La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha occasione di prendere posizione sul discusso tema della consecuzione tra procedure concorsuali, nel caso di specie con riferimento all’inefficacia delle ipoteche giudiziali.
Nel caso portato all’attenzione della Suprema Corte, l’ipoteca giudiziale era stata iscritta nei novanta giorni antecedenti la pubblicazione del ricorso per l’ammissione del debitore alla procedura concorsuale “minore” del concordato preventivo e pertanto, ai sensi dell’art. 168, comma 3, l.fall., avrebbe dovuto essere inefficace nei confronti dei creditori anteriori al concordato.
Successivamente, la competente autorità giudiziaria revocava l’ammissione della società debitrice alla procedura di concordato preventivo e ne dichiarava il fallimento.
A tal proposito, la Corte di Cassazione ha confermato l’inefficacia delle predette ipoteche anche nel fallimento successivo, enunciando il seguente principio di diritto: “il disposto di cui all’art. 168, comma 3, legge fall., secondo cui sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori al concordato le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, si applica, in forza del principio della consecuzione delle procedura, anche nel caso in cui al concordato preventivo faccia seguito la declaratoria di fallimento, ed a valere anche nei confronti dei creditori successivi, anteriori alla sentenza di fallimento”.
Anche a livello motivazionale, la coerenza della posizione assunta dalla Corte è confermata dal pregnante assunto secondo cui, laddove le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni antecedenti alla pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo riacquistassero efficacia nell’eventuale fallimento successivo, i creditori degradati al chirografo a causa dell’inefficacia del titolo di prelazione ai sensi dell’art. 168, comma. 3, l.fall. e dunque ammessi al voto avrebbero in verità tutto l’interesse a esprimersi in senso negativo rispetto alla proposta di concordato, così da far acquistare rinnovata efficacia alle relative garanzie. È del tutto evidente che in tal caso, come correttamente affermato dalla Suprema Corte, “la finalità della norma ne uscirebbe stravolta”.