Sommario: 1. Premessa – 2. Ambito soggettivo – 2.1 La disciplina previgente – 2.2 Il regime attuale – 3. Modalità di adesione, durata e revoca del regime – 3.1 La disciplina previgente – 3.2. Il regime attuale
1. Premessa
Come noto, l’art. 73, co. 3, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (“D.P.R. 633/1972”), così come attuato dal D.M. 13 dicembre 1979 (il “D.M. 13.12.79”), prevede un regime opzionale, che consente la compensazione dei crediti e debiti IVA tra le varie società appartenenti ad un gruppo, al fine di ottimizzarne la gestione finanziaria (“IVA di Gruppo”)[1],[2].
L’art. 1, comma 27, lett. b), della Legge 11 dicembre 2016, n. 232, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 21 dicembre 2016 (la “Legge di bilancio 2017”) e il D.M. 13 febbraio 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 46 del 24 febbraio 2017 (il “Decreto attuativo”), hanno apportato alcune rilevanti modifiche all’IVA di Gruppo, volte ad ampliarne il perimetro soggettivo, nonché a semplificarne le modalità di adesione, rinnovo e revoca, a partire dall’anno 2017.
Nel prosieguo, dopo averne riepilogato la disciplina previgente, si analizzano profili interessati da tali riforme.
2. Ambito soggettivo
2.1 La disciplina previgente
Nel quadro normativo previgente, l’individuazione dell’ambito soggettivo era rimessa all’art. 2, co. 1, del D.M. 13.12.79, in base al quale erano considerate controllate le sole società per azioni, a responsabilità limitata ed in accomandita per azioni, le cui azioni o quote fossero possedute:
- con percentuali superiori al 50% del capitale sociale, senza tener conto delle azioni prive di diritto di voto;
- fin dall’inizio dell’anno solare precedente a quello di applicazione dell’IVA di Gruppo.
Pertanto, il menzionato art. 2, co. 1, del D.M. 13.12.79 si limitava a precisare che le società controllate potevano assumere unicamente la forma giuridica di società di capitali, con esclusione, quindi, delle società di persone.
Peraltro, dal momento che la norma non prevedeva la definizione di società controllanti, appariva controversa la possibilità per le società di persone di accedere al regime almeno in tale veste[3].
L’art. 2, co. 2, del D.M. 13.12.79 prevedeva altresì la possibilità per le cd. sub-holding di accedere all’IVA di Gruppo in qualità di consolidanti, previa rinuncia ad avvalersi di tale facoltà da parte della controllante di primo livello[4].
Si osserva inoltre che, pur in assenza di un espresso riferimento alla disciplina civilistica nel testo del D.M. 13.12.79, con la circolare del Ministero delle Finanze del 28 febbraio 1986, n. 16 era chiarito che deve assumersi quale nozione di controllo rilevante ai fini del regime in esame quella prevista dall’art. 2359, co. 1, n. 1, del Codice civile[5].
In particolare, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che:
- non assumono rilevanza le ipotesi di controllo di fatto e di influenza contrattuale di cui rispettivamente all’art. 2359, co. 1, nn. 2 e 3, del Codice civile[6];
- rilevano le fattispecie di controllo indiretto, purché il requisito del controllo di diritto sia rispettato per ogni livello della catena partecipativa[7];
- in ipotesi di controllo indiretto, non necessariamente tutte le società facenti parte della catena partecipativa devono partecipare all’IVA di Gruppo, fermo restando l’obbligo di provare la sussistenza del controllo per ciascuna delle società che vi sono incluse[8];
- nell’ambito di una catena di controllo, una società controllata può avere solo e non più di una società direttamente controllante, con la conseguenza che restano escluse dall’ambito applicativo della norma le ipotesi di controllo indiretto congiunto.
Di seguito, si riportano – a fini esemplificativi – due ipotesi di controllo rilevanti ai fini del regime in esame.
Inoltre, si evidenzia che, stante la previgente formulazione dell’art. 2, co. 1, del D.M. 13.12.79, il possesso della partecipazione nella società controllata doveva risalire almeno all’inizio dell’anno solare precedente quello in cui aveva inizio l’applicazione del regime, senza che la partecipazione al capitale sociale della società controllata avesse subito interruzioni durante tale holding period, né riduzioni al di sotto della soglia partecipativa minima richiesta[9].
Si segnala infine che la sopravvenuta mancanza di alcuno dei requisiti soggettivi indicati dall’art. 2 del D.M. 13.12.79 aveva effetto a partire dalla liquidazione periodica relativa al mese o trimestre nel corso del quale tale mancanza si era verificata.
2.2 Il regime attuale
La nuova formulazione dell’art. 73, co. 3, del D.P.R. 633/1972, come modificata dall’art. 1, comma 27, lett. b), della Legge di bilancio 2017, nel precisare che la liquidazione dell’IVA di Gruppo interessa “l’ammontare complessivamente dovuto dall’ente o società commerciale controllante e dagli enti o società commerciali controllati”, ha implicitamente ampliato il perimetro dei soggetti che possono accedere all’IVA di Gruppo, estendendolo a tutte le società commerciali (anche di persone).
Tale circostanza ha trovato espressa conferma nell’art. 1, co. 1, lett. d) del Decreto attuativo, che ha riformulato l’art. 2, co. 1, del D.M. 13.12.79 nei seguenti termini: “si considerano controllate le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice le cui azioni o quote sono possedute per una percentuale superiore al cinquanta per cento del loro capitale, almeno dal 1º luglio dell’anno solare precedente, dall’ente o società controllante o da un’altra società controllata da questi ai sensi del presente articolo. La percentuale è calcolata senza tenere conto delle azioni prive del diritto di voto”.
Pertanto, a differenza di quanto previsto dal regime previgente, a partire dall’anno 2017:
- sono ammesse, in qualità di controllate, anche le società di persone che svolgono attività commerciale (i.e., s.n.c. e s.a.s.), in precedenza escluse;
- il rapporto di controllo deve sussistere almeno dal 1° luglio dell’anno solare precedente a quello di esercizio dell’opzione e non più dall’inizio di tale anno[10].
Da ultimo, si segnala che resta invariata la previsione di cui all’art. 3 del D.M. 13.12.79, per effetto della quale la sopravvenuta mancanza di alcuno dei requisiti soggettivi ivi previsti ha effetto a partire dalla liquidazione periodica relativa al mese o trimestre nel corso del quale il requisito viene meno.
Ciò posto, mettendo a confronto la stesura originaria della norma con quella attuale, permane, anche a seguito delle modifiche esaminate, un dubbio interpretativo in ordine alla nozione di controllo rilevante ai fini dell’IVA di Gruppo.
In particolare, la questione attiene alla possibilità di includere nel relativo ambito applicativo talune ipotesi di controllo indiretto.
Si pensi a un gruppo societario composto dalla controllante A, dalle sub-holding B e C, entrambe interamente detenute da A, e dalla società D, di cui B e C detengono rispettivamente il 40% e il 50% del relativo capitale sociale (cosicché, in ultima istanza, A controlla indirettamente il 90% di D).
Secondo la posizione espressa nella Circolare del Ministero delle Finanze del 28 febbraio 1986, n. 16, con riferimento alla fattispecie esemplificata, la società D non potrebbe accedere all’IVA di Gruppo, in quanto la stessa non è detenuta per oltre il 50% da una controllante diretta[11].
A tal riguardo, si ritiene che, sebbene il tenore letterale della norma (anche a seguito delle modifiche in commento) continui a far propendere per tale conclusione, la risalente tesi dell’Amministrazione finanziaria dovrebbe essere aggiornata alla luce dell’attuale versione dell’art. 2359, co. 2 del Codice civile (come modificato dall’art. 1 del D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127), secondo cui ai fini del controllo di diritto di cui al relativo co. 1, n. 1, “si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta”.
Infatti, tra la società A e la società D è senz’altro ravvisabile una relazione di controllo di diritto (che, si ribadisce, rappresenta la nozione di controllo rilevante ai fini del regime in esame secondo l’Amministrazione finanziaria) dal momento che la società A, per il tramite di B e C, dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea della società D.
Peraltro, depongono in favore dell’estensione dell’ambito applicativo dell’IVA di Gruppo all’ipotesi di controllo indiretto qui delineata anche ragioni di ordine logico-sistematico.
Invero, la società D rappresenta un soggetto ammesso a partecipare al nuovo istituto del Gruppo IVA di cui agli artt. 70-bis, parimenti fondato sulla nozione di controllo di diritto di cui al citato art. 2359, co. 1, n. 1, del Codice civile.
Non appare, quindi, ragionevole (anche rispetto agli obiettivi di armonizzazione del sistema e alla comune matrice comunitaria dei due istituti) ritenere che D possa partecipare al nuovo Gruppo IVA, e non all’IVA di Gruppo[12].
3. Modalità di adesione, durata e revoca del regime
3.1 La disciplina previgente
Ai sensi della precedente versione dell’art. 3 del D.M. 13.12.79, la scelta di avvalersi dell’IVA di Gruppo doveva essere manifestata mediante la presentazione dell’apposito Modello IVA 26 entro il termine di liquidazione e versamento dell’IVA relativa al mese di gennaio (i.e., 16 febbraio di ciascun anno).
A tal riguardo, sia l’Amministrazione finanziaria sia la Corte di cassazione avevano affermato che la mancata presentazione del modello IVA 26 rende inefficace l’opzione per l’IVA di Gruppo (con conseguente disconoscimento dei relativi effetti), non assumendo rilevanza il comportamento concludente posto in essere dal contribuente[13].
In proposito, si osserva che, a seguito dell’introduzione dell’istituto della remissione in bonis di cui all’art. 2, commi 1, 2, 3 e 3-bis, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, l’omessa trasmissione del Modello IVA 26 poteva essere sanata entro il termine di presentazione della prima dichiarazione IVA utile,previo versamento della sanzione (da Euro 250 a Euro 2.000) di cui all’art. 11, co. 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471[14].
Inoltre, l’opzione aveva effetto unicamente per l’anno stesso in cui era presentata e il rinnovo della stessa presupponeva la trasmissione di un nuovo Modello IVA 26.
Infine, si segnala che, una volta esercitata, l’opzione per l’IVA di Gruppo non era revocabile.
3.2 Il regime attuale
L’art. 1, comma 27, lett. b), della Legge di bilancio 2017 ha modificato l’art. 73, co. 3, del D.P.R. 633/1972, prevedendo che “l’ente o società commerciale controllante comunica all’Agenzia delle entrate l’esercizio dell’opzione per la predetta procedura di versamento con la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto presentata nell’anno solare a decorrere dal quale intende esercitare l’opzione”.
In altri termini, con la disposizione in esame, il Legislatore:
- ha confermato che la volontà di avvalersi dell’IVA di Gruppo deve essere comunicata esclusivamente dall’ente o società controllante;
- ha inteso semplificare gli adempimenti formali volti a comunicare l’esercizio dell’opzione per l’IVA di Gruppo, che deve essere manifestato in sede di dichiarazione IVA annuale presentata nell’anno a decorrere dal quale si intende applicare il regime[15].
Le previsioni della Legge di Bilancio 2017 sono state attuate dall’art. 1, co. 1, lett. e) del Decreto attuativo, che ha conseguentemente riformulato l’art. 3 del D.M. 13.12.79, prevedendo altresì che:
- dalla dichiarazione dell’ente o società controllante devono risultare: (a) il numero di partita IVA delle società controllate; (b) il tipo di comunicazione relativa a ciascuna società controllata; (c) la sussistenza del requisito di controllo, specificando data di origine e percentuale di possesso delle azioni o quote delle società controllate; (d) la rinuncia della società controllante in ipotesi di IVA di Gruppo attivata da una sub-holding[16].
- la dichiarazione di cui al primo comma ha effetto fino a revoca da esercitarsi secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell’opzione;
- ogni variazione dei dati relativi alle società controllate intervenuta nel corso dell’anno deve essere comunicata all’Agenzia delle entrate entro trenta giorni con il modello individuato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate[17].
- In proposito, preme infine evidenziare che, per effetto di quanto previsto dall’art. 7-quater, co. 29, del D.L. 22 ottobre 2016 n. 193, in caso di mancata indicazione dell’opzione per l’IVA di Gruppo in sede di dichiarazione annuale, la società controllante potrà avvalersi del regime dell’istituto della remissione in bonis di cui all’art. 2, commi 1, 2, 3 e 3-bis, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16.
[1] Come noto, le norme interne in materia di IVA di Gruppo derivano dalle disposizioni comunitarie ed in particolare da quanto disposto dall’art. 11 co. 2 delle Direttiva 2006/112/CE secondo cui “previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto (…), ogni Stato membro può considerare come unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello Stato che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi”. In proposito, si osserva che con la Legge di bilancio 2017 il legislatore, sulla scia dell’esperienza di altri Stati UE, ha esercitato la facoltà concessa dal menzionato articolo 11 della Direttiva 2006/112/CE, istituendo il nuovo istituto del Gruppo IVA previsto dall’articolo 70-bis del D.P.R. 633/1972. Sul punto, cfr. rispettivamente P. Centore, “L’iva di gruppo tra norme interne e riforme unionali”, in Diritto e Pratica Tributaria n. 5 del 2016, pag. 2129 e P. Maspes e G. Scifoni, “Tutti insieme appassionatamente: arriva il gruppo IVA”, di Maspes e Scifoni, in il fiscon. 4 del 2017, pag. 1-336.
[2] Il meccanismo di funzionamento dell’IVA di Gruppo è dunque ben diverso da quello del nuovo istituto del Gruppo IVA, secondo cui due o più soggetti passivi esercenti attività d’impresa, arte o professione, stabiliti nel territorio dello Stato e giuridicamente indipendenti, possono essere considerati ai fini dell’imposta un unico soggetto passivo. A seguito di tale unificazione, i rapporti economici avvenuti tra i soggetti aderenti al Gruppo IVA perdono la dunque loro rilevanza ai fini IVA.
[3] Sul punto, si ravvisava una differente posizione interpretativa tra prassi e giurisprudenza: in senso negativo cfr. Circolare del Ministero delle Finanze del 28 febbraio 1986, n. 16 e Risoluzione dell’Agenzia delle entrate del 21 febbraio 2005, n. 22/E; in senso favorevole si veda Cass. 2 febbraio 2016, n. 1915, con commento di S. De Marco, “L’interpretazione del limite soggettivo nell’IVA di gruppo: considerazioni a margine di Cass. SS.UU. n. 1915/2016”, in Rassegna Tributaria n. 3 del 2016, pag. 736.
[4] Ai sensi dell’art. 3 co. 3 del D.M. 13.12.79, la subholding era tenuta ad acquisire a tali fini la dichiarazione di rinuncia da parte della sua controllante e delle eventuali ulteriori società poste ai livelli superiori della catena partecipativa.
[5] In specie, ai sensi dell’art 2359 c.c. “Società controllate e società collegate” sono considerate società controllate:
1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
[6] Cfr. Circolare del Ministero delle Finanze del 28 febbraio 1986, n. 16.
[7] Conseguentemente, a differenza di quanto previsto in materia di consolidato fiscale dall’art. 120 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nell’IVA di Gruppo non sembra applicabile la c.d. “demoltiplicazione” prodotta dalla catena societaria di controllo.
[8] In siffatta ipotesi, essendo in presenza di più sub-holding, la società che intende avvalersi del regime in esame dovrà acquisire tante dichiarazioni di rinuncia quante sono le società a monte nella catena di controllo.
[9] Cfr. Circolare del Ministero delle Finanze del 28 febbraio 1986, n. 16. Sul punto, la Risoluzione dell’Agenzia delle entrate del 5 giugno 2003, n. 123 precisava che tale previsione “è motivata dalla preoccupazione di evitare che determinati soggetti solo occasionalmente “transitino” all’interno del Gruppo per poi fuoriuscirne all’ottenimento dei benefici fiscali connessi alla particolare procedura”.
[10] Sul punto, le istruzioni alla compilazione del Modello IVA 2017 confermano che resta valida l’indicazione fornita dall’Amministrazione finanziaria con la C.M. 28.2.86 n. 16, in base alla quale durante l’holding period previsto dalla norma il possesso della partecipazione nella società controllata non deve subire interruzioni né riduzioni al di sotto della percentuale richiesta.
[11] In particolare, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che “la società D potrebbe invero essere compresa nella particolare procedura in esame solo se fosse controllata dalla società B ovvero dalla società C per una percentuale di partecipazione di oltre il 50%, a nulla rilevando, in tal caso, che trattasi di società solo indirettamente controllata dalla società A (controllante). A tale ultimo proposito, infatti, stabilisce sempre il 1 comma dell’art. 2 che si considera “controllata” anche la società le cui azioni o quote sono possedute non direttamente dalla controllante, ma da un’altra società a sua volta da questa controllata, ovviamente sempre attraverso la prescritta misura di partecipazione. E’ stata cioè recepita, nella disciplina in esame, la nozione civilistica di società controllata per interposizione di altre a loro volta controllate”.
[12] La soluzione interpretativa proposta appare del resto percorribile sotto il profilo operativo, in quanto le istruzioni ministeriali al Modello IVA 2017 relativo all’anno d’imposta 2016, richiedono, per ciascuna società controllata che aderisce all’IVA di Gruppo “il numero di partita Iva, la denominazione o ragione sociale e la percentuale di possesso del soggetto che detiene la maggioranza delle azioni o quote” (a prescindere che si tratta di una società che esercita un controllo diretto o indiretto). Pertanto, nel rigo VG 2 relativo alla società controllata D, i campi 5 (Partita IVA della società controllante) 6 (Denominazione o ragione sociale della società controllante) e 7 (Percentuale di possesso) dovrebbero essere valorizzati indicando i dati della società controllante A.
[13] Cfr. Risoluzione 21 aprile 1997, n. 69/E e Cass. 30 luglio 2009, n. 17707. L’obbligo di comunicazione non è venuto meno con il D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442, che ha introdotto – anche in ambito IVA – il principio del comportamento concludente. Infatti, in base al relativo art. 4, “in deroga a quanto previsto dai precedenti articoli, restano ferme le disposizioni vigenti previste dall’art. 73 terzo comma, del DPR 633/72, relative alla liquidazione di gruppo delle società controllanti e controllate”.
[14] Cfr. Circolare Agenzia delle Entrare 28.9.2012 n. 38. Sul punto, l’Assonime ha osservato che appare più ragionevole poter regolarizzare l’inadempimento entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale del periodo d’imposta di riferimento (Circolare del 3 dicembre 2012 n. 33, § 2.2).
[15] La nuova modalità di opzione è stata resa possibile già per l’anno 2017, con l’istituzione nel modello di dichiarazione IVA 2017 relativo all’anno 2016 del quadro VG (“Adesione al regime previsto per le società controllanti e controllate”). A tal riguardo, si segnala peraltro che l’Agenzia delle Entrate, tenendo conto del fatto che per il periodo d’imposta 2017 le società controllanti potrebbero aver presentato, prima dell’approvazione del modello IVA/2017 (avvenuta il 16 gennaio 2017), il Modello IVA 26, ha reso noto con il comunicato stampa del 10 febbraio 2017 che sono considerate valide anche le comunicazioni dell’opzione per il 2017 effettuate con tale ultimo modello.
[16] In particolare, come si evince dalle istruzioni per la compilazione della dichiarazione IVA 2017 (anno d’imposta 2016), il quadro VG è costituito da due sezioni in cui vanno indicati, rispettivamente, i dati relativi alle società che partecipano alla liquidazione IVA ed i dati relativi alle società che partecipano alla catena di controllo ma non alla procedura compensatoria.
[17] Con il citato comunicato stampa del 10 febbraio 2017, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che tali variazioni potranno essere comunicate continuando ad utilizzare, solo a tale fine, il Modello IVA 26.