Banca d’Italia ha recentemente pubblicato uno studio sulle imprese giovani e ad alta crescita in Italia, che evidenzia come imprese giovani ad alto potenziale risultano fondamentali per lo sviluppo economico del Paese, grazie alla loro propensione all’innovazione e all’adozione di tecnologie avanzate.
Gli Autori hanno evidenziato, inoltre, quegli elementi strutturali originari che incidono sulla redditività di dette imprese.
Più specificamente, gli Autori hanno esaminato un campione di 21 mila imprese circa, selezionate tra le imprese iscritte nel Registro delle Imprese tra il 2010 e 2015, che abbiano ottenuto ricavi almeno di 50 mila euro nel secondo anno di attività mila e abbiano, poi, operato sul mercato durante i successivi quattro anni.
Gli Autori, inoltre, osservano come le imprese ad alta crescita, sebbene inizialmente caratterizzate da un patrimonio e da una organizzazione più contenuta delle imprese a basso potenziale (ricavi medi per 405,2 mila euro contro i 751,2 mila euro e 4,4 lavoratori dipendenti contro 4,9), nei tre anni successivi (individuato come “periodo della crescita”) presentano un tasso di crescita medio dei ricavi di quasi il 500%, contro il 15% delle imprese a basso potenziale.
Con riguardo all’impatto occupazionale, le imprese ad alto potenziale generano nel primo periodo meno occupazione delle imprese a basso potenziale, impiegando 0,6 lavoratori in meno rispetto alle nuove imprese a basso potenziale e rappresentando solo il 10% dell’occupazione generata complessivamente dalle nuove imprese.
Tuttavia, alla conclusione del triennio di crescita, il saldo diviene significativamente positivo per le imprese ad alto potenziale, le quali aumentano la propria forza lavoro nell’83% dei casi, arrivando a rappresentare il 20% della forza lavoro impiegata da tutte le imprese giovani, contro il 55% delle giovani imprese a basso potenziale.
Il 68% della crescita complessiva della forza lavoro impiegata nelle imprese giovani nel triennio è riconducibile, secondo gli Autori, alla ingente crescita delle imprese ad alto potenziale incluse nel campione.
Quanto al tipo di attività, le giovani imprese ad alto potenziale risultano prevalentemente attive nel settore dei trasporti e stoccaggio (quasi un quinto), informazione, comunicazione e servizi professionali o commerciali alle altre imprese.
Nel settore manifatturiero e nel commercio, l’incidenza delle imprese giovani ad alto potenziale risulta, invece, in linea con la media nazionale.
In termini di distribuzione geografica, inoltre, lo studio osserva come le imprese giovani ad alto potenziale si collochino maggiormente nelle regioni del Nord-Ovest e del Sud Italia (rispettivamente 11,7% e 11,2%), mentre l’incidenza ogni 10.000 abitanti è maggiore nelle regioni del Centro e del Nord-Est.
Ad ogni modo, circa la metà delle imprese giovani ad alto potenziale ha sede nelle sole Regioni Campania, Lazio e Lombardia.
In termini di redditività, le imprese ad alto potenziale mostrano una ridotta redditività nella fase iniziale a causa della più alta tendenza a investire su progetti di lungo periodo e concludono il triennio successivo con una redditività superiore del 14% rispetto a quella delle imprese a basso potenziale.
In termini di innovatività, le imprese giovani ad alto potenziale mostrano, poi, anche una maggiore tendenza (particolarmente spiccata nelle imprese rilevate per il 2015) a registrare brevetti e a generare innovazione.
In termini anagrafici, le imprese giovani ad alto potenziale risultano costituite prevalentemente da uomini e, sebbene l’età media dei fondatori di esse sia inferiore di due anni rispetto all’età media dei fondatori delle imprese a basso potenziale, questi risultano in possesso di una maggiore esperienza imprenditoriale pregressa e hanno una maggiore propensione a spostarsi sul territorio nazionale.
Gli Autori concludono il proprio studio rilevando differenze sistematiche tra i soci fondatori di imprese giovani ad alto potenziale rispetto a quelli di imprese giovani a basso potenziale e una significativa presenza di investitori istituzionali (grandi società o enti vigilati).
Quest’ultimo elemento, sottolineano, meriterebbe un apposito approfondimento al fine di comprendere gli effetti che la presenza di questi soci fondatori può produrre sulla crescita delle imprese ad alto potenziale, se in termini di una miglior capacità manageriale o di allentamento dei vincoli finanziari.