Con i Decreti Legge 17 marzo 2020 n. 18 e 8 aprile 2020 n. 23 il Governo è intervenuto al fine di sostenere l’economia del Paese nel tentativo di fornire alle imprese strumenti per fronteggiare le conseguenze sul piano finanziario dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Nonostante l’intento del Governo sia stato chiaramente dichiarato, è necessario domandarsi se effettivamente le misure disposte possano ritenersi sufficienti ad affrontare una situazione senza precedenti.
Gli interventi contenuti nel Decreto Cura Italia e nel recentissimo Decreto Liquidità, infatti, hanno suscitato alla prima lettura perplessità ed incertezze, soprattutto tra le associazioni di imprenditori, non solo per la sovrapposizione tra alcune previsioni contenute nei due provvedimenti, ma anche – e soprattutto – per la complessità delle misure.
Tuttavia, trattandosi di leggi eccezionali, scritte con l’urgenza che il periodo richiede, pare a chi scrive si possa soprassedere dalla tecnica redazionale utilizzata nella stesura delle norme e limitarsi ad analizzarne il contenuto per comprenderne l’utilità, la portata ed il senso e per chiedersi, piuttosto, come le norme contenute nella decretazione d’urgenza dovranno essere interpretate quando sarà terminata l’urgenza.
Più in particolare, ci si dovrebbe domandare se gli effetti delle norme eccezionali cesseranno contestualmente alla fine dell’emergenza. La storia ci insegna infatti che numerose disposizioni normative entrate in vigore eccezionalmente durante il periodo di guerra hanno spiegato la propria efficacia anche dopo il termine del conflitto.
A tal proposito si ritiene necessario dunque individuare problemi e relative soluzioni giorno per giorno, predicando principi che possano valere oggi così come in un prossimo futuro anche perché, come osservava Carnelutti: “nuove norme si affermano quasi sempre modestamente sotto forma di eccezione ma in esse si nascondono i germi dell’evoluzione degli istituti giuridici e addirittura la formazione della teoria generale del diritto privato”[1].
Art. 56 Decreto Cura Italia: “Misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di Covid-19”
Tra le numerose disposizioni recentemente varate, quella che appare di più agevole applicazione è l’art. 56 del Decreto Legge 18 del 17 marzo 2020, con la quale il Governo è intervenuto introducendo una misura di sostegno finanziario alle PMI consistente in una moratoria straordinaria.
La misura si rivolge alle micro, piccole e medie imprese[2], ma anche ai professionisti ed alle ditte individuali operanti sul territorio italiano ed appartenenti ad ogni settore[3] a favore dei quali è stata prevista una moratoria che consente la sospensione di talune scadenze nel rapporto con l’istituto di credito.
La moratoria in esame non riguarda ovviamente tutte le scadenze debitorie contratte dalle PMI, ma soltanto le obbligazioni assunte nei confronti del sistema creditizio in genere, ovvero banche, intermediari finanziari e altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia.
La misura si muove fondamentalmente su tre punti:
- Mantenimento delle linee a breve termine a revoca, fino al 30.09.2020;
- Proroga contrattuale al 30.09.2020 delle linee a breve scadenza (in questa rientrano ad esempio i finanziamenti di breve termine con rimborsi bullet)[4];
- Sospensione del pagamento sia per la quota capitale che per la quota interessi di tutte le rate, tra le quali quelle dei mutui[5], in scadenza fino al 30.09.2020. In via automatica, di conseguenza, ci sarà una traslazione nel tempo del piano di ammortamento delle rate comprese in questo periodo secondo modalità che assicurino “l’assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti”. Non è chiaro tuttavia a tal proposito come sia possibile raggiungere l’obiettivo della norma di escludere l’applicazione di maggiori oneri per <<entrambe>> le parti. Se dal versante del debitore, infatti, si può ipotizzare che il pagamento delle rate possa avvenire con dilazione semestrale senza applicazione di nuovi interessi, ciò comporterà inevitabilmente, di conseguenza, un maggior onere per l’istituto di credito che vedrà posticipata a tasso zero la restituzione della somma oggetto di finanziamento.
La scadenza temporale individuata per la moratoria è attualmente quella del 30 settembre 2020, ma l’auspicio dei beneficiari della misura è che possa essere accordata una proroga in ragione della persistenza della situazione di lockdown.
Non è chiaro che cosa si intenda per elementi accessori del contratto di finanziamento[6]. Parrebbe potersi affermare che ci si voglia riferire a tutti i contratti connessi al contratto di finanziamento e – quindi- alle garanzie ed all’assicurazione.
I benefici di cui alle misure sopra descritte non possono essere applicati a favore delle imprese che, all’entrata in vigore del decreto, presentino esposizioni classificate a sofferenza o inadempienza probabile (esposizioni c.d. deteriorate).[7]
Le classificazioni dovrebbero corrispondere a quelle di cui alla Circolare n. 272 del 30 luglio 2008 di Banca d’Italia[8], che identifica come <<deteriorate>> le esposizioni rientranti nelle tre sottoclassi di crediti:
- le sofferenze che sono esposizioni verso soggetti in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili;
- le inadempienze probabili che sono invece esposizioni per le quali la banca valuta improbabile che il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni contrattuali;
- le esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate che sono infine esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze o le inadempienze probabili) scadute o eccedenti i limiti di affidamento da oltre 90 giorni e oltre una predefinita soglia di rilevanza.
Venendo ora all’iter procedimentale necessario per beneficiare della moratoria straordinaria, il Legislatore ha previsto che l’avvio abbia luogo attraverso una richiesta che indichi in maniera specifica le linee di credito e tramite la quale vengano dichiarati i presupposti seguenti:
- di aver subito in via temporanea carenze di liquidità a causa dell’emergenza COVID-19[9]
- di possedere la qualifica di PMI;
- di essere consapevole delle conseguenze civili e penali delle autodichiarazioni di cui ai punti a) e b).
Una volta ricevuta l’istanza, la Banca effettuerà una verifica in merito alla sussistenza dei requisiti, senza verificarne tuttavia la veridicità.
Nondimeno il meccanismo di concessione della moratoria non avviene in modo automatico. Come anticipato, infatti, la moratoria non spetta in caso di inadempienza probabile. Le linee guida dell’Autorità bancaria europea (EBA) emanate il 2 aprile 2020, tracciano in modo chiaro il confine che le banche italiane devono rispettare nella gestione della concessione della moratoria. Esse devono proseguire ad identificare le situazioni nelle quali le sfide di breve periodo possano trasformarsi in difficoltà finanziarie a lungo periodo e quindi in insolvenza, e conseguentemente devono mantenere presidio sulla capacità di rimborso di medio-lungo termine.
Spetta dunque alla singola banca verificare in primis se, senza la moratoria, vi sarebbe il rischio di dover attivare le eventuali garanzie del prestito: se definito forborne, la classificazione a UTP (inadempienze probabili) sarebbe possibile.
Le garanzie che accompagnano la misura di sostegno prevista dall’art. 56 sono quelle previste dal Fondo di garanzia per le PMI. In questo caso però, a differenza di quanto avviene normalmente quando si accede al Fondo, non è prevista una preliminare valutazione del merito creditizio, salvo quanto detto sopra.
La garanzia non è totale, ma pari al 33%:
- dei soli maggiori utilizzi delle aperture di credito rispetto a quanto già utilizzato alla data del 17 marzo 2020 (comma 2 lett. a),
- dei prestiti e finanziamenti con scadenza fino al 30 settembre 2020 (comma 2 lett. b),
- dei canoni/ratei con scadenza tra il 17 marzo e il 30 settembre 2020 (comma 2 lett. c).
Di conseguenza, se per le operazioni di cui alla lettera b) la garanzia riguarda un terzo dell’intero prestito, per le aperture di credito la percentuale riguarderà esclusivamente la maggior esposizione dell’impresa rispetto alla data del 17 marzo 2020.
Si tratta, come è stato da più parti rilevato, di limiti decisamente modesti e poco congeniali in relazione all’utilità della norma, soprattutto nel caso in cui garantiscano solo un indebitamento transitorio e sotto forma di incremento delle esposizioni sulle aperture di credito (incremento che difficilmente l’azienda è incline ad assumere in momenti di assoluta incertezza).
La garanzia ha natura sussidiaria e dunque si attiverà solo dopo l’escussione di eventuali ulteriori garanzie che l’impresa avesse in origine fornito per ottenere il finanziamento de quo.
Per quanto riguarda, infine, le modalità di escussione della garanzia[10], la disposizione prevede si possa procedere se siano state avviate, nel termine di diciotto mesi successivi alla scadenza prevista delle misure di sostegno, procedure esecutive per effetto dell’inadempimento alle obbligazioni oggetto di proroga o sospensione di cui al comma 2.
Pur non essendo espresso, il termine decorrerà dal 30 settembre 2020, per cui le procedure esecutive dovrebbero essere avviate entro il mese di marzo 2022.
Tra i presupposti sufficienti per l’escussione della garanzia, rientrano anche il fallimento o il concordato preventivo a cui dovesse essere ammessa l’impresa, in quanto con la dichiarazione di fallimento e l’ammissione al concordato preventivo viene preclusa ai creditori la possibilità di iniziare o proseguire azioni esecutive.
L’importo garantito dovrà essere versato per metà entro novanta giorni dalla formulazione della richiesta al Fondo e, per la residua metà, entro centoottanta giorni dall’esaurimento delle procedure esecutive[11].
Questa disposizione in particolare può rappresentare un incentivo per gli istituti di credito ad attivare celermente le procedure esecutive nei confronti delle imprese qualora non adempiano con puntualità alle proprie obbligazioni.
Di quest’ultima disposizione si evince l’utilità ed il limite: essa dovrebbe consentire all’impresa di pianificare gli impegni di finanziamento, ricorrendo eventualmente ad altre misure per fronteggiare le proprie esigenze di liquidità. È chiaro però che, se non venisse fatta un’analisi di questa portata, l’accesso alla misura potrebbe accelerare la crisi, ponendo l’azienda nella necessità di affrontare procedure esecutive pregiudizievoli sia per il merito creditizio che per la credibilità commerciale.
Peraltro vi è da domandarsi, che sostegno avrebbe potuto essere accordato alle PMI dalle norme vigenti, in assenza dell’intervento della decretazione d’urgenza.
Avrebbero potuto le imprese che si fossero viste – ad esempio – revocare i fidi o minacciare la risoluzione di contratti di mutuo inadempiuti agire in via di urgenza per ottenere tutela giudiziale?
Come è stato autorevolmente rilevato[12], i Tribunali, per il diritto dei contratti, sono chiusi, salvo che il Presidente del Tribunale non ravvisi un “grave pregiudizio alle parti”. Di conseguenza, per il contraente non esiste la possibilità, ad esempio, di agire giudizialmente per inibire con un provvedimento ex art. 700 c.p.c. l’escussione di una fideiussione o di una garanzia a prima richiesta.
Il congelamento del servizio giustizia nel periodo d’emergenza Covid-19 non è quindi un dettaglio trascurabile, a maggior ragione in relazione all’interpretazione di “grave pregiudizio alle parti”, pregiudizio che sembra richiedere un quid pluris rispetto al normale periculum in mora richiesto ex art. 700 c.p.c
Di conseguenza, visto il congelamento del servizio giustizia, attualmente senza la decretazione d’urgenza sarebbe quantomeno complicato tutelare i propri diritti in un momento di crisi come quello attuale.
Fermo il tema processuale, nel merito è stato rilevato che neppure potrebbe utilmente addurre, l’impresa de qua, la causa di forza maggiore a sostegno della propria incapacità di far fronte alle obbligazioni, vista la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza prevista dall’art. 2 D.L. 11/2020 e considerato che qualsiasi prestazione contrattuale è temporaneamente impossibile quando corrisponde ad un’attività sospesa per factum principis. “Che l’impossibilità sia temporanea o definitiva dipenderà dai criteri codicistici, con l’elementare avvertenza che non ha alcun senso descrivere il virus l’emergenza sanitaria come causa di forza maggiore, o altro, perché nessun fatto naturale – non il virus, non l’emergenza sanitaria, qualsiasi cosa questa espressione significhi – ha una rilevanza giuridica, e quindi può essere catalogato, fuori da una fattispecie, sicché la questione non è quella, ingenua, cosa sia giuridicamente il virus o l’emergenza sanitaria, ma quale rilevanza abbiano il virus o l’emergenza sanitaria ai fini della possibilità originaria o sopravvenuta della prestazione, dell’onerosità sopravvenuta, dell’obbligo di rinegoziare, dell’operatività di questa o quella clausola di material adverse change, e così via”[13]
In concreto, quindi, l’unica strada parrebbe essere la rinegoziazione. Il dubbio principale però che si è posto chi ha commentato il tema, è che la rinegoziazione avvenga “riallocando equamente tra le parti il rischio contrattuale” poiché, al contrario, sembra che “nelle filiere che sono di fatto morte un minuto dopo la sospensione dell’attività per factum principis, ciascuno avvia la rinegoziazione dichiarandosi senz’altro impossibilitato ad adempiere a causa dell’emergenza sanitaria, anche se ciò non è vero, perché l’interruzione dei flussi di cassa in entrata, nel suo caso, è in realtà almeno temporaneamente compensata ad es. da eccedenze accumulate o da altre entrate più o meno eccezionali”[14]. Non solo, un riequilibrio equo tra le parti del rischio contrattuale, pur essendo certamente auspicabile, in un momento di estrema emergenza non è comunque di facile attuazione. Questo perché in tempi di crisi è complicato capire che cosa possa eliminare un disequilibrio di valori già maturato, soprattutto individuando i nuovi valori oggi, in un contesto completamente diverso da quello in cui si era assunta l’obbligazione.
L’incertezza attuale del contesto, tuttavia, è tale da sconsigliare una rinegoziazione oggi delle condizioni contrattuali in corso, a meno che non si vada a delimitare l’arco temporale delle nuove condizioni uniformandolo alla durata dell’emergenza sanitaria.
Il Decreto Liquidità ed il Fondo Centrale di Garanzia
Prima di analizzare uno dei principali interventi del Decreto Legge 23/2020, ossia il potenziamento del Fondo Centrale di Garanzia, è necessario svolgere qualche osservazione generale in merito al c.d. Decreto Liquidità.
Le disposizioni previste dal Governo relative alla concessione di garanzie pubbliche in favore di banche e istituzioni finanziarie, a supporto dei finanziamenti erogati alle imprese, ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti titolari di partita IVA si rinvengono principalmente negli articoli 1 e 13 del Decreto c.d. Liquidità.
Queste misure, in linea generale, si inseriscono in un più ampio contesto derogatorio temporaneo, definito dalla Commissione Europea nello State Aid Temporary Framework[15].
Questo intervento è caratterizzato da cinque punti fondamentali: sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali selettive e acconti; garanzie di Stato per prestiti bancari contratti dalle imprese; prestiti pubblici agevolati alle imprese; garanzie per le banche che veicolano gli aiuti di Stato all’economia reale; assicurazione del credito all’esportazione a breve termine.
L’Italia ha recepito questi aiuti europei, appunto, mediante il decreto liquidità. Con questo intervento, sono due i soggetti individuati per fornire il supporto alle imprese attraverso la messa a disposizione di quattrocento miliardi di euro in forma di garanzie: da una parte il Fondo Centrale PMI (art. 13) e dall’altra SACE Spa (art. 1).
Il decreto, in vigore dall’8 aprile 2020 ed accompagnato dal dichiarato intento di creare una “potenza di fuoco” in favore delle imprese, è stato tuttavia oggetto, nei giorni successivi alla pubblicazione, di critiche e perplessità sollevate principalmente dal mondo imprenditoriale, che ha contestato la durata dell’iter necessario all’ottenimento dei finanziamenti ed alla fruizione delle misure previste.
In effetti, ad esclusione dei 25.000 euro previsti per le PMI e per i lavoratori autonomi, misura per la quale la procedura prima facie sembra essere realmente semplificata, appare probabile che i tempi per la concessone delle garanzie e l’erogazione dei finanziamenti non saranno brevi, in quanto, nella maggior parte dei casi, l’erogazione è subordinata a condizioni articolate ed all’esito positivo delle istruttorie condotte dagli enti creditizi. Per le imprese già in crisi di liquidità, dunque, i sostegni economici potrebbero arrivare in ritardo o, nella peggiore delle ipotesi, non arrivare.
Si è poi da più parti evidenziato che i finanziamenti alle imprese previsti dal decreto prevedono un termine di rimborso relativamente breve (sei anni) che, considerata la gravità della situazione di emergenza, potrebbe aprire un ulteriore vulnus in una struttura produttiva già fragile dal punto di vista finanziario.
La decisione del Legislatore di fronteggiare la crisi di liquidità mediante la leva del debito non sembra del tutto convincente, in quanto rischia di procrastinare una condizione già di per sé critica, creando un vulnus nel mercato.
Le opzioni individuate dal Legislatore si appalesano inidonee a dare ossigeno all’economia ed a consentire di superare uno shock che ha scosso il mercato fin nelle sue fondamenta, sul lato dell’offerta come della domanda.
Come è stato fatto osservare, il lockdown ha sostanzialmente discriminato fra attività essenziali e non, obbligando al blocco forzato all’incirca la metà del motore economico del Paese. Da una tale condizione appare probabile se non certo l’insorgere di poteri di fatto che, falsando la concorrenza, possano scoraggiare l’ingresso di nuovi operatori privi di forza economica per competere con coloro che hanno assunto nel mercato posizioni addirittura monopolistiche. Si è dunque venuto a creare un distanziamento economico strettamente connesso al distanziamento sociale[16].
Art. 13 Decreto Liquidità: il potenziamento del Fondo Centrale di Garanzia
Tra i principali interventi del Decreto Liquidità vi è il potenziamento del Fondo Centrale di Garanzia.
Come noto, il Fondo Centrale di Garanzia è un’iniziativa dello Stato, istituita con la L. 662/96, volta a sostenere le PMI italiane agevolando il loro accesso al credito. Il Fondo opera dal 2000 e consente alle imprese che rispettino determinati requisiti di contare sulla garanzia statale per ottenere un finanziamento senza garanzie aggiuntive e senza dover fare i conti con i costi di fidejussioni o di polizze assicurative.
Vista la rapida diffusione dell’emergenza COVID-19, il Governo è dunque intervenuto al fine di potenziare e migliorare questo strumento andando a modificare la L. 662/96 attraverso due principali iniziative.
In primo luogo, l’art. 49 del Decreto Cura Italia ha innalzato la percentuale della garanzia pubblica portando all’80% la diretta ed al 90% l’indiretta, ha escluso l’applicazione di commissioni e disposto che la garanzia debba essere concessa titolo gratuito. Inoltre, con il provvedimento del 17 marzo 2020, l’importo massimo garantito per ciascuna impresa è stato portato da 2,5 ad un massimo di 5 milioni di euro.
Il secondo intervento volto a potenziare il Fondo è contenuto nell’art. 13 del Decreto 23/2020 e riprende quanto già previsto dal decreto Cura Italia, ma rafforza ed estende le misure in esso previste. La nuova manovra del Legislatore ha infatti potenziato la garanzia del Fondo Centrale, riscrivendo l’art. 49 del Decreto Cura Italia di modo da ampliare significativamente il perimetro di coloro che possono avere accesso alla garanzia.
In particolare, l’art. 13 introduce misure e agevolazioni temporanee e valide fino al 31.12.2020 che possono essere così riassunte:
- viene ampliata la platea dei beneficiari: non solo le PMI, ma tutte le Imprese fino a 499 dipendenti indipendentemente dal livello di fatturato e attivi di bilancio;
- vengono eliminati i limiti di importo per i singoli finanziamenti oggetto della garanzia, che precedentemente erano pari a 1,5 milioni di euro;
- viene ulteriormente ampliata la percentuale di copertura della garanzia rispetto al Decreto Cura Italia, portandola rispettivamente al 90% per quanto riguarda quella diretta ed al 100% per quanto riguarda quella indiretta[17].
In forza del Decreto Liquidità, il Fondo agirà in tre ambiti specifici dei quali sono beneficiarie altrettante categorie:
Il primo ambito riguarda tutte le imprese (fino a 499 dipendenti), le persone fisiche esercenti attività d’impresa ovvero professionisti/lavoratori autonomi con partita IVA, che possono accedere al Fondo e ottenere un finanziamento dell’importo massimo di 25.000 euro, calcolato sul 25% del fatturato.
Il finanziamento è garantito al 100% (principale agevolazione introdotta dall’art. 13) e la garanzia, a titolo gratuito, viene rilasciata sostanzialmente in via automatica, senza alcuna valutazione da parte del Fondo. L’istruttoria bancaria è anch’essa automatica e l’imprenditore dovrà semplicemente presentare un’autocertificazione del danno causato da COVID-19. I finanziamenti sono concessi da banche, dagli intermediari finanziari di cui all’art. 106 del Testo Unico Bancario[18] e dagli altri soggetti abilitati alla concessione del credito.
Il Decreto specifica inoltre che l’operazione non deve essere posta in essere per gestire operazioni già concesse[19].
Il secondo specifico ambito riguarda le imprese fino 3,2 milioni di euro di ricavi e fino a 499 dipendenti, le quali possono chiedere un finanziamento pari al 25% del loro fatturato e fino a 800.000 euro.
Anche in questo caso i finanziamenti possono godere di una garanzia fino al 100%, di cui il 90% mediante il Fondo, innalzabile fino al 100% grazie al rilascio di una garanzia complementare da parte di CONFIDI.
In questo caso però, a differenza del primo, non c’è un’automatica emissione della garanzia, sebbene l’iter procedurale risulti essere più leggero rispetto a quello ordinario.
Di norma infatti il Fondo, per determinarsi a rilasciare la garanzia, utilizza ed applica il c.d. Modello di valutazione e procede così a calcolare una sorta di classe di merito dell’impresa, valutando i dati economico-finanziari storici degli ultimi due bilanci e combinandoli con un esame della Centrale Rischi. Con il nuovo art. 13, invece, la procedura viene resa (teoricamente) più snella, escludendo l’esame della Centrale Rischi ed utilizzando esclusivamente i dati economico-finanziari degli ultimi due bilanci della società.
Anche in questo caso, nonostante non sia espressamente specificato dalla norma, la durata del periodo di rimborso dovrebbe essere pari nel massimo a sei anni, mentre il tasso di interesse sarà da negoziare con la banca.
Il terzo ambito di applicazione è di carattere generale, e riguarda tutte le imprese fino a 499 dipendenti.
In questo caso il finanziamento massimo garantito è pari a 5 milioni di euro e l’importo non può superare alternativamente:
- Il 25% del fatturato 2019 ovvero
- Il doppio della spesa salariale 2019 ovvero
- Il fabbisogno per investimenti da sostenere nei prossimi mesi (autocertificato dall’imprenditore).
La norma non specifica se il fatturato del 2019 debba intendersi come dato risultante da un bilancio approvato o possa ricavarsi altrimenti.
Nell’attesa del chiarimento potrebbe, per analogia, ritenersi applicabile quanto previsto per le misure di cui all’art. 1, secondo cui bisogna fare riferimento al bilancio approvato/depositato.
La garanzia sarà pari, nel massimo, al 90% e la valutazione del Fondo sarà condotta con gli stessi criteri sopra illustrati per le imprese fino 3,2 milioni di euro di ricavi e fino a 499 dipendenti, così come identici sono la durata del rimborso. Andrà negoziato il tasso di interesse.
Come già abbiamo avuto modo di vedere per la moratoria straordinaria, non potranno avere accesso al Fondo le imprese le cui posizioni sono classificate come “sofferenze”.
Il Decreto Liquidità è infatti un intervento volto a sostenere tutte quelle imprese che stanno subendo ingenti danni per conseguenza diretta dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, mentre una posizione di “sofferenza” lascia presupporre che la crisi finanziaria sia antecedente alla diffusione del virus e soprattutto abbia radici ben più profonde. La medesima ragione ha portato all’esclusione anche delle imprese con “inadempienze probabili” o “scadute o sconfinanti deteriorate” esistenti prima del 31.01.2020.
Nonostante il potenziamento del Fondo mediante le misure appena descritte, vi è chi ha lanciato un allarme che pone in evidenza numeri impietosi: “sono 16.000, cioè un terzo su un totale di 48.000, le Società di capitali italiane beneficiarie del Fondo Centrale di Garanzia nel 2019, che rischiano di entrare in crisi di liquidità se l’emergenza COVID-19 non rientrerà prima della fine dell’anno, con pesanti ripercussioni su 310.000 addetti. Aziende che hanno ottenuto finanziamenti “coperti” da garanzie pubbliche per 5,4 mld di euro e che per evitare il default ne avrebbero bisogno di altri 6”[20].
Anche in relazione a questa misura non manca l’espressione di timori da parte delle PMI in ordine all’istruttoria prevista per la concessione del finanziamento ed in particolare in merito alle tempistiche di erogazione che non appaiono consone all’urgenza e alle necessità del periodo. Infatti le imprese beneficiarie devono essere valutate dal punto di vista economico dall’istituto finanziatore. L’iter istruttorio dovrà tenere in considerazione un set minimale di informazioni, tra cui: l’acquisizione e l’analisi di informazioni da fonti esterne (CR, CRIF, altre banche dati), la valutazione della situazione economico finanziaria del cliente fondata su dati di bilancio, la finalità e sostenibilità dell’operazione.
Vi è poi da domandarsi se le cautele che gli istituti di credito sentiranno di dover adottare nell’erogazione potranno condizionare l’efficacia delle misure di sostegno descritte.
Come è stato rilevato, infatti, dette misure vengono ad inserirsi in un quadro giuridico che –urgentemente ridisegnato ad immagine e somiglianza dell’impresa in crisi – ha tuttavia omesso di apprezzare le ragioni di tutela degli intermediari finanziari, che ben potrebbero determinarsi a non concedere finanziamenti ogniqualvolta ci si trovi in presenza di situazioni di incertezza in ordine allo stato di salute dell’impresa richiedente[21].
Le indicazioni fornite dal Governo agli intermediari finanziari fanno perno su sporadici divieti, taluni dei quali già esaminati, quali: il divieto di finanziamento ad imprese con esposizioni UTP antecedenti al 31 gennaio 2020, il divieto di finanziamento ad imprese in corso di concordato in continuità, accordi di ristrutturazione o piani attestati di risanamento successivi al 31 dicembre 2019 ed il divieto di finanziamento ad imprese in stato di “difficoltà” ai sensi della normativa europea.
Nulla viene specificato circa le conseguenze penali per l’intermediario finanziario in caso di concessione di credito ad un’impresa che non soddisfi i parametri previsti dal decreto o, addirittura, in favore di un’impresa che – pur rispondente ai criteri – verta in uno stato di crisi pressoché incontrovertibile.
Le disposizioni del decreto omettono infatti qualsivoglia elemento di raccordo con la disciplina penal-fallimentare.
Nel silenzio del decreto legge, consolidata giurisprudenza penale evidenzia con prepotenza il possibile coinvolgimento delle persone fisiche operanti in seno all’intermediario finanziario nella commissione, in concorso o in cooperazione con l’imprenditore, dei reati di bancarotta fraudolenta o semplice, piuttosto che dell’illecito di concessione abusiva del credito[22].
La “concessione abusiva di credito” è stata definita dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, come noto, come illecito “plurioffensivo”. L’erogazione del finanziamento ad un soggetto immeritevole – cioè definitivamente insolvente – può anzitutto danneggiare i suoi creditori, posti nella condizione di ritenere che l’imprenditore sia ancora solvibile perché riceve fiducia dalla banca, i quali ritardano l’esperimento delle azioni in loro tutela e vedono assottigliarsi il patrimonio su cui soddisfarsi. La condotta della banca, secondo diverse opinioni, potrebbe essere illecita anche in quanto dannosa per il patrimonio dello stesso imprenditore finanziato; per altri si potrebbe parlare di un concorso della banca nell’illecito degli amministratori della società in crisi ex artt. 2392 ss. c.c., e secondo la Suprema Corte si potrebbe parlare persino di un danno agli imprenditori concorrenti del soggetto finanziato, i quali vedono permanere sul mercato (proprio grazie ad un’iniezione di finanza illecita) un soggetto che sarebbe dovuto fallire[23].
Due le soluzioni proposte in un recente contributo pubblicato nella sezione “Attualità” di questa stessa rivista, che ci si sente di condividere[24]:
(i) la predisposizione di più dettagliate procedure di selezione delle imprese suscettibili di finanziamento da parte dello Stato, con l’espressa precisazione che il rispetto di tali criteri pone l’intermediario finanziario concedente il credito nell’esercizio di una facoltà legittima in grado di scriminare sul versante dell’antigiuridicità eventuali reati contestabili;
(ii)la predisposizione di una soft-law da parte di un ente regolatore (auspicabilmente la Banca d’Italia), il cui rispetto, nell’ambito della selezione delle imprese candidate all’erogazione del credito, ponga l’intermediario finanziario in una condizione di trasparenza tale da escludere ogni elemento psicologico colposo.
In ogni caso, l’auspicato provvedimento dovrà essere ben diverso dalla recente raccomandazione della Banca d’Italia[25]. Questa si è infatti limitata ad invitare gli intermediari finanziari ad estendere su base volontaria le misure di sostegno alle imprese in difficoltà (si noti, anche di quelle formalmente escluse dai criteri stabiliti dal decreto-legge) lasciando tuttavia gli stessi intermediari sforniti di qualsivoglia indicazione od istruzione sulla quale basare la propria condotta[26].
Sarà inoltre onere degli intermediari finanziari porsi da subito nella condizione di assicurare la massima diligenza e perizia possibile nella selezione delle imprese meritevoli di finanziamento, con procedure atte ad acquisire in tempi rapidi tutta la documentazione rilevante (ad esempio il bilancio 2019), eventuali autocertificazioni (si pensi a quelle circa il requisito di continuità aziendale ed il periodo di sua sussistenza o interruzione) ed attestazioni esterne.
Soluzione ideale per garantire il corretto funzionamento delle misure in esame rimane tuttavia un intervento legislativo che limiti ad extrema ratio il risvolto penale–ossia ai casi di collusione dolosa tra imprenditore in mala fede e intermediario finanziario compiacente- consentendo così agli intermediari finanziari di operare con la diligenza che il caso richiede senza il timore di incorrere in fattispecie di reato e/o di illecito da concessione abusiva del credito.
La “Garanzia Italia”: l’intervento di SACE in soccorso delle imprese
Il Decreto Liquidità è intervenuto anche con un nuovo strumento, individuato comunemente come “Garanzia Italia”, che fa perno sull’intervento della SACE[27].
Si tratta di un intervento da 200 miliardi di euro per garantire liquidità alle imprese, ai professionisti e alle partite IVA. Lo Stato dunque “scende in campo” con una garanzia fino al 90% sui prestiti che le banche concederanno. Come anticipato, l’intervento farà perno su SACE che sarà autorizzata a concedere, fino al 31 dicembre 2020, garanzie per il rilascio di finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese con sede in Italia colpite dall’epidemia COVID-19.
Il ruolo di SACE risulta fondamentale in quanto svolge anche per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze le attività relative all’escussione della garanzia e al recupero dei crediti (che può altresì delegare alle banche, alle istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e agli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia). Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, potranno essere impartiti a SACE indirizzi sulla gestione delle attività di rilascio delle garanzie e sulla verifica, al fine dell’escussione della garanzia dello Stato, del rispetto dei suddetti indirizzi e dei criteri e condizioni previsti dall’articolo in esame.
La ratio del Legislatore è di consentire di rilasciare un plafond di garanzie dello Stato da duecento miliardi di euro, di cui almeno trenta destinati alle PMI. Le piccole e medie imprese, ma anche i professionisti e i lavoratori autonomi di partita IVA, potranno tuttavia beneficiare di questa misura solo ed esclusivamente se avranno già esaurito la loro capacità di accesso al Fondo Centrale di Garanzia[28].
Potranno accedere alla Garanzia Italia[29] soltanto le Imprese che al 31.12.2019 non rientravano nella definizione di “imprese in difficoltà” e che al 29.02.2020 non risultavano classificate tra le posizioni deteriorate presso il sistema bancario.
L’importo massimo previsto dalla garanzia concessa tramite SACE non può essere superiore al maggiore tra i seguenti importi:
- 25% del fatturato 2019, come risultato da bilancio approvato o da dichiarazione fiscale;
- Il doppio dei costi del personale dell’impresa relativi al 2019, come risultante dai bilanci o dai dati certificati.
Per quanto riguarda la copertura della garanzia, questa è differenziata nella percentuale a seconda della dimensione dell’impresa a cui viene erogato il finanziamento e, in particolare:
- Se l’impresa ha un numero di dipendenti inferiore a 5.000 o un fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro, la copertura sarà del 90%;
- se l’impresa ha un numero di dipendenti maggiore di 5.000 ovvero un fatturato ricompreso tra 1,5 e 5 miliardi di euro, la garanzia sarà dell’80%;
- se infine l’impresa ha un fatturato superiore a 5 miliardi di euro, la garanzia avrà una copertura pari al 70%.
In questo caso, a differenza di quanto evidenziato in merito all’art. 13, sono previste commissioni annuali a fronte del rilascio della garanzia[30].
Le commissioni devono, a tenore della norma, essere limitate al recupero dei costi.
Il tasso di interesse non viene determinato ex ante, ma viene fissato un limite per cui non potrebbe essere superiore al tasso applicato normalmente ad un finanziamento privo della garanzia SACE. L’iter procedurale, anche in questo caso, è differenziato in base alle dimensioni aziendali.
Per le società con un numero di dipendenti inferiore a 5.000 unità o con un fatturato inferiore ad 1,5 miliardi di euro la procedura è semplificata. Ciò significa che l’impresa potrà presentare una richiesta all’Istituto di credito del tutto analoga ad un’ordinaria richiesta di fido, con la quale dichiarerà di soddisfare i requisiti e le condizioni richieste, specificando ovviamente anche l’importo massimo di copertura della garanzia che richiede.
L’istituto farà una valutazione di merito creditizio e, in caso di esito positivo, presenterà la richiesta alla SACE. Questo doppio passaggio chiaramente non è stato accolto di buon grado dai potenziali fruitori del beneficio, viste le tempistiche sottese ad un tale iter.
Tuttavia, SACE ha già costituito con ABI una task force per accelerare l’operatività del nuovo strumento che dovrebbe entrare pienamente a regime nel giro di qualche giorno, giusto il tempo necessario per consentire al sistema di mettere a punto tutti i passaggi necessari per l’erogazione dei finanziamenti da parte delle banche e l’emissione della garanzia da parte di SACE.
Per quanto riguarda invece le imprese di grandi dimensioni, l’autorizzazione per l’erogazione del finanziamento deve necessariamente essere concessa con Decreto del Ministero dell’Economia, in forza di valutazioni specifiche sull’importanza strategica all’interno del piano economico nazionale dell’impresa richiedente.
Sussiste un’importante differenza tra i finanziamenti garantiti da SACE e quelli previsti ex art. 13: solo per i primi sono previsti vincoli e condizioni per ottenere il finanziamento.
I finanziamenti garantiti da SACE, infatti, sono soggetti a:
- divieto di distribuzione dei dividendi e di riacquisto di azioni nel 2020;
- obbligo di gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali[31];
- obbligo di destinare il finanziamento al sostenimento costi del personale, ad investimenti[32] o a finanziare il circolante relativo alle attività svolte in stabilimenti siti in Italia.
Si noti anzitutto che, mentre al divieto di distribuzione di dividendi e al riacquisto di azioni proprie è apposto un limite temporale,[33] nessun termine è specificato in relazione all’obbligo di gestire i livelli occupazionali attraverso gli accordi sindacali.
Alla verifica del rispetto dei vincoli è deputata SACE, che si avvarrà del monitoraggio degli intermediari finanziari (i.e.: della banca sulla quale sono erogate le somme) per verificarne il corretto impiego. Non è specificato con quali modalità il monitoraggio avrà luogo ma si può presupporre che saranno utilizzati conti corrente dedicati su cui fare transitare le somme accreditate, così da poterne tracciare i movimenti.
Non è ancora chiaro, tuttavia, quali siano le conseguenze derivanti da un’eventuale violazione dei vincoli condizionali sopra indicati. Si può presumere che possa derivare la sospensione o scaturire la revoca del finanziamento, ma si dovrà attendere la disamina del modello di contratto per avere contezza delle clausole, alle quali unicamente è affidata la disciplina della fattispecie, atteso che la norma non prevede sanzione alcuna.
Questi i vincoli per l’impresa. Esistono però anche obblighi per le banche finanziatrici. In particolare il soggetto finanziatore deve dimostrare che, con il rilascio del finanziamento coperto da garanzia, l’ammontare complessivo delle esposizioni nei confronti del soggetto finanziato risulti superiore all’ammontare di esposizioni detenute alla data di entrata in vigore del decreto. Il valore deve essere corretto per le riduzioni delle esposizioni intervenute tra le due date in conseguenza del regolamento contrattuale stabilito tra le parti prima dell’entrata in vigore del decreto ovvero per decisione autonoma del finanziato. Vi è quindi un obbligo in capo al soggetto finanziatore di non coprire con la garanzia solo le operazioni già attive.
Conclusioni
Con le disposizioni analizzate, il Governo ha chiaramente privilegiato, in fase di stesura, la necessità di fronteggiare con la massima urgenza l’emergenza economico – finanziaria dovuta alla diffusione dell’epidemia COVID-19. In poche settimane la produzione normativa a ciò finalizzata risulta sostanzialmente completata. L’auspicio, ora, è che vi sia spazio per provvedimenti ulteriori consistenti in misure di defiscalizzazione e decontribuzione, così da fronteggiare l’emergenza non solo mediante assunzione di debito e moratorie, ma anche mediante sgravio di costi.
Non sono pochi gli operatori che avrebbero preferito un approccio valutativo più analitico rispetto alle realtà economiche beneficiarie dei finanziamenti garantiti. Se appare sostanzialmente condivisa la misura che contempla la concessione di garanzia senza valutazione alcuna per l’erogazione di importo fino a 25.000 euro, perplessità sussistono invece rispetto alla modalità stabilita per valutare l’erogazione dei finanziamenti fino a 800.000 euro interamente garantiti, limitata alla valutazione del modello economico-finanziario. Orbene, il modello di per sé dice poco di un’impresa e, di conseguenza, è alto il rischio che alcune aziende meritevoli rimangano escluse a favore di realtà meno meritevoli.
In un’istruttoria che per come concepita già nasce di dubbia celerità, avrebbe potuto trovare spazio quantomeno un’analisi più approfondita e chiara, magari basata su di una fotografia patrimoniale al 29.02.2020 Vero peraltro che tale analisi potrebbe ulteriormente congestionare i tempi qualora l’impresa richiedente non abbia i conti in ordine.
Avrebbe potuto infine essere utile al sistema premiare le PMI che, in un momento complicato come quello attuale, abbiano apportato capitali di rischio, prevedendo a loro favore affidamenti di maggiore estensione o specifici vantaggi fiscali immediatamente monetizzabili.
[1] F. Carnelutti “Infortuni sul lavoro. Studi” I, Athenaeum Roma, 1913 p. XII.
[2] Sono le PMI nell’accezione europea del termine, quindi le imprese con meno di 250 dipendenti e con un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro, oppure il cui totale di bilancio non superi i 43 milioni di euro; Raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003.
[3] Art. 56 comma 5.
[4] La norma non chiarisce se si tratti soltanto dei prestiti con scadenza successiva alla pubblicazione del decreto, ma considerando la ratio della disposizione, un’interpretazione favorevole al debitore deve ritenersi plausibile, consentendo quindi che pure prestiti con scadenza anteriore al 17 marzo possano beneficiare della proroga.
[5] In questa fattispecie rientrano i finanziamenti bancari ma anche i contratti di leasing.
[6] Art. 56, comma 2, lett. b).
[7] La ratio di tale esclusione risiede nel limitare l’accesso alla misura di sostegno alle imprese che godano di un merito creditizio e quindi non lascino dubbi sulla capacità di far fronte alle obbligazioni contratte con gli istituti di credito.
[8] https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/archivio-norme/circolari/c272/index.html.
[9] E’ evidente la ratio: il legislatore ha previsto la moratoria straordinaria per fronteggiare l’emergenza attuale da COVID-19; di conseguenza la carenza di liquidità o la contrazione del fatturato imputabili a ragioni differenti non possono rientrare nella casistica prevista dall’art. 56.
[10] Art. 56 comma 8.
[11] Quest’ultimo è senza dubbio un termine lungo in caso di fallimento o concordato preventivo, perché in tali casi sarà necessario attenderne la chiusura.
[12] Cfr. “Problemi dei contratti nell’emergenza epidemiologica da Covid-19” Daniele Maffeis in giustiziacivile.com.
[13] Cfr. “Problemi dei contratti nell’emergenza epidemiologica da Covid-19” Daniele Maffeis, cit.
[14] Cfr. “Problemi dei contratti nell’emergenza epidemiologica da Covid-19” Daniele Maffeis, cit.
[15] Con la Comunicazione 1863/2020 la Commissione Europea ha adottato disposizioni temporanee per consentire agli Stati membri di adottare misure di aiuto all’economia nel contesto della pandemia di COVID-19, in deroga alla disciplina ordinaria. La disposizione è qui rinvenibile: https://ec.europa.eu/commision/presscorner/detail/en/ip_20_496.
[16] Cfr. “Nuova finanza nel Decreto Liquidità ed effetti sul mercato” di Fabrizio di Girolamo, giustiziacivile.com.
[17] La misura ha ottenuto da parte della Commissione Europea l’autorizzazione necessaria a garantirne la piena operatività il 14 aprile 2020.
[18] Decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385.
[19] A tal riguardo il Decreto precisa che si è in presenza di un “nuovo finanziamento “quando, ad esito della concessione del finanziamento coperto da garanzia, l’ammontare complessivo delle esposizioni del finanziatore nei confronti del finanziato risulti superiore all’ammontare di esposizioni detenute alla data di entrata in vigore del decreto.
[20] Cfr. l’analisi Cerved aprile 2020: https://know.cerved.com/news/aziende-del-fondo-di-garanzia-in-crisi-di-liquidita/.
[21] Cfr. G. Fornari, N. Biligotti, Grandi oneri e scarse tutele per gli intermediari finanziari coinvolti dal decreto liquidità, in Diritto Bancario, 15.04.2020, https://www.dirittobancario.it/news/banche-e-intermediari-finanziari/grandi-oneri-e-scarse-tutele-gli-intermediari-finanziari-coinvolti-dal-decreto-liquidita.
[22] Ibidem.
[23] Cfr. C. DE ROSA, Il finanziamento alle imprese in crisi, Tesi di dottorato, Anno Accademico 2013-2014 (Relatore Prof. Daniele Maffeis), 7, https://air.unimi.it/retrieve/handle/2434/282730/403857/phd_unimi_R09566.pdf.
[24] Cfr. G. Fornari, N. Biligotti, Grandi oneri e scarse tutele per gli intermediari finanziari coinvolti dal decreto liquidità, Op.Cit.
[25] Cfr. Banca d’Italia, Raccomandazione della Banca d’Italia su tematiche afferenti alle misure di sostegno economico predisposte dal Governo per l’emergenza Covid-19, Roma, 10 aprile 2020, https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/orientamenti-vigilanza/Comunicazione-intermediari-aprile.pdf.
[26] Ibidem.
[27] Società posseduta da Cassa Depositi e Prestiti al 100%, a sua volta controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (87,77%) e partecipata da fondazioni bancarie.
[28] Il doppio ruolo del Fondo e della SACE ha suscitato alcune perplessità ed incertezze nel mondo imprenditoriale.
[29] Garanzia a prima richiesta, esplicita, irrevocabile e conforme ai requisiti preisti dalla normativa di vigilanza prudenziale ai fini della migliore mitigazione del rischio.
[30] Il parametro di riferimento anche in questo caso sarà la dimensione aziendale.
[31] Un’eventuale riduzione della forza lavoro dovrà quindi necessariamente transitare dall’accordo.
[32] Il termine utilizzato nella norma non è di chiara interpretazione, potendosi in astratto considerare <<investimento>> anche l’acquisto di una partecipazione.
[33] Nell’esercizio 2020.