WEBINAR / 16 Gennaio
Value for money: nuova metodologia dei benchmark


Metodologia EIOPA 7 ottobre 2024 per prodotti unit-linked e ibridi

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 13/12


WEBINAR / 16 Gennaio
Value for money: nuova metodologia EIOPA dei benchmark
www.dirittobancario.it
Articoli

Le cripto-attività nella disciplina MiCAr e la finanziarietà delle “cripto-attività non finanziarie”

13 Dicembre 2023

Michele de Mari, Professore Associato di Diritto Commerciale, Università degli Studi di Verona

Di cosa si parla in questo articolo

[*] SOMMARIO: Lo scritto ripercorre in chiave diacronica – dalle origini sino all’adozione del Reg. Ue n. 2023/1114 del 31 maggio 2023 (MiCAr ) – le ragioni dello sviluppo delle cripto-attività collegate alla blockchain e alle tecnologie basate su registri distribuiti (DLT). Con il Reg. MiCAr vengono per la prima volta classificate e regolate, in ambito europeo, le “cripto-attività non finanziarie” (utility e monetary tokens), determinandosi così una contrapposizione tra queste e gli strumenti finanziari emessi e circolanti mediante tecnologia DLT ex art. 1, co. 2, TUF. L’antitesi tra le due tipologie di cripto-attività si dimostra – pur in una prospettiva che non nasconde dubbi e profili di criticità – almeno in taluni casi, più apparente che reale. La potenziale negoziabilità delle cripto-attività MiCAr sembra attribuire loro un carattere di finanziarietà, trasformando un fenomeno originariamente e tipicamente non finanziario in una fattispecie essenzialmente finanziaria. Ci si chiede, in chiave problematica, se il legislatore europeo non avrebbe, quindi, potuto ricondurre, nell’alveo degli investimenti finanziari basati su DLT (security o investment token o prodotti finanziari di matrice interna), le cripto-attività MiCAr caratterizzate da finanziarietà, applicando, con gli adattamenti normativi necessari, le discipline e i presidi già esistenti e propri di questi. Per altro verso, ci si chiede, altresì, se le cripto-attività autenticamente non finanziarie, come gli utility tokens e le stablecoins, non negoziate su piattaforme di trading, richiedessero davvero una così ampia e articolata disciplina come quella dettata dal MiCAr, che ricalca, peraltro, quella di matrice finanziaria, non sfuggendo gli utility tokens alla tutela consumeristica già esistente e le stablecoins a quella dei prestatori di servizi di pagamento di moneta elettronica.

ABSTRACT: The paper traces in a diachronic key – from the origins to the adoption of EU Reg. n. 2023/1114 of 31 May 2023 (MiCAr ) – the reasons for the development of crypto-assets linked to blockchain and distributed ledger technologies (DLT). With the MiCAr Regulation, ‘non-financial crypto-assets’ (utilities and monetary tokens) are classified and regulated for the first time in the European context, thus creating a contrast between these and the financial instruments issued and circulating by means of DLT technology ex art. 1, par. 2, TUF. The antithesis between the two types of crypto-assets proves – albeit from a perspective that does not conceal doubts and critical profiles – at least in some cases, more apparent than real. The potential negotiability of MiCAr crypto-assets gives them a financial character, transforming an originally and typically non-financial phenomenon into an essentially financial one. One wonders, from a problematic point of view, whether the European legislator could not, therefore, have brought MiCAr crypto-assets characterised by financialness into the sphere of financial investments based on DLT (security or investment tokens or financial products of internal matrix), applying, with the necessary regulatory adaptations, the disciplines and safeguards already existing and proper to these. On the other hand, the question also arises as to whether genuinely non-financial crypto-activities, such as utility tokens and stablecoins, not traded on trading platforms, really required such a broad and articulated discipline as that dictated by the MiCAr, which, moreover, traces the financial matrix, with utility tokens not escaping the already existing consumer protection and stablecoins not escaping that of electronic money payment service providers.


1. Contesto di riferimento e tipologia della realtà

Nell’approcciare tipologicamente il tema delle cc.dd. “cripto-attività” si può concentrare l’attenzione – pur nella necessaria sintesi del presente scritto – almeno sulle tematiche che seguono:

– le origini e le ragioni di emersione delle cripto-attività nella realtà empirica;

– le fattispecie cripto-attività nel Regolamento n. 2023/1114 del 31 maggio 2023 “Markets in Crypto-Assets regulation”, c.d. MiCAr;

– la finanziarietà delle “cripto-attività non finanziarie”.

A tal fine mette conto anzitutto rilevare che il tema delle cripto-attività è strettamente collegato a quello della blockchain che, come si sa, è una delle tecnologie basate sui c.dd. “registri distribuiti” (Distributed Ledger Technologies, in acronimo DLT)[1]. Anzi, a ben riflettere, le cripto-attività sono una delle originarie e principali applicazioni della DLT e funzionano grazie a questa tecnologia che, semplificando un po’, possiamo considerare come una sorta di registro pubblico nel quale le transazioni tra due parti aventi ad oggetto cripto-attività vengono effettuate e registrate in modo sicuro, verificabile e permanente[2].

Tanto nella blockchain quanto nella DLT le transazioni vengono convalidate attraverso un algoritmo di consenso (che presuppone la soluzione di complessi ed energivori calcoli matematici) e vengono crittografate mediante la funzione di hash che rende incontrovertibile l’operazione.

In principio le cripto-attività erano identificate essenzialmente con le cripto-valute. Tutti oramai sanno infatti che nel 2008 è stato creato il protocollo Bitcoin da un anonimo inventore (l’enigmatico Satoshi Nakamoto)[3]: una cripto-valuta (species, appunto, del più ampio genere delle cripto-attività) – generata attraverso un procedimento di “estrazione” (c.d. mining, ossia una attività computazionale che porta alla estrazione di nuovi Bitcoin), non quindi espressione di una corrispondente valuta reale – che si basa essenzialmente sulla crittografia e sulla tecnologia decentrata blockchain, il cui valore (altamente volatile) è determinato unicamente dalla leva tra domanda e offert[4]. Cripto-valuta decentrata – dove gli intermediari bancari e finanziari non sono più al centro della certificazione dell’esistenza e dei trasferimenti della stessa, sostituiti appunto dagli automatismi delle reti DLT – che, da un punto di vista giuridico, non può considerarsi né come moneta fiduciaria avente corso legale emessa da una banca centrale[5], né come moneta bancaria o scritturale (ossia assegni bancari e circolari, bonifici), né come moneta elettronica[6].

La valuta virtuale costituisce quindi una rappresentazione digitale di valore, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e che può quindi essere qualificata anche come “prodotto finanziario” (secondo la nozione domestica di “forma di investimento di natura finanziaria non rappresentata da strumenti finanziari” ex art. 1, comma 1, lett. u, TUF) solo (e soltanto) se l’operazione avente ad oggetto Bitcoin assuma una dimensione finanziaria, ossia venga inserita in uno schema negoziale e funzionale più articolato, quale una promessa di rendimento, un obbligo di riacquisto, una aspettativa di rendimento di natura finanziaria[7], ovvero venga negoziata su una piattaforme di trading ad hoc così che possa apprezzarsi per effetto dell’andamento delle sue quotazioni nel tempo.

Sulla scia del Bitcoin – e sempre grazie alla crittografia e alla tecnologia DLT – nell’ultimo decennio hanno poi visto la luce, oltre a numerose cripto-valute[8], altre tipologie di cripto-attività, ulteriori e differenti dalle cripto-currencies.

Si è cioè capito che attraverso la DLT si potevano creare dei tokens digitali non solo rappresentativi di valori ma anche di diritti vari e che questi tokens potevano essere trasferiti attraverso i registri distribuiti o anche scambiati e negoziati su apposite piattaforme basate sulla DLT.

L’ultimo tassello – si potrebbe dire – di un secolare processo di incorporazione/dematerializzazione dei diritti che, come è noto, iniziò nel XVI secolo quando il documento cominciò a essere trasferito come una merce e fu sottoposto, nella circolazione, alla medesima legge delle merci[9] (una sorta di “cartolarizzazione primordiale”) e che poi ha visto, molto più tardi (con il c.d. “Decreto Euro” n. 213/1998: art. 28 ss.) – con specifico riguardo agli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione sui mercati regolamentati – l’ulteriore passaggio dalla circolazione “reale” alla circolazione “dematerializzata” e che oggi, grazie all’avvento della DLT, vive una nuova stagione, quella del passaggio dalla dematerializzazione scritturale alla digitalizzazione crittografica fondata su DLT[10].

2.Primi tentativi di inquadramento giuridico delle cripto-attività pre-MiCAr

I legislatori e i regolatori nazionali non sono rimasti inerti, pur consapevoli dei limiti cross-border del fenomeno, hanno allora cominciato a inquadrarlo, con approcci tra loro non convergenti, sia per quanto riguarda le diverse tipologie di cripto-attività prese in considerazione, sia in ordine alle caratteristiche della normativa che si è proposto di applicare alle offerte al pubblico di questi assets.

L’approccio è stato essenzialmente duplice: in alcuni ordinamenti si sono disegnate discipline tese a ricondurre e ad assorbire i tokens nell’alveo della tradizionale normativa dei mercati degli strumenti finanziari; in altri ordinamenti, si sono dettate discipline ad hoc (spesso ricalcate su quelle dell’offerta al pubblico), applicabili alle cripto-attività a prescindere dalla loro natura di strumenti o prodotti finanziari.

Sono state introdotte in sostanza – questo è un punto di sicura rilevanza – discipline che regolano le offerte di cripto-attività anche quando queste ultime non presentano natura schiettamente finanziaria. Alcune legislazioni o autorità di vigilanza hanno proposto un approccio più flessibile, lasciato alla qualificazione giuridica del token “caso per caso”, altre hanno prospettato una impostazione più rigida prevedendo anche specifiche figure preposte all’assessment preliminare del crypto-asset[11].

La tipologia della realtà (pre-MiCAr), anche sulla base degli input ricevuti dai legislatori di alcuni Stati e dalle autorità di vigilanza domestiche, ha così cominciato a classificare le cripto-attività in base alla causa giuridica, alla funzione economico-sociale dalle stesse assolte[12].

Si sono così individuati: i payments tokens che assolvono alla funzione di pagamento per l’acquisto di beni o servizi, tipicamente le cripto-valute; gli investment tokens (o security tokens), la cui causa sottostante è una relazione di investimento o di finanziamento; gli utility tokens che permettono di accedere a un bene o servizio su una infrastruttura blockchain, la cui causa negoziale poteva essere individuata nel godimento o nella compravendita di un bene o di un servizio fisico o digitale presente o futuro[13].

Naturalmente ognuna di queste cripto-attività poteva (e può) assolvere a più di una di queste funzioni, dando luogo a tokens con causa ibrida. Proprio come avveniva con i vecchi gettoni (con anglicismo, appunto, tokens) telefonici “fisici” (erano di metallo, non digitali e non “giravano” su blockchain) emessi dalla vecchia Società italiana per l’esercizio delle telecomunicazioni (in acronimo, SIP). Questi, da un lato, consentivano, una volta acquistati, l’utilizzo del servizio di telefonia pubblica, corrispondente al valore del gettone secondo un sistema di scatti telefonici di durata predeterminata, e, dall’altro, erano anche spesso utilizzati come moneta, pur non avendo alcun corso legale, venendo accettati dal creditore per l’adempimento di piccoli debiti pecuniari. Talaltra presentavano anche una spiccata funzione finanziaria, se si considera il fatto che nel tempo il valore del gettone aumentava e quindi si poteva lucrare sul differenziale dell’incremento di valore del gettone[14].

La novità rispetto al passato sta ora nella tecnologia DLT e nella crittografia che è alla base dei nuovi tokens digitali, non nella funzione negoziale dagli stessi assolta.

Aggiungo anche che alcuni di questi tokens sono cc.dd. nativi digitali nella DLT, perché collegati ad asset digitali che esistono solo nella DLT (pensiamo ad una cripto-valuta nativa, ovvero al nostro Avatar o ad una land nel Metaverso o anche, in prospettiva, ad obbligazioni o azioni di società “native” nella DLT); altre sono cripto-attività cc.dd. “tokenizzate”, perché legate a beni o strumenti che originano nella realtà empirica emessi e circolanti nel rispetto delle tecniche e delle regole dell’ordinamento di riferimento, ma rappresentati da tokens creati specularmente su DLT (pensiamo a delle azioni tokenizzate di società o anche ad un non fungible token rappresentativo di una opera d’arte realmente esistente).

Alcune di queste cripto-attività (in particolare i tokens nativi) sono anche emesse e negoziate su piattaforme decentralizzate (permissionless), dove gli scambi avvengono attraverso un regime peer to peer tra i diversi nodi della rete – non basato su intermediari, exchange o banche e con l’utilizzo degli smart contracts – secondo la logica disintermediata e distribuita della finanza decentralizzata (comunemente chiamata Decentralized Finance, in acronimo DeFi); altri tokens sono invece negoziati su piattaforme centralizzate (permissioned) con attori che ne hanno la proprietà e gestiscono dette piattaforme e danno il consenso per l’approvazione delle registrazioni.

Ebbene questi tokens digitali, creati e trasferiti su DLT in un contesto geografico illimitato e senza il controllo di un ente centralizzato, ben presto, come si diceva, hanno cominciato ad essere offerti al pubblico indistinto, al fine, per chi li emetteva, di raccogliere capitale con processi più semplificati, meno onerosi e più inclusivi, costituendo un significativo volano economico e una forma di finanziamento alternativa soprattutto per le piccole e medie imprese operanti nei settori dell’innovazione e della tecnologia.

È forse superfluo ricordare che queste Offerte – dette ICOs (Initial Coin Offerings) o anche, quando non avevano ad oggetto cripto-valuta, ITOs (Initial Token Offerings) o STOs (Security Token Offerings) – hanno avuto una straordinaria diffusione e molto successo intorno agli anni 2017/2018, raccogliendo talora ingentissimi capitali. Nel contempo, però, diverse di queste iniziative di raccolta si sono dimostrate fuori da ogni regolamentazione e prive per i risparmiatori della necessaria informativa sui rischi che le stesse avrebbero richiesto e incapaci di realizzare gli obiettivi per i quali erano state lanciate, quando non si è trattato di vere e proprie iniziative truffaldine con grave pregiudizio per gli oblati[15].

Peraltro deve darsi atto che, oltre all’utilizzo dei tokens come nuovo strumento digitale di raccolta del risparmio (e di finanziamento delle imprese), i tokens, come detto, sono usati quali valute virtuali e mezzi di pagamento convenzionali e in questa veste offrono opportunità in termini di pagamenti più economici, più veloci ed efficienti, in particolare su base transfrontaliera, dal momento che il loro utilizzo implica una rilevante diminuzione del numero di intermediari nei servizi di pagamento e favoriscono indubbiamente l’inclusione finanziaria[16]. Sebbene la riduzione dei costi delle transazioni e l’aumento della velocità di trasferimento dei fondi non sempre, anche a causa delle complicazioni tecnologiche, risultano confermate da dati affidabili e da studi scientifici[17].

3. Ragioni e obiettivi della regolamentazione MiCAr sulle cripto-attività

Tutto ciò, però, è avvenuto in mancanza di un quadro normativo generale, certo e armonizzato a livello europeo che, da un lato, tutelasse gli impieghi di capitale in cripto-attività non solo sul piano dell’informativa precontrattuale ma anche per il caso di dissesto delle piattaforme di scambio e negoziazione di cripto-attività presso le quali erano (e sono) custoditi i portafogli digitali personali (i cc.dd. e-wallets), e, dall’altro, assicurasse la stabilità finanziaria per i rischi derivanti dall’emissione, dalla circolazione e dall’utilizzo potenzialmente ampio delle cripto-valute come mezzo di pagamento.

Senza contare che anche i prestatori di servizi aventi ad oggetto cripto-attività e i servizi stessi risultavano sforniti di una disciplina che regolasse tali attività.

Per questo, da un lato, alcuni legislatori nazionali e le autorità di vigilanza hanno, sin troppo tempestivamente, introdotto, seppure in ordine sparso e con valenza solo domestica, norme e provvedimenti amministrativi sulle cripto-attività, con l’intenzione di rispondere e porre rimedio ai primi eventi critici[18]. Dall’altro lato, vi era invece chi osservava che – nonostante i rischi ai quali erano esposti i possessori di cripto-attività ed i mercati sui quali questi assets venivano scambiati – un intervento troppo deciso ed eccessivamente prescrittivo sul settore avrebbe potuto compromettere e ingessare il naturale sviluppo di questi fenomeni e dell’innovazione digitale[19], limitandosi, al più, a valutare di volta in volta la riconducibilità di una determinata cripto-attività nell’alveo delle cripto-valute piuttosto che degli strumenti o prodotti finanziari tokenizzati[20].

La Commissione europea il 24 settembre 2020 – muovendo dall’idea che in questo ambito la tutela degli investitori, l’integrità del mercato e la stabilità finanziaria non possono essere conseguite in misura sufficiente dai singoli Stati membri e che “lo scopo della strategia in materia di finanza digitale è garantire che il quadro normativo dell’Ue in materia di servizi finanziari sia adeguato all’era digitale”– ha rotto gli indugi e ha adottato un articolato e robusto Pacchetto di misure per la finanza digitale (c.d. Digital Finance Package), con cui ha disciplinato dettagliamente alcuni dei nuovi fenomeni FinTech e promosso la finanza digitale in termini di innovazione e concorrenza attenuandone nel contempo i rischi.

Il Pacchetto normativo, il primo del genere a livello internazionale, è composto di due strategie (la Digital Finance Strategy e la Retail Payment Strategy) e di alcune Proposte legislative[21]. Tra le originarie Proposte, ora divenute Regolamenti, vi sono:

1. il Regolamento Ue n. 2023/1114 del 31 maggio 2023 relativo ai mercati delle cripto-attività non qualificabili in termini di strumenti finanziari (“Market in Crypto-Asset Regulation”, Reg. MiCAr);

2. il Regolamento Ue n. 2022/858 del 30 maggio 2022 relativo ad un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia DLT (che modifica i Regolamenti Ue n. 600/2014 e n. 909/2014 e la Direttiva 2014/65/Ue) (Reg. Pilot regime)[22]. Il Pilot regime non si occupa, tuttavia, dell’emissione e della circolazione degli strumenti finanziari DLT e rimette la questione ai singoli Stati nazionali[23];

3. il Regolamento Ue 2022/2554 del 14 dicembre 2022 relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario (Digital Operation Resilience Act, c.d. DORA)[24].

Il Regolamento MiCAr muove dai dichiarati obiettivi di sviluppare le tecnologie blockchain e DLT in questo settore, di superare la frammentazione del quadro giuridico europeo e di definire una disciplina armonizzata e chiara a tutela dei consumatori, dei partecipanti al mercato e dell’integrità del mercato, nonché di garantire la stabilità finanziaria a livello sistemico e la sovranità monetaria dell’Unione europea che potrebbe essere compromessa dalla diffusione incontrollata delle cripto-valute[25].

L’antico dilemma regolatorio, oramai assurto a refrain, tra il lasciare libero e virtuoso sviluppo alle nuove forme dell’innovazione tecnologica applicate all’ambito finanziario in un ecosistema deregolamentato e il disciplinare dettagliatamente i nuovi fenomeni con il rischio di soffocarli, viene risolto dal Digital Finance Package e, nello specifico, dal MiCAr senza ambiguità nel secondo senso[26].

Il MiCAr infatti delinea una normativa armonizzata a livello Ue, avente ad oggetto non l’intero fenomeno delle cripto-attività secondo la classificazione già emersa e sopra ricordata (i.e.: payments tokens, security tokens, utility tokens), ma le sole cripto-attività non rientranti nella vigente legislazione dell’Ue in materia di servizi finanziari e, tra queste, come subito si vedrà meglio, solo alcune tipologie di cripto-attività (alcuni monetary tokens e i cc.dd. utility tokens).

Il punto può essere meglio chiarito dicendo sin d’ora (sull’argomento si tornerà più avanti) che il legislatore europeo distingue essenzialmente tra (i) cripto-attività riconducibili alla categoria degli strumenti finanziari, ossia qualsiasi strumento finanziario riportato nella sezione C dell’Allegato I al TUF, emesso mediante tecnologia a registro distribuito (art. 1, comma 2, TUF) e (ii) cripto-attività non finanziarie, ossia le cripto-attività non rientranti nella vigente legislazione Ue in materia di mercati e servizi finanziari e, quindi, non riconducibili tra gli strumenti finanziari.

Accanto alla tassonomia delle cripto-attività, MiCAr – conviene ricordarlo – detta una articolata disciplina dell’offerta al pubblico, degli emittenti, dei fornitori dei servizi e degli stessi servizi in cripto-attività, senza trascurare la negoziazione, lo scambio e la custodia delle cripto-attività e le misure volte a prevenire gli abusi di mercato per garantire l’integrità dei mercati delle cripto-attività[27].

Per le cripto-attività MiCAr, di cui funditus subito si dirà, è prevista una disciplina elefantiaca che – oltre a differenziarsi parzialmente a seconda della specifica cripto-attività considerata[28] – riprende, replica e combina soluzioni tecnico-giuridiche note e normative unionali intersettoriali in materia di mercati finanziari (MiFID, Regolamento Prospetto 2017/1129/Ue, Abusi di mercato, ecc.) e discipline dei prestatori di servizi di pagamento che emettono moneta elettronica ex Direttiva 2009/110/CE del 16 settembre 2009. Si tratta di una normativa (che si propone come) organica che realizza una trasposizione vera e propria delle citate discipline sul mercato dei crypto-assets, finendo per applicare regole e principi propri degli strumenti finanziari e della moneta elettronica ad assets asseritamente non finanziari. Una normativa alquanto estesa e a tratti farraginosa, che consta di ben 119 Considerando, 149 articoli, 6 Allegati, per un totale di IX Titoli, il cui esame esula, per ovvie ragioni di brevità, dalla presente analisi, la quale, come anticipato, intende focalizzarsi essenzialmente sulla tassonomia delle cripto-attività non finanziarie e su alcune criticità ad esse connesse.

Rispetto a questo impianto già noto e consolidato, MiCAr si propone di diventare – per forma, dimensioni e struttura – un vero e proprio corpo normativo parallelo ed autonomo. Un pot-pourri regolamentare nel quale non è però sempre agevole districarsi anche per la quantità delle nuove disposizioni, che tendono a ricondurre nel perimetro di vigilanza delle autorità nazionali e comunitarie dei mercati finanziari e bancarie le nuove cripto-attività.

4.La tassonomia delle cripto-attività

Passando, quindi, dal registro tipologico e descrittivo a quello più propriamente normativo, merita notare che, per quanto riguarda la tassonomia delle cripto-attività, queste sono definite anzitutto in termini generali come “rappresentazioni digitali di valori o di diritti che possono essere trasferite e memorizzate elettronicamente, utilizzando la tecnologia del registro distribuito o tecnologia analoga” (art. 3, comma 1, n. 5, MiCAr).

A fronte di questa definizione generalissima – nella quale possono farsi rientrare tutte le diverse categorie di cripto-attività, sebbene non sia precisato di quali valori o diritti le cripto-attività possano essere effettivamente rappresentative – le stesse cripto vengono poi definite in negativo e per differentiam, nel senso che sono escluse dal perimetro di applicazione della disciplina MiCAr tutte le cripto-attività che sono strumenti finanziari, depositi, compresi i depositi strutturati, posizioni inerenti a cartolarizzazioni (ai sensi dell’art. 2, punto 1, del Regolamento Ue 2017/2402), nonché prodotti assicurativi vita o non vita, prodotti pensionistici (tutti meglio specificati nell’art. 2, comma 4, MiCAr), indipendentemente dalla tecnologia utilizzata per la loro emissione o il loro trasferimento[29].

Sebbene quindi la disciplina in esame non abbia riguardo alle cripto-attività che sono strumenti finanziari (anche nella forma degli investment tokens o dei security tokens), i quali, come detto, non sono riconducibili nell’alveo di questa disciplina e restano regolati dalla legislazione unionale sui servizi finanziari, ciò tuttavia non toglie che il tema della “finanziarietà” delle cripto-attività MiCAr, attesa la loro attitudine alla circolazione e all’investimento[30], emerga nella stessa disciplina MiCAr in diversi punti e presenti comunque delle ambiguità e delle criticità (su vedi infra § 5).

Il che non impedisce di rimarcare che il MiCAr – occupandosi comunque di cripto-attività non finanziarie private (ossia emesse da privati e non da banche centrali) – si focalizza in realtà su due differenti ambiti. Quello dei tokens collegati ad attività e dei tokens di moneta elettronica, riconducibili, lato sensu, all’universo dei tokens monetari di pagamento e dei servizi di pagamento[31] – che, come si dirà, non si differenziano troppo nettamente dalle tradizionali monete elettroniche[32] – e quello di tutte le altre varietà di cripto-attività diverse dai tokens monetari e che non rientrino nell’ambito della disciplina Ue sui mercati finanziari, tra i quali i cc.dd. utility tokens, ossia strumenti funzionali anche alla raccolta di capitale per le piccole e medie imprese.

Le cripto-attività oggetto di regolamentazione esibiscono dei paradigmi causali tra loro diversi, riconducibili essenzialmente alla disponibilità o al godimento di beni o servizi (utility tokens) e alla funzione di pagamento (gli ARTs e gli EMTs). Si tratta di assets che – se si prescinde dalla loro comune e innovativa componente tecnologica costitutiva – avrebbero già una propria disciplina e una tutela giuridica.

L’acquisto o il godimento di beni o di servizi, incorporati in utility tokens, che comportano un rapporto tra l’impresa-emittente e il consumatore-sottoscrittore sono protetti dalla disciplina eurounitaria contenuta nel Codice del Consumo[33]. Gli EMTs (e in parte gli ARTs), riconducibili al genus delle stablecoins, presentano una forte affinità con i prodotti di moneta elettronica e potrebbero godere delle tutele previste in questo settore[34].

Ora MiCAr riconduce sotto un comune tetto normativo, pur differenziandone in parte la disciplina, gli uni e gli altri, in quanto accomunati essenzialmente da due elementi: gli aspetti prettamente tecnologici delle cripto-attività (ecosistema DLT) e la loro natura non finanziaria. In funzione di questi due elementi si introduce una regolamentazione a tratti esorbitante, che, per paura di rischi forse eccessivi, potrebbe finire per non agevolare l’innovazione tecnologica, il finanziamento delle imprese e la c.d. “inclusione finanziaria”.

4.1. Gli ARTs e gli EMTs

Ciò chiarito in termini generali, sono definite tre specifiche tipologie di cripto-attività:

– i “tokens collegati ad attività” (asset-referenced tokens: in acronimo ARTs) (art. 3, comma 1, n. 6);

– i “tokens di moneta elettronica” (electronic money tokens o e-money tokens: in acronimo EMTs) (art. 3, comma 1, n. 7);

– tutte le altre cripto-attività che non sono ARTs o EMTs (che coprono un’ampia e indefinita varietà di crypto-assets, una categoria, per così dire, catch-all), compresi gli utility tokens (cons. n. 18 e art. 3, comma 1, n. 5).

L’ART è “un tipo di cripto-attività che non è un token di moneta elettronica e che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento a qualsiasi altro valore o diritto o combinazione dei due, incluse una o più monete ufficiali[35].

L’EMT è “un tipo di cripto-attività che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento al valore di una moneta ufficiale[36].

Sia gli ARTs che gli EMTs cercano di stabilizzare il loro valore facendo riferimento ad altri assets. I primi fanno riferimento a qualsiasi valore o diritto o combinazione di questi comprese una o più valute ufficiali. I secondi fanno riferimento ad una sola valuta ufficiale.

Si possono fare entrambi rientrare nella più nota categoria delle stablecoins, alludendosi al collegamento stabile della cripto-attività a determinati asset o a una moneta avente corso legale, così da non subire le oscillazioni che tipicamente si registrano con le valute virtuali che, come già detto, risentono delle dinamiche di domanda e offerta presenti sul mercato.

Sono altresì previste alcune sottocategorie di ARTs e di EMTs: i “tokens collegati ad attività significative” (art. 43 MiCAr) e i “tokens di moneta elettronica significative” (art. 56 MiCAr). Si tratta di sottocategorie, le quali – presentando soglie particolari di alcuni indicatori (clientela; valore del token collegato ad attività; numero e valore delle operazioni dei tokens collegati; entità delle attività della riserva; numero di Stati membri in cui sono utilizzati i token collegati) – applicano obblighi aggiuntivi specifici in termini di disciplina (artt. 45 e 58 MiCAr).

Non sembrano escluse dal perimetro MiCAr le c.d. stablecoins algoritmiche perché il loro valore è stabilizzato da un algoritmo che ne aggiusta automaticamente la quantità disponibile alle variazioni della domanda e non sono ancorate ad una o più attività (cons. 41 MiCAr).

Sono invece escluse le cripto-attività e le monete emesse, sulla base della DLT, da banche centrali nella propria unità nazionale avente corso legale (Central Bank Digital CurrencyCBDC) (art. 2, comma 2, lett. c, MiCAr), ossia le forme elettroniche di moneta dotate delle stesse garanzie della valuta fisica in circolazione nei rispettivi paesi che consentono di effettuare trasferimenti diretti di denaro senza disporre di un conto bancario e quindi senza l’intermediazione di un operatore. Queste sono passività delle banche centrali, garantite dagli assets e dalla reputazione di queste ultime[37].

Ed è quantomeno dubbio che le valute virtuali tipo Bitcoin – pur riconducibili nella definizione generale di cripto-attività testé ricordata di cui all’art. 3, comma 1, n. 5, MiCAr – possano farsi rientrare nelle categorie ora indicate, nonostante possano assolvere a funzioni di pagamento o di investimento, pur senza essere moneta o strumento finanziario.

Infatti non hanno le caratteristiche degli ARTs e degli EMTs, non essendo ancorate ad alcun bene o moneta ufficiale di riferimento (sono infatti unbacked crypto-asset). Né sono assistite dal diritto dell’utilizzatore a ottenere la restituzione degli importi investiti e mancano inoltre di una legal entity che li emette (essendo create, in via diffusa, da utenti che utilizzano software sofisticati e per questo dette “valute decentralizzate”, il cui valore varia in funzione della domanda e dell’offerta), né tantomeno possono essere assimilate agli utility tokens, non assolvendo, come questi ultimi, a una funzione di utilità o di godimento[38].

4.2. Gli utility tokens

L’utility token – che, come detto, appartiene, senza esaurirla del tutto, alla più ampia categoria residuale delle “cripto-attività diverse dagli ARTs e dagli EMTs” – è “un tipo di cripto-attività destinato unicamente a fornire l’accesso a un bene o a un servizio fornito dall’emittente di tale token[39].

Questi tokens di utilità puri vengono – sebbene non sia esplicitata né la loro natura giuridica (titoli rappresentativi di merci o documenti di legittimazione e titoli impropri), né il rapporto negoziale alla base della loro emissione (causa di vendita o di godimento)[40] – normalmente emessi e venduti al pubblico da soggetti che intendono raccogliere capitali per la realizzazione di propri progetti imprenditoriali e attribuiscono ai possessori il diritto di avere accesso futuro a beni e servizi, ossia il diritto di acquistare o godere del prodotto o del servizio di quell’emittente a costi più vantaggiosi, senza che l’apporto finanziario sia funzionale alla partecipazione all’iniziativa imprenditoriale o costituisca un obbligo di rimborso in capo all’emittente il token[41]. Non attribuiscono, quindi, nessun diritto di partecipazione, di voto, di governance o agli utili nell’impresa emittente, ma attribuiscono all’acquirente il diritto di godere di un bene o di utilizzare un servizio prodotto o prestato dall’emittente. Il possessore dell’utility token può tuttavia anche decidere, ove il suo statuto lo consenta, di conservare il token come riserva di valore oppure di cederlo al fine di realizzare un guadagno o di negoziarlo su un mercato secondario.

Sono escluse dal perimetro degli utility tokens MiCAr le cripto-attività “uniche e non fungibili” con altre cripto-attività (i cc.dd. Non Fungible Tokens, in acronimo, NFT), ossia tokens unici, infungibili, che sebbene possano essere scambiati nei mercati ed accumulati speculativamente, non sono facilmente interscambiabili (cons. 10 e art. 2, comma 3, MiCAr)[42].

Per i NFT la Commissione Ue sta valutando se sottoporli a un regime specifico a livello Ue (art. 142, co. 2, lett. d, MiCAr).

5. Cripto-attività MiCAr e finanziarietà

L’analisi sin qui condotta mostra come le cripto-attività oggetto di regolamentazione esibiscono dei paradigmi causali tra loro diversi, riconducibili essenzialmente al godimento di beni o servizi (utility tokens) e alla funzione di pagamento (gli ARTs e gli EMTs). Si tratta di assets che – se si prescinde dalla loro comune e innovativa componente tecnologica costitutiva – avrebbero già, almeno in parte, una propria disciplina e una tutela giuridica. Come testé rappresentato, l’acquisto o il godimento di beni o di servizi che comportano una relazione di consumo tra impresa-emittente e consumatore-sottoscrittore sono protetti dalla disciplina eurounitaria contenuta nel Codice del Consumo; mentre gli EMTs (e in parte gli ARTs), riconducibili al genus delle stablecoins, presentano una forte affinità con i prodotti di moneta elettronica e potrebbero godere, almeno in parte, delle tutele previste in questo settore.

Più in generale, come dianzi già ricordato, il legislatore europeo ha distinto essenzialmente tra (i) cripto-attività riconducibili alla categoria degli strumenti finanziari, ossia qualsiasi strumento finanziario riportato nella sezione C dell’Allegato I al TUF, emesso mediante tecnologia a registro distribuito (art. 1, comma 2, TUF) e (ii) cripto-attività non finanziarie, ossia le cripto-attività non rientranti nella vigente legislazione Ue in materia di mercati e servizi finanziari e, quindi, non riconducibili tra gli strumenti finanziari. Alle prime si applica la disciplina MiFID, trattandosi comunque di strumenti finanziari digitali emessi mediante tecnologia DLT[43], alle seconde, anch’esse basate sulla DLT, si applica invece la disciplina MiCAr.

Vi è tuttavia un punto sul quale vale la pena soffermarsi: quello della finanziarietà delle cripto-attività (non finanziarie) delineate nella tassonomia MiCAr. Questa, come detto, è una classificazione ampia ma tutto sommato incerta, basata essenzialmente su definizioni, date non tanto in positivo ma per differenza o in negativo, che non affrontano in modo convincente il tema della finanziarietà. Alla base della tassonomia delle cripto-attività c’è – a mio avviso – poca chiarezza e una ambiguità di fondo, paradossalmente proprio sotto il profilo della finanziarietà.

È vero che il MiCAr insiste più volte – come già detto – sul fatto che le cripto-attività non possano essere strumenti finanziari, rimarcando la circostanza che oggetto della disciplina MiCAr sono le sole cripto-attività non rientranti nella vigente legislazione dell’Ue in materia di mercati e servizi finanziari, quindi quelle che non hanno causa finanziaria, ma, al di là di questa affermazione di principio, non vi è in realtà una chiara distinzione tra le cripto-attività MiCAr e gli strumenti finanziari. Si rimette infatti agli stessi emittenti di attestare la circostanza che le cripto-attività da loro emesse non abbiano le caratteristiche di uno strumento finanziario ([44]) e ciò perché non sono evidentemente chiari i requisiti per classificare una cripto-attività come strumento finanziario o meno ([45]).

Ma, a ben riflettere, il profilo della finanziarietà delle cripto-attività MiCAr viene in evidenza anche quando queste vengono ammesse alla negoziazione su piattaforme ad hoc (artt. 5, 15, 16, 48 MiCAr). Il tratto della negoziazione su piattaforme di trading, pur essendo solo elemento eventuale e quindi non costitutivo della fattispecie, fa sì che il valore dei tokens digitali oscilli in funzione del loro flusso di domanda e di offerta in modo anche rilevante[46].

In questa ipotesi le cripto-attività, pur conservando la loro funzione di utilità ovvero di pagamento (che ne impedisce la loro sussunzione tra i valori mobiliari e gli strumenti finanziari), sembrano assumere una ulteriore finalità di investimento finanziaria che non può essere trascurata, ma che, anzi, sembra connotare o ibridare le cripto-attività sul piano causale. Infatti, come è noto, una cosa è il risultato economico che si può trarre dalla rivalutazione del valore di qualsiasi bene in relazione all’andamento del suo mercato di settore[47]; altra cosa è la finalità di investimento speculativa generata dalla negoziazione di quell’asset su una piattaforma ad hoc che – pur non costituendo un elemento intrinseco all’operazione di acquisto, come la promessa predeterminata (all’atto della conclusione del contratto) di un rendimento collegato alla res o come gli obblighi di riacquisto ([48]) – fa evolvere la funzione di godimento o di pagamento del token in finalità di investimento finanziaria a cui è correlata una aspettativa di rendimento finanziaria[49].

Si pensi – solo per limitarsi ad un esempio di attualità che può chiarire le idee – ai Fantoken del Paris Saint Germain (PSG) (ossia degli utility token, nella classificazione MiCAr)[50]. Questi sono negoziati sulla piattaforma blockchain che ha emesso i Fantoken e in occasione dell’acquisto di un notissimo calciatore da parte del PSG nell’agosto 2021 il loro valore in una settimana è aumentato addirittura del 121%, incrementandosi da 19 a 42 euro. In questo case study la nozione di cripto-attività non si dissocia morfologicamente da quella MiCAr, ma si distacca da questa funzionalmente, perché viene ad assolvere ad una funzione di investimento finanziario e non solo, come anticipato, di utilità o di pagamento. I Fantoken permettono sì ai tifosi di interagire con le loro squadre preferite e con i loro beniamini e di votare nei sondaggi ufficiali della squadra, ma, al contempo, il loro valore oscilla in base alle condizioni di mercato e genera una aspettativa finanziaria di rendimento, tale da poter far ricadere il token nella nozione interna di prodotto finanziario recata dal TUF. E si noti che il token non è semplicemente trasferibile, ma è negoziabile, ossia è suscettibile di essere oggetto di un flusso sistematico di proposte di acquisto e di vendita che si incrociano su un sistema organizzato incidendo sul suo prezzo.

Pur essendo il tema spinoso e senz’altro meritevole di ulteriore analisi (anche in ragione della relatività della nozione di finanziarietà), la sensazione è che il MiCAr (dopo aver trasformato una fattispecie originariamente non finanziaria in una connotata da finanziarietà) abbia dovuto costruire una imponente normativa per disciplinare un fenomeno che, presentando – nel caso di ammissione alla negoziazione delle cripto-attività su piattaforme – i caratteri della finanziarietà, poteva, invece, ben più semplicemente, essere ricondotto nell’alveo degli investimenti finanziari basati su DLT (security o investment token o prodotti finanziari di matrice interna), con l’applicazione, con qualche adattamento normativo, delle discipline e dei presidi già esistenti e proprie di questi[51]; dall’altro, per le cripto-attività autenticamente non finanziarie, come gli utility tokens e le stablecoins pure, non negoziate su piattaforme di trading, non si avvertiva la necessità di prevedere una così ampia e articolata disciplina, che riproduce invero quella di matrice finanziaria, non sfuggendo gli utility tokens alla tutela consumeristica esistente e le stablecoins a quella dei prestatori di servizi di pagamento di moneta elettronica. Tanto più che la regolamentazione MiCAr, per come è stata sin ad oggi delineata, è basata essenzialmente su emittenti legal entity identificabili e sulla funzione intermediaria delle piattaforme e dei fornitori di servizi. Il contrario della logica decentralizzata tipica della primigenia blockchain, con il concreto rischio che i fenomeni di finanza decentralizzata (in cui nascono le cripto-attività DLT), comprese le valute tipo Bitcoin, non siano alla fine pienamente catturati e regolati dalla nuova disciplina, se non quando oggetto di servizi collegati alle cripto-attività[52], ed impongano, a breve, al legislatore europeo di tornare a legiferare.

Poteva probabilmente risultare sufficiente un’opera di adattamento, estensione e coordinamento delle normative unionali e domestiche già vigenti: un po’ come di fatto sta avvenendo (e in parte è già avvenuto) per la MiFID e le altre discipline in materia di finanza che risultano già oggi applicabili ai nuovi cripto-strumenti finanziari emessi mediante DLT.

 

[*] Il presente scritto riprende, elabora ed aggiorna alla luce del nuovo Regolamento Ue 2023/1114 del 31 maggio 2023 (c.d. MiCAR) il testo di un intervento sulle cripto-attività presentato dall’Autore al Convegno di Studi su “Automazione, diritto e responsabilità”, tenutosi presso l’Università di Verona il 21-22 ottobre 2022.

[1] La tecnologia DLT è da intendersi come categoria più ampia nell’ambito della quale si è sviluppata la tecnologia blockchain. La Risoluzione del Parlamento europeo del 3 ottobre 2018 sulle tecnologie di registro distribuito e blockchain 2017/2772(RSP) precisa infatti che “la blockchain è solo uno dei vari tipi di DLT; […] alcune soluzioni DLT memorizzano tutte le singole transazioni in blocchi collegati tra di loro in ordine cronologico per creare una catena che garantisce la sicurezza e l’integrità dei dati”..

[2] Secondo il legislatore italiano le tecnologie basate sui registri distribuiti sonole tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati, sia in chiaro sia ulteriormente protetti da crittografia, verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili” (art. 8-ter, d.l. n. 135/18, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. n. 12/19).

[3] S. Nakamoto, Bitcoin: A Peer-to-Peer electronic Cash System, 2008, leggibile in bitcoin.org. Satoshi Nakamoto con ogni probabilità è lo pseudonimo dell’ideatore della cripto-valuta Bitcoin. Sull’origine misteriosa di questo personaggio esistono numerose teorie e ampia letteratura, cfr., da ultimo, G.L. Comandini, L’uomo più ricco del mondo, Milano 2022, passim.

[4] Le c.dd. “valute virtuali”, tra le quali rientra il Bitcoin, sono state qualificate ai soli fini dell’antiriciclaggio come “rappresentazioni digitali di valore, non emesse né garantite da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegate a una valuta avente corso legale, utilizzate come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferite, archiviate e negoziate elettronicamente” (art. 1, comma 2, lett. qq, d.lg. 21 novembre 2007, n. 231 c.s.m..). La nozione di cripto-valuta, con la finalità di contrasto al riciclaggio e al finanziamento al terrorismo, può quindi ricomprendere gli assets riconducibili alla nozione di bene (art. 810 c.c.), agli strumenti finanziari (art. 1, comma 2, TUF), ai prodotti finanziari (art. 1, comma 1, lett. u, TUF) e agli strumenti di pagamento (art.1, comma 1, lett. s, d.lg. 27 gennaio 2020, n. 11). Cfr. A. Conso, R. Ferretti e P.R. Amendola, Valute virtuali e antiriciclaggio, in Riv. guardia fin., 2020, 3, p. 795 ss.

[5] Le monete (o valute) tradizionali, come è noto, assolvono alle tre funzioni tipiche di: 1) unità di conto; 2) mezzo di scambio; 3) riserva di valore. Si ammette invece che le valute virtuali possano fungere, su base volontaria, da mezzo di pagamento privo di corso legale, se accettate da una determinata collettività di soggetti (c.d. “mezzo di pagamento convenzionale”), cfr. Corte Giust., sent. 22 ottobre 2015, C-264/14.

[6] Per “moneta elettronica” si intende “il valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso per effettuare operazioni di pagamento come definite all’art. 1, comma 1, lett. c, del d.lg. 27 gennaio 2010, n. 11, e che sia accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall’emittente” (art. 1, comma 2, lett. hter, TUB). La moneta elettronica è emessa previo ricevimento di somme di denaro da parte del cliente (art. 114-quinquies.1, comma 1, TUB). Si tratta, in altri termini, di un surrogato elettronico delle monete metalliche o delle banconote, memorizzate su un dispositivo elettronico, sia esso una carta a microprocessore o una memoria di computer. Le valute virtuali, nonostante le analogie con la moneta elettronica, non costituiscono rappresentazioni digitali di moneta avente corso legale; non sono, come detto, emesse da banche centrali o da istituzioni pubbliche e non sono neppure, al pari della moneta elettronica, caratterizzate dall’obbligo di rimborso al loro valore nominale da parte dell’emittente. Per una sintesi dell’evoluzione della moneta dal contante alle valute virtuali, cfr. G.L. Greco, Valute virtuali e valute complementari, tra sviluppo tecnologico e incertezze regolamentari, in Riv. dir. banc., 2019, 3, p. 1 ss.

[7] G. Gasparri, Timidi tentativi giuridici di messa a fuoco del Bitcoin: miraggio crittoanarchico o soluzione tecnologica in cerca di un problema, in Dir. inf., 2015, 3, p. 430; Id., Riflessioni sulla natura giuridica del bitcoin tra aspetti strutturali e profili funzionali, in dirittobancario.it, dicembre 2021, p. 28 ss., p. 38 ss.; N. Mainieri, La Cassazione penale esamina le valute virtuali sotto il profilo del Testo Unico della Finanza – le precedenti qualificazioni e i richiami della Direttiva penale sulla lotta al riciclaggio mediante l’uso del penale (n. 2018/1673 UE), in Giurisprudenza Penale WEB, 2020, p. 10; sulla nozione di prodotto finanziario cfr. ex multis Comunicazioni Consob n. 97006082 del 10 luglio 1997, n. 98082979 del 22 ottobre 1998, n. 13038246 del 6 maggio 2013; per un caso di qualificazione di una valuta virtuale (rectius di “un pacchetto di estrazione di criptovalute”) come acquisto di un prodotto finanziario cfr. Consob, Delibera 20 aprile 2017, n. 19968.

[8] Anche se al momento esistono migliaia di criptovalute (quasi 17.000 secondo Coinmarketcap), l’interesse dei trader è focalizzato su poche criptovalute. Nell’elenco delle criptovalute più popolari c’è senz’altro Bitcoin, che è considerata la criptovaluta originale. A causa di un hard fork nella blockchain originale di Bitcoin, quest’ultima ha “ramificato” due nuove monete virtuali aggiuntive: Bitcoin Cash e Bitcoin Cash ABC. Altre criptovalute molto diffuse, spesso scambiate sulle piattaforme dedicate alle criptovalute e al trading, sono Ethereum, Ripple, Litecoin, Binance Coin, Tether, Solana, ecc., cfr. https://www.plus500.com.

[9] Sul punto cfr. P. Spada, Diritto commerciale. Parte Generale (Storia, Lessico e Istituti), 2ª ed., Padova 2009, p. 4 ss.

[10] In argomento v. ora il c.d. Decreto FinTech (d.l. 17 marzo 2023, n. 25, convertito nella L. 10 maggio 2023, n. 52) “Disposizioni urgenti in materia di emissione e circolazione di determinati strumenti finanziari in forma digitale di semplificazione della sperimentazione FinTech”, che – seppure in via sperimentale e solo con riferimento a determinate categorie di strumenti finanziari – ha introdotto la prima disciplina italiana in materia di emissione e circolazione degli strumenti finanziari emessi mediante tecnologia DLT, che si aggiunge al tradizionale regime di circolazione cartolare codicistico e a quello scritturale di gestione accentrata disciplinato nel TUF. Per un primo commento v. P. Carriere, Decreto Fintech e MICAR: il quadro normativo sulle cripto-attività, in DB non solo diritto bancario, maggio 2023, in www.dirittobancario.it, p. 4 ss.

[11] Per l’esame più approfondito delle prime iniziative legislative e delle azioni di vigilanza che delineano la fattispecie cripto-attività e ne disciplinano l’offerta al pubblico, sia consentito rinviare a M. de Mari, Prime ipotesi per una disciplina italiana delle Initial Token Offerings (ITOs): token crowdfunding e sistemi di scambio di crypto-asset, in Orizzonti dir. comm., 2019, 2, p. 280 ss. Il primo tentativo di regolazione domestica nel nostro ordinamento è rappresentato dal Documento per la Discussione Consob Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività del 19 marzo 2019», cui ha fatto seguito, il Rapporto Finale della stessa Consob, pubblicato il 2 gennaio 2020 (entrambi reperibili sul sito internet della Consob). Si è trattato di una prima importante proposta, poi non più coltivata proprio in ragione dei lavori preparatori del MiCAr nel frattempo intervenuti.

[12] Non erano del resto neppure mancate le prese di posizione dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma), la quale nel 2019 aveva effettuato un’indagine conoscitiva sottoponendo alle autorità nazionali un ampio campione di crypto-assets dotati di diritti diversi. I crypto-assets, secondo l’Esma, potevano avere caratteristiche differenti e/o svolgere funzioni diverse. Ad avviso dell’Esma alle attività denominate investment-type potevano essere collegati alcuni diritti di profitto (tipo, ad esempio, azioni, strumenti simili ad azioni o strumenti non azionari). Altri, i cosiddetti crypto-assets utility-type, fornivano alcuni diritti di utilità o di consumo, ad esempio, la possibilità di utilizzarli per accedere o acquistare alcuni dei servizi/prodotti che l’ecosistema in cui erano costruiti mirava ad offrire. Altri ancora, i payment-type, non avevano alcun valore tangibile, se non per l’aspettativa che potevano servire come mezzo di scambio o di pagamento per pagare beni o servizi esterni all’ecosistema in cui erano costruiti. Inoltre, molti token avevano caratteristiche ibride. L’Esma comunque utilizzava il termine crypto-assets per riferirsi sia alle valute virtuali che ai gettoni digitali (token) emessi attraverso le offerte pubbliche e comunque ad attività che non erano emesse e garantite da una banca centrale. L’esito dell’indagine condotta dall’Autorità europea evidenziò che la maggioranza delle Autorità riteneva che alcune di queste attività, ad esempio quelle che attribuivano al titolare diritti di profitto, potevano essere classificate come valori mobiliari o altri tipi di strumenti finanziari, con la conseguente applicazione della relativa disciplina. L’Esma aveva altresì proposto, per i “token non qualificabili come strumenti finanziari”, due possibili opzioni normative: A) prevedere uno speciale regime che informasse i consumatori sui rischi di questa tipologia di crypto-assets senza ricondurli ad una regolamentazione analoga a quella delle cripto-attività che sono strumenti finanziari, oppure B) non fare nulla (Do Nothing). Anche se va rammentato come l’Esma riteneva che l’opzione A fosse la più appropriata (cfr. Esma, Advice del 9 gennaio 2019, Initial Coin Offerings and Crypto-Assets, 40, reperibile in internet al seguente indirizzo: https://www.esma.europa.it.).

[13] Questa classificazione è stata introdotta originariamente dall’autorità di vigilanza sul mercato finanziario svizzera, la Financial Service Market Supervisory Authority (FINMA), nel suo Practical Guide for the treatment of requests concerning subjection with reference to initial coin offering del 16 febbraio 2018, in www.finma.ch/it/news/2018/02/20180216-mm-ico-wegleitung; cfr. anche European Union Blockchain Observatory & Forum, Blockchain and the future of digital assets, p. 11, in www.eublockchainforum.eu. Per un approccio di tipo top down che muove, invece, dalla predetta tassonomia, ma la integra guardando al fenomeno delle sedi di negoziazione, v. F. Annunziata, Speak, If You Can: What are You ? An Alternative Approach to the Qualification of Tokens and Initial Coin Offerings, in ECFR, vol. 17, n. 2, 2020; Id., Verso una disciplina europea delle crypto-attività. Riflessioni a margine della recente proposta della Commissione UE, in dirittobancario.it (ottobre 2020), p. 6 ss.

[14] Sulla funzione solutoria del gettone telefonico come mezzo sostitutivo della moneta cfr. già G. Niccolini, Gettoni e buoni d’acquisto: ancora una generazione di mezzi di pagamento, in Riv. dir. civ., 1978, II, p. 95.

[15] Per ulteriori riferimenti sia consentito rinviare a M. de Mari, Prime ipotesi per una disciplina italiana delle Initial Token Offerings (ITOs), cit., p. 280 ss.

[16] I leader del G20 avevano già convenuto, nel vertice di Seoul del novembre 2010, che l’inclusione finanziaria è uno dei pilastri fondamentali dello sviluppo. Si era già istituito un partenariato globale per promuovere l’inclusione finanziaria in tutto il mondo (Global Partnership for Fnancial InclusionGPFI), nell’idea che migliorare l’accesso ai servizi finanziari e il loro utilizzo sia essenziale per accrescere il benessere delle famiglie e delle imprese e per rendere la crescita economica sostenibile e inclusiva. In questa prospettiva, El Salvador è stato il primo Stato ad adottare ufficilamente il Bitcoin quale moneta avente corso legale, pur restando alto il tasso di scetticismo e i rischi di riciclaggio di questa operazione, v. A. Berretti, Bitcoin valuta legale in El Salvador. C’è poco da gioire: ecco cosa c’è dietro, in https://www.agendadigitale.eu (settembre 2021). Sul tema v. M. Bianco, D. Marconi, A. Romagnoli e M. Stacchini, Le sfide per l’inclusione finanziaria e il ruolo dell’educazione finanziaria, in Quad. econ. fin. Banca d’Italia, 2022, p. 723.

[17] P. Gualtieri, Le cripto attività tra valori oggettivi e rischi impliciti, in Il Sole 24 Ore, 10 ottobre 2023.

[18] Come già accennato, a livello di Stati membri dell’UE vi è un quadro regolamentare molto frammentato. In particolare, vi sono Stati membri (Francia, Germania e Malta) che hanno già istituito regimi nazionali che disciplinano taluni aspetti delle cripto-attività non assimilabili a strumenti finanziari ai sensi della normativa MiFID II, né alla moneta elettronica ai sensi della normativa EMD2 e neppure ai fondi ex PSD2, con differenze sostanziali sia in termini di applicazione dei distinti regimi – dal momento che la disciplina francese ha carattere facoltativo, mentre quella maltese e tedesca hanno carattere obbligatorio – sia in termini di ambito di applicazione, di attività contemplate, di obblighi imposti in capo a emittenti o fornitori di servizi e di misure per garantire l’integrità del mercato (in argomento cfr. P. Carriere, N. de Luca, M. de Mari, G. Gasparri e T.N. Poli, Tokenizzazione di azioni e azioni tokens, in Quad. giur. Consob, Roma 2022, p. 17 ss.).

[19] Nella prospettiva di non limitare troppo l’innovazione finanziaria e nel contempo di non abbandonarla alle sole forze del mercato, si sono diffusi approcci intermedi che prevedevano il coinvolgimento con diversi livelli di intensità delle autorità di vigilanza nello sviluppo e nella sperimentazione delle innovazioni tecnologico-finanziarie. Alcuni degli strumenti operativi ai quali si può esemplificativamente fare riferimento sono: i) l’innovation hub (luogo di incontro istituzionale con imprese vigilate e non vigilate, nel quale l’autorità competente offre chiarimenti e indirizzi (ad esempio la compatibilità della tecnologia sviluppata con le norme vigenti); ii) il regulatory sandbox (sistema che permette alle imprese Fintech, vigilate e non, di godere di deroghe normative transitorie, sperimentando su scala ridotta e per un periodo limitato tecnologia e servizi); iii) l’incubator (strumento che consente all’autorità competente di svolgere un ruolo maggiormente attivo, essendo coinvolta direttamente nello sviluppo e nella sperimentazione dei progetti, anche attraverso forme di partnership e di cofinanziamenti), cfr. Banca d’Italia, Indagine conoscitiva sull’adozione delle innovazioni tecnologiche applicate ai servizi finanziari, Roma, dicembre 2017, p. 12.

[20] Il riferimento è al noto test di Howey, applicando il quale viene stabilito, volta per volta, se una certa cripto-attività può essere ricondotta nella fattispecie security. In questo senso può leggersi il Discorso del Presidente della SEC Gary Gensler del 3 agosto 2021, in www-sec-gov. Si veda anche SEC v. Howey Co., 328 US 293 (1946), Framework for “Investment Contract” Analysis of Digital Assets, disponibile su https://supreme.justia.com/cases/federal/us/328 /293/.

[21] Comunicazione della Commissione Ue al Parlamento europeo del 24 settembre 2020 in tema di “Strategia in materia di finanza digitale per l’Ue”.

[22] Più in particolare il Pilot regime riguarda l’introduzione di un regime pilota per consentire alle infrastrutture di mercato (che offrono servizi di negoziazione e regolamento titoli) di sperimentare l’applicazione della DLT all’offerta di tali servizi su alcune tipologie di strumenti finanziari.

[23] In attuazione del Pilot regime è stato infatti adottato il Decreto FinTech “ (v. supra nt. 10).

[24] Il Regolamento DORA modifica i Regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 648/2012, (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 909/2014 e (UE) n. 2016/1011.

[25] La BCE (Parere del 19 febbraio 2021 su la Proposta MiCAr) mette in guardia da questo rischio quando, con riguardo ai tokens monetari, rileva che “le cripto-attività con un valore nominale stabile, che fungono da mezzo di pagamento e da riserva di valore, potrebbero incidere sulla stabilità e sul costo della raccolta dei depositi degli enti creditizi, il che potrebbe mettere in difficoltà la capacità degli enti creditizi di assolvere il loro ruolo di intermediazione economica” e che inoltre “un uso diffuso di tokens collegati ad attività a fini di pagamento potrebbe mettere in discussione il ruolo dei pagamenti in euro e persino compromettere la prestazione pubblica della funzione di unità di conto della moneta” (punti 2.1.2. e 2.1.3.).

[26] Per un inquadramento delle diverse opinioni circa i due diversi approcci metodologici, v. in generale G.L. Greco, Valute virtuali e valute complementari, tra sviluppo tecnologico e incertezze regolamentari, cit., p. 30 s. La Commissione Ue, pur affermando che in un ambiente in così rapida evoluzione una regolamentazione eccessivamente prescrittiva e precipitosa rischia di produrre effetti indesiderati, ha riconosciuto, a più riprese, che la normativa Ue è anteriore all’emergere delle tecnologie e che il mancato adeguamento di questa può essere di ostacolo alla diffusione delle soluzioni FinTech, ponendo in una posizione di svantaggio i prestatori di servizi finanziari Ue in un mercato sempre più globale (Comunicazione della Commissione Ue al Parlamento europeo dell’8 marzo 2018 Piano d’azione per le tecnologie finanziarie: per un settore finanziario europeo più competitivo e innovativo). La stessa Commissione si dimostra pertanto ben consapevole dei limiti del principio di neutralità tecnologica (“stessa attività, stessa regolamentazione, a prescindere dalle modalità utilizzate”), reputando indispensabile, come nei fatti effettivamente sta avvenendo, l’adozione di una speciale disciplina per regolare questi nuovi fenomeni.

 

[27] Più nel dettaglio, MiCAr stabilisce: a) gli obblighi di trasparenza e informativa per l’emissione, l’offerta al pubblico e l’ammissione di cripto-attività alla negoziazione su una piattaforma di negoziazione per cripto-attività (“ammissione alla negoziazione”); b) i requisiti per l’autorizzazione e la vigilanza dei prestatori di servizi per le cripto-attività, degli emittenti di token collegati ad attività e degli emittenti token di moneta elettronica, nonché per il loro funzionamento, la loro organizzazione e la loro governance; c) i requisiti per la tutela dei possessori di cripto-attività nell’emissione, nell’offerta al pubblico e nell’ammissione alla negoziazione di cripto-attività; d) i requisiti per la tutela dei clienti di prestatori di servizi per le cripto-attività; e) le misure volte a prevenire l’abuso di informazioni privilegiate, la comunicazione illecita di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato in relazione alle cripto-attività, al fine di garantire l’integrità dei mercati delle cripto- attività (art. 1, comma 2, MiCAr).

[28] La disciplina è meno articolata e più leggera per i tokens diversi dagli ARTs e dagli EMTs (compresi gli utility tokens), più articolata per gli ARTs, ulteriormente rigorosa e complessa per gli EMTs.

[29] L’ampiezza della definizione è rimarcata nel cons. 16 MiCAr dove si dice che: “Le cripto-attività devono essere definite nel modo più ampio possibile per comprendere tutte le cripto-attività che non rientrano nell’ambito di applicazione della legislazione dell’Ue sui servizi finanziari”.

[30] Non può passare inosservata la circostanza che non rientrano nella definizione di cripto-attività ai sensi MiCAr le attività digitali che non possono essere trasferite ad altri possessori e che possono essere scambiate solo con l’emittente (si pensi ai programmi di fidelizzazione in cui i punti fedeltà possono essere scambiati solo con l’emittente) (cons. 17 MiCAr).

[31] Ed è appena il caso di rammentare che gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari (art. 1, co. 2, 2ª alinea, TUF), in quanto utilizzati per l’adempimento di obbligazioni pecuniarie piuttosto che per un impiego del risparmio in chiave finanziaria, ossia in vista di un rendimento finanziario.

[32] In questa prospettiva, MiCAr rappresenta, tra l’altro, uno snodo fondamentale nella fisiologica evoluzione delle forme assunte dalla moneta nel tempo e soprattutto dell’adattamento di quest’ultima all’era digitale. Non può sfuggire infatti come questa nozione comprenda quella di “rappresentazioni digitali di valori su DLT” e quindi segni l’ultima tappa di un percorso che, partendo dal contante (moneta metallica o cartacea) e passando dalla moneta bancaria o scritturale e poi dalla monetica (da intendersi qui come il complesso delle tecniche informatiche connesse con l’utilizzo della moneta elettronica), arrivi ora alle cripto-valute virtuali digitali basate sulla tecnologia di registro distribuito.

[33] Cfr. cons. 29 MiCAr, secondo cui la normativa unionale di tutela dei consumatori “rimane applicabile alle offerte al pubblico di cripto-attività [diverse dai token collegati ad attività o dai token di moneta elettronica] quando riguardano relazioni tra imprese e consumatori”.

[34] F. Ciraolo, La disciplina degli e-money tokens tra proposta di Regolamento MiCA e normativa sui servizi di pagamento, in Riv. reg. merc., 2022, 1, p. 258 ss., il quale suggerisce una razionalizzazione degli adempimenti inerenti alla commercializzazione degli EMTs attraverso un coordinamento tra i distinti regimi normativi convergenti su tali prodotti (MiCAr e EMD/PSD2).

[35] Gli emittenti ARTs garantiscono ai possessori di tali token un diritto al rimborso e costituiscono e mantengono una riserva di attività (separata dal patrimonio dell’emittente e dalla riserva di attività di altri tokens) a garanzia dei possessori di ARTs (artt. 39 e ss. MiCAr).

[36] Nell’ultima versione del MiCAr non è più previsto il riferimento alla funzione di mezzo di scambio che nelle precedenti versioni della Proposta MiCAr caratterizzava gli EMTs. Tuttavia gli EMTs – emessi, al valore nominale, a fronte del ricevimento di fondi – pur non essendo più qualificati come moneta elettronica (ma avendo una funzione molto simile alla moneta elettronica ed essendo surrogati elettronici di monete e banconote e plausibilmente utilizzati per effettuare pagamenti), possono assolvere ancora alla funzione di pagamento (cons. 18 MiCAr). Al fine di non indebolire la fiducia dei titolari di EMTs è previsto che gli EMTs siano emessi da enti creditizi o da istituti di moneta elettronica (art. 48 MiCAr) e che ai titolari sia riconosciuto il diritto al rimborso degli EMTs in qualsiasi momento e al valore nominale (art. 49 MiCAr). Rappresentano, quindi, un credito nei confronti dell’emittente, del quale costituiscono dunque una passività. Mentre è vietato il pagamento di interessi da parte degli emittenti EMTs ai possessori degli stessi in ragione della detenzione di EMTs (art. 50 MiCAr).

[37] Sui lavori relativi al progetto di euro digitale, cfr. https://www.ecb.europa.eu/paym/digital_euro/html/index.it.html. In senso favorevole v. F. Panetta, Le valute digitali delle banche centrali: un’àncora monetaria per l’innovazione digitale (5 novembre 2021) (Intervento), leggibile in https://www.ecb.europa.eu; A. Stefani, Central bank digital currency: cos’è e come funziona la CBDC, leggibile in www.pagamentidigitali.it.; v., da ultimo, BCE, Progress on the investigation phase of a digital euro – fourth report, in ecb.europa.eu. (luglio 2023).

[38] Può seriamente dubitarsi dell’applicabilità del MiCAr al Bitcoin o alle cripto-valute analoghe anche sulla base dell’art. 4, comma 3, lett. b, MiCAr, che, tra le esenzioni dalla pubblicazione del white paper, prevede il caso delle “cripto-attività che sono create automaticamente [tramite mining] a titolo di ricompensa per il mantenimento della DLT o la convalida delle operazioni” o delle “cripto-attività che non hanno un emittente identificabile” (cons. 22 MiCAR), come tipicamente avviene per i Bitcoin. Se quindi tali cripto-attività non sono oggetto di offerta al pubblico, rientrano invece nell’ambito di applicazione MiCAr quando sono oggetto di “servizi per le cripto-attività” (cons. 22 MiCAr).

Esclude la riconducibilità del Bitcoin alle categorie di cripto-attività individuate da MiCAr anche F. Ciraolo, La disciplina degli e-money tokens tra proposta di Regolamento MiCA e normativa sui servizi di pagamento. Problematiche regolatorie e possibili soluzioni, cit., p. 252, ipotizzando un residuo spazio di operatività per le sole disposizioni del MiCAr aventi ad oggetto, in generale, “qualsiasi tipo di cripto-attività”(ad esempio previsioni in materia di fornitori di servizi di cripto-attività). Anche R. Lener, L. Furnari, Cripto-attività: prime riflessioni sulla proposta della commissione europea. Nasce una nuova disciplina dei servizi finanziari crittografati ?, in dirittobancario.it (approfondimenti), ottobre 2020, p. 6, dubitano dell’applicabilità del MiCAr al Bitcoin; in senso analogo cfr. F. Mattassoglio, Le proposte europee in tema di crypto-assets e DLT. Prime prove di regolazione del mondo crypto o tentativo di tokenizzazione del mercato finanziario (ignorando il bitcoin) ?, in Riv. dir. banc., aprile/giugno, 2021, p. 417, p. 420 s., p. 453 ss.

[39] Ai tokens di utilità relativi a beni e servizi che esistono o che sono in funzione non si applica il Titolo II del MiCAr relativo alle offerte al pubblico (art. 4, comma 2, lett. c, MiCAr), il che sembrerebbe limitare la categoria degli utility tokens a quelli relativi a beni o servizi futuri. Lo stesso Titolo II non si applica alle cripto-attività che sono offerte gratuitamente (non sono tali quelle offerte a fronte di cessione di dati personali).

[40] Non si può in questa sede indugiare sulla ricostruzione della loro natura giuridica cfr., per un primo inquadramento del tema, M. de Mari, Prime ipotesi per una disciplina italiana delle Italian Token Offerings (ITOs), cit., p. 267 ss.; C. Sandei, Initial coin offering e appello al pubblico risparmio, in M. Cian e C. Sandei (a cura di), Diritto del Fintech, Milano 2020, p. 285 ss.; N. de Luca, Documentazione crittografica e circolazione della ricchezza assente, in Riv. dir. civ., 2020, 1, p. 101 ss.; G. Gitti, Emissione e circolazione di criptoattività tra tipicità e atipicità nei nuovi mercati finanziari, in Banca Borsa tit. cred., 2020, 1, p. 13 ss. V. altresì il Parere dell’Agenzia delle Entrate in risposta all’istanza di interpello n. 507/2022, in agenziaentrate.gov.it, secondo cui gli utility token non possono essere assimilati ai fini IVA ai voucher (i.e.: buoni corrispettivo), come in passato affermato dalla stessa Agenzia (risposta n. 10 del 2020), ma a documenti di legittimazione ex art. 2002 cod. civ., in quanto la loro natura può cambiare dopo la loro emissione diventando monete virtuali o strumenti di investimento negoziati su un mercato secondario.

[41] Un esempio può essere tratto da un recente caso giurisprudenziale italiano in cui “a fronte di una raccolta fondi finalizzata alla creazione di una piattaforma decentralizzata di servizi logistici, a chi aveva contribuito erano stati corrisposti in cambio gettoni digitali (LWF Coin), che costituivano titoli per l’utilizzo della piattaforma”, v. Cass. pen., 26 ottobre 2022, n. 44378 (Relatore Coscioni). Oppure pensiamo alla società Alfa, nota casa automobilistica produttrice di autoveicoli full electric, che emette un token che consente al titolare del gettone il diritto di provare un’auto nuova in edizione limitata per un’ora. Il token sarà negoziabile sui mercati secondari dove il prezzo potrà aumentare o diminuire a seconda della domanda dell’auto in versione limitata, ma non conferirà al titolare del gettone diritti aggiuntivi come utili, proprietà o controllo, né diritti di rimborso. O ancora si pensi all’acquisto di un gettone digitale che dà diritto a utilizzare un software (come uno spazio icloud decentralizzato o come un servizio energetico prodotto da fonti rinnovabili) all’esito del processo di sviluppo imprenditoriale dello stesso.

[42] Le parti frazionabili di una cripto-attività non possono essere considerate quali NFT e l’attribuzione di un unique identifier non è sufficiente per classificare la cripto-attività come NFT (cons. 11 MiCAr); sugli NFT v. Aa.Vv., NFT Legal Token Classification (July 22, 2021). EU Blockchain Observatory and Forum NFT Reports, disponibile in SSRN: https://ssrn.com/abstract=3891872; G. Trovatore, L’opera d’arte e il suo valore nell’epoca della blockchain, in Arte e Diritto, 2022, 1, p. 81 ss.; in senso critico rispetto alla scelta del MiCAR di sottrarre dal suo ambito di applicazione i NFT, P. Carriere, Decreto Fintech e MICAR: il quadro normativo sulle cripto-attività, cit., p. 11, nt. 18 dove ulteriori riferimenti.

[43] Costituendo oramai a ogni effetto strumenti finanziari anche gli “strumenti finanziari emessi su DLT”, a questi si applica la disciplina propria degli strumenti finanziari tradizionali (MiFID, Prospetto, Abusi di mercato, ecc.). Non può, tuttavia, sfuggire – sia consentito almeno accennarlo – come l’aspetto tecnologico su cui poggiano questi “nuovi” strumenti finanziari digitali implica necessariamente alcuni adattamenti della disciplina oggi vigente, atteso che l’emissione, l’offerta e il trasferimento/intermediazione degli strumenti finanziari digitalizzati su DLT non sembra prestarsi a una mera estensione analogica dell’attuale assetto normativo sulla base di un preteso principio di neutralità tecnologica. In tale senso è opportuno, da un lato, il rinvio al Decreto FinTech che delinea – seppure in via sperimentale e solo con riferimento a determinate categorie di strumenti finanziari – un nuovo (ed indispensabile) regime legale di forma e circolazione degli strumenti finanziari emessi su un registro distribuito per la circolazione digitale (supra nt. 10), nonché al Reg. Pilot regime per i profili di sua competenza; dall’altro, si può ipotizzare un inevitabile “effetto di ritorno” della disciplina MiCAr sui servizi di investimento che hanno ad oggetto strumenti finanziari tokenizzati (sul punto v. M.T. Paracampo, I prestatori di servizi per le cripto-attività, Torino, 2023, p. 105 ss., che allude alla “tokenizzazione della MiFID”).

[44] Attesa l’attitudine (e il rischio) delle cripto-attività MiCAr a soddisfare esigenze (non solo di pagamento o funzionali alla raccolta di capitali, ma anche) di investimento finanziario, si chiede agli stessi emittenti di attestare la non finanziarietà delle cripto-attività. Si domanda, infatti, agli emittenti di cripto-attività diverse dagli ARTs e dagli EMTs di presentare unitamente alla notificazione del white paper anche una “dichiarazione” relativa al fatto che la cripto-attività offerta non può essere considerata uno strumento finanziario (ossia una cripto-attività non disciplinata dalla presente regolamentazione), oltreché un token di moneta elettronica o un token collegato ad attività (art. 8, comma 4, MiCAR). L’art. 18, comma 2, lett. e, MiCAr stabilisce, a sua volta, che la domanda di autorizzazione degli emittenti ARTs debba essere corredata da un “parere giuridico” che escluda l’assimilabilità dei medesimi nell’ambito delle cripto-attività non disciplinate dalla presente regolamentazione (ossia strumenti finanziari), oltreché dei tokens di moneta elettronica. La dichiarazione circa la mancata qualificazione della cripto-attività emessa o offerta in termini di strumento finanziario è rimessa dunque all’emittente.

[45] Tanto è vero che – nonostante la nuova nozione di strumento finanziario emesso su DLT (v. supra testo e nt. 10) – si sente la necessità di affidare all’Esma l’incarico di pubblicare orientamenti “su criteri e condizioni per la qualificazione delle cripto-attività come strumenti finanziari […] e di attribuire agli offerenti e a chi chiede l’ammissione alle negoziazioni la principale responsabilità circa la corretta qualificazione dei cripto-assets” (cons. 14 MiCAr). Il che, verosimilmente, dipende dalla stessa nozione comunitaria e nazionale di “strumento finanziario”, di difficile definizione, che – fatta eccezione per i titoli esemplificativamente riportati nell’elenco normativo All. n. 1, Sez. C, Direttiva n. 2014/65 MiFID2 – discende dalla valutazione svolta, in relazione al singolo caso, con riferimento alle specifiche caratteristiche dei “valori” interessati che incidono sulla loro “negoziabilità” nel mercato dei capitali. Anche la BCE (Parere del 19 febbraio 2021 sulla Proposta MiCAr) auspica maggiore chiarezza per quanto riguarda la distinzione tra le cripto-attività che possono essere qualificate come strumenti finanziari (rientranti nell’ambito MiFID) e quelle che rientrano nell’ambito di applicazione del MiCAr (punto 1.4.).

[46] Vale la pena di ricordare che MiCAr introduce, tra i servizi per le cripto-attività, il “servizio di gestione di piattaforme di negoziazione di cripto-attività” e, al riguardo, è precisato che dette piattaforme sono “sistemi multilaterali” ad hoc (mercati finanziari secondari), nei quali si realizzano compravendite e scambi di cripto-attività e si formano prezzi che prescindono dal valore nominale del token (art. 3, comma 1, n. 18, MiCAR).

[47] Si pensi, ad esempio, all’acquisto di un immobile o di vini pregiati o di opere d’arte o di pietre preziose effettuato (oltre che per il godimento del bene stesso) con l’intento di rivendere tali beni e di realizzare un profitto. L’eventuale guadagno realizzato con la proficua rivendita del bene rappresenta solo una delle possibili modalità di godimento del bene da parte del proprietario.

[48] In questo senso v. specif. Comunicazioni Consob n. 97006082 del 10 luglio 1997 e n. 13038246 del 6 maggio 2013.

[49] Al riguardo è utile richiamare la pur risalente Comunicazione Consob n. 98082979 del 22 ottobre 1998 sulla “vendita di vino mediante emissione di certificati en primeur”. In quel caso – molto calzante rispetto a quello degli odierni utility tokens ammessi su piattaforme di negoziazione – i certificati rappresentativi del diritto del sottoscrittore a ottenere la consegna di un certo quantitativo di vino erano anche scambiati su un mercato secondario nel quale si formavano prezzi che prescindevano dal valore facciale del titolo ed erano il frutto dell’incrocio della domanda e dell’offerta dei certificati stessi. In quell’occasione la Consob fece senz’altro prevalere le finalità finanziarie (sottoponendo l’operazione alla disciplina della vecchia sollecitazione all’investimento) rispetto alla finalità di godimento di un bene di consumo rappresentato dal diritto di ottenere la consegna del vino alla scadenza. Più di recente per un caso in cui la valuta virtuale è stata considerata come “strumento di investimento” in funzione dell’apprezzarsi del suo valore, cfr. Cass. pen., 26 ottobre 2022, n. 44378 (Relatore Coscioni) cit.

[50] Si tratta di gettoni digitali emessi da piattaforme basate sulla tecnologia blockchain, acquistati con euro convertiti nella criptovaluta emessa dalla stessa piattaforma, grazie ai quali i club di varie discipline sportive possono interagire con i propri sostenitori in modo innovativo. In Italia, l’iniziativa è in espansione tra le squadre di calcio. Coinvolge attualmente diverse società tra cui Juventus, Inter, Milan, Roma e Lazio, alle quali si è aggiunta di recente anche la Nazionale Italiana. Con l’acquisto di pacchetti di gettoni, il tifoso accede a forme di intrattenimento che vanno dalla collezione di immagini e filmati celebrativi dei club, alla partecipazione a sondaggi per influenzare le attività della propria squadra, ad esempio la scelta della canzone da suonare allo stadio in caso di gol o il modello di cappello da far indossare in campo all’allenatore (in questo senso cfr. il Comunicato di Banca d’Italia, I fan token: parliamo ancora di criptovalute – Investimento o tifo per la squadra del cuore ?, www.economiapertutti.bancaditalia.it – 19 aprile 2022).

[51] In altri termini se i tokens nel corso della loro vita diventano non solo portatori di diritti ma anche pienamente trasferibili e negoziabili su mercati organizzati, dovrebbero perdere la caratteristica di utility o di monetary token e diventare investment token, in questo senso v. anche A. Caponera e C. Gola, Aspetti economici e regolamentari delle “crypto-attività”, in Banca d’Italia Questioni di economia e finanza (Occasional Paper), Roma 2019, p. 11 ss.

[52] Cons. n. 22 MiCAr, v. supra nt. 38.

Di cosa si parla in questo articolo
Vuoi leggere la versione PDF?

WEBINAR / 16 Gennaio
Value for money: nuova metodologia dei benchmark


Metodologia EIOPA 7 ottobre 2024 per prodotti unit-linked e ibridi

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 13/12


WEBINAR / 21 Novembre
Il pignoramento esattoriale dei rapporti bancari


Obblighi delle banche e problematiche operative

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 31/10

Iscriviti alla nostra Newsletter