Con la sentenza n. 22836 del 9 novembre 2016, la Corte di Cassazione si esprime brevemente in tema di rappresentanza degli amministratori e, in particolar modo, relativamente alla previsione di cui all’art. 2475-bis, comma 2, c.c..
La Corte fa riferimento al dato letterale della norma de qua, ricordando che le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dall’atto costitutivo o dall’atto di nomina, anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società.
Secondo la Corte risulta pertanto essere in violazione dell’art. 2475-bis c.c. la decisione del Tribunale posta al suo esame: detto Tribunale, su un’opposizione allo stato passivo, aveva considerato erroneamente opponibili a una banca le limitazioni dei poteri di rappresentanza del legale rappresentante di una società poi fallita. Per la Suprema Corte tali limitazioni sarebbero state opponibili alla banca esclusivamente nel caso in cui vi fosse stata la prova di un’azione della banca stessa intenzionalmente in danno della società.
La Corte di Cassazione cassa quindi con rinvio la decisione del Tribunale, poiché, sebbene nel caso di specie talune limitazioni ai poteri del legale rappresentante della società fossero presenti nel suo atto di nomina, il Tribunale non aveva accertato l’eventuale intenzione della banca di agire a danno della società.