziativa individuale»[51]. Con riguardo al versante soggettivo, l’azione ha una necessaria connotazione metaindividuale[52]; inoltre, con riferimento al portato effettuale, essa appare significativa, in quanto potrà inverare una tutela adeguata contro la violazione di interessi collettivi[53].  Il ricorrente, infatti, potrà ottenere dal giudice, anche sulla scorta di dati statistici e di presunzioni semplici, l’ordine di cessazione o il divieto di reiterazione delle condotte che, ad esempio, impattano sull’ambiente e causano pregiudizi diffusi[54]. Alla condanna alla cessazione delle condotte omissive o commissive potranno[55] far seguito, su richiesta di parte, provvedimenti di coercizione indiretta (ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c.: astreintes, la cui applicazione è, tuttavia, sganciata dal ricorrere dei presupposti indicati nella predetta disposizione[56]), nonché l’ordine rivolto alla parte soccombente, su richiesta del p.m. o delle parti, di adottare misure idonee a eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate (inibitoria positiva con effetti ripristinatori)[57]. L’azione inibitoria possiede una estensione effettuale sostanzialmente collettiva, la cui ampiezza è modulata dalla sorte dell’istanza. Mentre gli esiti di un giudizio favorevole al soggetto istante non potranno essere limitati ad esclusivo appannaggio della parte ricorrente; una pronuncia avversa al ricorrente non determinerà il maturare di preclusioni processuali nei confronti di ulteriori e distinti soggetti[58].

Sotto il profilo della legittimazione attiva si assiste ad una biforcazione, che permette di espandere in termini qualitativi, ad esempio rispetto al previgente art. 140, comma 1, c. cons., la platea dei soggetti abilitati ad agire[59].

  1. La legittimazione compete a chiunque[60] «agisca nella veste di entità esponenziale di interesse collettivo»[61], ovvero possegga un interesse alla pronuncia di una inibitoria di atti e comportamenti pregiudizievoli[62] per una pluralità di individui o enti[63] [peraltro, non è richiesta la prova da parte del ricorrente di essere in grado di curare adeguatamente i diritti omogenei fatti valere, come è prescritto invece dall’art. 840-ter, comma 4, lett. d), c.p.c. per l’azione di classe][64]. Il soggetto collettivo istante non andrebbe inteso quale portatore di un egoistico interesse, secondo una lettura singolare e restrittiva, quanto come interprete dell’interesse comune alla pluralità di soggetti lesi[65]: il provvedimento inibitorio è, infatti, chiesto a favore di terzi estranei al procedimento, non essendo prevista la procedura di adesione congegnata per l’azione di classe.
  2. La legittimazione ad agire spetta ad organizzazioni e associazioni – e non già ai soli enti del Terzo settore[66], diversi da imprese e cooperative sociali, come oggi disciplinati dal d.lgs. n. 117/2017, come si evince(va) dal testo dell’art. 1, comma 2, lett. c), d.m. 27 febbraio 2022, annullato proprio in questa parte dalla sentenza del TAR Lazio, 23 giugno 2023, n. 10653[67] – iscritte nell’elenco di cui all’articolo 840 bis, comma 2, c.p.c., che perseguono, tra gli obiettivi statutari, la salvaguardia degli interessi pregiudicati dalla condotta commissiva od omissiva che si intende contrastare con la decisione del Tribunale (sezione specializzata in materia d’impresa, competente per il luogo ove ha sede la parte resistente)[68].

Per quanto concerne, invece, il versante dei possibili destinatari dei provvedimenti giudiziali, la norma di riferimento non richiede l’esistenza di una qualificata – e preesistente – relazione giuridica tra il ricorrente e i legittimati passivi[69] e risulta sufficientemente ampia nell’indicare le imprese o gli enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità «relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività»[70]. L’attuale perimetrazione soggettiva determina la preclusione dell’azione inibitoria collettiva nei confronti delle pubbliche amministrazioni e, quindi, degli organismi di diritto pubblico[71], così come, in termini oggettivi, potrebbe non essere ammissibile quale reazione avverso atti preparatori, di matrice tecnico-procedimentale, ovvero inidonei a cristallizzare interessi e posizioni giuridiche soggettive.

L’art. 840-sexiesdecies c.p.c. non fa riferimento a condotte illecite o illegittime, né ricorre al configurarsi di un danno, e quindi alla conseguente ingiustizia, né, tantomeno, fa appello ai criteri soggettivi di dolo o colpa ovvero al criterio normativo di responsabilità oggettiva[72]. Il controllo e la repressione giudiziale di comportamenti contra ius, ma anche non iure, nonché di condotte abusive, negative[73], ovvero in eccesso o in difetto delle facoltà riconosciute e dei poteri giuridici previsti[74], favorisce l’arretramento della tutela a una fase antecedente l’accertamento dell’eventuale danno[75], volta a spiegare capillari effetti deterrenti[76] e, al contempo, prescrittivi[77], così registrandosi una significativa espansione del private enforcement[78].

Tende a profilarsi uno strumento di controllo delle prassi commerciali[79], ovvero un dispositivo rimediale volto ad assicurare effettività alla tutela preventiva[80], privata e relazionale, dinanzi ad atti e comportamenti aventi attitudine offensiva[81]: l’azione inibitoria collettiva risulta, allora, volta a ridefinire, entro il perimetro della legalità, i canoni di operatività commerciale[82], senza, pur tuttavia, straripare in uno strumento volto a neutralizzare la discrezionalità imprenditoriale, avente copertura costituzionale[83].

Sarà possibile contrastare, come sopra anticipato, fattispecie di deterioramento delle risorse ambientali[84], indipendentemente da azioni inibitorie, che pur funzionalmente protese alla salvaguardia ambientale, risultino fondate sulle concorrenti ragioni di tutela della salute o della proprietà. La fissazione e il rispetto di standard e parametri contenuti nei provvedimenti abilitativi e conformativi dell’attività d’impresa potrebbero, peraltro, non essere del tutto sufficienti a prevenire o escludere pregiudizi: parametri oggettivi e soglie quantitative non andrebbero interpretati come mere circostanze esimenti, bensì, ad esempio, quali strumenti volti a definire, transitoriamente, i livelli di tollerabilità delle emissioni[85]. Anzi, anticipare la soglia di applicabilità della tutela inibitoria[86], al fine di scongiurare il verificarsi, il protrarsi o il ripetersi di atti lesivi, di cui non si richiede l’illiceità[87] – come può leggersi all’art. 840 sexiesdecies, comma 1, c.p.c.[88] – assegnerebbe una maggiore capacità al rimedio nell’incidere su comportamenti già facoltizzati o autorizzati[89], prescrivendo obblighi di astensione o di facere – quale «conseguenza diretta ed immediata della condotta omissiva censurata»[90]volti a neutralizzare le esternalità negative istantanee o perduranti, ovvero quelle di pericolo[91], e così salvaguardare in maniera ottimale l’ambiente[92].

Seppur fondato sulla lesione del diritto alla salute, alla serenità e alla tranquillità nello svolgimento della rispettiva vita privata, merita di essere evidenziato il ricorso, incardinato presso il Tribunale di Milano, ex art. 840-sexiesdecies c.p.c. e presentato da alcuni residenti nel capoluogo jonico e nei comuni limitrofi, asseritamente lesi dall’attività produttiva dell’acciaieria la cui proprietà è di ILVA S.p.A. in a.s. (di seguito: ILVA) e gestita da Acciaierie d’Italia S.p.A. controllata da Acciaierie d’Italia Holding S.p.A. Per i ricorrenti i predetti diritti sono stati pregiudicati dai «comportamenti dolosi tuttora in atto che provocano un inaccettabile inquinamento causato dalle emissioni provenienti dagli impianti dello stabilimento siderurgico ILVA di Taranto (di seguito: lo Stabilimento) le quali espongono i cittadini residenti ad eventi di morte e malattie aggiuntive, non ulteriormente tollerabili».

Si badi che «i ricorrenti – nonostante alcuni di essi abbiano dedotto di essere o essere stati affetti da patologie oncologiche o malattie e che lo sono o lo sono stati loro famigliari – precisano di non agire per l’accertamento del nesso causale tra tali specifiche patologie e le emissioni inquinanti dello Stabilimento né per il risarcimento del danno – azione che si riservano di proporre in seguito -, ma perché sia eliminata l’attuale “ingiusta esposizione al rischio” del primario e fondamentale bene della salute, oltre che degli altri diritti indicati in ricorso». Attraverso l’azione inibitoria collettiva, è stato richiesto al giudice di ordinare: «i) la chiusura dell’area a caldo degli impianti, ovvero la cessazione delle relative attività, assegnando un termine massimo di 60 giorni, idoneo allo svolgimento dei lavori in sicurezza; ii) in subordine. la chiusura delle cokerie, ovvero la cessazione delle relative attività, entro lo stesso termine; iii) in via ulteriormente gradata, il blocco delle attività fino alla completa attuazione dell’AIA». Nell’ottica prescrittiva dell’azione inibitoria collettiva si colloca questa distinta richiesta: «disporre immediatamente un piano industriale che preveda l’abbattimento di non meno del 50 % delle emissioni di gas a effetto serra rispetto alle emissioni conseguenti ad una produzione di sei milioni di tonnellate annue di acciaio entro il 2026, ovvero ordinare che le parti resistenti adottino le misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate».

Il Tribunale di Milano ha sospeso il procedimento e sollevato plurime questioni di pregiudizialità europea attinenti al rispetto della Direttiva 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali, da parte del legislatore italiano con riguardo alle procedure autorizzative dell’attività siderurgica. La Corte di giustizia, mediante la sentenza della Grande Sezione del 25 giugno 2024[93], ha, dapprima, precisato che:

  1. il gestore di un’installazione, conformemente a quando disposto direttiva 2010/75/UE, deve, «nella sua domanda di autorizzazione, fornire segnatamente informazioni adeguate riguardanti le emissioni provenienti dalla sua installazione e deve, inoltre, durante tutto il periodo di esercizio di tale installazione, garantire l’ottemperanza ai suoi obblighi fondamentali ai sensi di detta direttiva nonché alle misure previste a tale riguardo, attraverso una valutazione continua degli impatti delle attività di detta installazione tanto sull’ambiente quanto sulla salute umana»[94]; contestualmente, lo Stato italiano è tenuto ad assicurare che «una previa valutazione degli impatti dell’attività dell’installazione interessata tanto sull’ambiente quanto sulla salute umana costituisca atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame di un’autorizzazione all’esercizio di una tale installazione ai sensi di detta direttiva»[95];

e, successivamente, statuito – il che si presta ad avere un probabile impatto sulla causa attualmente riassunta presso il Tribunale milanese – quanto segue:

  1. la direttiva 2010/75/UE «deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale ai sensi della quale il termine concesso al gestore di un’installazione per conformarsi alle misure di protezione dell’ambiente e della salute umana previste dall’autorizzazione all’esercizio di tale installazione è stato oggetto di ripetute proroghe, sebbene siano stati individuati pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana. Qualora l’attività dell’installazione interessata presenti tali pericoli, l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, di detta direttiva esige, in ogni caso, che l’esercizio di tale installazione sia sospeso».

4. Indicazioni giurisprudenziali

A corredo di quanto argomentato, può essere richiamata l’elaborazione giurisprudenziale più significativa sinora emersa.

1) Il Tribunale di Torino, nell’aprile 2024[96], a seguito di un ricorso presentato da alcune associazioni attive nell’ambito della tutela dei consumatori, degli utenti dei servizi radiotelevisivi e finanziari, veniva adito al fine di:

  1. «accertare e dichiarare la responsabilità della B. S.p.A. per pratica commerciale scorretta ai sensi 20, comma 2, 21 e 22 del Codice del consumo»;
  2. ordinare la «cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva» della società B. S.p.a., nonché, con la condanna, l’adozione da parte del soggetto soccombente delle «misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate», e, conseguentemente, «ordinare a detta società di versare in favore dell’Ospedale (omissis) di Torino una somma di denaro pari alla differenza tra il costo del pandoro griffato (Euro 9.37 circa) ed il pandoro classico (Euro 3,68 circa) moltiplicato per la quantità dei pezzi venduti (250.000 circa), per un importo pari ad Euro 1.500.000, e/o sulla stima maggiore o minore che il Giudice vorrà accertare, a seguito dei dati contabili che riterrà di acquisire»;
  • «condannare B. S.p.A., ex art. 840sexiedecies c.p.c. quintultimo comma e 614bis c.p.c., al pagamento di una somma di denaro “per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento”, per un importo pari a Euro 5.000,00».

I giudici hanno accolto solamente la prima domanda, respingendo le ulteriori prospettazioni, in quanto:

  1. l’azione inibitoria collettiva non prevede la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni, come invece espressamente disposto dall’art. 840-bis, comma 2, c.p.c.;
  2. «le ‘misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate’ mirano a ristabilire lo stato di fatto preesistente (come, ad esempio, il ritiro dal commercio di un prodotto, la rettifica di un messaggio collegato alla vendita di un prodotto e così via) laddove, nel caso di specie, come si è detto, le parti ricorrenti intenderebbero conseguire un risultato proiettato in avanti e, precisamente, la soddisfazione dell’intento che ha indotto i consumatori all’acquisto del prodotto, ossia il versamento, a carico della società B. S.p.A., di una somma di denaro direttamente in favore dell’Ospedale infantile (omissis) di Torino, in ragione dei vantaggi economici derivanti dal maggior prezzo di vendita».

Il giudice, quindi, deve sempre valutare il ricorrere dei presupposti, al fine dell’adozione delle misure opportune ed effettivamente volte a ristabilire lo status quo ante.

I giudici di appello, rigettando il reclamo della società soccombente, hanno chiarito l’ampiezza dell’azione inibitoria collettiva, ribadendo, in assenza di disposizioni contrarie, la legittimazione del giudicante di accertare e dichiarare – pur senza emettere ordini o impartire divieti – «la responsabilità del soggetto resistente per aver posto in essere la condotta ivi specificata, ovvero atti e comportamenti in pregiudizio di una pluralità di individui o enti, quale è certamente la pratica commerciale scorretta […] oggetto di causa»[97]. Il nesso tra procedimento inibitorio ed effettività della tutela viene a rinsaldarsi, là dove nulla preclude la dichiarazione dell’abusività della condotta contestata: come hanno statuito i giudici, «la pronuncia di accertamento rappresenta d’altronde una tutela meritevole di interesse per la pluralità di individui o enti che abbiano subito il pregiudizio dagli atti e comportamenti posti in essere dalla parte resistente, quando la condotta sia già cessata al momento del ricorso, come nel caso in esame»[98].

2) Il Tribunale di Torino, nell’aprile 2023[99], ha accolto l’azione inibitoria collettiva promossa avverso una società, al fine di contestare la violazione del divieto di comunicazioni commerciali che promuovevano, direttamente o indirettamente, sigarette elettroniche e liquidi di ricarica. Contestualmente, è stata ordinata «la rimozione delle comunicazioni commerciali di sigarette elettroniche e liquidi di ricarica indicate come illecite in motivazione, entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla comunicazione del presente provvedimento» e disposta la fissazione di «una somma di denaro dovuta dalla resistente società (…) per ogni violazione accertata e per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione di quanto previsto al primo punto, ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c. (richiamato dall’art. 840 sexiesdecies, comma 6, c.p.c.), che si stima equo determinare nella misura di Euro 500.00». Per la corte piemontese, l’efficace protezione del consumatore è connessa all’applicazione del divieto di ogni comunicazione commerciale che possa «avvicinare», in sostanza, il consumatore al prodotto in questione; pertanto, ogni comunicazione e immagine che non possa essere ricondotta nel novero della dinamica descrittiva e informativa contrasta con quanto divisato dall’art. 21, comma 10, lett. a), d.lgs. n. 6/2016, costituendo un messaggio pubblicitario, avente «lo scopo o l’effetto diretto o indiretto di promuovere le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica».

3) La Corte d’Appello di Milano, nell’agosto 2023[100], ha accolto parzialmente il reclamo avverso il decreto del Tribunale di Milano[101], presentato da alcuni notai, unitamente ad enti esponenziali, affinché venisse ordinata ad Unicredit SPA la «cessazione e il divieto di reiterazione delle proprie condotte concernenti: i) il mutamento unilaterale della domiciliazione cambiaria presso le proprie filiali locali a favore della sede centrale e il trasferimento presso la sede centrale di tutti i titoli cambiari ivi domiciliati; ii) la prassi di omettere l’immediata restituzione dei titoli cambiari ai debitori che abbiano proceduto al pagamento presso le proprie filiali locali; iii) il conferimento ai Notai, aventi competenza territoriale presso la propria sede centrale, dei compiti di levare il protesto delle cambiali domiciliate presso le varie sedi territoriali».

Il Tribunale di Milano, oltre a ritenere nel merito del tutto infondato il ricorso, rilevò l’assenza di legittimazione sostanziale dei notai persone fisiche, in difetto del configurarsi, in capo agli stessi, di un diritto soggettivo, come tale suscettibile di tutela attraverso l’azione inibitoria.

Secondo la Corte d’Appello, invece, la legittimazione dei notai non è risultata revocabile in dubbio: «essi, infatti, si affermano titolari di una posizione giuridica sostanziale meritevole di tutela caratterizzata dall’attributo della serialità, presentandosi omogenea ad una pluralità di soggetti (id est i notai e i presentatori territorialmente competenti in zone diverse dalla Lombardia) e suscettibile di essere pregiudicata da una condotta plurioffensiva posta in essere dalla Banca reclamata (la chiusura del servizio di casse cambiali presso le filiali periferiche). La riorganizzazione operata da U. si rivelerebbe, nella prospettiva dei reclamanti, pregiudizievole per una pluralità di notai e presentatori (ad eccezione di quelli competenti per l’area meneghina) perché idonea a ledere, in violazione della disciplina pubblicistica della cambiale, il loro diritto-dovere a levare il protesto nei luoghi di domiciliazione indicati sul titolo di credito».

Nel merito i giudici hanno chiarito che l’istituto di credito ben può «accentrare nella propria sede in Milano il servizio di cassa cambiali, ma a condizione che faccia coincidere con tale sede anche il luogo del pagamento. La perdurante modalità del cd. pagamento ‘in circolarità’ snatura la funzione tipica della cambiale, il cui pagamento viene ad essere equiparato ad un pagamento qualsiasi». Si legge nei passaggi dell’ordinanza: «la decisione di riorganizzazione aziendale, lungi dal porsi come vicenda meramente interna dell’impresa e dal costituire una scelta imprenditoriale soggetta unicamente alla logica del libero mercato (efficienza del servizio, flessibilità, riduzione dei costi etc..) si traduce, piuttosto, in una alterazione dello schema legale della vicenda estintiva dell’obbligazione cambiaria». Quindi: «laddove la levata del protesto venga concentrata in un luogo di pagamento ‘convenzionale’, che sarà normalmente diverso da quello in cui sarebbe stato effettuato il pagamento se il titolo fosse andato a buon fine, si verificano, infatti, più alterazioni dello schema previsto dalla legge cambiaria per l’estinzione, o per l’accertamento della mancata estinzione, dell’obbligazione cambiaria che travalicano inaccettabilmente gli spazi ricavabili in subiecta materia per l’autonomia privata». Di tal fatta, «la riorganizzazione attuata dalla banca reclamata è sostanzialmente elusiva della ratio e delle finalità dell’art. 5 [D.P.R. n. 290/1975], norma di favor per il debitore». Pertanto, i giudici hanno ordinato a Unicredit SPA di «cessare la prassi consistente nell’avviare la procedura di levata del protesto in luogo diverso da quello indicato sulla cambiale per il pagamento»; e, di conseguenza, inibito, «nell’ipotesi disciplinata dall’art. 5 del D.P.R. n. 290 del 1975», la ricezione del pagamento «presso le filiali ove è domiciliato il titolo cambiario»; e ordinato, ai sensi dell’art. 45 R.D. n. 1669/1933, «di provvedere alla riconsegna del titolo cambiario contestualmente al pagamento».

4) Una ulteriore, e più recente, soluzione giurisprudenziale permette di apprezzare la logica e la dinamica dell’azione inibitoria collettiva: il Tribunale di Torino, in una controversia sorta tra enti collettivi e la società PSA Italia, e legata all’inadeguatezza degli interventi di richiamo sui veicoli di marchio Citroën C3 e DS3, prodotti tra il 2009 e il 2019 e dotati di airbag difettosi, ha immediatamente chiarito come le misure correttive «dovranno essere tanto più incisive quanto più elevato è il rango dell’interesse da tutelare e più grave è il danno potenziale, mentre la tutela inibitoria potrà essere meno penetrante per interessi che attengono esclusivamente alla sfera economica, che per loro natura trovano adeguata soddisfazione anche attraverso la successiva tutela risarcitoria»[102]. Risultando predominante l’interesse alla protezione della vita e dell’integrità fisica dei conducenti e dei passeggeri, oltre ad una puntuale ed effettiva attività di comunicazione, è stato ordinato il mantenimento dei livelli sostitutivi – in essere – e la capillare messa a disposizione di una autovettura sostitutiva.

5) Giova, inoltre, segnalare un recente decreto del Tribunale di Milano, che offre interessanti spunti sull’impiego, e sui relativi limiti, dell’azione inibitoria collettiva quale tecnica conformativa dell’attività d’impresa[103]. Per i giudici, un’eventuale decisione volta ad ingiungere la radicale e completa eliminazione delle informazioni circa i “bonus di benvenuto” o i “bonus di gioco” da parte delle piattaforme operanti nell’ambito del mercato dei giochi digitali, «rischierebbe di tradursi in una irragionevole limitazione della libertà di iniziativa economica privata ex art. 41 Cost., posto che l’offerta di bonus ha natura di proposta contrattuale, diretta a concludere un negozio gratuito ma sorretto da un evidente interesse economico dell’impresa promotrice». Peraltro, come chiarito dalle relative linee guida predisposte dall’AGCOM, sfuggono al divieto di pubblicizzazione del gioco d’azzardo – di cui all’art. 9, comma 1, d.l. n. 87/2018 – le comunicazioni relative alle condizioni per fruire dei bonus in questione, «purché effettuate nel rispetto dei principi di continenza, non ingannevolezza, trasparenza nonché assenza di enfasi promozionale»[104]. Proprio con riferimento a quest’ultima prescrizione, la corte milanese ha rilevato il contrasto tra la pratica commerciale contestata con le fonti normative suddette: pertanto, dopo aver censurato l’eccessiva enfasi e l’effetto promozionale delle comunicazioni sui bonus, il Tribunale ha ordinato alla società resistente di esporre «la comunicazione delle informazioni relative ai bonus in modo omogeneo e coerente con le altre condizioni contrattuali, senza alcuna differenziazione di collocazione, carattere e modalità iconografiche»[105].

5. Le misure inibitorie previste dal codice del consumo

La tematica delle azioni rappresentative in chiave consumeristica merita di essere considerata alla luce della direttiva (UE) 2020/1828, con cui è avvenuta l’abrogazione della direttiva 2009/22/CE relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori[106]. È opportuno riflettere, non solo sugli effetti legati alla singola transazione, quanto agli effetti macroeconomici, ovvero alla capacità dei provvedimenti inibitori di pratiche commerciali[107] di regolare e orientare il mercato, al fine di assicurare la protezione effettiva del consumatore[108] e l’integrità sistemica. D’altronde, la direttiva (UE) 2020/1828 concerne le violazioni delle norme comunitarie menzionate dall’Allegato I cessate sia prima dell’inizio[109] che prima della conclusione dell’azione rappresentativa, in quanto «potrebbe comunque essere necessario prevenire il ripetersi della pratica vietandola, accertare che una determinata pratica costituisca una violazione o facilitare l’ottenimento di risarcimenti da parte dei consumatori»[110].  La nuova soluzione regolatoria intende accrescere l’effetto deterrente circa le violazioni, perpetrate dai professionisti, delle disposizioni di cui all’Allegato I[111] che ledono o posseggono attitudine lesiva degli interessi collettivi dei consumatori, rafforzando i relativi «meccanismi procedurali»[112]. L’uniformità disciplinare ambisce ad essere funzionale al potenziamento della tutela consumeristica, nonché strumentale all’affermazione della concorrenza[113].

La dimensione collettiva dell’azione permetterebbe, inoltre, di raggiungere un livello efficace ed efficiente di tutela degli interessi dei consumatori, neutralizzando i costi di accesso ai procedimenti di difesa legati ad asimmetrie informative, bias cognitivi e «riluttanza psicologica»[114]. In tal senso, merita di essere letto quanto disposto dal Considerando n. 68: «le prove sono essenziali per stabilire la fondatezza di un’azione rappresentativa volta a ottenere provvedimenti inibitori o risarcitori. Tuttavia, i rapporti tra imprese e consumatori sono spesso caratterizzati da asimmetrie delle informazioni e le prove necessarie possono essere in possesso esclusivamente del professionista, nel qual caso sono inaccessibili all’ente legittimato. Gli enti legittimati dovrebbero pertanto avere il diritto di chiedere all’organo giurisdizionale o all’autorità amministrativa di disporre che il professionista esibisca le prove relative al loro reclamo»[115].

La direttiva (UE) 2020/1828 consente di tratteggiare i confini operativi della tecnica inibitoria: si legge, infatti, al Considerando n. 33 che «i provvedimenti inibitori hanno lo scopo di tutelare gli interessi collettivi dei consumatori indipendentemente dal fatto che i singoli consumatori abbiano effettivamente sofferto un danno qualsiasi. I provvedimenti inibitori possono obbligare i professionisti ad adottare misure specifiche, per esempio fornire ai consumatori le informazioni che sono state precedentemente omesse in violazione di un obbligo legale. Una decisione in merito a un provvedimento inibitorio non dovrebbe dipendere dal fatto che la pratica sia stata posta in essere intenzionalmente o per negligenza». Quindi, la tutela inibitoria prescinde dal danno, si fonda sulla salvaguardia preventiva delle posizioni giuridiche soggettive e si smarca da eventuali strettoie procedurali che potrebbero minare «l’efficacia procedurale delle azioni rappresentative»[116], ad esempio riconducibili all’accertamento del grado soggettivo di imputazione posto a fondamento della responsabilità invocata[117]. Il beneficio finale per i consumatori interessati consisterebbe «nella cessazione o nella proibizione della pratica costituente violazione»[118]: ciò appare coerente con la definizione di interessi collettivi dei consumatori che, con riguardo ai provvedimenti inibitori, si condensa nella locuzione «interessi generali dei consumatori» e non già di un «gruppo di consumatori», rilevante invece ai fini dei provvedimenti risarcitori [art. 3, n. 3, direttiva (UE) 2020/1828][119].

Al fine di meglio comprendere l’ampiezza della tutela inibitoria, occorre tenere conto di quanto enunciato dal Considerando 40 e dall’art. 8 della direttiva in esame, ovvero delle misure provvisorie e definitive[120]. Le prime, precauzionali e preventive[121], potranno consentire di porre fine a una pratica in corso o vietarne una in grado di danneggiare gravemente o irreversibilmente i consumatori. Inoltre, nell’ottica dell’integrazione delle tutele, i provvedimenti inibitori potranno operare anche qualora la pratica sia cessata prima delle azioni rappresentative, venendo dichiarato che una determinata pratica violi le disposizioni in rassegna, qualora sussista «ancora la necessità di stabilire che la pratica (costituisca) una violazione, per esempio al fine di agevolare azioni complementari volte a ottenere provvedimenti risarcitori»[122]. Le misure definitive, invero, potranno concretizzarsi in provvedimenti di accertamento dell’abusività della pratica, ovvero, sempre se previsto dal diritto nazionale, in «un obbligo di pubblicare, integralmente o parzialmente, nella forma che l’autorità giurisdizionale o l’autorità amministrativa ritenga appropriata, la decisione relativa al provvedimento o un obbligo di pubblicare una dichiarazione rettificativa»[123].

La direttiva tace sulla possibilità di accompagnare i provvedimenti inibitori da misure di facere, così come invece previsti dal previgente art. 140, comma 1, lett. b), c. cons., nonché dall’attuale art. 840-sexiedecies, comma 7, c.p.c. (richiamato dall’attuale art. 140-octies, comma 7, c. cons.)[124].

Con riguardo alla legittimazione ad agire, rispetto a quanto previsto dall’art. 840-sexiesdecies, comma 1, c.p.c., essa spetta esclusivamente a un ente legittimato. L’area della legittimazione passiva non si arresta alle imprese o agli enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, bensì si espande nei confronti di ogni professionista[125]. L’art. 4 scandisce, poi, i requisiti operativi e le prescrizioni tecniche che sorreggono la costruzione della fattispecie degli «enti legittimati». Vi rientrano: la costituzione in conformità del diritto nazionale; l’operatività almeno annuale nell’ambito della tutela consumeristica; l’oggetto sociale coerente con la tutela degli interessi dei consumatori previsti dalle disposizioni di cui all’Allegato I; l’assenza di scopi lucrativi; l’indipendenza; la trasparenza. La legittimazione ad agire dell’ente è del tutto dissociata da ogni manifestazione di volontà rappresentativa da parte singoli consumatori.

La tutela collettiva lascia trasparire, negli effetti, una manifestazione collaterale di protezione individuale[126]: in questo senso, meritano di essere interpretati l’art. 7, par. 6, ove è riconosciuto ai singoli consumatori interessati da un’azione rappresentativa il diritto «di beneficiare» dei provvedimenti inibitori e risarcitori[127] e l’art. 16, dedicato ai termini prescrizionali. Gli Stati membri dovranno assicurare che un’azione rappresentativa inibitoria sospenda o interrompa i termini prescrizionali applicabili nei confronti dei consumatori interessati, così che non sia pregiudicata l’effettiva tutela risarcitoria. Di diversa portata pare essere l’art. 15, dedicato agli effetti delle decisioni definitive. Gli Stati membri, dovranno assicurare che una decisione definitiva relativa all’esistenza di una violazione a danno dei consumatori possa essere usata «da tutte le parti» quale prova nell’ambito di ulteriori azioni di matrice risarcitoria «nei confronti dello stesso professionista per la stessa pratica»[128]. Quindi, la tutela consumeristica appare necessariamente mediata dalla presenza dell’ente legittimato e ogni successiva azione non potrà configurarsi alla stregua di follow-on[129].

La direttiva (UE) 2020/1828 è stata internamente recepita attraverso il d.lgs. n. 28/2023, che ha determinato l’inserimento del Titolo II.1 alla parte V del codice del consumo, dedicato, per l’appunto, alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori[130]. Tali interessi, diversamente dalla partizione contenuta dall’art. 3, n. 3, direttiva (UE) 2020/1828, inglobano «gli interessi di un numero di consumatori che sono stati o che potrebbero essere danneggiati da una violazione delle disposizioni di cui all’allegato II-septies»[131]. La tutela di tali posizioni giuridiche soggettive è affidata, a livello processuale, ai soggetti collettivi (parte processuale) iscritti nell’elenco di cui all’art. 137 c. cons. attraverso azioni rappresentative finalizzate all’ottenimento di un provvedimento inibitorio[132]. Costituisce condizione di procedibilità l’invio di una comunicazione formale – tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento, pec o altro servizio elettronico di recapito qualificato – al professionista, accompagnata dalla richiesta di «cessazione del comportamento lesivo degli interessi dei consumatori e degli utenti»[133]. Decorsi quindici giorni, in difetto, verosimilmente, di soddisfacenti contromisure da parte del professionista, potrà essere esperita l’azione volta all’ottenimento di una misura inibitoria.

I provvedimenti inibitori potranno essere richiesti assieme – «cumulativamente»[134]– a quelli compensativi, diversamente da quanto è previsto dall’art. 840-sexiesdecies, comma 9, c.p.c., ove è prevista la separazione delle cause in caso di azione inibitoria proposta congiuntamente all’azione di classe[135].

Costituisce provvedimento inibitorio, l’ordine impartito dal giudice al professionista avente ad oggetto «la cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva posta in essere in violazione delle disposizioni di cui all’allegato II-septies» e la contestuale «pubblicazione del provvedimento, integralmente o per estratto, su uno o più quotidiani a diffusione nazionale o locale ovvero la pubblicazione di una rettifica»[136]. L’azione rappresentativa impedisce l’esercizio dell’azione di classe disciplinata nel codice di rito, ma, al contempo, non intacca «i rimedi contrattuali ed extracontrattuali»[137]. Inoltre, in ossequio a quanto disposto dalla direttiva di riferimento, la cessazione delle violazioni delle norme oggetto di protezione non impedisce l’avvio dell’azione rappresentativa, né determina la cessazione del contendere[138].

I soggetti collettivi legittimati ad agire dovranno, nell’atto di ricorso, indicare «gli elementi necessari a determinare il gruppo dei consumatori interessati dall’azione rappresentativa»[139], dando così concretezza all’interesse collettivo legittimante l’avvio del procedimento[140]. In coerenza con la logica dell’inibitoria, l’ente legittimato «non è onerato di provare la colpa o il dolo del professionista, né le perdite o i danni effettivamente patiti dai singoli consumatori interessati»[141]. Qualora ricorrano giusti motivi di urgenza[142], potrà essere richiesto, in corso di causa, un provvedimento provvisorio, la cui efficacia verrà meno in caso di inammissibilità del provvedimento inibitorio o di rigetto nel merito[143].

L’adozione dei provvedimenti inibitori provvisori o definitivi è accompagnata dalla fissazione di un termine per l’adempimento da parte del professionista e, anche – quindi, non solo, così come previsto dall’art. 840-sexiesdecies, comma 6, c.p.c. – su domanda di parte, il giudice potrà disporre, «in caso di inadempimento, il pagamento di una somma di denaro da 1.000 a 5.000 euro, per ogni inadempimento ovvero giorno di ritardo rapportati alla gravità del fatto tenuto conto della gravità e della durata della violazione»[144].

6. Le azioni inibitorie quali congegni di regolazione del mercato

L’importanza dei provvedimenti inibitori a livello europeo è confermata dalla Direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità[145]: «al fine di garantire i mezzi di ricorso, i ricorrenti dovrebbero poter chiedere provvedimenti inibitori sotto forma di misure definitive o provvisorie per porre fine alle violazioni delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva compiendo un’azione o cessando una condotta»[146]. L’art. 29, rubricato “Responsabilità civile delle società e diritto al pieno risarcimento”, impone, al par. 3, lett. c), agli Stati membri di provvedere affinché «i ricorrenti siano in grado di richiedere provvedimenti inibitori, anche mediante procedimenti sommari; tali provvedimenti inibitori assumono la forma di misure definitive o provvisorie, per porre fine alle violazioni delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva, compiendo un’azione o cessando una condotta»[147]. L’inibitoria determina un controllo – mediante l’impiego del criterio della diligenza[148] – sulle politiche d’impresa[149].

Dall’esame del quadro normativo sinora complessivamente considerato, spicca la centralità di una tutela collettiva scissa dall’accertamento e dalla liquidazione del danno e scortata dal ricorso a meccanismi di astreintes[150]; l’attitudine regolatoria dell’inibitoria collettiva si condensa nella possibilità riconosciuta al giudice di imporre l’adozione di misure conformative[151], che incidono – ultra partes[152] – sul concreto svolgersi , nell’orizzonte temporale contingente e in quello pro futuro[153], delle attività commerciali[154].

Volendo richiamare quanto deciso da una recente ordinanza della Corte di cassazione, l’azione inibitoria è strumento «atto a ripristinare le condizioni di fatto che consentono il normale svolgimento di un’attività»[155]. La dimensione preventiva, raison d’être della tutela inibitoria[156], risulta così affiancata da una dimensione performativa[157]: il rimedio, generale e consumeristico[158], presenta, a livello sistematico, notevoli implicazioni in termini di salvaguardia dell’integrità del mercato[159] e si candida a costituire una modalità di tutela efficiente[160] ed efficace per i diritti connessi – quindi per le situazioni giuridiche soggettive unificate[161], in un logica di «protezione in prospettiva o in movimento»[162] – alle istanze ambientali e consumeristiche[163].

 

[1] B. Sassani, Presentazione, in Class action. Commento sistematico alla legge 12 aprile 2019, n. 31, Id. (a cura di), Pisa, 2024, XII, mette in risalto l’opportunità, ancora incompresa, quando non del tutto ostacolata, della cooperazione della «via giudiziaria al controllo del mercato».

[2] A. D’Adda, Assetti attuali della tutela civile inibitoria: alcune riflessioni «sparse», in Nuova giur. comm., 2023, II, 1386. L’azione inibitoria collettiva è “deconsumerizzata”: A. Bellelli, Riflessioni critiche sull’azione inibitoria collettiva nella nuova formulazione introdotta nel codice di procedura civile, ivi, 2021, II, 1429-1430; nonché, V. Conte, Il controllo di costituzionalità delle leggi private globali. Drittwirkung, conformazione del contratto e obbligazione comunicazionale nei social media, Milano, 2024, 237 ss. V., anche, A. Amidei, Azione di classe e inibitoria collettiva: un bilancio a due anni dall’entrata in vigore della riforma, nella prospettiva del recepimento della Direttiva UE 2020/1828, in Riv. dir. priv., 2023, 407. In giurisprudenza, Trib. Milano, sez. impr., 10 ottobre 2024. Chiarisce il collegio che «il nuovo istituto assicura non solo una tutela inibitoria in senso stretto ma anche una tutela ripristinatoria, perché il tribunale può altresì ordinare l’adozione delle misure idonee ad eliminare o a ridurre gli effetti delle violazioni accertate».

[3] Per una analisi esaustiva, v. N. Rumine, Natura e forme civilistiche di tutela degli interessi collettivi dei consumatori, Pisa, 2022, 181 ss.; e, prima, C. Iurilli, Interessi superindividuali e danno collettivo, Milano, 2016, 117 ss. Cfr., altresì, M. Taruffo, La tutela collettiva nell’ordinamento italiano: lineamenti generali, in AA. VV., Class action: il nuovo volto della tutela collettiva in Italia, Milano, 2010, 28 ss.

[4] Si tratta di una disposizione che nasce in forza del d.lgs. 10 marzo 2023, n. 28, attuativo della direttiva (UE) 2020/1828 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2020, relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE.

[5] Secondo R. Tiscini, Tutela inibitoria e cambiamento climatico, in Riv. dir. proc., 2024, 357, l’azione inibitoria collettiva è posta «al servizio di indefiniti diritti individuali omogenei che trovano fonte in condotte illeciti plurioffensive». V., anche, P. Petrelli, Interessi collettivi e responsabilità civile, Padova, 2003, 240 ss.

[6] Come osserva P. Rescigno, Note minime attorno alla responsabilità civile, in AA. VV., Liber amicorum per Francesco D. Busnelli. Il diritto civile tra principi e regole, II, Milano, 2008, 451, l’ampia ammissibilità dell’inibitoria costituisce un dato positivo, ma non dovrà risolversi «nel blocco di ogni iniziativa, della libertà di movimento, di quel gioco della concorrenza che proclamiamo come uno dei valori della società contemporanea». Precisano M. Bussani, M. Infantino, La responsabilità civile. Un’introduzione, Napoli, 2022, 88, che il rischio di «scoraggiare potentemente l’iniziativa individuale […] non può di per sé negare il ricorso all’inibitoria ogni qual volta si ritenga che l’utilità sociale dell’attività esercitata o esercitanda dal convenuto abbia un’importanza inferiore rispetto alla gravità dei portati negativi irreparabili che, da quella condotta, potrebbero scaturire a carico di terzi». Su azione inibitoria, discrezionalità giudiziale e conflittualità, v. M. Libertini, Nuove riflessioni in tema di tutela civile inibitoria e di risarcimento del danno, in Riv. crit. dir. priv., 1995, 385 ss. Chiarisce l’A.: «la tutela civile inibitoria si innesta sulle ‘onde lunghe’ della storia del diritto privato contemporaneo, ed attiene a nodi centrali del funzionamento del sistema economico […]» (387).

[7] Sulla preferibilità dell’azione inibitoria in termini di effettiva attuazione dei diritti, v. I. Pagni, Tutela individuale e tutela collettiva nella nuova disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti (prime riflessioni sull’art. 3, L. 30.7.1998, n. 281), in La disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti (L. 30 luglio 1998 n. 281), A. Barba (a cura di), Napoli, 2000, 144-145.

[8] Cfr., in senso favorevole, M. Meli, La centralità della questione ambientale e le ricadute sul diritto privato, in Dir. cost., 2023, 104; C. Camardi, Diritto civile e nuovi valori costituzionali. Qualche suggestione da recenti riforme e G. Ceccherini, Tutela dell’ambiente e riforma degli artt. 9 e 41 della Costituzione, ambedue in AA. VV., Liber amicorum per Paolo Zatti, I, Napoli, 2023, rispettivamente 237 ss. e 251 ss.

[9] N. Lipari, Premesse per un diritto civile dell’ambiente, in Riv. dir. civ., 2024, 216, 218. Sull’effettiva protezione degli interessi delle generazioni future, cfr. G. Vettori, L’“interesse” delle generazioni future, in Pers. e merc., 2023, 632 ss., 636; M. D’Auria, La separazione dei poteri è un lusso che possiamo ancora permetterci?, in Giur. it., 2024, 2330-2332.

[10] F. Bertelli, Autonomia negoziale e iniziativa economica privata alla luce delle modifiche degli artt. 9 e 41 Cost., in Riv. dir. impr., 2023, 499 ss.

[11] G. Perlingieri, Criticità della presunta categoria dei beni c.dd. «comuni». Per una «funzione» e una «utilità sociale» prese sul serio, in Rass. dir. civ., 2022, 156.

[12] Si osservi Corte cost., 13 giugno 2024, n. 105, par. 5.1.2. Secondo i giudici, «la riforma del 2022 consacra direttamente nel testo della Costituzione il mandato di tutela dell’ambiente […] e vincola così, esplicitamente, tutte le pubbliche autorità ad attivarsi in vista della sua efficace difesa». Per un commento alla sentenza, v. F. Sanchini, Prosecuzione di attività produttive strategiche o tutela della salute e dell’ambiente? La Corte costituzionale interviene sul “Decreto Priolo”, in Riv. reg. mercati, 2024, 295 ss.

[13] Secondo U. Salanitro, La responsabilità ambientale dopo la riforma costituzionale e la lotta al cambiamento climatico, in Riv. dir. civ., 2024, 238, «nella misura in cui si prescrive espressamente che l’iniziativa economica privata non possa arrecare danno all’ambiente, il disposto costituzionale sottrarrebbe al legislatore e/o al giudice quello spazio di discrezionalità che discende dalla valutazione di utilità sociale».

[14] Chiarisce, tuttavia, N. Lipari, op. cit., 225, che l’«interesse ambientale diventa un limite interno allo sviluppo economico e quindi all’attività di impresa e all’autonomia negoziale».

[15] N. Vardi, Collective Redress for Consumers of Financial Services, in Protecting Financial Consumers in Europe Comparative Perspectives and Policy Choices, P. Tereszkiewicz, M. Golecki (a cura di), Leiden-Boston, 2023, 335, richiama il Considerando n. 7 della direttiva (UE) 2020/1828.

[16] M.R. Marella, Il principio costituzionale della funzione sociale della proprietà e le spinte antiproprietarie dell’oggi, in La vocazione civile del giurista. Saggi dedicati a Stefano Rodotà, G. Alpa, V. Roppo (a cura di), Roma-Bari, 2013, 110. Già G. Tucci, Il danno ingiusto, Napoli, 1970, 76, rilevava il mancato collegamento della tutela inibitoria «con una situazione di privilegio rispetto ad un bene riconosciuta nella sua tipicità. L’inibitoria si ricollega invece a quella sfera di attività materiale, che acquista una rilevanza giuridica unicamente perché viene garantita da ogni ingerenza esterna da parte di terzi». Sul punto, G. Gitti, Appunti sull’azione inibitoria, in La funzione deterrente della responsabilità civile alla luce delle riforme straniere e dei Principles of European Tort Law, P. Sirena (a cura di), Milano, 2011, 302.

[17] Ciò si legge nell’intervento di P. Rescigno, in Processo e tecniche di attuazione dei diritti, S. Mazzamuto (a cura di), I, Napoli, 1989, 378.

[18] Su apatia razionale, equilibrio del mercato e disincentivo all’efficienza commerciale, v. A. Zoppini, Le azioni collettive quali rimedio deterrente, in La funzione deterrente della responsabilità civile alla luce delle riforme straniere e dei Principles of European Tort Law, cit., 336-337. Con particolare riguardo alla rational apathy e alle citizen suit in caso di danni ambientali, v. A. Gambaro, B. Pozzo, La responsabilità civile per danni all’ambiente nella recente legislazione italiana: alcune note di comparazione giuridica e analisi economica, in Consumatore, ambiente, concorrenza. Analisi economica del diritto, U. Mattei, F. Pulitini (a cura di), Milano, 1994, 62 ss.

[19] Cfr. A. Zoppini, Le azioni collettive quali rimedio deterrente, cit., 337; nonché, Id., La concorrenza tra gli ordinamenti giuridici, in La concorrenza tra ordinamenti giuridici, Id. (a cura di), Roma-Bari, 2004, 31. Amplius, M. Spanò, Azioni collettive. Soggettivazione, governamentalità, neoliberismo, Napoli, 2013.

[20] Cfr. D. Dalfino, Le nuove forme di tutela collettiva (l. 12 aprile 2019 n. 31), in Foro it., 2019, V, 324; V. Protopapa, Sindacato e nuove azioni di “classe”, in Lav. e dir., 2024, 257 ss., 273 ss.

[21] Trib. Milano, sez. impr., 13 ottobre 2022, con note di G. Biasucci, Il coordinamento fra azione collettiva e controversie di lavoro, in Labor, 2023, 440 ss. e M. Barberio, L’azione inibitoria collettiva delle controversie di lavoro: sarà per un’altra volta?, in Riv. giur. lav. e prev. soc., 2023, 596 ss. V., anche, Trib. Roma, sez. impr., 9 luglio 2023.

[22] Come, larvatamente, appare dal ricorso di GREENPEACE Onlus, RECOMMON APS e altri c. ENI, MEF e CDP (atto di citazione del 9 maggio 2023, ove si rinviene una tendenziale richiesta al giudice di condannare la parte soccombente all’adozione di misure idonee a rimuovere o mitigare gli effetti delle violazioni accertate, così come invece espressamente e precipuamente previsto dall’art. 840-sexiesdecies, comma 7, c.p.c.). Sull’inibitoria nel contenzioso climatico, v. A. Barba, Contenzioso climatico e difetto assoluto di giurisdizione, in Nuova giur. comm., 2024 (in corso di pubblicazione); R. Tiscini, op. cit., 2024, 331 ss., 350 ss., nonché 355 ss. con particolare riguardo all’applicazione dell’art. 840-sexiesdecies c.p.c. Cfr., altresì, M. Zarro, Danno da cambiamento climatico e funzione sociale della responsabilità civile, Napoli, 2022, 225 ss. ed E. Gabellini, Note sul contenzioso climatico e le azioni di classe, in Jus-Online, 2024, 2, 210 ss. Di diverso avviso appare L. Serafinelli, Responsabilità extracontrattuale e cambiamento climatico, Torino, 2024, 280, secondo cui, «per come concepito nel versante europeo, dunque, il danno da cambiamento climatico presuppone l’esistenza di interessi che sfuggono alla logica della serialità omogenea, nella quale il viluppo di posizioni soggettive risulta in ogni caso riducibile a interessi individuali» (ulteriori criticità sono espresse dall’A. in corrispondenza della pagina 325, nt. 193, ove si legge come sarebbe opportuno «porsi l’interrogativo se sia rispondente materialmente a giustizia imporre misure pervasive di riorientamento delle politiche pubbliche e delle strategie industriali private senza un accertamento pieno in punto di antigiuridicità della condotta, criteri di imputazione e nessi di causa»). Sul tema, R. Fornasari, La struttura della tutela inibitoria ed i suoi possibili utilizzi nel contrasto al cambiamento climatico, in Resp. civ. prev., 2021, 2061 ss.

[23] G. Versaci, Trattamenti illeciti dei dati personali e tutele collettive dei consumatori, in Class action e meccanismi di tutela collettiva. Le prospettive di sviluppo e le sfide della dimensione digitale, A. Palmieri, F. Altamura (a cura di), Torino, 2023, 102 ss.

[24] Corte giust. UE, 28 aprile 2022, C-319/2020, Meta Platforms Ireland Limited c. Bundesverband der Verbraucherzentralen und Verbraucherverbände – Verbraucherzentrale Bundesverband e.V., par. 81. La decisione è annotata da L. Vizzoni, Le azioni collettive tra data protection e tutela consumeristica al vaglio della Corte di giustizia, in Medialaws, 2023, 1, 252 ss.; e M. Federico, Rappresentanza degli interessati, diritti individuali e group data protection, in Pers. e merc., 2022, 674 ss., 690-692.

[25] Corte giust. UE, 28 aprile 2022, C-319/2020, cit., par. 66.

[26] Corte giust. UE, 4 agosto 2024, C-450/22, Caixabank e a. c. Asociación de Usuarios de Bancos, Cajas de Ahorros y Seguros de España (Adicae) e a., con nota di S. Pagliantini, Caixabank e a.: l’epopea delle “suelo” e le malebolge dell’azione inibitoria collettiva. Giustizia mosse il mio alto fattore?, in Foro it., 2024, IV, 428 (con riguardo alla possibile  ascesa dell’inibitoria collettiva). Per l’A., la decisione «ambisce ad essere la prima pietra del processo di integrazione giudiziale di una direttiva 1828 fin troppo easy, nella sua infrastruttura basica, anche per gli standard laschi di un’armonizzazione minima e parziale» (420).

[27] Corte giust. UE, 4 agosto 2024, C-450/22, cit., par. 38.

[28] Corte giust. UE, 4 agosto 2024, C-450/22, cit., par. 39.

[29] Corte giust. UE, 4 agosto 2024, C-450/22, cit., par. 41.

[30] Cfr. P. Rescigno, Disciplina dei beni e situazioni della persona, in Quad. fior., 1976-1977, 878; C. Salvi, La responsabilità civile, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 2019, 134 ss. Sulla meritevolezza di una tutela ambientale ultraindividuale, G. Alpa, La natura giuridica del danno ambientale, in Il danno ambientale con riferimento alla responsabilità civile, P. Perlingieri (a cura di), Napoli, 1991, 97. Sulla tutela inibitoria e sul diritto “necessitato” all’ambiente salubre, quale interesse privo di rimedi tipici, Id., Il diritto soggettivo all’ambiente salubre: «nuovo diritto» o espediente tecnico?, in La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi e diffusi, L. Lanfranchi (a cura di), Torino, 2003, 13.

[31] A. Orestano, Interessi seriali, diffusi e collettivi: profili civilistici di tutela, in Le azioni seriali, S. Menchini (a cura di), Napoli, 2007, 32.

[32] M. Cappelletti, Formazioni sociali e interessi di gruppo davanti alla giustizia civile, in Riv. dir. proc., 1975, 365.

[33] Cfr. G. Tucci, Tutela dell’ambiente e diritto alla salute nella prospettiva del diritto uniforme europeo, in AA.VV., Studi in onore di Cesare Massimo Bianca, IV, Milano, 2006, 885 ss.; e M.V. De Giorgi, Diritto alla salute e all’ambiente, in Azione inibitoria e interessi tutelati, A. Bellelli (a cura di), Napoli, 2007, 65 ss.

[34] Cfr. S. Patti, La tutela civile dell’ambiente, Padova, 1979, 92 ss.; C. Tenella Sillani, voce Responsabilità per danno ambientale, in Digesto/civ. XVII, Torino, 1998, 359 ss.

[35] U. Ruffolo, Interessi collettivi (e diffusi), azione inibitoria collettiva e “misure idonee” correttive, in Class Action ed azione collettiva inibitoria. Commento sistematico alla legge 12 aprile 2019, n. 31, Id. (a cura di), Milano, 2021, 233 ss.

[36] Cfr. V. Denti, Aspetti processuali della tutela dell’ambiente, in AA. VV., La responsabilità dell’impresa per i danni all’ambiente e ai consumatori, Milano, 1978, 59; M. Taruffo, La legittimazione ad agire e le tecniche di tutela nella nuova disciplina del danno ambientale, in Riv. crit. dir. priv., 1987, 442 ss.; e P. Trimarchi, Introduzione, in Per una riforma della responsabilità civile per danno all’ambiente, Id. (a cura di), Milano, 1994, V ss. V., altresì, B. Pozzo, Responsabilità per danni all’ambiente e ripristino dei siti inquinati: la prospettiva italiana alla luce delle esperienze europee, in Diritto e rigenerazione dei brownsfields. Amministrazione, obblighi civilistici, tutele, M. Passalacqua, Ead. (a cura di), Torino, 2019, 39 ss.

[37] Cfr. M. Robles, Per una «grammatica» (negoziale) dei conflitti ambientale, in Giust. civ., 2021, 56 ss.; C. Angiolini, Gli interessi connessi all’ambiente alla prova dei «rimedi» civilistici e della l. 31/2019: quale ruolo per una prospettiva non esclusivamente individuale?, in Diritto e rigenerazione dei brownsfields. Amministrazione, obblighi civilistici, tutele, cit., 499 ss.

[38] P. Rescigno, Introduzione, in AA.VV., Proprietà, I, in Tratt. Rescigno, Torino, 2005, XVII. V., anche, V. Scalisi, Immissioni di rumore e tutela della salute, in Riv. dir. civ., 1982, I, 127 ss.

[39] Sulla preferibilità e sull’efficacia della tutela ex ante a livello collettivo, sociale ed ecologico, v. U. Mattei, Il diritto della responsabilità civile, in Id., A. Quarta, Punto di svolta. Ecologia, tecnologia e diritto privato. Dal capitale ai beni comuni, Sansepolcro, 2018, 220. Chiarisce E. del Prato, Il principio di precauzione nel diritto privato: spunti, in AA.VV., Liber amicorum per Francesco D. Busnelli. Il diritto civile tra principi e regole, I, Milano, 2008, 554, che, in ossequio alla proporzionalità del rimedio, «l’inibitoria non può risultare esuberante rispetto all’interesse per il quale la precauzione è dovuta». Più recentemente, Id., Sostenibilità, precauzione, sussidiarietà, in Scritti in memoria di Rodolfo Sacco, P.G. Monateri (a cura di), I, Milano, 2024, 559.

[40] F.D. Busnelli, La parabola della responsabilità civile, in Id., S. Patti, Danno e responsabilità civile, Torino, 2013, 171. Sul danno “collettivo” ambientale, v. M. Franzoni, Fatti illeciti, in Comm. c.c. Scialoja Branca, Bologna, 2020, 166.

[41] Sulla preferibilità della tutela preventiva, v. S. Rodotà, Introduzione, in AA.VV., La responsabilità dell’impresa per i danni all’ambiente e ai consumatori, cit., 21; nonché, P. Perlingieri, Conclusione dei lavori, in AA.VV., Valori della persona e modelli di tutela contro i rischi ambientali e genotossici. Esperienze a confronto, Firenze, 2008, 254, secondo il quale «l’inibire determinate attività, in attuazione dei principi di prevenzione e di precauzione, si rivela più efficace rispetto a soluzioni rimediali postume, quali il risarcimento danni o l’esecuzione in forma specifica (per giunta non applicabile)». Precisa chiaramente U. Salanitro, Responsabilità ambientale: questioni di confine, questioni di sistema, in Juscivile, 2019, 508, nt. 8, che «la ragione per cui l’aria è sottratta alla disciplina della responsabilità ambientale attiene alla logica rimediale della normativa speciale, specificamente volta alla riparazione della risorsa naturale: l’aria per le sue caratteristiche non si contamina, ma è un vettore per i contaminanti che poi andranno a depositarsi nel suolo, nell’acqua o negli ecosistemi». Pertanto, prosegue l’A., «la protezione dell’aria può richiedere perciò rimedi di tipo inibitorio, ma non riparatorio».

[42] Sulle lesioni individuali o collettive collaterali al danno ambientale e risarcibili ai sensi dell’art. 313, comma 7, d.lgs. n. 152/2006, nonché sul differente trattamento rimediale per i danni ulteriori (ad es. le pure perdite patrimoniali), cfr. C. Castronovo, Responsabilità civile, Milano, 2018, 859; e M. Barcellona, La responsabilità civile, in Tratt. Mazzamuto, VI, I, Torino, 2021, 255 ss.

[43] La risarcibilità di un danno patrimoniale riguardante il valore d’uso di un bene e la compressione del diritto di proprietà a seguito di immissioni intollerabili provocate dagli stabilimenti riconducibili alla società ILVA è stata confermata da Cass., sez. III, 2 luglio 2021, n. 18810.

[44] M. Meli, The Environment, Health, and Employment: Ilva’s Never-Ending Story, in The Italian Law Journal, 2020, 499 ss.

[45] Secondo D. Messinetti, voce Danno giuridico, in Enc. dir., Agg., I, Milano, 1997, 518, la prevenzione del danno svolge una funzione di tecnologia politica. Con riferimento all’azione inibitoria collettiva, S. Mazzamuto, Esecuzione forzata, in Comm. c.c. Scialoja Branca, Bologna, 2020, 14; e A. Barba, Capacità del consumatore e funzionamento del mercato. Valutazione e divieto delle pratiche commerciali, Torino, 2021, 63. Puntualizza A. di Majo, La tutela civile dei diritti, 3, Milano, 2003, 145, che l’inibitoria costituisce un problema di limitazione pro futuro della libertà economica altrui dinanzi a minacce presenti di future lesioni di diritti. In tema, Gitti, op. cit., 315-316.

[46] F. Sartori, Ideologie e tecniche della (ri)codificazione del diritto privato, in The Cardozo Electronic Law Bulletin, 2019, 9. Sulla tutela inibitoria per la protezione del diritto alla salute a causa dell’emissione di sostanze inquinanti, v. Cass., sez. un., 23 aprile 2020, n. 8092, con nota di G. Ceccherini, Danno ambientale e tutela di situazioni giuridiche esclusive: l’inibitoria del giudice ordinario, in Nuova giur. comm., 2020, I, 1284 ss., 1289. Ora, U. Salanitro, voce Danno ambientale e responsabilità civile, in Enc. dir., I tematici, Responsabilità civile, Milano, 2024, 202.

[47] Cfr. M.W. Monterossi, L’orizzonte intergenerazionale del diritto civile. Tutela, soggettività, azione, Pisa, 2020, spec. 132, 152, 173; D. Frenda, Appunti per una teoria dell’inibitoria come forma di tutela preventiva dell’inadempimento, in Eur. dir. priv., 2016, spec. 721-734.

[48] In tema, U. Salanitro, Tutela dell’ambiente e strumenti di diritto privato, in Funzioni del diritto privato e tecniche di regolazione del mercato, M. Maugeri, A. Zoppini (a cura di), Bologna, 2009, 398 ss., 404, nt. 37; R. Donzelli, La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi, Napoli, 2008, 149, 748; A.D. De Santis, La tutela giurisdizionale collettiva. Contributo allo studio della legittimazione ad agire e delle tecniche inibitorie e risarcitorie, Napoli, 2013, 361.

[49] Sulla tutela diffusa dell’ambiente, v. F. Galgano, Le insidie del linguaggio giuridico. Saggio sulle metafore nel diritto, Bologna, 2010, 114-115. Sulla tutela inibitoria quale mezzo per proteggere situazioni giuridiche rilevanti, v. M.R. Maugeri, Violazione delle norme contro l’inquinamento ambientale e tutela inibitoria, Milano, 1997, 105 ss., 110, 298 ss.

[50] C.M. Bianca, L’inibitoria come rimedio di prevenzione dell’illecito, in Azione inibitoria e interessi tutelati, cit., 13 ss., 23. Cfr., altresì, C. Rapisarda, Profili della tutela civile inibitoria, Padova, 1987, 180-182; e F. Di Giovanni, Strumenti privatistici e tutela dell’ambiente, Padova, 1982, 121-122.

[51] M. Cappelletti, op. cit., 367.

[52] L’utilità derivante da una pronuncia inibitoria sarebbe insuscettibile di una appropriazione esclusiva: v. A. Giussani, L’azione di classe: un primo bilancio, in Riv. dir. proc., 2012, 1184. R. Donzelli, La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi, cit., 421 ss., 437 ss., inquadra l’azione collettiva inibitoria tra i giudizi collettivi a tutela di interessi individuali compatibili e concorrenti. In tema, G. Conte, Dalla parte plurisoggettiva alla tutela degli interessi collettivi, in Futuro, giustizia, azione collettiva, mediazione, V. Vigoriti, Id. (a cura di), Torino, 2010, 180.

[53] M. Cappelletti, op. cit., 373.

[54] A.D. De Santis, L’azione inibitoria collettiva, in Foro it., 2019, V, 387 ss. Per un commento, v. A. Bellelli, Riflessioni critiche sull’azione inibitoria collettiva nella nuova formulazione introdotta nel codice di procedura civile, cit., 1430.

[55] Il giudice è chiamato a valutare la sussistenza dei presupposti, non configurandosi un dovere di provvedere in tal senso. Chiarisce Trib. Torino, sez. impr., 23 aprile 2024, n. 558, che il giudice ben può «invece respingere la relativa domanda qualora rivesta natura risarcitoria (o restitutoria) e/o non sia diretta a ristabilire lo stato di fatto preesistente».

[56] Chiarisce, A. Giussani, La riforma dell’azione di classe, in Riv. dir. proc., 2019, 1600, che «sembra naturale riferire il concetto al contenzioso del lavoro». G.A. Recchia, Azione inibitoria collettiva nella sua prima applicazione giurisprudenziale, in giustiziacivile.com, 7 novembre 2023, 3, rileva la «torsione lavoristica impressa al procedimento collettivo inibitorio».

[57] Le possibili ricadute dell’inibitoria positiva sulla libertà di iniziativa economica privata sono state messe in luce da G. Gabrielli, Sulla legittimazione a domandare la cessazione di immissioni, in AA.VV., Studi in onore di Pietro Rescigno, II, Diritto privato, 1, Milano, 1998, 361 ss.

[58] Sulla logica e sulla funzione della «situazione di vantaggio a contenuto processuale fondamentale», v. A. Giussani, Considerazioni sul rapporto fra le azioni collettive del codice di rito e quelle del codice del consumo dopo il d.lgs. n. 28 del 2023, in Jus, 2023, 456-457. Per alcune criticità, A. Fachechi, Azione inibitoria collettiva ed efficacia ultra partes del giudizio di vessatorietà, in Giusto proc. civ., 2014, 806-810.

[59] I. Pagni, L’azione inibitoria collettiva, in Giur. it., 2019, 2330.

[60] Nota Pagni, L’azione inibitoria collettiva, cit., 2329, che «l’azione inibitoria è, ‘collettiva’, nel senso che è a legittimazione plurale […]». Tuttavia, chiarisce l’A., «perché le condotte possano pregiudicare ‘una pluralità di individui’, legittimati ordinari ad agire, deve trattarsi di diritti seriali […]». Pertanto, «la selezione di coloro che possono agire deve passare, prima ancora che dal criterio dell’interesse ad agire, dalla previa individuazione della situazione soggettiva astrattamente suscettibile di essere pregiudicata dalla condotta illecita». Per alcune considerazioni critiche, v. A. Bellelli, Riflessioni critiche sull’azione inibitoria collettiva nella nuova formulazione introdotta nel codice di procedura civile, cit., 1431: «nessuna garanzia di adeguata tutela dell’interesse collettivo è, invece, prevista, come già detto, con riguardo al singolo che agisca in via inibitoria. La disciplina sul punto si discosta, inspiegabilmente, non solo da quanto normativamente richiesto per la legittimazione attiva all’azione inibitoria delle organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro ma anche dal modello dell’azione di classe per la quale è disposto il ‘filtro’ del giudizio di ammissibilità». Per uno spunto, P. Mezzanotte, Class action e Costituzione: dimensione metaindividuale dei diritti e ruolo della giurisdizione, in Nomos, 2022, 1, 7-8.

[61] Così, U. Ruffolo, op. cit., 245.

[62] G. Basilico, L’inibitoria collettiva secondo la legge 12 aprile 2019 n. 31, in Giusto proc. civ., 2020, 126. Per E. Minervini, La tutela collettiva dei consumatori e la l. 12 aprile 2019, n. 31, in Nuove leggi civ. comm., 2020, 355, «sebbene l’art. 840 sexiesdecies, comma 1˚, c.p.c. si limiti a parlare di inibitoria di atti e di comportamenti posti in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o enti, si deve trattare di atti e comportamenti illeciti, e cioè in violazione di norme giuridiche». Per una diversa prospettazione, Cfr. D. Amadei, L’azione inibitoria collettiva, in Class action. Commento sistematico alla legge 12 aprile 2019, n. 31, cit., 323.

[63] Per il ricorso all’azione inibitoria solo in presenza di un diritto minacciato, v. A. Proto Pisani, Brevi note in tema di tutela specifica e tutela risarcitoria, in Foro it., 1984, V, 132.

[64] A. Carratta, I nuovi procedimenti collettivi: considerazioni a prima lettura, in Giur. it., 2019, 2298. Per Pagni, L’azione inibitoria collettiva, cit., 2330, la formula dell’interesse vantato dal ricorrente risulta eccessivamente ampia: «sarebbe stato più opportuno far passare la selezione dei legittimati ad agire dalla individuazione della situazione soggettiva astrattamente suscettibile di essere compromessa». In giurisprudenza, Trib. Bologna, sez. impr., 7 novembre 2024.

[65] Osserva D. Amadei, L’azione inibitoria collettiva, cit., 325, che, «nell’agire per la propria situazione sostanziale, quale oggetto del processo ma anche condizione legittimante, l’individuo ottiene, contro l’imprenditore convenuto, una tutela inibitoria a proprio vantaggio ma, una volta attuata, anche di tutti gli altri coinvolti dagli stessi comportamenti […]». Chiarisce Trib. Roma, sez. impr., 9 luglio 2023, cit., che «le organizzazioni e le associazioni non sono le sostanziali titolari ma, semmai, le interpreti qualificate e le portatrici. In questo senso depone il tenore letterale della norma laddove si parla di pregiudizio arrecato «ad una pluralità di individui o enti» i cui interessi le organizzazioni e le associazioni si prefiggono per statuto di tutelare. Questa considerazione consente di delineare una differenza rispetto all’azione antisindacale prevista all’art. 28 dello Statuto nel quale i beni tutelati sono quelli a titolarità collettiva sindacale sicché il sindacato che agisce ai sensi di tale disposizione normativa tutela interessi e diritti propri e solo preterintenzionalmente dei lavoratori. Per tali ragioni appare improprio parlare di sostituzione processuale in senso tecnico».

[66] La disciplina di dettaglio è contenuta all’interno del d.m. n. 27/ 2022.

[67] V. il commento di V. Protopapa, Sindacati in azione (di classe): il nodo della legittimazione ad agire, in Dir. rel. ind., 2023, 1111 ss.

[68] Osserva P. Mezzanotte, op. cit., 9: «i presupposti originari dell’inibitoria collettiva sottendono una realtà sociale e giuridica conforme ai postulati del pluralismo organizzato e a modelli più o meno collaudati di risoluzione e semplificazione del conflitto, che si avvalgono di rapporti di rappresentanza incardinati in soggetti ‘istituzionali’».

[69] Già, Corte giust. UE, 14 aprile 2016, C‑381/14 e C‑385/14, Jorge Sales Sinués c. Caixabank SA e Youssouf Drame Ba c. Catalunya Caixa SA (Catalunya Banc SA), ove si legge che le azioni inibitorie si connotano per la «loro indipendenza nei confronti di qualsiasi conflitto individuale concreto» (par. 29).

[70] Si rafforza, quindi, l’enforcement privato: così, A. Carratta, op. cit., 2298. Con specifico riguardo alla tematica ambientale, v. I. Pagni, L’azione inibitoria collettiva, cit., 2334. Osserva E. Minervini, La tutela collettiva dei consumatori e la l. 12 aprile 2019, n. 31, cit., 354: «siffatta statuizione pone all’attenzione dell’interprete due questioni: se l’azione possa essere esperita in danno di soggetti diversi dagli imprenditori, come ad esempio i soggetti che esercitano un’attività non imprenditoriale ma professionale; se l’azione possa essere esperita in presenza di atti non ancora compiuti o di comportamenti non ancora tenuti, ma soltanto raccomandati o minacciati. Qualora si desse una risposta negativa, vi sarebbe un “deficit di tutela”, ed una evidente infrazione».

[71] Trib. Roma, 21 settembre 2021, con nota di D. Amadei, Primi approcci della giurisprudenza alla nuova azione collettiva inibitoria, in Giur. it., 2022, 2144 ss. Con riguardo all’ambito di tutela, si legge quanto segue: «tale scelta legislativa, se risponde ad un criterio di mera opportunità che può non apparire del tutto convincente, in quanto limita l’operatività dell’istituto alla tutela da ‘imprese’ o da enti di gestione ‘di servizi pubblici o di pubblica utilità’ e non anche da altri soggetti che non esercitino una attività di impresa, ancorché la loro attività possa danneggiare ‘una pluralità di individui o enti’ e ciò in contraddizione con la finalità insita nell’azione inibitoria collettiva – volta alla tutela da ‘atti e comportamenti’ realizzati ‘in pregiudizio di una pluralità di individui o enti’, come specificato del primo comma dell’art. 840-sexiesdecies c.p.c. – appare per contro giustificabile nella parte in cui esclude la pubblica amministrazione dal novero dei soggetti nei confronti dei quali è esercitabile l’azione, essendo a quest’ultima tradizionalmente riservato un regime particolare».

[72] C. Salvi, La responsabilità civile, cit., 282.

[73] Trib. Nuoro, sez. II, 10 maggio 2023, n. 259.

[74] Come spiega, in termini generali, G. Cian, Riflessioni in tema di risarcimento in forma specifica, in Id., Scritti, Milano, 2023, 693, l’inibitoria «tende infatti ad impedire danni futuri: o attraverso la cessazione di una situazione antigiuridica, a prescindere dalla colpevolezza del comportamento di colui che in quella situazione viene a trovarsi e nei cui confronti la cessazione viene richiesta, ovvero attraverso l’imposizione di astenersi da comportamenti che una lesione potrebbero produrre, ancorché non abbiano ancora cagionato. Il risarcimento, per contro, anche quello in forma specifica, ha riguardo a danni già verificatisi». In tema, U. Ruffolo, op. cit., 246. Per alcune criticità, D. Amadei, L’azione inibitoria collettiva, cit., 326. Per l’A., c’è il rischio che l’espansione dell’azione inibitoria collettiva colpisca soggetti «che non hanno violato alcuna norma giuridica».

[75] Cfr. l’ordinanza del Trib. Milano, sez. impr., 30 gennaio 2023, confermata, in secondo grado, da App. Milano, sez. impr., 31 gennaio 2024, n. 262.

[76] F. Cafaggi, P. Iamiceli, The Principles of Effectiveness, Proportionality and Dissuasiveness in the Enforcement of EU Consumer Law: The Impact of a Triad on the Choice of Civil Remedies and Administrative Sanctions, in Eur. Rev. Priv. Law, 2017, 608.

[77] E. Gabellini, Accesso alla giustizia in materia ambientale e climatica: le azioni di classe, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2022, 1125.

[78] Amplius, M. Cannarsa, UCTD’s Hybrid, Multifaceted and Differentiated Enforcement, in Eur. Rev. Priv. Law, 2024, 497 ss.

[79] A.A. Dolmetta, Profili emergenti nelle azioni di classe, in Riv. dir. banc., 2019, 294. V., anche, U. Ruffolo, op. cit., 243.

[80] A. D’Adda, Il risarcimento in forma specifica. Oggetto e funzioni, Padova, 2002, 45-47.

[81] Come chiarisce A. Lener, Violazione di norme di condotta e tutela civile dell’interesse all’ambiente, in Foro it., 1980, V, 112, l’inibitoria volta ad incidere sulla produzione industriale esige una attenta analisi comparata degli interessi di rilevanza sociale (problema che non si pone nel risarcimento del danno).

[82] Spiega D. Messinetti, voce Abuso del diritto, in Enc. dir., Agg., II, Milano, 1998, 18, nt. 32, che i rimedi inibitori «mirano alla ricostituzione delle condizioni di possibilità dell’azione lecita». Attraverso essi si persegue la «finalità di una riconformazione delle azioni trasgressive. In questo senso si distinguono dai rimedi che hanno effetti di repressione’ e, quindi, perseguono fini ‘riparatori’ dei contesti (ad esempio le azioni risarcitorie)».

[83] Come precisa Trib. Roma, sez. impr., 9 luglio 2023, cit., «con riferimento all’accertamento della condotta discriminatoria, promossa con il rito di cui all’art. 840 sexiesdecies cpc, è dato rilevare una inadeguatezza dell’azione inibitoria collettiva a poter incidere su più situazioni che sebbene accomunate da un unico presupposto, ovverosia il beneficio delle tutele di cui alla legge 104/1992, necessiterebbero di un’analisi caso per caso che non è propria del ricorso di cui all’art 840 sexiesdecies». Per il Tribunale, l’istanza avanzata, «dal momento che rischierebbe di ledere la libertà imprenditoriale costituzionalmente garantita, richiederebbe un’attività istruttoria strutturata propria del rito di cognizione pieno. Solo in questi termini l’organo giudicante sarebbe messo nelle condizioni di apprezzare le singole candidature dal momento che, come detto in precedenza, la società resistente valorizzava, all’esito della fase di consultazione sindacale, il possesso delle competenze e delle esperienze pregresse nonché il possesso delle certificazioni necessarie per l’esercizio delle mansioni. Tali considerazioni, si pongono a ulteriore riprova dell’infondatezza del ricorso ferma l’inadeguatezza del rito di cui all’art. 840 sexiesdecies cpc a poter incidere su situazioni che in alcuni casi afferiscono a valutazioni di assoluta discrezionalità della società resistente».

[84] U. Salanitro, La responsabilità ambientale dopo la riforma costituzionale e la lotta al cambiamento climatico, cit., 242.

[85] Sull’inibitoria quia timet, sulla salvaguardia del diritto ambientale e sul principio di precauzione, v. A. D’Adda, Assetti attuali della tutela civile inibitoria: alcune riflessioni «sparse», cit., 1392. Precisa M. Robles, La «conflittualità» ambientale fra «attributi» (negoziali) e «predicati» (rimediali), in Rass. dir. civ., 2021, 638, che il giudizio di intollerabilità e/o illiceità può concernere anche fenomeni emissivi rientranti entro le soglie previamente autorizzate; ciò potrà, quindi, legittimare l’esercizio di un’azione inibitoria collettiva.

[86] E. Navarretta, Il risarcimento in forma specifica e il dibattito sui danni punitivi tra effettività, prevenzione e deterrenza, in Processo e tecniche di attuazione dei diritti. Omaggio a Salvatore Mazzamuto a trent’anni dal convegno palermitano, G. Grisi (a cura di), Napoli, 2019, 239. A. Albanese, Tutela preventiva del credito e diligenza nell’adempimento, ivi, 376, mette in evidenza il legame – a livello di fattispecie normative – tra l’inibitoria e l’esigenza di rafforzare la tutela dei diritti fondamentali della persona, «ampliandola e anticipandola».

[87] Cfr. P. Perlingieri, Il «giusto rimedio» nel diritto civile, in Giusto proc. civ., 2011, 20; e, prima, Id., Conclusioni, in Azione inibitoria e interessi tutelati, cit., 91 ss. In tema, M. Bussani, L’illecito civile, in Trattato CNN diretto da Perlingieri, VI, 1, Napoli, 2020, 93 ss. L’inibitoria potrebbe, allora, essere concessa nel caso in cui la soglia di rilevanza dei rischi non risulti irrisoria: cfr. C. Consolo, Il rischio da ignoto tecnologico: un campo arduo – fra lecito e illecito – per la tutela cautelare e inibitoria, in Resp. civ. prev., 2003, 606 ss. Tuttavia, sull’identità effettuale e contenutistica intercorrente tra inibitoria e accertamento dell’illiceità, v. M.S. Spolidoro, Le misure di prevenzione nel diritto industriale, Milano, 1982, 25, 41, 81.

[88] In questo senso, cfr. A. Tedoldi, G.M. Sacchetto, La nuova azione inibitoria collettiva ex art. 840-sexiesdecies c.p.c., in Riv. dir. proc., 2021, 241-242; D. Amadei, L’azione inibitoria collettiva, cit., 326. Precisa, invero, A. Carratta, op. cit., 2298, nt. 3, che l’assenza di una inibitoria preventiva o in via d’urgenza non impedirà di agire attraverso la tutela cautelare ex art. 700 c.p.c. Più in generale, in tema di inibitoria preventiva – con cui si intima di non compiere l’attività lesiva – e di inibitoria di cessazione – atta ad impedire il perpetuarsi della lesione già avvenuta -, v. M. Taruffo, op. cit., 443. Per un ulteriore approfondimento, v. Fornasari, op. cit., 2072 ss.

[89] Cfr. A. Frignani, voce Inibitoria (azione), in Enc. dir., XXI, Milano, 1971, 560 ss., 573 ss.; M. Libertini, La tutela civile inibitoria, in Processo e tecniche di attuazione dei diritti, cit., 315 ss. In tema, L. Francario, Danni ambientali e tutela civile, Napoli, 1990, 322 ss. Per l’A., l’inibitoria può avere anche effetti ripristinatori: la condanna ad un non facere favorisce la rimozione dell’illecito e quindi integra un meccanismo restitutorio (dello stato ambientale preesistente).

[90] P. Tosi, E. Puccetti, L’azione inibitoria collettiva per la tutela di diritti individuali omogenei dei lavoratori, in Arg. dir. lav., 2023, 574.

[91] Sulle potenzialità dell’azione inibitoria collettiva con riguardo ai danni diffusi da inquinamento, v. B. Pozzo, I criteri di liquidazione del danno ambientale nella prospettiva della distinzione tra danno evento e danno conseguenza, in Resp. civ. prev., 2023, 1869.

[92] Sulla funzione ripristinatoria dell’azione inibitoria, v. R. Scognamiglio, Il risarcimento del danno in forma specifica, in Id., Responsabilità civile e danno, Torino, 2010, 261. V., altresì, D. Messinetti, voce Oggetto dei diritti, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, 822-824; e A. Chianale, Diritto soggettivo e tutela in forma specifica. Indagine in tema di responsabilità extracontrattuale, Milano, 1992, 30, 140 ss. Per una applicazione estesa della tutela inibitoria dinanzi a comportamenti di terzi non illeciti, ma comunque lesivi di diritti riconosciuti, v. G.N. Nardo, Riflessioni sulla azione inibitoria, in AA.VV., Scritti in onore di Nicola Picardi, III, Pisa, 2016, 1839 ss.

[93] Corte giust. Ue, 25 giugno 2024, C‑626/22, C. Z. e a. c. Ilva SpA in Amministrazione Straordinaria e Acciaierie d’Italia Holding SpA e Acciaierie d’Italia SpA.

[94] Corte giust. Ue, 25 giugno 2024, C‑626/22, cit., par. 94.

[95] Corte giust. Ue, 25 giugno 2024, C‑626/22, cit., par. 105.

[96] Trib. Torino, sez. impr., 23 aprile 2024, n. 558, cit. In tema, A. Barba, In tema di inibitoria collettiva della pratica commerciale scorretta: riflessioni a margine di un recente decreto del Tribunale di Torino, in Accademia, 2024, 533 ss.; G. Magri, Presupposti e confini dell’azione inibitoria collettiva, in Nuova giur. comm., 2024, I, 1089-1090.

[97] App. Torino, 9 ottobre 2024, n. 733.

[98] App. Torino, 9 ottobre 2024, n. 733, cit.

[99] Trib. Torino, sez. impr., 21 aprile 2023. In linea, quindi, Trib. Torino, sez. impr., 6 marzo 2024. Ha chiarito Trib. Napoli, sez. impr., 16 luglio 2024, che «il divieto generale di emettere comunicazioni commerciali che abbiano per oggetto o per effetto di promuovere le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica discende già dalla legge, mentre l’inibitoria e le altre misure che l’assistono non possono che riguardare specifici comportamenti in contrasto con tale divieto». Così, anche, Trib. Napoli, sez. impr., 20 novembre 2024.

[100] App. Milano, sez. impr., 23 agosto 2023, n. 372, con nota di A. Barone, Disciplina dei protesti e organizzazione bancaria: la Corte d’Appello di Milano ristabilisce il primato del diritto, in Notariato, 2023, 573 ss.

[101] Trib. Milano, sez. impr., 2 aprile 2023.

[102] Trib. Torino, sez. impr., 7 ottobre 2024.

[103] Trib. Milano, sez. impr., 10 ottobre 2024, cit.

[104] Delibera 132/19/CONS, Allegato A, par. 5.5.

[105] Trib. Milano, sez. impr., 10 ottobre 2024, cit.

[106] In tema, E. Minervini, L’azione inibitoria nella dir. 2020/1828/UE, in Nuove leggi civ. comm., 2022, 1377 ss. Più recentemente, A. Iandoli, La Class action consumeristica: il nuovo ventaglio di tutele offerto dalla direttiva n. 2020/1828 si innesta sulle orme della legge n. 31/ 2019, in judicium.it, 1° ottobre 2024.

[107] Per pratica si intende «qualunque atto o omissione di un professionista»: art. 3, n. 8, direttiva (UE) 2020/1828.

[108] Su effettività e injunctive measure nell’ambito della tutela consumeristica, v. F. Cafaggi, P. Iamiceli, op. cit., 581 ss.

[109] Secondo E. Minervini, L’azione inibitoria nella dir. 2020/1828/UE, cit., 1385, «la tutela inibitoria sembra ridursi ad una tutela di mero accertamento».

[110] Considerando n. 20 direttiva (UE) 2020/1828.

[111] Art. 2, par. 1, direttiva (UE) 2020/1828.

[112] Considerando n. 5 direttiva (UE) 2020/1828.

[113] Chiarisce G. De Cristofaro, Azioni “rappresentative” e tutela degli interessi collettivi dei consumatori. La “lunga marcia” che ha condotto all’approvazione della dir. 2020/1828/UE e i profili problematici del suo recepimento nel diritto italiano, in Nuove leggi civ. comm., 2022, 1024, che ci si trova dinanzi ad una armonizzazione massima delle legislazioni nazionali, «sebbene ampiamente parziale e gravemente lacunosa». Puntualizza l’A.: «con riferimento specifico (ed esclusivo) agli ‘aspetti’ dei procedimenti collettivi da essa disciplinati ex professo, la direttiva è infatti rigorosamente vincolante per gli Stati membri, i quali non possono discostarsi dalle sue prescrizioni (salvo vengano volta per volta esplicitamente autorizzati in tal senso) né per incrementare né per ridurre il livello di protezione dei consumatori assicurato dalla disciplina dettata dalla direttiva stessa». Diversamente, per E. Minervini, L’azione inibitoria nella dir. 2020/1828/UE, cit., 1378: «si tratta di una direttiva di armonizzazione minima, anzi di armonizzazione (drammaticamente) parziale, alquanto deludente, che lascia agli Stati membri amplissimi (e talora ambigui) margini di discrezionalità in ordine alla disciplina delle azioni rappresentative».

[114] Considerando n. 9 direttiva (UE) 2020/1828.

[115] Art. 18 direttiva (UE) 2020/1828. Inoltre, «dovrebbe altresì essere possibile applicare sanzioni di tipo diverso, come misure procedurali, in caso di rifiuto di rispettare un’ingiunzione a esibire prove» (Considerando n. 69 direttiva (UE) 2020/1828). In ogni caso, le sanzioni dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive (art. 18, par. 1, direttiva (UE) 2020/1828). Per alcune criticità, anche legate al tema delle prove esplorative, v. E. Camilleri, La Dir. 2020/1828/Ue sulle azioni rappresentative e il “sistema delle prove”. La promozione dell’interesse pubblico attraverso la tutela degli interessi collettivi dei consumatori: verso quale modello di “enforcement”?, in Nuove leggi civ. comm., 2022, 1073-1075.

[116] Considerando n. 35 direttiva (UE) 2020/1828.

[117] Come precisato dall’art. 8, par. 3, lett. b), direttiva (UE) 2020/1828, l’ente legittimato non è tenuto a provare le perdite o i danni effettivamente patiti dai singoli consumatori lesi dalla violazione delle disposizioni di cui all’Allegato I, né tantomeno la condotta intenzionale o negligente del professionista.

[118] Considerando n. 37 direttiva (UE) 2020/1828.

[119] Cfr. E. Camilleri, La Dir. 2020/1828/Ue sulle azioni rappresentative e il “sistema delle prove”. La promozione dell’interesse pubblico attraverso la tutela degli interessi collettivi dei consumatori: verso quale modello di “enforcement”?, cit., 1085, nt. 110; A. Bellelli, Riflessioni critiche sull’azione inibitoria collettiva nella nuova formulazione introdotta nel codice di procedura civile, cit., 1434. In tema, A.C. Di Landro, Le azioni rappresentative a tutela dei consumatori nell’ambito del new deal for consumer. Alcune riflessioni, in Juscivile, 2023, 990 e, ancor più recentemente, M.A. Astone, Transazioni collettive e tutela dei consumatori nella previsione dell’art. 140-decies c.cons., in Nuove leggi civ. comm., 2024, 1221.

[120] Il provvedimento provvisorio opera qualora la pratica commerciale sia stata ritenuta costituire una violazione di cui all’art. 2, par. 1; diversamente, il provvedimento definitivo opera nel caso in cui la pratica commerciale sia stata accertata costituire una violazione di cui all’art. 2, par. 1 [v. art. 8, par. 1, direttiva (UE) 2020/1828]. In tema, G. De Cristofaro, Azioni “rappresentative” e tutela degli interessi collettivi dei consumatori. La “lunga marcia” che ha condotto all’approvazione della dir. 2020/1828/UE e i profili problematici del suo recepimento nel diritto italiano, cit., 1029.

[121] È correlata la necessità di sollecitudine procedurale e di trattazione sommaria con riguardo alle azioni rappresentative aventi ad oggetto un provvedimento inibitorio con effetto provvisorio [Considerando n. 67 e art. 17, par. 2, direttiva (UE) 2020/1828]. Risulta critico, sul punto, E. Minervini, L’azione inibitoria nella dir. 2020/1828/UE, cit., 1385.

[122] Considerando n. 40 direttiva (UE) 2020/1828.

[123] Articolo 8, par. 2, lett. b), direttiva (UE) 2020/1828.

[124] Precisa G. De Cristofaro, Azioni “rappresentative” e tutela degli interessi collettivi dei consumatori. La “lunga marcia” che ha condotto all’approvazione della dir. 2020/1828/UE e i profili problematici del suo recepimento nel diritto italiano, cit., 1030: «decisivo, per risolvere la questione, è stabilire se l’elenco di ‘provvedimenti’ suscettibili di essere assunti nel procedimento instaurato attraverso l’esperimento di un’azione rappresentativa inibitoria, inserito nel par. 2 dell’art. 8 dir., debba essere inteso come meramente esemplificativo ovvero – come a noi parrebbe preferibile – come tassativo. In ogni caso, parrebbe doversi riconoscere che quando la ‘pratica’ posta in essere dal professionista consista in una mera omissione, il giudice adito con l’azione rappresentativa inibitoria possa ordinare al professionista convenuto di tenere la condotta che una disposizione UE inserita nell’Allegato gli impone». In tema, A.C. Di Landro, op. cit., 997.

[125] G. Salvi, La tutela collettiva dei consumatori, in Le clausole abusive nei contratti dei consumatori. Trent’anni di direttiva 93/13, S. Pagliantini (a cura di), Milano, 2024, 504; D. Amadei, L’azione inibitoria collettiva, cit., 335-337.

[126] Tra l’altro, «all’atto di intentare un’azione rappresentativa, l’ente legittimato fornisce all’organo giurisdizionale o all’autorità amministrativa informazioni sufficienti sui consumatori interessati dall’azione rappresentativa» (art. 7, par. 2, direttiva (UE) 2020/1828).

[127] E. Minervini, L’azione inibitoria nella dir. 2020/1828/UE, cit., 1381.

[128] Art. 15 direttiva (UE) 2020/1828. Secondo B. Zuffi, Sub art.140-octies, in Codice del consumo, V. Cuffaro, A. Barba, A. Barenghi (a cura di), Milano, 2023, 1191, la disposizione in questione è anodina.

[129] Così, E. Camilleri, La Dir. 2020/1828/Ue sulle azioni rappresentative e il “sistema delle prove”. La promozione dell’interesse pubblico attraverso la tutela degli interessi collettivi dei consumatori: verso quale modello di “enforcement”?, cit., 1070-1071: «dietro il tenore estensivo della formula “tutte le parti” si cela a ben vedere proprio una paradossale preclusione per i singoli consumatori eventualmente interessati a valersi di una decisione – di accertamento della violazione – nel quadro di un giudizio individuale di risarcimento».

[130] In tema, G. De Cristofaro, Le «azioni rappresentative» di cui agli artt. 140-ter ss. c.cons.: ambito di applicazione, legittimazione ad agire e rapporti con la disciplina generale delle azioni di classe di cui agli artt. 840-bis ss. c.p.c., in Nuove leggi civ. comm., 2024, 2 ss.

[131] Art. 140-ter, comma 1, lett. c), c. cons. Per alcune considerazioni critiche, v. E. Camilleri, L’azione rappresentativa e il raccordo imperfetto con il diritto privato regolatorio. Le decisioni delle Authorities tra libero apprezzamento e presunzioni giurisprudenziali: spunti sull’arrêt Repsol, in Nuove leggi civ. comm., 2024, 443 ss. Chiarisce l’A.: «in estrema sintesi, la traccia degli interessi dei consumatori come interessi diffusi avrebbe potuto (e dovuto) mettere capo a una verticalizzazione delle tecniche di tutela, che corresse parallela al degradare delle situazioni protette dalla caratura generale e adespota, fino a quella propriamente individuale; una verticalizzazione dunque con in cima l’azione – inibitoria o riparatoria – rappresentativa e a seguire quelle collettiva e individuale, prevedendo altresì dispositivi di coagulo (necessario) intorno a quella di classe di eventuali plurime azioni individuali, riferite ai medesimi fatti e proposte contro lo stesso convenuto» (447-448).

[132] Non occorre che i singoli consumatori interessati diano mandato ai soggetti legittimati ad agire (art. 140-septies, comma 1, c. cons.).

[133] Art. 140-octies, comma 8, c. cons.

[134] Art. 140-septies, comma 1, c. cons.

[135] G. De Cristofaro, Le «azioni rappresentative» di cui agli artt. 140-ter ss. c.cons.: ambito di applicazione, legittimazione ad agire e rapporti con la disciplina generale delle azioni di classe di cui agli artt. 840-bis ss. c.p.c., cit., 5. In tema, A. Giussani, Considerazioni sul rapporto fra le azioni collettive del codice di rito e quelle del codice del consumo dopo il d.lgs. n. 28 del 2023, cit., 467-469. Contra, R. Donzelli, L’ambito di applicazione e la legittimazione ad agire, in Class action. Commento sistematico alla legge 12 aprile 2019, n. 31, cit., 30. Nota, tuttavia, C. Petrillo, Le situazioni soggettive, ivi, 70: «nulla esclude che il giudice davanti al quale siano proposte congiuntamente l’azione rappresentativa inibitoria e quella ‘compensativa’, possa pronunciare una sentenza parziale di inibitoria e rimettere la causa in istruttoria per la prosecuzione del giudizio risarcitorio».

[136] Art. 140-ter, comma 1, lett. i), c. cons.

[137] Art. 140-ter, comma 2, c. cons.

[138] Art. 140-ter, commi 3 e 4, c. cons.

[139] Art. 140-septies, comma 5, c. cons.

[140] In tal senso, va letto anche l’art. 140-duodecies c. cons.: «La prescrizione dei diritti dei consumatori tutelabili ai sensi dell’articolo 140 novies è interrotta, ai sensi degli articoli 2943 e 2945 del codice civile, dal deposito del ricorso introduttivo dei procedimenti previsti dagli articoli 140-octies e 140-novies, sempre che il ricorso stesso sia notificato al resistente nel termine assegnato dal giudice. Dalla data del deposito dell’atto introduttivo sono altresì impedite le decadenze previste a carico dei consumatori». Tuttavia, come nota G. De Cristofaro, Le «azioni rappresentative» di cui agli artt. 140-ter ss. c.cons.: ambito di applicazione, legittimazione ad agire e rapporti con la disciplina generale delle azioni di classe di cui agli artt. 840-bis ss. c.p.c., cit., 7, «il c.p.c. si limita a prevedere che sia soltanto la domanda di adesione ad un’azione di classe, proposta dal singolo componente della ‘classe’ (e non il ricorso con il quale viene esercitata l’azione di classe ex se), a produrre (esclusivamente per quest’ultimo) «gli effetti della domanda giudiziale», incluso l’effetto interruttivo del termine prescrizionale delle pretese in tal modo fatte valere dall’aderente».

[141] Art. 140-octies, comma 4, c. cons. In questa direzione, D. Amadei, L’azione inibitoria collettiva, cit., 338-339. Secondo N. Rumine, La complessità strutturale degli interessi collettivi: spunti per una lettura critica delle nuove azioni collettive in materia di consumo, in Rass. dir. civ., 2024, 574, «si tratta di una semplificazione probatoria di grande rilievo, che conferma la dimensione anche oggettiva degli interessi in discorso e che inoltre va collocata nella dimensione della costruzione di azioni rappresentative sempre più dissuasive, secondo un percorso che è d’altra parte molto chiaro anche a livello europeo e di cui si è dato conto in precedenza».

[142] Secondo Trib. Torino, sez. impr., 23 febbraio 2024, «l’urgenza di provvedere è dunque legata al pericolo di reiterazione delle violazioni, con aggravio dei pregiudizi arrecati alla classe interessata nel suo insieme».

[143] Art. 140-octies, commi 5 e 6, c. cons. Come osserva G. De Cristofaro, Le «azioni rappresentative» di cui agli artt. 140-ter ss. c.cons.: ambito di applicazione, legittimazione ad agire e rapporti con la disciplina generale delle azioni di classe di cui agli artt. 840-bis ss. c.p.c., cit., 7, ciò non è contemplato dall’art. 840-sexiesdecies c.p.c.

[144] Art. 140-terdecies c. cons.

[145] Direttiva (UE) 2024/1760, relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859.

[146] Considerando n. 86 direttiva (UE) 2024/1760.

[147] Art. 29, par. 3, lett. c). Cfr. L. Serafinelli, op. cit., 344.

[148] Come ha precisato V. Pietrobon, Illecito e fatto illecito, inibitoria e risarcimento, Padova, 1998, 26 ss., l’inibitoria non ha funzione riparatoria ma si traduce in una statuizione su doveri comportamentali.

[149] G. Ghidini, L’illecito dell’impresa, in AA.VV., L’impresa, in Tratt. Galgano, II, Padova, 1978, 439 ss. Sull’impatto costituzionale dell’inibitoria, A. Proto Pisani, Brevi note sull’art. 844 c.c. e sul rilievo dei valori nell’interpretazione della legge, in Riv. dir. proc., 2021, 877 ss.; G. Carapezza Figlia, Disciplina delle immissioni e interpretazione sistematica. Un caso di bilanciamento tra interessi non patrimoniali in conflitto, in Nuova giur. comm., 2021, I, 850 ss. Sottolinea la possibile tendenza dell’inibitoria positiva a risolversi in una forma di «determinazione giudiziale dei modi di svolgimento dell’attività economica», entrando così in contrasto con l’art. 41 Cost., V. Fusco, Il ruolo dell’inibitoria positiva in presenza di immissioni eccedenti la normale tollerabilità, in Resp. civ. prev., 2020, 888.

[150] Sulla necessità di aggregare astreintes e tutela inibitoria, v. G. Cian, op. cit., 694. V. sul punto N. Cevolani, Modelli e novità dell’azione di classe, in Profili attuali di diritto dei contratti per l’impresa, M.N. Bugetti (a cura di), Torino, 2020, 276-277.

[151] G. Gitti, op. cit., 316.

[152] Corte giust. UE, 26 aprile 2012, C‑472/10, Nemzeti Fogyasztóvédelmi Hatóság c. Invitel Távközlési Zrt, su cui v. A. Fachechi, op. cit., 791 ss.; e G. Salvi, op. cit., 487-489. In tema, S. Pagliantini, Principio di effettività e clausole generali: il canone “armonizzante” della Corte di giustizia, in Giurisprudenza per principi e autonomia privata, in S. Mazzamuto, L. Nivarra (a cura di), Torino, 2016, 86, chiarisce: «il giudicato sarà così produttivo di effetti ultra partes ma, naturalmente, ove il provvedimento sia favorevole ai consumatori (un’efficacia secundum eventum litis dunque), non anche quando sia di rigetto, i cui effetti rimangono pertanto limitati ai rapporti tra le parti del procedimento inibitorio». In questo senso, già, S. Chiarloni, Appunti sulle tecniche di tutela collettiva dei consumatori, in Consumatori e processo. La tutela degli interessi collettivi dei consumatori, Id., P. Fiorio (a cura di), Torino, 2005, 10. V., anche, F. Tommaseo, Sub art. 1469-sexies c.c., in Clausole vessatorie nei contratti del consumatore. Art. 1469-bis Art. 1469-sexies, G. Alpa, S. Patti (a cura di), in Comm. Schlesinger, Milano, 2003, 1212. V., anche, E. Ferrante, L’interesse di classe, in Studi economici-giuridici on line, 2024, 1, 68, secondo il quale «il provvedimento di tutela inibitoria o compensativa non protegge il diritto soggettivo o diritti omogenei, ma l’interesse di classe tout court».

[153] Corte giust. UE, 26 aprile 2012, C‑472/10, cit. V., anche, Trib. Bolzano, sez. impr., 17 giugno 2024, n. 646. Il Tribunale dopo aver accertato la vessatorietà della clausola predisposta da Sicily by Car S.p.A., avente ad oggetto una penale pari ad € 50,00 oltre IVA per l’omesso e tempestivo pagamento di contravvenzioni, pedaggi e parcheggi, ha chiarito, che «la condotta di cui deve essere ordinata la cessazione e il divieto di reiterazione comprende sia l’inserimento della clausola, o di altra analoga, nei contratti che Sicily by car stipulerà in futuro, sia l’applicazione della stessa rispetto ai contratti già stipulati, ossia l’utilizzo della clausola». In dottrina, E. Minervini, La tutela collettiva dei consumatori in materia contrattuale, in I contratti dei consumatori, E. Gabrielli, Id. (a cura di), I, in Tratt. Rescigno-Gabrielli, III, Torino, 2005, 428.

[154] Come nota C. Salvi, Note sulla tutela civile della salute come interesse collettivo, in Id., Cinquant’anni di scritti giuridici, Roma, 2024, 920, nt. 85, «l’inibitoria è diretta a vietare la lesione del bene giuridico, non l’attività lesiva in sé e per sé. Ciò vuol dire che il provvedimento del giudice può ottenere il risultato funzionale predetto anche con un contenuto diverso dal mero divieto di (continuare a) svolgere l’attività lesiva; ad es., nella materia che ci interessa, prescrivendo modalità tecniche idonee ad evitare che il proseguimento dell’attività produca effetti lesivi (come l’adozione di impianti antinquinanti o di altre cautele). L’inibitoria appare quindi come lo strumento centrale mediante il quale rendere possibile un controllo sociale delle attività produttive (e non solo di singoli atti giuridici) nelle forme del diritto civile». V., anche, F. Rizzo, L’azione inibitoria, in Diritti e tutele dei consumatori, G. Recinto, L. Mezzasoma, S. Cherti (a cura di), Napoli, 2014, 562.

[155] Cass., sez. III, 22 aprile 2024, n. 10720.

[156] Per R. Scognamiglio, Illecito (diritto vigente), in Id., Responsabilità civile e danno, cit., 25, l’azione inibitoria e la condanna «ad astenersi dagli atti, che vengono riconosciuti come vietati, può – ove si abbia riguardo alle finalità caratteristiche e allo stesso spirito del diritto privato – costituire di già un rimedio adeguato avverso l’illecito». Nella giurisprudenza europea, v. Corte giust. UE, 14 aprile 2016, C-381/14 e C-385/14, Jorge Sales Sinués c. Caixabank SA e Youssouf Drame Ba c. Catalunya Caixa SA, con nota di N. Cevolani, A proposito dei “mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive”. Tutela individuale e tutela collettiva, in Nuova giur. comm., 2016, I, 1157 ss.

[157] Cfr. M. Libertini, Le nuove frontiere del danno risarcibile, in Contr. impr., 1987, 113; A. D’Adda, Assetti attuali della tutela civile inibitoria: alcune riflessioni «sparse», cit., 1385, 1395. I. Pagni, Tutela specifica e tutela per equivalente. Situazioni soggettive e rimedi nelle dinamiche dell’impresa, del mercato, del rapporto di lavoro e dell’attività amministrativa, Milano, 2004, 49, rileva come l’azione inibitoria possiede una funzione deterrente che «permette di scongiurare pericolosi fenomeni imitativi». Sull’impiego dell’inibitoria collettiva in senso funzionale al «libero svolgersi della concorrenza», v. A. Fachechi, op. cit., 795.

[158] M. Libertini, Prime riflessioni sull’azione inibitoria dell’uso di clausole vessatorie (art. 1469-sexies c.c.), in Contr. impr. Eur., 1995, 556, ha chiarito che l’inibitoria «non è eccezionale solo se ed in quanto svolga funzione di riparazione specifica di un danno attuale. È invece eccezionale quando è riconosciuta in funzione propriamente ‘restitutoria’, cioè sulla base del semplice accertamento della titolarità di una situazione soggettiva attiva e della lesione dell’interesse protetto».

[159] Come ha osservato R. Scognamiglio, Illecito (diritto vigente), cit., 25, la diffusione di provvedimenti inibitori «nel diritto moderno […], secondo l’evoluzione della coscienza sociale ed il progredire della tecnica giuridica», consente di rilevare come «il diritto viene chiamato, già per quanto attiene ai rapporti tra i privati, ad assolvere a nuovi compiti, che postulano una tutela peculiare degli interessi in gioco (ed eccedente quella tradizionale, la quale si risolve […] nell’attribuzione dei diritti soggettivi e delle azioni che valgono a garantirne l’attuazione». In tema, A. Bellelli, L’azione inibitoria, in Il diritto europeo dei contratti d’impresa. Autonomia negoziale dei privati e regolazione del mercato, P. Sirena (a cura di), Milano, 2006, 367 ss.

[160] Come osserva A.A. De Santis, La tutela giurisdizionale collettiva. Contributo allo studio della legittimazione ad agire e delle tecniche inibitorie e risarcitorie, cit., 364, l’inibitoria funge da strumento di perequazione economica, data l’insufficienza della reintegrazione patrimoniale nel soddisfare gli interessi generali.

[161] I. Pagni, L’azione inibitoria collettiva, cit., 2333.

[162] Secondo D. Messinetti, Pluralismo dei modelli risarcitori. Il criterio di ingiustizia “tradito”, in La funzione deterrente della responsabilità civile alla luce delle riforme straniere e dei Principles of European Tort Law, cit., 33, l’azione inibitoria è diretta alla «reintegrazione […] di situazioni soggettive».

[163] Precisa A. Barba, In tema di inibitoria collettiva della pratica commerciale scorretta: riflessioni a margine di un recente decreto del Tribunale di Torino, cit., 544, che, l’iniziativa privata «si mobilit(a) in forma processuale per l’attuazione di un principio regolativo del mercato corrispondente ad una finalità (la tutela del consumatore) di interesse generale». V., altresì, A. Fici, Sub art. 37 c. cons., in Dei contratti in generale. Artt. 1425-1469 bis. Leggi collegate, E. Navarretta, A. Orestano (a cura di), in Comm. Gabrielli, Milanofiori Assago, 2011, 898 ss.

Di cosa si parla in questo articolo
Vuoi leggere la versione PDF?

WEBINAR / 20 Febbraio
DORA: le richieste Banca d’Italia sulla gestione del rischio ICT


Comunicazioni Banca d’Italia 23 e 30 dicembre 2024

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 31/01


WEBINAR / 06 Febbraio
AI Act: primi adempimenti per gli operatori


Presidi di governance e controllo per l'uso dell'Intelligenza Artificiale

ZOOM MEETING
offerte per iscrizioni entro il 17/01

Iscriviti alla nostra Newsletter