1. Introduzione
In data 13 febbraio 2018, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie generale n. 36, il Decreto legislativo del 15 dicembre 2017, n. 233 (di seguito, il “Decreto”; cfr. contenuti correlati) recante le norme di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 760/2015 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 aprile 2015, relativo ai fondi europei di investimento a lungo termine (o “ELTIF” ovverosia “European Long-Term Investment Funds”). Il Consiglio dei Ministri ha così esercitato la delegadi cui alla legge di delegazione europea 2015, legge del 1° settembre 2016, n. 270[1].
2. Gli ELTIF: fondi europei di investimento a lungo termine
Il citato regolamento (UE) 750/2015 (di seguito, il “Regolamento”) è stato emanato nel contesto di un vasto piano europeo volto da un lato a potenziare il livello di armonizzazione della normativa del settore finanziario e dall’altro a realizzare sinergie tra l’economia reale e il mercato dei capitali, stimolando a veicolare risorse verso l’industria creando canali di finanziamento alternativi a quello bancario[2]. Ciò peraltro offrendo possibilità di investimento e rendimento stabili e a lungo termine per gli investitori europei, sia professionali sia al dettaglio.
In particolare, il Regolamento addiviene a tale scopo introducendo una nuova tipologia di fondi comuni di investimento, e in particolare di fondi di investimento alternativi, o FIA[3], i cui patrimoni possono essere investiti in un ristretto novero di attività, principalmente in strumenti finanziari emessi da particolari categorie di piccole e medie imprese, attive specialmente nei settori infrastrutturali, dell’energia e dei trasporti. In tal modo, il Regolamento persegue il predetto fine di sostenere l’economia reale e in particolare quel sistema industriale fatto di piccole e medie imprese le quali, in ragione dell’elevato livello di rischiosità e illiquidità degli investimenti di cui necessitano, faticano maggiormente a ottenere finanziamenti da parte degli istituti di credito tradizionali.
A tal fine, il Regolamento disciplina, innanzitutto, la politica di investimento degli ELTIF, limitando l’oggetto dell’investimento, anche in relazione a potenziali conflitti di interesse che potrebbero derivarne, e ponendo importanti restrizioni alle attività collaterali esercitabili[4].
In ragione della natura illiquida dell’investimento tipico degli ELTIF, non è consentito il rimborso anticipato delle quote degli ELTIF, salvo al ricorrere di alcune precipue condizioni[5]. Di qui la natura di fondo chiuso degli ELTIF.
2.1 Le “imprese di investimento ammissibili” e l’oggetto dell’investimento dell’ELTIF
Le imprese potenzialmente interessate dall’introduzione del nuovo veicolo sono identificate dal Regolamento medesimo come “imprese di portafoglio ammissibili”[6], ovverosia quelle imprese che integrano le seguenti condizioni: (i) non sono imprese finanziarie[7]; (ii) non sono ammesse alla negoziazione su un mercato regolamentato o sistema multilaterale di negoziazione ovvero, se ammesse, hanno una capitalizzazione di mercato inferiore ad Euro 500 milioni; (iii) sono stabilite in uno Stato membro dell’Unione europea ovvero in un paese terzo non classificato come paese ad alto rischio e non collaborativo e che abbia firmato accordi di cooperazione a fini fiscali con lo stato di origine del gestore e tutti gli altri stati in cui si intende commercializzare l’ELTIF.
Nel dettaglio, un ELTIF può quindi investire[8]:
(i) in strumenti rappresentativi di equity o quasi-equity, emessi da un’impresa di portafoglio ammissibile, che siano acquisiti dall’ELTIF dall’impresa medesima o sul mercato secondario, ovvero in cambio di uno strumento rappresentativo di equity o quasi-equity acquisito in precedenza dall’ELTIF;
(ii) in strumenti rappresentativi di equity o quasi-equity emessi da un’impresa che possiede la maggioranza del capitale dell’impresa di portafoglio ammissibile in cambio di uno strumento rappresentativo di equity o quasi-equity che l’ELTIF ha acquisito conformemente al punto (i) dall’impresa di portafoglio ammissibile o da terzi attraverso il mercato secondario;
(iii) strumenti di debito emessi da un’impresa di portafoglio ammissibile.
È altresì possibile per l’ELTIF acquisire, attraverso imprese di portafoglio ammissibili, partecipazioni dirette o indirette in singole attività reali per un valore di almeno Euro 10 milioni.
Inoltre, un ELTIF può erogare direttamente prestiti a un’impresa di portafoglio ammissibile, purché questi abbiano una scadenza non superiore al ciclo di vita dell’ELTIF.
Un ELTIF può anche investire in azioni o quote di uno o più altri ELTIF, EuVECA e EuSEF, purché tali fondi non abbiano investito più del 10 per cento del loro capitale in altri ELTIF.
Da ultimo, un ELTIF può investire, ai sensi di quanto previsto all’articolo 9, paragrafo 1, lett. b) del Regolamento, nelle attività di cui all’articolo 50, paragrafo 1, della Direttiva 2009/65/UE (c.d. UCITS IV). Il rinvio in tal senso alla disciplina dei fondi armonizzati vanifica l’imposizione dei predetti limiti alle attività di investimento ammissibili, in considerazione dell’ampio novero di strumenti finanziari in cui è possibile investire il patrimonio dei fondi UCITS.
3. La legge di delegazione europea 2015 e l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al Regolamento ELTIF
La scelta di introdurre un veicolo di investimento tailorizzato per la raccolto di capitali a favore dell’economia reale, mediante l’emanazione di un regolamento, quindi applicabile in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, addiviene all’ulteriore scopo di realizzare un prodotto uniforme nell’intero territorio dell’Unione Europea prevenendo che, in sede di recepimento nazionale della relativa disciplina, non residuino margini importanti di intervento da parte dei Legislatori nazionali e delle Autorità nazionali competenti tali da vanificare la promozione del nuovo veicolo[9].
Pertanto il Decreto reca le misure di raccordo strettamente necessarie per assicurare il coordinamento e la coerenza tra il diritto nazionale e la disciplina europea degli ELTIF.
Peraltro, i limitati margini di intervento che residuano a favore dei legislatori e delle Autorità nazionali sono ulteriormente scalfiti dal principio sancito all’articolo 1, paragrafo 3 del Regolamento, in virtù del quale “gli Stati membri si impegnano a non prevedere ulteriori obblighi nella materia disciplinata dal presente regolamento”.
In particolare, le materie demandate alla potestà degli Stati membri concernono l’individuazione delle Autorità nazionali competenti a esercitare la vigilanza sul rispetto delle disposizioni del Regolamento con conseguente attribuzione ad esse dei poteri ispettivi e sanzionatori necessari all’effettivo esercizio del potere di vigilanza.
La Legge di delegazione europea ha inoltre individuato i criteri per l’esercizio della delega orientando metodologicamente il già ristretto ambito di intervento oggettivo derivante dall’impianto europeo. Nel delegare il Governo ad adottare le necessarie modificazioni alla normativa nazionale vigente per i settori interessati dal Regolamento ELTIF, realizzando il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti e assicurando un appropriato grado di protezione dell’investitore e di tutela della stabilità finanziaria, la Legge di delegazione europea ha infatti previsto che le modifiche al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (“TUF”) dovessero essere accompagnate, ove opportuno, dal ricorso alla disciplina secondaria. La Legge di delegazione europea attribuisce quindi le competenze e i poteri di vigilanza e di indagine previsti nel regolamento alla Banca d’Italia e alla CONSOB secondo le rispettive competenze stabilite dal TUF medesimo nonché il potere di applicare sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni degli obblighi previsti dal Regolamento. In tal modo, con la Legge di delegazione europea sono già disciplinate gran parte delle materie rilasciate alla potestà dei singoli Stati membri.
3.1 Il Decreto legislativo n. 233 del 2017 recante norme di adeguamento della normativa nazionale al Regolamento (UE) 2015/760
L’articolo 1 del Decreto apporta innanzitutto modifiche all’impianto definitorio del Testo unico, introducendo, all’articolo 1 del TUF, le definizioni di “ELTIF” (lettera m-octies) e di “gestore di ELTIF” (alla lettera q-bis) ad oggi recante la sola definizione di “gestore di EuSEF”) di cui al regolamento (UE) 2015/760.
Nonostante la designazione di Banca d’Italia e Conosb quali Autorità nazionali competenti fosse già implicita nel testo della Legge di delegazione europea, il comma 3 dell’articolo 1 introduce un nuovo articolo del TUF, il 4-quinquies.1, deputato a individuare le reciproche competenze sulla materia delle due Autorità.
Tale articolo sancisce che la Banca d’Italia sia l’autorità competente ad autorizzare la gestione di un ELTIF da parte di un gestore (ovverosia di una SGR o di una SICAF) ad approvare il regolamento dell’ELTIF. In particolare, nell’ipotesi di prima istituzione di un ELTIF da parte di un gestore, l’autorizzazione è rilasciata dalla Banca d’Italia, sentita la Consob, con riguardo alla descrizione delle informazioni da mettere a disposizione degli investitori e della procedura di gestione dei reclami[10]. La Banca d’Italia provvede a iscrivere i gestori autorizzati in una sezione distinta degli albi di cui agli articoli 35 e 35-ter del TUF.
In merito, preme rilevare che il Decreto in oggetto, al comma 2 dell’articolo 1, introduce alcune misure di coordinamento delle disposizioni in materia di fondi di investimento alternativi (FIA). È stato precisato, infatti, che il parere della Consob alla Banca d’Italia per la registrazione e la cancellazione dei gestori di fondi EuVECA e di fondi EuSEF nell’apposito registro è richiesto solo per i gestori che non risultano già iscritti agli albi dei gestori autorizzati. Tale modifica è coerente con quanto previsto con riferimento all’ipotesi di estensione dell’operatività di una SGR – rectius di un gestore collettivo – ad esempio nei casi in cui una società autorizzata alla gestione di OICVM intende procedere all’istituzione e gestione di FIA richiedendo l’iscrizione alla sezione dell’albo dedicata ai GEFIA. In tal caso, infatti, non è previsto per l’iscrizione nell’Albo dei GEFIA il parere della Consob. La modifica in questione persegue quindi il fine di allineare alla predetta regola generale anche l’eventuale estensione dell’operatività di un gestore già autorizzato alla istituzione e gestione di fondi EuVECA ed EuSEF, conformemente a quanto previsto per i gestori di fondi ELTIF dal comma 3 dell’articolo 4-quinquies.1 del TUF.
Con riferimento ai poteri conferiti alla Consob, invece, il nuovo articolo 4-quinquies.1 TUF sancisce che essa sia l’autorità competente a:
a) ricevere dalla SGR e dalla SICAF che gestisce l’ELTIF la notifica prevista dall’articolo 31, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2015/760, per la commercializzazione in Italia delle quote o delle azioni dell’ELTIF agli investitori professionali e agli investitori al dettaglio;
b) ricevere dalla SGR e dalla SICAF che gestisce l’ELTIF la notifica prevista dall’articolo 31, paragrafo 2, del medesimo regolamento per la commercializzazione in uno Stato dell’UE diverso dall’Italia delle quote o delle azioni dell’ELTIF agli investitori professionali e agli investitori al dettaglio;
c) ricevere dall’Autorità dello Stato membro di origine del gestore dell’ELTIF la notifica prevista dall’articolo 31, paragrafo 2, del medesimo regolamento per la commercializzazione in Italia delle quote o delle azioni dell’ELTIF agli investitori professionali e agli investitori al dettaglio;
d) informare l’Esma, su base trimestrale, delle autorizzazioni rilasciate o revocate ai sensi del Regolamento ELTIF[11].
Consob è altresì l’Autorità competente a ricevere il prospetto dell’ELTIF ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, del Regolamento, e le relative eventuali modifiche. In merito è previsto che Consob disciplini con proprio regolamento i tempi e le modalità di deposito del prospetto e che sia inoltre competente a individuare con regolamento le eventuali informazioni aggiuntive da inserire nel prospetto rispetto a quelle previste nell’articolo 23, paragrafi 2, 3 e 4, del Regolamento al fine di consentire agli investitori di addivenire a una valutazione informata sull’investimento e i relativi rischi.
Per assicurare il rispetto delle predette disposizioni è altresì previsto che la Banca d’Italia e la Consob dispongano, secondo le rispettive competenze, dei poteri loro attribuiti dal TUF in materia di gestione collettiva del risparmio, oltre che a quelli loro attribuiti dal medesimo Regolamento.
Da ultimo, l’articolo 2 del Decreto interviene sull’apparato sanzionatorio di cui alla Parte V, Titolo II del TUF. Nel dettaglio, il comma l modifica l’articolo 188, comma l, del TUF sanzionando l’abuso della denominazione di "ELTIF" da parte di soggetti diversi dai soggetti abilitati ai sensi del Regolamento. Il comma 2 modifica invece l’articolo 190, comma 2-bis, del TUF, prevedendo l’applicazione ai gestori e ai depositari di FIA, in caso di violazione delle disposizioni del Regolamento e delle disposizioni di recepimento, al pari di quanto previsto per le altre disposizioni del TUF che li riguardano. Peraltro, all’articolo 190 è inoltre aggiunto il comma 2-bis. Al fine di sanzionare anche l’inosservanza delle norme tecniche di regolamentazione e di attuazione elaborate dall’ESMA e adottate tramite regolamento o decisione della Commissione europea.
3.1.2 Alcune riflessioni interpretative sul Decreto legislativo di adeguamento della normativa nazionale al Regolamento ELTIF
Quanto illustrato nel precedente paragrafo circa il contenuto del Decreto legislativo di adeguamento della normativa nazionale al Regolamento ELTIF e sulle tecniche redazionali adottate pone alcune riflessioni, in particolare, con riferimento alla disciplina della commercializzazione delle azioni o quote dell’ELTIF.
La previsione introdotta al nuovo articolo 4-quinquies.1, co. 5, TUF che rinvia all’articolo 43 del TUF, rubricato “commercializzazione di FIA riservati”, sembrerebbe infatti non del tutto coerente da un punto di vista sistematico. Ciò non soltanto perché le quote di un ELTIF possono essere sottoscritte, con le limitazioni di cui all’articolo 28 del Regolamento[12], anche da un investitore al dettaglio, ma anche perché in ogni caso, cioè anche quando l’ELTIF sia offerto a investitori professionali, è comunque necessaria la predisposizione del prospetto di offerta[13]. In tal senso sarebbe quindi stata forse più corretto un rinvio all’articolo 44 TUF, denominato “commercializzazione di FIA non riservati” e alla relativa normativa di attuazione, in considerazione, in particolare, del principio di cui all’articolo 28-quinquies, comma 3, del Regolamento adottato con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999 (“Regolamento Emittenti”) secondo il quale “in caso di commercializzazione da avviarsi contestualmente nei confronti degli investitori al dettaglio e degli investitori professionali, la procedura prevista dall’articolo 28-bis si intende assorbita da quella disciplinata dal presente articolo”.
4. Conclusioni
Fatte salve le riflessioni di cui al precedente paragrafo, la struttura snella e la scelta del Legislatore nazionale di non aggravare con l’imposizione di vincoli o ulteriori adempimenti la disciplina europea sui fondi di investimento a lungo termine pare costituire un importante punto di partenza per il radicamento e la promozione di nuove forme di finanziamento dell’economia reale.
In attesa dell’adeguamento della normativa secondaria, anche a chiarimento dei predetti punti controversi, ci si domanda se parallelamente siano in corso di valutazione l’adozione di misure fiscali volte ad agevolare il ricorso a tale veicolo. Ciò anche in considerazione delle novità recentemente introdotte nel nostro ordinamento[14] con i piani individuali di risparmio (c.d. “PIR”). Questi ultimi sono dei “contenitori fiscali”, realizzabili anche mediante l’istituzione di OICR “PIR compliant”, volti a veicolare risorse finanziare alle piccole e medie imprese promuovendone la sottoscrizione mediante il riconoscimento di un’importante esenzione fiscale, quale l’esenzione dalla tassazione dei redditi qualificabili come redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria derivanti dall’investimento nei PIR medesimi. Inoltre, pur nell’equiparabilità dell’ELTIF e degli OICR “PIR compliant” sotto alcuni profili, in particolare quelli afferenti l’oggetto degli investimenti, numerose previsioni del Regolamento pongono per gli ELTIF restrizioni tali da renderli già in principio strumenti poco appetibili per l’industria finanziaria rispetto ai FIA tradizionali. Si pensi in questo senso a quelle norme, in un certo senso anticipatorie di MIFID II[15], come le previsioni circa le procedure di valutazione interne degli ELTIF destinati agli investitori al dettaglio[16] o quelle sull’informativa sui costi[17].
Se si considera quindi che l’oggetto dell’investimento di ELTIF e PIR risulta essere simile, come affine è il fine per i quali i due istituti sono stati introdotti, seppur in contesti differenti, sembrerebbe che senza l’introduzione di misure di incentivazione fiscale per i sottoscrittori delle quote degli ELTIF si potrebbe andare a creare competizione tra i due strumenti, a svantaggio del fine ultimo perseguito da entrambi gli istituti.
[1] Si rammenta che il testo del Decreto è stato precedentemente posto in consultazione dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, consultazione pubblica che si è chiusa in data 11 luglio 2017 con l’acquisizione delle osservazioni pervenute dall’AIFI (Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt).
[2] Articolo 1, paragrafo 2, Regolamento (UE) 2015/760, ai sensi del quale “il presente regolamento ha lo scopo di mobilitare e convogliare capitali verso investimenti europei a lungo termine nell’economia reale, in linea con l’obiettivo dell’Unione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”.
[3] I fondi ELTIF, al pari dei fondi EuVECA (Regolamento (UE) 345/2013 relativo ai fondi europei per il venture capital) ed EuSEF (Regolamento (UE) 46/2013 relativo ai fondi europei per l’imprenditoria sociale) sono una particolare categoria di fondi di investimento alternativi europei (FIA UE), e come tali sono gestiti nell’Unione europea da società di gestione di fondi alternativi (GEFIA UE), disciplinate dalla Direttiva 2011/61/UE (c.d. AIFMD), sui gestori di fondi di investimento alternativi, attuata nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 44 del 2014 e dalla disciplina di regolamentazione secondaria emanata da MEF, Banca d’Italia e Consob.
[4] Articoli 13, 14, 15 e 17 del Regolamento (UE) 2015/760, che limitano, inter alia, le seguenti attività: vendite allo scoperto, assunzione di esposizioni dirette o indirette verso merci, concessione o assunzione di titoli in prestito, operazioni di vendita con patto di riacquisto, ricorso a strumenti finanziari derivati. Sono inoltre posti specifici vincoli in tema di concentrazione, composizione e diversificazione del portafoglio.
[5] Articolo 18 del Regolamento (UE) 2015/760.
[6] Articolo 11 Regolamento (UE) 2015/760.
[7] Ovverosia, ai sensi dell’articolo 1, n. 7), “a) un ente creditizio quale definito dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (1); b) un’impresa di investimento, quale definita dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2014/65/UE; c) un’impresa di assicurazione quale definita dall’articolo 13, punto 1, della direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2); d) una società di partecipazione finanziaria quale definita dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 20, del regolamento (UE) n. 575/2013; e) una società di partecipazione mista quale definita dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 22, del regolamento (UE) n. 575/2013; f) una società di gestione quale definita dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2009/65/CE; g) un GEFIA quale definito dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/61/UE”.
[8] Articolo 10 Regolamento (UE) 2015/760.
[9] A tal proposito si consideri che, oltre alle materie illustrate ai paragrafi 2 e 2.1, il Regolamento disciplina altresì: (i) la procedura autorizzativa dei fondi di investimento a lungo termine; (ii) le condizioni di commercializzazione e gli obblighi di trasparenza informativa; (iii) la commercializzazione transfrontaliera degli stessi, sia verso investitori professionali sia al dettaglio.
[10] Informazioni richieste in sede autorizzativa dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) 2015/760.
[11] Articolo 3, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2015/760.
[12] L’articolo 28 del Regolamento (UE) 2015/760 prevede infatti che “1.Nell’offrire o collocare quote o azioni di un ELTIF direttamente presso un investitore al dettaglio, il gestore dell’ELTIF ottiene informazioni per quanto riguarda: a) le conoscenze e l’esperienza dell’investitore al dettaglio nel settore di investimento pertinente all’ELTIF; b) la situazione finanziaria dell’investitore al dettaglio, inclusa la sua capacità di farsi carico delle perdite; c) gli obiettivi di investimento dell’investitore al dettaglio, incluso il suo orizzonte temporale. Sulla base delle informazioni ottenute a norma del primo comma, il gestore dell’ELTIF raccomanda l’ELTIF solo se è adatto a tale particolare investitore al dettaglio. 2.Se il ciclo di vita di un ELTIF offerto agli investitori al dettaglio o collocato presso di essi supera i dieci anni, il gestore dell’ELTIF o il distributore pubblica un avviso chiaro per iscritto indicante che l’ELTIF può non essere adatto agli investitori al dettaglio che non siano in grado di mantenere un simile impegno illiquido e a lungo termine”.
[13] Articolo 23, primo capoverso, del Regolamento (UE) 2015/760.
[14] I PIR sono stati introdotti nell’ordinamento nazionale con la Legge di bilancio 2017 (legge dell’11 dicembre 2016, n. 232), articolo 1, co. da 100 a 114.
[15] Come noto, la gestione collettiva del risparmio non è un servizio di investimento e, come tale, non è attratta dalla disciplina sui mercati finanziari di cui alla Direttiva 2014/65/UE (c.d. MIFID II). Ciò non toglie peraltro che la distribuzione delle quote o azioni di OICR possa ricadere nell’ambito di applicazione della predetta normativa, ad esempio con riferimento alle norme di product governance che si applicano anche ai gestori collettivi in sede di distribuzione dei predetti strumenti finanziari (cfr., art. 107 del Regolamento recante norme di attuazione del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari, c.d. “Regolamento Intermediari”). In tal senso, il Regolamento ELTIF, in vigore dal dicembre 2015, ha ampiamente anticipato l’applicabilità di una disciplina smile a quella posta da MIFID II che è invece diventata applicabile solo a decorrere dal 3 gennaio 2018.
[16] Articoli 27 e 30 Regolamento (UE) 2016/760.
[17] Articolo 25 Regolamento (UE) 2016/760.