Il presente contributo analizza il nuovo art. 118-bis del Testo Unico Bancario (TUB) che introduce le clausole di fallback da utilizzare in caso di variazione sostanziale o cessazione del benchmark previsto da un contratto di finanziamento o di di prestazione di servizi di pagamento al fine di determinare il tasso di interesse applicabile al rapporto.
1. Premessa.
In data 10 gennaio 2024 è entrato in vigore il nuovo art. 118-bis del Testo Unico Bancario che disciplina per la prima volta nell’ordinamento bancario le clausole di fallback per l’ipotesi di variazione sostanziale o cessazione del benchmark previsto da un contratto di finanziamento o relativo alla prestazione di servizi di pagamento per la determinazione del tasso di interesse.
La norma è stata introdotta ad opera dell’art. 3 del D.Lgs. 7 dicembre 2023, n. 207 che, da un lato, ha recepito la raccomandazione del Comitato europeo per il rischio sistemico del 22 dicembre 2011 istituendo il Comitato per le politiche macroprudenziali composto da Banca d’Italia, Consob, Ivass e Covip, e, dall’altro, ha dato attuazione agli articoli 23-ter, paragrafo 7, e 28, paragrafo 2, del Regolamento (UE) 2016/1011 in vigore dal 1° gennaio 2018 (il “Regolamento Benchmark”)[1].
L’art. 118-bis TUB prevede, da un lato, (i) l’adozione e la pubblicazione da parte degli enti vigilati di misure organizzative e procedurali idonee a gestire l’ordinato passaggio a nuovi indici di riferimento[2], in linea con le previsioni del Regolamento Benchmark più avanti richiamate, e, dall’altro, (ii) l’introduzione nei contratti con la clientela – anche in quelli in corso – di clausole di fallback miranti a evitare il rischio di impossibilità di esecuzione, se non addirittura di sopravvenuta invalidità, delle pattuizioni sugli interessi calcolati sulla base di parametri la cui rilevazione sia cessata ovvero oggetto di sostanziali variazioni.
Le banche e gli intermediari finanziari sono tenuti ad adeguarsi alle norme introdotte dall’art. 118-bis entro il 10 gennaio 2025[3].
2. IBOR transition: le ragioni della riforma.
Prima di esaminare il contenuto specifico della norma, pare opportuno premettere alcuni rapidi cenni sul processo di riforma – ad oggi ancora in corso – dei tassi IBOR (acronimo di interbank offered rate), nel cui contesto merita di essere inquadrato il nuovo art. 118-bis.
Come noto, i tassi IBOR riflettono il livello di costo a cui le banche raccolgono fondi nel mercato monetario non garantito. Tra questi benchmark, il LIBOR (recentemente dismesso nel mercato) e l’EURIBOR hanno rappresentato per decenni a livello internazionale i tassi di riferimento per la determinazione del prezzo di un’ampia gamma di contratti e strumenti finanziari, ivi inclusi i mutui, i prestiti al dettaglio, i depositi, i titoli a tasso variabile e le operazioni finanziarie più complesse, quali i contratti derivati o le operazioni di finanza strutturata[4].
Nonostante abbiano avuto un ruolo centrale nel sistema finanziario, negli ultimi anni i tassi IBOR hanno subito una crisi, essenzialmente riconducibile a due ragioni.
In primo luogo, il LIBOR e l’EURIBOR sono stati interessati da rilevanti episodi di manipolazione che miravano, da un lato, a far apparire le condizioni finanziarie di talune banche contributrici migliori di quanto effettivamente non fossero, comunicando costi di provvista inferiori e, dall’altro, a trarre profitto da contratti, come gli interest rate swaps, in cui il tasso di riferimento era rappresentato proprio da detti indici. Tali eventi, sino a un recente passato poco conosciuti, si sono imposti alla ribalta della cronaca a seguito della recente pubblicazione dell’ordinanza n. 34889/2023 della Corte di Cassazione, che ha dichiarato la nullità della clausola che prevedeva un tasso di interesse variabile indicizzato all’Euribor, poiché ritenuta la conseguenza illecita dell’intesa manipolativa intervenuta tra alcune banche internazionali in violazione dell’art. 101 TFUE, accertata dalla Commissione Europea con decisione del 4 dicembre 2013[5].
In secondo luogo, a seguito della crisi finanziaria del 2007-2008 le transazioni sul mercato interbancario dei depositi non garantiti hanno subito una rilevante contrazione, in ragione delle misure espansive di politica monetaria varate negli anni successivi alla crisi nonché dell’affermazione di standard regolamentari che hanno indotto le banche a ridurre la raccolta all’ingrosso non garantita; tale situazione ha determinato una minore disponibilità dei dati di contribuzione per la fissazione degli indici, che si è tradotta in una ridotta attendibilità dei benchmark di mercato.
Gli episodi di manipolazione sopra richiamati, unitamente alla riduzione delle transazioni censite sui mercati monetari non garantiti, hanno reso così necessario l’avvio di un processo di revisione dei principali benchmark, inteso, da un lato, a rafforzare gli IBOR attraverso l’ampliamento delle rilevazioni alla base delle quotazioni e il miglioramento dei processi e dei controlli relativi alla fornitura dei dati da parte delle banche del panel e, dall’altro, a identificare nuovi tassi di interesse sostanzialmente risk free[6].
In tale contesto, anche a seguito delle iniziative promosse dall’IOSCO e dal Financial Stability Board per la revisione dei principali indici[7], il Regolamento Benchmark ha definito in ambito europeo il nuovo quadro normativo per gli amministratori, gli utilizzatori e i contributori di dati degli indici di riferimento, introducendo, tra l’altro, un nuovo regime di autorizzazione e vigilanza per gli amministratori di benchmark e imponendo alle entità sottoposte a vigilanza nell’Unione di usare solo indici pubblicati da amministratori autorizzati. Inoltre, sono stati stabilite specifiche misure di rafforzamento dell’integrità, oggettività e accuratezza dei benchmark, nonché requisiti di governance e controllo per gli enti vigilati che forniscono dati per il calcolo dei tassi o che ne fanno uso in contratti, strumenti finanziari e in fondi di investimento.
In proposito, si rammenta che l’art. 28, par. 2, del Regolamento Benchmark, in vigore come detto dal 2018, aveva già introdotto l’obbligo per un ampio novero di enti vigilati[8] che utilizzano un indice di riferimento di adottare i c.d. “solidi piani scritti”, vale a dire specifici contingency plan illustrativi delle azioni programmate in caso di sostanziali variazioni di un indice di riferimento o qualora lo stesso cessi di essere fornito; ove possibile e opportuno, le attività programmate dovrebbero includere uno o più indici di riferimento alternativi a quelli contrattualmente previsti, indicando il motivo per cui tali indici sarebbero alternative valide (i “Piani di Sostituzione”).
La medesima norma obbligava, peraltro, gli enti vigilati a “riflettere[9]” i Piani di Sostituzione nei contratti con la clientela, senza tuttavia prevedere alcuna modalità per l’adeguamento dei contratti in corso. In assenza di previsioni normative o di indicazioni dell’Autorità di Vigilanza, nella prassi ci si è interrogati sulla procedura più idonea per l’introduzione delle clausole di fallback, dubitandosi in particolare se fosse necessario contrattualizzare il nuovo IBOR ovvero se fosse consentito ricorrere a una manovra di ius variandi ex art. 118 TUB o 126-sexies TUB, ovvero ancora ipotizzare una inserzione automatica di clausole secondo lo schema dell’art. 1339 cod. civ.
3. Il nuovo art. 118-bis TUB.
A tali principali esigenze di trasparenza contrattuale risponde il nuovo art. 118-bis TUB, che presenta un ambito applicativo diverso da quello delineato dal Regolamento Benchmark: mentre quest’ultimo circoscrive la nozione di “contratti finanziari” ai contratti di credito ordinario al consumo e di credito immobiliare ai consumatori[10], l’art. 118-bis trova applicazione a tutti i contratti disciplinati ai sensi del Titolo VI del TUB, ricomprendendo quindi qualunque servizio bancario e finanziario sottoposto alle regole di trasparenza bancaria, ivi incluso il credito alle imprese in ogni forma, il credito al consumo e i servizi di pagamento prestati da istituti di pagamento e da istituti di moneta elettronica (art. 118-bis, comma 5, TUB).
La norma, al comma 1 e in linea con il citato art. 28, par. 2 del Regolamento Benchmark, obbliga le banche e gli intermediari finanziari a pubblicare, anche per estratto, e mantenere aggiornati i Piani di Sostituzione sul proprio sito internet; gli aggiornamenti dei Piani devono essere comunicati alla clientela tramite apposita informativa almeno una volta all’anno o alla prima occasione utile, secondo le modalità previste dall’art. 119 TUB per le comunicazioni periodiche.
3.1 Come redigere la clausola di fallback?
Ai sensi del comma 2 della norma in esame, le clausole contrattuali aventi a oggetto i tassi di interesse devono consentire di individuare le modifiche all’indice di riferimento o l’indice sostitutivo per le ipotesi di variazione o cessazione dell’indice di riferimento applicato al contratto; il meccanismo di fallback può essere strutturato, per espressa previsione normativa, anche mediante rinvio ai Piani di Sostituzione, i quali verranno così ad acquisire una forte valenza contrattuale.
In proposito, appare ragionevole ritenere che, in ragione dell’evoluzione in corso dei tassi IBOR e al fine di mantenere un adeguato grado di flessibilità, gli intermediari faranno ampio ricorso al meccanismo di rinvio alle previsioni dei Piani di Sostituzione, il che implica che le policy già adottate in adempimento dell’art. 28 del Regolamento Benchmark dovranno essere sottoposte a revisione, potendo particolare attenzione alla loro potenziale rilevanza contrattuale.
E’ opportuno osservare che la sostituzione contrattuale del tasso di riferimento delineata dalla norma in commento non opera automaticamente, avendo la legge previsto che il cliente che non intenda accettare la variazione proposta dall’intermediario possa recedere senza spese dal contratto; segnatamente, l’art. 118-bis, comma 3, dispone che, “al verificarsi di una variazione sostanziale o della cessazione dell’indice di riferimento, sono comunicati al cliente entro trenta giorni, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente, le modifiche o l’indice sostitutivo individuati in conformità al comma 2. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro due mesi dalla ricezione della comunicazione. In caso di recesso il cliente ha diritto, in sede di liquidazione del rapporto, all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate, anche con riferimento al tasso di interesse …”.
In tale modo, tutti i contratti bancari che prevedono un tasso di interesse indicizzato contempleranno una innovativa facoltà per gli intermediari di modifica unilaterale del tasso di interesse in caso di variazione sostanziale o di cessazione dell’indice di riferimento. Il nuovo regime, pur ispirandosi in parte allo schema dello ius variandi di cui all’art. 118 TUB per quanto concerne l’approvazione tacita della modifica unilaterale in assenza di recesso del cliente entro sessanta giorni dalla proposta, da esso si discosta significativamente[11] almeno sotto i seguenti profili:
- non è richiesta l’allegazione di un giustificato motivo a supporto della variazione del tasso (pur trovando applicazione la clausola in presenza di un evento oggettivo esterno quale il venir meno dell’indice applicato al contratto, non sembra necessario, tra l’altro, motivare l’esigenza di ripristino dell’equilibrio contrattuale originario);
- la norma si applica anche ai contratti di finanziamento a tempo determinato per i quali la facoltà di modifica dei tassi è esclusa dall’art. 118 TUB;
- la sostituzione contrattuale dell’indice di riferimento per il quale non siano state osservate le prescrizioni sopra richiamate è inefficace anche se non si traduce in condizioni sfavorevoli per il cliente. In caso di inefficacia, si applica l’indice sostitutivo eventualmente stabilito ai sensi del Regolamento Benchmark e, in sua assenza, il tasso BOT minimo previsto dall’art. 117, comma 7, lett. a), del TUB per la generalità dei finanziamenti bancari e dall’art. 125-bis, comma 7, lett. a), del TUB per i contratti di credito al consumo.
L’obbligo di introduzione delle clausole di fallback nella generalità dei contratti bancari stipulati tanto con le imprese di ogni natura e dimensione che con i consumatori pone molteplici tematiche e questioni applicative che, in questa sede, possono essere solamente accennate, limitandosi ai profili di immediato impatto contrattuale.
Gli intermediari vigilati, infatti, sono chiamati a redigere le relative clausole nel rispetto non solo dei requisiti normativi delineati dall’art. 118-bis, ma più in generale del requisito di determinatezza o determinabilità del tasso di interesse prescritto dagli articoli 117, comma 4 e 125-bis, nonché in conformità alle norme di trasparenza stabilite dalla Banca d’Italia, i cui principi esigono che le clausole siano redatte in maniera chiara e intellegibile per l’utente, evitando profili di indeterminatezza o di arbitrarietà.
In proposito, si osserva che l’obbligo di inserire nei contratti, ora per allora, l’indice sostitutivo appare allo stato di non agevole attuazione, considerato che, alla data del presente contributo, non risultano ancora diffusi nel mercato monetario benchmark alternativi per tutte le principali valute e per tutte le relative scadenze, né la Commissione europea e/o le Autorità nazionali competenti hanno adottato indici sostitutivi.
Peraltro, la prassi del mercato bancario risente inevitabilmente di uno scenario in divenire. Numerosi contingency plan adottati dalle banche ai sensi dell’art. 28, comma 2, del Regolamento Benchmark tendono ad attribuire primario rilievo ai profili organizzativi e procedurali, indicando ruoli e responsabilità delle funzioni aziendali competenti per la gestione della transizione; essi prevedono, inoltre, che i tassi sostitutivi saranno individuati nel rispetto delle norme e delle procedure tempo per tempo applicabili e in linea con le indicazioni ove del caso fornite dalla BCE, dalla Banca d’Italia e/o dall’ente che amministra il benchmark rilevante (ad esempio, la European Money Markets Institute che pubblica l’Euribor). In tale contesto, pare di poter affermare che una clausola contrattuale che, ai fini della individuazione del tasso sostitutivo, rinviasse meramente al Piano di Sostituzione avente il contenuto sopra descritto potrebbe non soddisfare i requisiti normativi, con il conseguente rischio di nullità o inefficacia contrattuale.
E pur vero, tuttavia, che il rimando che la clausola di fallback operasse al Piano di Sostituzione non sarebbe un rinvio fisso e immutabile al piano in vigore alla data di stipula o di modifica del contratto finanziario, dal momento che gli enti vigilati sono legittimati dallo stesso art. 118-bis ad aggiornare periodicamente i piani (in tale modo, recependo le novità normative e di vigilanza nonché quelle di mercato), rendendo le revisioni disponibili ai clienti tramite la pubblicazione sul sito internet e per mezzo delle comunicazioni periodiche di trasparenza.
In questo modo, la clausola determinativa del tasso di interesse sarebbe integrata mediante rinvio alle prescrizioni contenute nel Piano di Sostituzione in vigore alla data di efficacia della variazione unilaterale, da comunicarsi al cliente secondo i termini e le modalità previste dall’art. 118-bis. Pertanto, eventuali lacune sul piano contrattuale potrebbero essere opportunamente colmate aggiornando il Piano di Sostituzione entro la data di applicazione delle variazioni unilaterali del tasso di interesse introdotte dall’intermediario in esecuzione della clausola di fallback.
4. Conclusioni
Il regime di fallback previsto dal nuovo art. 118-bis TUB offre agli enti vigilati uno strumento finalizzato a gestire in maniera ordinata la transizione ai nuovi IBOR, evitando in particolare il rischio che la cessazione di un benchmark (come, ad esempio, accaduto per il LIBOR) crei incertezze nell’esecuzione dei contratti creditizi indicizzati al parametro venuto meno.
Le clausole di fallback, sinora utilizzate nella prassi dei contratti di finanziamento con controparti corporate e oggetto di negoziazione individuale, faranno così ingresso nella documentazione contrattuale standardizzata rivolta a ogni tipologia di clientela, ivi inclusa quella retail (ad esempio, nei contratti di mutuo ipotecario a tasso variabile), con la conseguente necessità per gli operatori di definire clausole chiare, sintetiche e comprensibili in funzione del target di clientela di volta in volta considerato.
In tale contesto, l’introduzione generalizzata delle nuove clausole entro il termine del 10 gennaio 2025 in tutti i contratti con tassi di interesse indicizzati, facilitata dalla possibilità di inserirle per via unilaterale secondo quanto prescritto dalla regola transitoria contenuta nel Decreto, richiede alle banche, agli intermediari finanziari iscritti all’Albo 106 TUB, agli istituti di pagamento e agli IMEL di pianificare e realizzare in tempo utile gli interventi organizzativi, procedurali e contrattuali necessari e, in particolare:
- di effettuare una sistematica attività di ricognizione dei servizi e prodotti offerti, al fine di individuare i contratti interessati dalla riforma;
- di costruire il meccanismo contrattuale di fallback nel rispetto non solo dei requisiti del nuovo art. 118-bis ma anche delle regole generali di trasparenza che esigono che il tasso di interesse sia esattamente determinato;
- di rivalutare il contenuto dei Piani di Sostituzione già in essere, avendo in mente la significativa rilevanza contrattuale che gli stessi appaiono destinati a rivestire.
[1] L’art. 3 del D.Lgs. n. 207/2023 dà attuazione ai principi contenuti nell’art. 6 della legge 4 agosto 2022, n. 127 (legge di delegazione europea 2021).
[2] Ai sensi dell’art. 3, comma 1, n. 3), del Regolamento Benchmark, per indice di riferimento si intende “un indice in riferimento al quale viene determinato l’importo da corrispondere per uno strumento finanziario o per un contratto finanziario, o il valore di uno strumento finanziario, oppure un indice usato per misurare la performance di un fondo di investimento allo scopo di monitorare il rendimento di tale indice ovvero di definire l’allocazione delle attività di un portafoglio o di calcolare le commissioni legate alla performance”.
[3] Segnatamente, l’art. 3, comma 2, del D.Lgs. 7 dicembre 2023, n. 207 dispone che, entro un anno dalla data di entrata in vigore dell’art. 118-bis TUB, gli intermediari bancari e finanziari dovranno:
(i) rendere nota alla clientela la pubblicazione dei c.d. “Piani di Sostituzione”; e
(ii) comunicare ai clienti, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente contenente in modo evidenziato la formula «Proposta di modifica unilaterale del contratto», le variazioni contrattuali necessarie per introdurre le clausole di fallback. La modifica si intenderà approvata ove il cliente non avrà esercitato il recesso, senza spese, dal contratto entro due mesi dalla ricezione della comunicazione. In caso di recesso, il cliente ha diritto, in sede di liquidazione del rapporto, all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate.
[4] Si veda in proposito Daniela Della Gatta, Quale futuro per i benchmark del mercato monetario in euro? nella Collana edita dalla Banca d’Italia Mercati, infrastrutture, sistemi di pagamento, Numero 17, febbraio 2022.
[5] Nella giurisprudenza di merito si registrano orientamenti contrapposti. A fronte di Giudici che hanno sposato la tesi della Corte di Cassazione, ve ne sono altri che hanno ritenuto di distaccarsi dall’interpretazione resa dai giudici di legittimità, tra i quali si annoverano il Tribunale di Torino (sentenza del 29.01.2024) e il Tribunale di Milano (sentenza 21/02/2024, n. 2221), che hanno motivatamente escluso la nullità del tasso di interesse del contratto a valle stipulato da una banca che non ha partecipato all’intesa anticoncorrenziale sanzionata dalla Commissione europea. Recentissimamente, la Procura generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto la rimessione alle Sezioni Unite, ritenendo opportuna una “rimeditazione del recente orientamento espresso da Cass. 34889/2023 che, nella declaratoria di nullità dei tassi “manipolati” e nella rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione, prescinde da tali necessari accertamenti, essendosi essa esclusivamente basata sul mero contenuto del “dispositivo” della decisione della Commissione”.
[6] Nell’area dell’euro, in cui l’EURIBOR continua a essere disponibile, è stato introdotto il nuovo Euro short term rate (€STR). In alcune giurisdizioni, dove la riforma dell’IBOR non è stata ritenuta sostenibile, si è optato per una sostituzione definitiva. In particolare, il 5 marzo 2021 la Financial Conduct Authority del Regno Unito ha annunciato le date di cessazione del LIBOR nelle diverse valute di riferimento al 31 dicembre 2021 (per quelle in yen, sterlina, euro e franco svizzero e al 30 giugno 2023 (per il LIBOR in dollari).
[7] Cfr. il Report “Reforming Major Interest Rate Benchmarks”, pubblicato dal FSB in data 22 luglio 2014, disponibile su www.fsb.org/2014/07/r_140722.
[8] Cfr. art. 3, comma 1, n. 17, del Regolamento Benchmark.
[9] Ai sensi dell’art. 28, comma 2, ultimo periodo, del Regolamento Benchmark, “le entità sottoposte a vigilanza forniscono i suddetti piani ed eventuali aggiornamenti all’autorità competente dietro richiesta di quest’ultima e senza indebiti ritardi e li riflettono nella loro relazione contrattuale con i clienti”.
[10] Cfr. art. 3, comma 1, n. 18, del Regolamento Benchmark. Tale scelta normativa si basava, come si evince dal considerando 10, sulla considerazione che “le norme dell’Unione in materia di tutela dei consumatori non disciplinano il particolare problema dell’adeguatezza delle informazioni sugli indici di riferimento per i contratti finanziari. A seguito dei reclami dei consumatori e delle controversie in relazione all’uso di indici di riferimento in diversi Stati membri, è probabile che a livello nazionale siano adottate misure divergenti, ispirate da legittime preoccupazioni in materia di tutela dei consumatori, che potrebbero determinare una frammentazione del mercato interno dovuta alla divergenza delle condizioni di concorrenza associate a gradi diversi di tutela dei consumatori”.
[11] L’art. 118-bis, comma 5, ultimo periodo, del TUB dispone espressamente l’inapplicabilità dell’art. 118 TUB.