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Approfondimenti

Le FAQ del MEF sulle novità della normativa di attuazione della IV Direttiva Antiriciclaggio

30 Ottobre 2017

Danilo Quattrocchi, Of Counsel, Licia Mongiello, Lawyer, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

Il recepimento della Direttiva (UE) 2015/849 (c.d. IV Direttiva Antiriciclaggio) nel nostro ordinamento ha comportato diversi cambiamenti sul piano della prevenzione e del contrasto dei fenomeni di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.

La IV Direttiva antiriciclaggio, pur confermando per larghi tratti l’impianto normativo già tracciato in attuazione della Direttiva 2005/60/CE e della Direttiva 2006/70/CE, risponde all’esigenza di impedire – attraverso l’adozione di misure maggiormente efficaci – che venga compromessa la solidità, l’integrità e la stabilità degli enti creditizi e finanziari, nonché la fiducia nel sistema finanziario nel suo complesso.

All’esito dell’entrata in vigore – lo scorso luglio – delle modifiche apportate dal D.Lgs. 25 maggio 2017 n. 90 al D.Lgs. 21 novembre 2007 n. 231 (il “Decreto Antiriciclaggio”), i destinatari degli obblighi sono tenuti a intraprendere un articolato assessment delle policy e procedure interne ad oggi in essere, onde verificarne la perdurante adeguatezza al nuovo dettato normativo.

L’ampliamento del perimetro soggettivo e oggettivo di applicazione degli obblighi dettati dalla normativa in parola ha senz’altro suscitato tra gli operatori del settore una serie di dubbi interpretativi e applicativi. Tali questioni controverse sono state sottoposte alla Direzione V del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e le risposte ai quesiti posti (FAQ – Frequently asked questions) da alcuni soggetti obbligati sono state raccolte in un documento pubblicato lo scorso 4 ottobre sul sito del Dipartimento del Tesoro[1] con il fine di «comprendere meglio le novità in tema di antiriciclaggio introdotte dal d.lgs. 90 del 2017, che ha aggiornato il decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231» (cfr. contenuti correlati).

2. Adeguata verifica semplificata

Uno dei temi che sicuramente ha sollevato maggiori perplessità tra gli operatori è la possibilità di applicazione alla clientela dell’adeguata verifica semplificata.

La disciplina previgente consentiva di non procedere all’identificazione dei clienti rientranti nelle categorie espressamente individuate dal legislatore, fermo l’obbligo di svolgere la customer due diligence in presenza di circostanze che avessero rilevato la non attendibilità dei dati raccolti, ovvero qualora l’identificazione compiuta «non consent[isse]l’acquisizione delle informazioni necessarie»[2]. Pertanto, veniva statuito che il destinatario della normativa fosse solo obbligato a reperire dati adeguati e sufficienti volti a stabilire l’appartenenza o meno del cliente a una delle categorie di esenzione prescritte.

Nel testo oggi in vigore, invece, tale elenco è stato soppresso, in quanto – in ossequio all’approccio basato sul rischio che ha ispirato il legislatore europeo nella stesura della IV Direttiva Antiriciclaggio – solo in presenza di un basso rischio di riciclaggio il soggetto obbligato ha facoltà di procedere all’applicazione di misure semplificate di adeguata verifica, sia in termini di «estensione», che di «frequenza» degli adempimenti e obblighi previsti[3].

Sono a tal fine individuati, a titolo meramente esemplificativo, taluni indicatori e criteri di basso rischio di riciclaggio, che i destinatari sono tenuti a prendere in considerazione per la valutazione da compiere nei confronti della clientela e nella realizzazione e adozione delle misure appropriate.

Alla luce di tale mutamento di indirizzo, le FAQ del MEF segnalano, appunto, l’impossibilità di procedere ad una standardizzazione e determinazione aprioristica e uniforme di circostanze al ricorrere delle quali sia applicabile un’adeguata verifica semplificata.

Spetterà quindi ai soggetti obbligati delineare i limiti della valutazione del rischio da compiere nei confronti della clientela, avuto comunque riguardo «alla complessità organizzativa e alla natura dell’attività».

3. Titolare effettivo ed esecutore

L’identificazione dell’ultimate beneficial owner (titolare effettivo), nel caso in cui cliente del soggetto obbligato sia una società di capitali, ha da sempre comportato difficoltà nella raccolta dei dati necessari ai fini del rispetto della normativa antiriciclaggio. Infatti, ripercorrere tutti i passaggi e analizzare gli “anelli” della catena partecipativa della persona giuridica coinvolta, il più delle volte, non permetteva in ogni caso l’individuazione del soggetto persona fisica titolare in ultima istanza del possesso o del potere di controllo dell’entità oggetto di identificazione.

L’art. 20 del testo vigente del Decreto Antiriciclaggio scioglie i dubbi applicativi verificatisi nella pratica in puto dicustomer due diligence nei confronti di un cliente dotato di personalità giuridica e, pertanto, «giuridicamente e patrimonialmente distinto dalle persone fisiche che agiscono tramite esso»[4]. In particolare, il menzionato articolo determina dei criteri per l’identificazione della titolarità effettiva in capo a clienti diversi dalle persone fisiche.

In merito a tali criteri, i destinatari della normativa si sono chiesti se gli stessi fossero applicabili anche nell’eventualità in cui il cliente sia una società di persone. Sul punto, la Direzione V ha ipotizzato che, qualora il soggetto obbligato si interfacci con un cliente società di persone o, in ogni caso, con un’entità priva della personalità giuridica, più che difficoltà in termini di identificazione del titolare effettivo, il dubbio che potrebbe verificarsi è quello dell’interposizione fittizia.

In tale circostanza i parametri legali non sarebbero sufficienti all’eliminazione del suddetto problema: d’altro canto l’identificazione del titolare effettivo in caso di “socio occulto”, pur applicando i criteri individuati con riferimento alle società di capitali, non sarebbe in ogni caso possibile. Solo una corretta e approfondita customer due diligence impedirebbe – ovvero mitigherebbe – l’eventualità che ricorra tale problematica.

Inoltre, il MEF ricorda che l’estensione all’esecutore delle misure di identificazione della clientela, operata dal nuovo testo legislativo, implica che in capo al soggetto obbligato gravi l’onere di verificare il grado e l’entità dell’ampiezza dei poteri di rappresentanza conferiti all’esecutore, in virtù dei quali agisce in nome e per conto del cliente.

4. L’operatività dei compro-oro

La tracciabilità delle transazioni è uno dei leit-motiv delle previsioni del nuovo Decreto Antiriciclaggio: il fine di individuare le movimentazioni finanziarie compiute dagli operatori, canalizzando le stesse mediante l’uso di determinati strumenti che permettano una maggiore sicurezza e facilità di rilevazione di eventuali anomalie, ha ispirato sia il legislatore comunitario che, conseguentemente, quello nazionale.

Con particolare riguardo all’operatività dei compro-oro, con il Decreto Legislativo 25 maggio 2017 n. 92 , viene imposto l’obbligo di apertura e il connesso utilizzo di un conto concorrente dedicato per il compimento di tutte le transazioni finanziarie legate all’attività svolta da tali operatori. Attraverso l’impiego di detto conto corrente – sia esso bancario o postale – viene assicurata l’effettiva attribuzione delle movimentazioni all’intestatario del conto stesso o al soggetto preposto nel contesto delle attività poste in essere dal compro oro stesso. È ovviamente precluso l’uso del conto corrente in oggetto per transazioni non legate all’attività tipica del compro-oro.

Le FAQ inoltre chiariscono che, nell’eventualità in cui il compro-oro eserciti la propria attività in più sedi, sarà necessaria l’apertura e l’utilizzo, per ogni sede, di un conto corrente dedicato; ciò al fine di ricondurre le operazioni compiute a ciascuna unità operativa ed evitare possibili trasferimenti in violazione della legge.

Sulla scia del monitoraggio dell’operatività dei compro-oro – ritenuta ad alto rischio di riciclaggio – si pone anche l’imposizione della soglia limite di Euro 500,00 per le transazioni in contanti. In merito, nelle FAQ si specifica che tale soglia va intesa come un unicum per l’individuazione dell’operazione compiuta dai (ovvero con i) compro-oro: non rileva, infatti, l’eventuale suddivisione in rate aventi un importo inferiore alla predetta soglia.

Scatta in ogni caso il divieto di uso del contante qualora la transazione, unitariamente considerata, sia pari o superiore al valore economico di Euro 500,00. È evidente la presunzione che il pagamento in forma rateale sia solo volto all’elusione dei limiti posti dalla norma di legge richiamata.

5. I libretti al portatore

Con l’entrata in vigore delle modifiche al Decreto Antiriciclaggio è imposto un divieto assoluto al trasferimento dei libretti di deposito bancari o postali al portatore, che dovranno essere estinti entro la fine del prossimo anno (31 dicembre 2018).

Alla luce di tale novella sarà pertanto consentita la sola emissione di libretti di deposito bancari o postali nominativi. Nel corso del periodo transitorio, il MEF sottolinea come sia onere delle banche e di Poste S.p.A. monitorare l’uso dei libretti al portatore ancora esistenti, sia con riferimento all’eventuale inoltro di una segnalazione di operazione sospetta a fronte di un «frequente o ingiustificato» uso del contante ai sensi dell’art. 35 del Decreto Antiriciclaggio[5], sia avuto riguardo alla soglia massima del saldo del libretto interessato. Detto saldo non potrà infatti superare l’importo di Euro 3.000,00 in conformità ai limiti prefissati all’utilizzo dei contanti.

6. Il contante e i titoli al portatore

In linea con gli obiettivi di tracciabilità delle transazioni finanziarie di importo superiore ad una data soglia, il divieto di far uso del contante per transazioni eccedenti la soglia di Euro 3.000,00 rileva a prescindere dalla genuinità dell’operazione sottostante: a nulla valgono le motivazioni determinanti il trasferimento di denaro operato e, infatti, il MEF qualifica il superamento del limite prescritto come un illecito “oggettivo”[6].

In proposito, le FAQ precisano inoltre che ai sensi dell’art. 49 del Decreto Antiriciclaggio, il divieto trova applicazione a qualsiasi transazione «tra soggetti diversi» per tali intendendosi entità giuridiche differenti. Conseguentemente, deve ritenersi che la violazione del sopra citato divieto comporti l’irrogazione di sanzioni a entrambi i soggetti interessati dalla transazione.

Al fine di riconoscere gli estremi di una violazione del divieto di uso del contante, nelle FAQ viene illustrata la corretta interpretazione dell’avverbio “complessivamente”[7] utilizzato con riferimento alla somma di Euro 3.000[8]. In particolare, si specifica che la sola somma algebrica di importi distinti – che comporti il superamento del limite previsto – non implica il ricorrere di un’infrazione da parte dei soggetti coinvolti.

Fermo restando che rimane prerogativa dell’Amministrazione individuare un eventuale artificioso frazionamento elusivo del divieto, occorrerà considerare tutti gli aspetti dell’operazione tenendo conto dell’eventuale autonomia delle singole transazioni compiute e/o della connaturata necessità di una pluralità di pagamenti avuto riguardo all’accordo esistente tra le parti (es.contratto di somministrazione, previsione a monte di un pagamento rateale a fronte della prestazione resa o da rendere).

Chiarisce altresì il MEF che la soglia di Euro 3.000 non si applica al prelievo o versamento di contante su un conto corrente. Inoltre, purché venga rispettato anche il limite di Euro 1.000 con riferimento agli assegni[9], non è preclusa la possibilità di effettuare un pagamento corrispondendo parte in denaro e parte in assegno; o, ancora, è consentito versare a titolo di caparra una somma in contanti non superiore al limite di legge a fronte del saldo di fatture emesse per un importo superiore ad Euro 3.000; e, infine, non è configurabile un’elusione del divieto nel caso in cui una fattura commerciale di importo pari o superiore alla predetta soglia venga saldata mediante la corresponsione di assegni bancari ciascuno non eccedente la somma di Euro 1.000 e recanti la clausola di non trasferibilità.

In tale contesto si colloca l’obbligo di ricorso a intermediari abilitati in caso di versamento del prezzo quale corrispettivo del trasferimento di titoli obbligazionari. Posto che in fase di emissione del titolo la disciplina antiriciclaggio non trova applicazione, l’atto di trasferimento del titolo a soggetti terzi soggiace agli obblighi e ai divieti di cui al più volte nominato art. 49 del Decreto Antiriciclaggio.

Non è permesso infatti procedere alla consegna del titolo[10] senza l’intermediazione di una banca o di un soggetto abilitato; ove il valore della transazione sia pari o superi la soglia di Euro 3.000 è necessario l’intervento di tali intermediari e, pertanto, che le somme transitino su conti aperti presso gli stessi, affinché sia garantita la tracciabilità dei pagamenti e dei trasferimenti degli strumenti finanziari.

Infine, le FAQ chiariscono che il limite di Euro 1.000 si applica anche in caso di assegni tratti da soggetti non residenti su un conto estero intrattenuto presso la banca italiana, ovvero nell’eventualità in cui assegni emessi all’estero vengano tratti da soggetti residenti in Italia presso una banca avente sede nel territorio nazionale: in virtù del principio della territorialità, l’assoggettamento agli obblighi antiriciclaggio italiani non viene meno in presenza di elementi di estraneità o transnazionali.

7. Pagamento rateale e prestazione professionale

Come sopra rilevato, il pagamento rateale assurgerebbe a mezzo di elusione del limite all’uso del contante qualora sia artificiosamente adoperato per frazionare un importo che altrimenti ricadrebbe nel divieto imposto.

A tale fine il MEF individua, sulla base degli esempi forniti nei quesiti posti dagli operatori, talune circostanze in cui non sarebbe ravvisabile una violazione del limite in parola. In particolare, mentre il pagamento in contanti nei limiti della soglia stabilita a fronte di un’operazione complessivamente superiore al valore di Euro 3.000 la cui fatturazione è stata artificiosamente scadenzata in modo differito integra una violazione della limitazione all’uso del contante, il frazionamento dell’onorario – reso a fronte di un’unica prestazione professionale – contrattualmente stabilito ex ante tra il cliente e il professionista non costituisce una violazione al limite di legge.

L’accordo negoziale di un pagamento rateale vale ad escludere l’illecito oggettivo e non si pone in contrasto con la ratio perseguita dalla norma.

8. L’agente immobiliare e i suoi obblighi

L’incarico attribuito all’agente immobiliare e l’attività di intermediazione dallo stesso svolta fanno sì che lo stesso ricada nell’ambito di applicazione della disciplina dettata dal Decreto Antiriciclaggio, pertanto, all’atto di conferimento del mandato l’agente immobiliare, in qualità di soggetto obbligato, sarà tenuto all’adempimento degli obblighi individuati dalla normativa in esame.

In risposta ai quesiti posti, la Direzione V precisa che anche lo svolgimento di un’attività di consulenza da parte dell’agente immobiliare nel contesto dell’incarico assegnato impone allo stesso la necessità di procedere all’identificazione del cliente. D’altronde, anche per quanto concerne l’esame del profilo di rischio del cliente – come per gli altri soggetti obbligati ai sensi della normativa – è posto in capo all’agente l’onere di compiere un proprio assessment dei rischi cui lo stesso è esposto avuto riguardo anche agli indicatori determinati dal legislatore, al fine di valutare la possibilità di effettuare nei confronti del cliente un’adeguata verifica semplificata, rafforzata o ordinaria, ovvero di procedere all’inoltro di una segnalazione di operazione sospetta. L’agente immobiliare soggiace altresì agli obblighi di conservazione e ai correlati impegni di garanzia imposti dal Decreto Antiriciclaggio con riferimento agli atti conclusi dal cliente[11].

Rilevano, ai fini dell’applicazione della normativa antiriciclaggio, anche i contratti di locazione stipulati mediante l’intermediazione degli agenti. Il MEF individua la soglia di Euro 15.000 – relativamente all’importo del canone complessivamente dedotto nell’accordo senza tener conto delle modalità di pagamento stabilite – al cui superamento si azioneranno gli obblighi di cui al Decreto Antiriciclaggio.

 


[1] Cfr. http://www.dt.tesoro.it/it/news/faq_normativa_antiriciclaggio.html

[2] Cfr.l’art. 25, comma 5,del D.Lgs. 231/2007 nel testo vigente prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. 90/2017.

[3] Cfr. l’art. 23 del D.Lgs. 231/2007 nel testo vigente.

[4] Cfr. FAQ – risposta al quesito n. 3.

[5] In particolare, la norma citata identifica quale ragione di sospetto, imponendo al soggetto obbligato l’invio di una segnalazione di operazione sospetta all’Unità di Informazione Finanziaria, «il ricorso frequente o ingiustificato ad operazioni in contante, anche se non eccedenti la soglia di cui all’articolo 49 [i.e. Euro 3.000,00] e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante di importi non coerenti con il profilo di rischio del cliente».

[6] Cfr. FAQ – risposta al quesito n. 7.

[7] Cfr. FAQ – risposta al quesito n. 9.

[8] Cfr. art. 49 del D.Lgs. 231/2007 vigente.

[9] Si precisa che, ai sensi dell’articolo 49, comma 8, del D.Lgs. 231/2007 vigente, gli assegni circolari, i vaglia postali e quelli cambiari, aventi invece un importo inferiore ad Euro 1.000 possono essere emessi, su richiesta del cliente pervenuta per iscritto, senza la clausola di non trasferibilità.

[10] Le FAQ precisano che l’intervento di un intermediario abilitato è necessario anche nell’eventualità in cui il cliente di una SIM chieda il trasferimento di titoli di importo pari o superiore ad Euro 3.000 presenti nel proprio portafoglio, in un differente dossier cointestato con un altro soggetto e aperto presso la stessa SIM, rilevando in tal senso il concetto di “entità giuridiche distinte” richiamato nel paragrafo n. 7. Sempre in conformità all’interpretazione fornita dalle FAQ e alla citata nozione di “entità giuridiche distinte”, è requisito essenziale la tracciabilità delle operazioni e, pertanto, è imposto l’obbligo di fare ricorso a banche o intermediari abilitati in caso di prelievo di denaro contante operato da società di intermediazione mobiliare, società di gestione del risparmio e società fiduciarie con il fine del trasferimento dello stesso su conti correnti bancari intestati alle richiamate società.

[11] Le FAQ precisano che non occorre custodire l’originale ovvero copia conforme del contratto, del preliminare e/o del definitivo concluso: l’obbligo imposto si considera assolto anche qualora la conservazione riguardi una fotocopia del documento «idonea a garantire fedele corrispondenza della copia all’originale».

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