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Le direttive non vanno prese alla lettera (breve nota alla Direttiva 17/2014)

15 Marzo 2016

Alberto Lupoi, Associato di Diritto dell’Economia, Università di Padova

1. Una norma non chiara.

Lo schema di decreto legislativo (Atto n. 256, “Decreto”) per il recepimento della Direttiva 17/2014 relativa ai mutui immobiliari ai consumatori (“Direttiva”), è all’attenzione generale soprattutto per l’art. 120 quinquiesdecies,[1] in particolare i commi 3 e 4 del Decreto: “3) Le parti del contratto possono convenire espressamente, al momento della conclusione del contralto di credito o successivamente, che in caso di inadempimento del consumatore la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l’estinzione del debito, fermo restando il diritto del consumatore all’eccedenza (…); 4) Qualora a seguito dell’inadempimento e successiva escussione della garanzia residui un debito del consumatore, il relativo obbligo di pagamento decorre dopo sei mesi dalla conclusione della procedura esecutiva.”

Diversi aspetti tecnici relativi alla lettura di questo articolo sono già stati da molti evidenziati. In generale, si è parlato di deroga (normativa) al patto commissorio, di disciplina del patto marciano (certamente già ammissibile pur se all’interno dell’elaborato giurisprudenziale), della confusione circa il riferimento, nel suddetto comma 4, al “residuo del debito” con ciò lasciando intendere che l’attribuzione dell’immobile ipotecato al creditore non comporti anche l’estinzione del debito. Mentre sembrerebbe chiaro (“fermo restando”), che in ogni caso se il valore dell’immobile è superiore al debito, allora l’eccedenza deve essere attribuita al debitore. Questo significherebbe che una perizia sarebbe sempre richiesta per valutare la presenza o meno di un “eccedenza” del valore dell’immobile rispetto al debito. Consto l’assenza nel dettato normativo di qualsiasi tipo di procedura per la vendita.

Il punto che vorrei trattare non riguarda però direttamente l’interpretazione della suddetta norma, anche perché vedremo se resterà tale, ma riguarda l’origine ed i prevedibili effetti di quella che sembra essere un procedimento privato di escussione della garanzia immobiliare. Perché un punto, al momento, sembra essere chiaro: non è previsto uno specifico controllo giudiziario.

2. “Foreclosure”, pignoramento, etc.

Bisogna chiedersi da “dove proviene” un cambiamento così rilevante nel rapporto fra creditore e debitore; anzi un rapporto nel quale il debitore è anche consumatore (quindi tendenzialmente la categoria più protetta dal nostro ordinamento come da quello comunitario); in un settore economicamente centrale quale le compravendite immobiliari; giuridicamente formale e garantista come l’iscrizione di ipoteca su un bene immobile e la relativa disciplina; protetto dal divieto di patto commissorio; insomma un cambiamento vorrei dire sistematico, che però si concretizza in poche righe di modifica al T.u.b. e rivelato al pubblico a neanche un mese dal termine per l’esecuzione della Direttiva.

Un primo aspetto sarebbe quello di capire cosa prevede la Direttiva. Qui i problemi iniziano dal titolo dell’art. 28 della Direttiva. Esso in inglese è “Arrears and Foreclosure”, in italiano è “Morosità e Pignoramenti”. Mentre “morosità” è una traduzione corretta per “arrears”, “pignoramenti” non rende la complessità giuridica di “foreclosure” (vedremo a breve in che termini). Del resto molti degli ordinamenti civilistici dell’Unione sono in difficoltà a trovare una sola parola che possa rendere il significato di “forcelosure”. Per altro verso, perché dover considerare il testo della Direttiva in inglese come l’originale e tutti gli altri testi come una traduzione?

In prima battuta (quasi) tutti gli studi (principalmente di matrice economica) preparatori della Direttiva sono in inglese (Green Paper on Mortgage Credit 2006, White Paper on the integration of EU Mortgage Credit Markets 2007, Responsible lending and borrowing consultation 2009, Commission Staff Working Paper Impact Assessment 2011, e National measures and practices to avoid foreclosure procedures, 2011, vari studi delGovernment Expert Group on Mortgage Credit e del Mortgage Funding Expert Group). Questi studi preliminari sono tutti diretti a fotografare il mercato dei crediti immobiliari e degli inadempimenti (delinquency) prima e dopo il 2008 ed a proporre le linee per creare un mercato comunitario dei contratti di credito immobiliare più solido (migliore informazione pre-contrattuale al consumatore, prestito responsabile, consulenza al credito, risoluzione alternativa delle controversie, costruttivo comportamento del creditore per agevolare il consumatore in ritardo con il pagamento del mutuo). Si tratta cioè di un “pacchetto” relativo ai mutui immobiliari che è stato poi attuato dalla Direttiva. In questo contesto “foreclosure” è un termine scevro da assoluto tecnicismo e principalmente si riferisce alla vendita forzata dell’immobile. Ne deriva che le statistiche mostrate in questi studi relative al “foreclosure” sono necessariamente eterogenee in quanto si riferiscono a fenomeni giuridici di diversa natura (basta pensare alle statistiche sui tempi di inizio e fine del “foreclosure”) nei quali certamente grande differenza si riscontra fra procedure regolate nel Regno Unito e resto d’Europa.

Se l’inglese è la lingua originale di quasi tutti gli studi preparatori della Direttiva (nei quali si menzionano anche alcuni aspetti del “foreclosure”), in questo senso esso può essere considerato la lingua “originale” della Direttiva alla quale indirizzarsi in sede esegetica. Con l’avvertenza che il termine “foreclosure” non è però stato impiegato come inteso dal diritto inglese, in quanto esso è necessariamente impiegato in senso generico (così come era impiegato negli studi preparatori), quanto meno per significare vendita forzata dell’immobile posto a garanzia del credito. I vari ordinamenti in sede di recepimento della Direttiva, allora, dovrebbero essere consapevoli dell’amplissimo spazio di manovra che la Direttiva consente loro, quando prevede che: “Gli Stati membri non impediscono alle parti di un contratto di credito di convenire espressamente che la restituzione o il trasferimento della garanzia reale o dei proventi della vendita della garanzia reale è sufficiente a rimborsare il credito”. In questa prospettiva il Decreto ha letteralmente riportato, senza ulteriormente specificare, alcune parole chiave dell’art. 28 della Direttiva (come “restituzione” del bene immobile, che non so quale applicazione possa avere nel nostro ordinamento) senza approfittare dello spazio necessariamente lasciato dal legislatore europeo. Per es. non è regolata la procedura di vendita, cosa accade se non dovesse essere raggiunto il prezzo indicato dal perito, entro quanto tempo il bene immobile deve essere venduto, se e in qual caso occorra la presenza del giudice, etc.

3. L’origine della disposizione.

Se questa beve riflessione mostra che l’art. 28 Direttiva è necessariamente generico e quindi lascia spazio ai singoli Stati in sede di attuazione, non spiega ancora l’origine di tale disposizione. Gli studi preparatori prendono tutti le mosse dalla crisi dei sub-prime del 2008 che era proprio, principalmente, una crisi dei crediti immobiliari in un paese nel quale la “foreclosure” (pur con le molte diversità fra gli Stati confederati) indicava sostanzialmente una procedura rapida di escussione della garanzia immobiliare, soprattutto se i tempi vengono paragonati con le procedure esecutive in Italia o in altri paesi dell’Unione. Non del tutto corretto ritenere che tale procedura relativa ai beni immobili, negli Stati Uniti o nel Regno Unito, siano in mano ai privati, cioè senza l’intervento di un organo giudiziario di controllo o senza delle norme che regolano la procedura. Sono trenta gli Stati degli Stati Uniti che prevedono la non judicial foreclosure e in questo caso prevedono alcune norme quadro della procedura come quelle stabilite nel codice di procedure civile della California, ed è sempre prevista una puntuale disciplina che regola i passaggi prima della vendita all’asta (fra cui la pubblicazione della notice of default, l’intervento dello Sceriffo a seconda della disciplina nelle vaie contee e molto spesso la procedura è vigilata dal trustee quale terzo rispetto alle parti)[2].

E’ però altrettanto noto che una spedita procedura di vendita dell’immobile a garanzia ha condotto al fenomeno del predatory lending, in quanto la valutazione del “merito creditizio” era circoscritta al valore dell’immobile e non più alla capacità del debitore di far fronte con regolarità al proprio debito. Senza contare la propulsione che la finanza strutturata ha fornito alla cartolarizzazione dei crediti immobiliari. L’Italia sta adottando una procedura, meramente fra privati, relativa alla vendita o alla cessione di beni immobili ipotecati, con ciò ponendo le basi di una normativa, diciamo, ultra liberista, come neanche negli Stati Uniti hanno mai avuto, tanto meno nel Regno Unito. Le motivazioni di una tale rivoluzione, che siano o meno consapevoli, sono però tutte di matrice finanziaria e dirette ad una agile circolazione dei crediti immobiliari, non più gravati dal peso di un inefficiente procedimento esecutivo. Tali motivazioni possono essere considerate giuste o sbagliate, ma sono esse la base strutturale della Direttiva, la quale, per vero, molto declama una maggior tutela per il consumatore. Questo secondo aspetto è certamente centrale per la Direttiva, ma deve essere attuato con attenzione. Infatti, a prima vista, quale maggior tutela è per il consumatore una procedura privatistica di vendita dell’immobile in luogo dell’attuale processo di esecuzione? A fronte di procedure più rapide per la vendita forzata degli immobili ipotecati, a mio avviso, l’Europa non corre il rischio di cadere negli stessi errori che hanno caratterizzato la crisi del 2008, se tali procedure vengono attuate insieme quanto meno ad altri tre aspetti. Il primo riguarda la consulenza al credito, il secondo il dovere del creditore di seguire un percorso, disciplinato dalla legge o da codici di condotta, di cooperazione con il debitore in difficoltà e il terzo riguarda una disciplina più specifica del procedimento di vendita dell’immobile ipotecato (senza necessariamente escludere l’intervento sul codice di procedura civile).

4. Ri-equilibrio.

L’Inghilterra, sul punto della cooperazione del creditore verso il debitore in difficoltà, ha adottato un Pre-Action Protocol for Possession Claims based on Mortgage or Home Purchase Plan Arrears in Respect of Residential Property, così la FCA ha adottato un Treatment of customers in default or arrears (including repossessions) all’interno del FCA Handbook (sezioneConsumer Credit), ed un Mortgages and Home Finance: Conduct of Business Sourcebook (MCOB), un manuale di 457 pagine tutto dedicato a regole di comportamentodell’intermediario nell’offrire mutui alla clientela. Il Decreto ha delegato la Banca d’Italia a regolare il comportamento delle parti al verificarsi di ritardi del debitore nell’adempimento del mutuo. Il Pre-Action Protocol indica il comportamento che devono adottare il creditore e il debitore, prima di instaurare un procedimento innanzi al giudice, dato che uno dei principi è: Starting a possession claim should be a last resort and must not normally be started unless all other reasonable attempts to resolve the situation have failed. Pur trattandosi di indicazioni di comportamento esse risultano assolutamente vincolanti visto che: This Protocol describes the behaviour the court will normally expect of the parties prior to the start of a possession claim, e il giudice chiederà conto alle parti circa il loro comportamento antecedente l’instaurazione del procedimento. Fra i punti di maggior interesse, il creditore deve considerare le richieste del debitore per modificare le date di pagamento o comunque apportare modifiche al mutuo e l’eventuale rifiuto deve essere motivato per iscritto. Se il debitore per proprio conto sta cercando di vendere l’immobile, il creditore deve valutare se ritardare l’inizio del procedimento giudiziario coerentemente con i tempi prevedibili per la vendita dell’immobile. In generale, quindi, è richiesto un attivo comportamento delle parti (rapide risposte scritte, cooperazione, informazioni dal creditore al debitore), documentabile un domani in giudizio, teso ad evitare la fase giudiziaria.

La FCA, ad esempio, ha previsto che in caso di ritardo dei pagamenti da parte del consumatore il creditore deve: “treating a customer with forbearance would include the firm doing one or more of the following: (1) considering suspending, reducing, waiving or cancelling any further interest or charges (for example, when a customer provides evidence of financial difficulties and is unable to meet repayments as they fall due or is only able to make token repayments, where in either case the level of debt would continue to rise if interest and charges continue to be applied)”.

Mi sembra anche rilevante la previsione della FCA (MCOB 2.5A.1): “A firm must act honestly, fairly and professionally in accordance with the best interests of its customer”. Cioè, è ripreso il principio base della MIFID anche per la concessione di credito ai consumatori. Si tratta, per altro, di disposizioni antecedenti la Direttiva, la quale sul punto dei principi generali di comportamento non riprende alla lettera i principi MIFID, ma impiega un più tenute taking accounts of the rights and the interests fo the consumer, attualmente reso dal Decreto con la vaga formula dell’art. 120 septies: “tenendo conto dei diritti e degli interessi dei consumatori”.

In altri termini, il consumatore in difficoltà non deve essere lasciato alla benevolenza del creditore. La Direttiva nel suo insieme e la legittimità dell’ingresso di una procedure privata di vendita forzata dell’immobile, impone che l’inadempimento sia il momento iniziale di un rapporto non conflittuale, ma cooperativo fra le parti (entrambe le parti). Ciò dovrebbe imporre al debitore di aprirsi e trovare nel creditore un soggetto pronto a venire incontro alle sue esigenze finanziarie. Ma un tale comportamento deve essere regolato, ogni ordinamento è poi libero di stabilire la fonte di tale regolamentazione, che sia una norma o un codice di comportamento o un regolamento. Per quanto riguarda il nostro ordinamento, a fronte di una norma che consente una procedura privata per la vendita dell’immobile ipotecato, forse occorrerebbe una pari fonte normativa che detti i principi di comportamento che le parti devono tenere in caso di inadempimento, che dovrebbe poi essere coordinata con il disposto della Legge. N. 3 del 27 gennaio 2012 (Sovraindebitamento del consumatore).

Gli altri due aspetti che, in un certo senso, riterrei necessari per equilibrare l’ingresso della procedura privata di vendita dell’immobile sono il ruolo del consulente al credito e una regolamentazione secondaria specifica della suddetta procedura. La consulenza al credito è proprio introdotta dalla Direttiva, ma anche in questo caso è lasciato spazio agli Stati. Potrebbe avere un senso prevedere l’obbligatorietà delle consulenza nel caso in cui nel contratto di mutuo sia anche inclusa la clausola prevista dall’art. 120 quinquiesdecies del Decreto. Quanto meno così assicurando al consumatore che il contratto di mutuo sia adatto alle proprie esigenze finanziarie. In questo modo si raggiungerebbero due obiettivi: si escluderebbe sul nascere qualsiasi fenomeno di predatory lending; si assicurerebbe al consumatore un mutuo adeguato a fronte di una clausola di deroga dall’ordinario procedimento per l’escussione dell’immobile ipotecato. Bisognerebbe poi discutere se la consulenza obbligatoria debba anche essere gratuita ed in questo caso potrebbe solo essere prestata dalla banca erogante (non potendosi chiedere ad un consulente indipendente di prestare gratuitamente la consulenza). La consulenza al credito andrebbe poi intesa in senso ampio e quindi durante tutta la vita del rapporto contrattuale e come valido sostegno nel momento di crisi. Ancora la FCA sul punto: “If a customer is in default or in arrears difficulties, the firm should, where appropriate: (a) inform the customer that free and impartial debt advice is available from not-for-profit debt advice bodies; and (b) refer the customer to a not-for-profit debt advice body. (2) A firm may refer the customer to a not-for-profit debt advice body by, for example, providing the customer with a copy of the current arrears information sheet under section 86 of the CCA, or with the name and contact details of a not-for-profit debt advice body or the Money Advice Service; or directly transferring the customer’s call to a not-for-profit debt advice body. (3) In addition, the firm may provide the customer with the name and contact details of another authorised person who has permission for debt counselling, provided that to do so is consistent with the firm’s obligations under the regulatory system.”

Del resto, la tendenza mi sembra delineata: quanto meno per i mutui immobiliari la banca non è una semplice controparte che vende un prodotto, ma presta un servizio nell’interesse del cliente. Si tratta di un passaggio ormai maturo di convergenza verso i principi MIFID (già avvento, come visto sopra, in Inghilterra).

In relazione al terzo punto necessario per attutire la previsione dell’art. 120 quinquiesdecies, mi sembrerebbe opportuna una regolamentazione secondaria (come è avvenuto ad esempio di recente per i mutui vitalizi) che chiarisca i molti passaggi lasciati in ombra dal Decreto, soprattutto per stabilire come debba avvenire la procedura di vendita. Ho rilevato come stiamo introducendo una procedura del tutto scevra dal controllo giudiziario, in questo senso più liberista di quanto accade negli U.S.A o nel Regno Unito. Ove si volesse continuare su questa strada occorrerà certamente una disciplina analitica. Il rischio è presto detto, il ricorso del debitore al giudice ordinario per impugnare la procedura di vendita o da parte del creditore per richiedere l’adempimento della clausola contrattuale che prevede il trasferimento dell’immobile a certe condizioni. In altri termini, si otterrebbe l’esatto opposto della finalità della norma.

In conclusione, l’introduzione nel nostro ordinamento della previsione dell’art. 120 quinquiesdecies del Decreto deve essere sorretta da: una disciplina specifica relativa alla gestione del momento dell’inadempimento del consumatore, dal ruolo della consulenza al credito e, infine, da una procedura analitica circa la procedura di vendita. Il rischio che si corre senza tali “reti di protezione” è una nuova stagione di litigiosità e le basi per un fenomeno che sino ad ora non ha sfiorato il nostro sistema: il predatory lending.

 

[1] “1) Fermo restando quanto previsto ai sensi dell’articolo 40, comma 2, il finanziatore adotta procedure per gestire i rapporti con i consumatori in difficoltà nei pagamenti. La Banca d’Italia può adottare disposizioni di attuazione del presente comma, con particolare riguardo agli obblighi informativi e di correttezza del finanziatore. 2) Il finanziatore non può imporre al consumatore oneri, derivanti dall’inadempimento, superiori a quelli necessari a compensare i costi sostenuti a cansa dell’inadempimento stesso. 3) Le parti del contralto possono convenire espressamente, al momento della conclusione del contralto di credito o successivamente, che in caso di inadempimento del consumatore la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l’estinzione del debito, fermo restando il diritto del consumatore all’eccedenza. Il valore del bene immobile oggetto della garanzia è stimato da un perito scelto dalle parti di comune accordo con una perizia successiva all’inadempimento secondo quanto previsto all’articolo 120-duodecies. 4) Qualora a seguito dell’inadempimento e successiva escussione della garanzia residui un debito del consumatore, il relativo obbligo di pagamento decorre dopo sei mesi dalla conclusione della procedura esecutiva.”

[2] Per chi fosse interessato rinvio al mio “Circolazione e contrabbando del rischio nei subprime loan”, in Rivista di Diritto Bancario, 7/2015. Per le statistiche sugli Stati che adottano la non judicial foreclosure v. www.realtytrac.com

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