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Attualità

Le «nuove» modalità d’udienza a seguito della Riforma Cartabia

4 Aprile 2023

Giulia Colombo, Carbone D’Angelo Portale Purpura

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza le nuove disposizioni previste dalla c.d. Riforma Cartabia sulle modalità di udienza mediante collegamenti audiovisivi a distanza o sostituita dal deposito di note scritte.


1. Le “nuove” modalità d’udienza nella Riforma Cartabia

Con la c.d. Riforma Cartabia (d.lgs. 149/2022), in attuazione dei criteri dettati dalla legge 206/2021, sono state positivizzate «nuove» modalità di udienza che, nei fatti, vengono a istituzionalizzare, con qualche differenza, quelle forme che erano già state previste nel contesto della legislazione emergenziale[1], volta a far fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19 e a garantire il regolare svolgimento delle udienze.

Nella II sezione del Libro I delle disposizioni generali del codice di procedura civile, la Riforma Cartabia ha aggiunto un terzo comma all’art. 127 c.p.c. («Direzione dell’udienza»). Detta previsione consente al giudice di poter disporre che la stessa, in vece che in presenza, si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza o sostituita dal deposito di note scritte.

A fronte di ciò, al fine di dettare una disciplina uniforme di tali modalità di udienza, il legislatore della Riforma Cartabia ha introdotto due ulteriori disposizioni in coda all’art. 127 c.p.c., ossia l’art. 127-bis c.p.c. e l’art. 127-ter c.p.c.

2. L’udienza mediante collegamenti audiovisivi (art. 127-bis c.p.c.)

L’art. 127-bis c.p.c. modificato dalla Riforma Cartabia e rubricato «udienza mediante collegamenti audiovisivi» disciplina le modalità con le quali può essere disposto lo svolgimento dell’udienza a distanza, chiarendo espressamente che tale disposizione è applicabile anche in caso di udienza pubblica.

Nel dettaglio, il giudice, con provvedimento da comunicarsi alle parti almeno 15 giorni prima dell’udienza, può disporre che questa si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza. Ciascuna delle parti costituite, entro 5 giorni dalla comunicazione del provvedimento, può richiedere che l’udienza si svolga in presenza e, a fronte di tale richiesta, il giudice provvede nei 5 giorni successivi con decreto non impugnabile (detti termini possono essere abbreviati qualora ricorrano particolari ragioni di urgenza). Qualora detta richiesta pervenga solo da alcune delle parti costituite, il giudice ha altresì la facoltà di disporre che l’udienza si svolga con modalità “miste”, ossia alla presenza delle parti che ne hanno fatto richiesta e con collegamento audiovisivo a distanza per le parti non richiedenti, le quali, comunque, hanno sempre la facoltà di partecipare poi in presenza.

La decisione sulle modalità di svolgimento dell’udienza è rimessa alla discrezionalità del giudice, quandanche tutte le parti costituite richiedano la sostituzione dell’udienza in presenza con il collegamento audiovisivo a distanza. Nella scelta della modalità di svolgimento dell’udienza, il giudice dovrà comunque tener conto “dell’utilità e dell’importanza della presenza delle parti in relazione agli adempimenti da svolgersi in udienza. Detto potere direttivo attribuito al giudice incontra un limite espresso all’art. 127-bis, comma 1, c.p.c. Il legislatore della riforma, infatti, impedisce lo svolgimento dell’udienza mediante collegamenti audiovisivi a distanza, ogniqualvolta sia richiesta la presenza in udienza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e degli ausiliari del giudice. Ciò accade, ad esempio, quando all’udienza debbano essere escussi i testimoni: in tal caso, secondo il dettato normativo, l’udienza dovrà celebrarsi necessariamente in presenza.

A completamento di quanto previsto dall’art. 127-bis c.p.c., l’art. 196-duodecies disp. att. c.p.c. detta analiticamente le modalità tecniche che debbono caratterizzare lo svolgimento delle udienze mediante collegamenti audiovisivi a distanza[2]. Secondo il legislatore della riforma è fondamentale che l’udienza con collegamenti audiovisivi a distanza si svolga secondo modalità tecniche idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti coinvolte. Nel caso di udienze non pubbliche, deve essere altresì assicurata la riservatezza del procedimento.

Rispetto a quanto previsto dalla normativa emergenziale, il legislatore della riforma[3], all’art. 196-duodecies, comma 4, disp. att. c.p.c., specifica altresì che “il luogo dal quale il giudice si collega è considerato aula d’udienza a tutti gli effetti e l’udienza si considera tenuta nell’ufficio giudiziario davanti al quale è pendente il procedimento”. Se ne desume che il giudice può anche partecipare all’udienza da luogo diverso rispetto all’ufficio giudiziario. Va da sé che, in caso di udienza “mista”, il giudice non potrà collegarsi da luogo diverso dall’ufficio giudiziario, ma dovrà presenziare all’udienza unitamente a coloro che vi partecipano di persona.

3. Il deposito di note scritte in sostituzione dell’udienza (art. 127-ter c.p.c.)

Oltre alle udienze mediante collegamenti audiovisivi a distanza, l’art. 127-ter c.p.c. modificato dalla Riforma Cartabia introduce la possibilità che il giudice disponga di sostituire l’udienza in presenza con il deposito di note scritte. Anche in questo caso, nella logica del legislatore della riforma, le note scritte, così come l’udienza mediante collegamento audiovisivo a distanza, si considerano, nel loro scopo, equivalenti alle udienze in presenza.

La norma consente al giudice di sostituire udienze già calendarizzate[4] con il deposito di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, come pure stabilire, contestualmente alla fissazione dell’udienza, che in luogo di essa si depositeranno note scritte.

Così come nel caso di udienza con collegamenti audiovisivi a distanza, la Riforma Cartabia prevede che il giudice non potrà disporre la sostituzione dell’udienza in presenza con il deposito di note scritte quando all’udienza debbano partecipare soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e degli ausiliari del giudice. In tali casi, l’udienza dovrà necessariamente celebrarsi in presenza. Di contro, il giudice è tenuto a disporre la sostituzione dell’udienza con il deposito di note scritte qualora la richiesta della modalità «cartolare» provenga da tutte le parti costituite. In ciò la disposizione differisce dalla norma sull’udienza telematica dove il giudice non è tenuto a disporre tale modalità d’udienza nemmeno a fronte di una concorde richiesta in tal senso delle parti.

Rispetto alla normativa emergenziale[5], che consentiva il deposito di note scritte solo nei casi in cui non fosse richiesta la presenza in udienza di soggetti diversi dai difensori, la Riforma Cartabia elimina ogni vincolo in tal senso. Detta generalizzazione della facoltà di ricorrere al deposito di note scritte genera alcune perplessità. Al riguardo occorre infatti rilevare che se le note scritte possono certamente costituire un valido sostituto per alcune tipologie di udienze, quali, ad esempio, quelle di precisazioni delle conclusioni, secondo i primi commentatori della riforma[6], così come la dottrina sviluppatasi in relazione alla normativa emergenziale (che per l’appunto prevedeva le modalità di trattazione in discorso), le udienze prettamente di discussione non possono essere sostituite dal deposito di note scritte. Questo perché l’udienza in forma «cartolare» non è equiparabile all’udienza in presenza dato che necessariamente determina il venir meno del requisito dell’oralità tipico delle udienze, soprattutto di discussione, che, invece, può comunque trovare spazio nel caso di udienza con collegamenti audiovisivi a distanza.

A maggior ragione, le note scritte non potranno fare da sostituto alle udienze pubbliche ex art. 128 c.p.c., in quanto detto strumento non può tecnicamente essere idoneo a garantire la pubblicità dell’udienza.

A corollario dell’impossibilità tecnica che deriva dello strumento «cartolare», è pure da dubitarsi che le note scritte siano effettivamente idonee a garantire un contraddittorio pieno tra le parti, in quanto, con detto strumento non risulta possibile, come invece lo sarebbe nel caso di udienza orale, contestare seduta stante quanto affermato dalla controparte. In aggiunta, posto che la norma in commento non prevede la possibilità di fissazione di termini disgiunti per il deposito di note scritte, una parte potrebbe essere pregiudicata nella dialettica processuale, non avendo possibilità di replica in relazione ai contenuti delle note depositate dalla controparte.

Occorre poi sottolineare che lo strumento «cartolare» potrebbe avere anche un’incidenza sul diritto di difesa, soprattutto nel caso di procedimenti con pluralità di parti. Basti qui considerare che il tenore testuale dell’art. 127-ter c.p.c. impone il deposito di note scritte «contenenti le sole istanze e conclusioni», impedendo, quanto meno sulla “carta”, la possibilità di estendere il contenuto delle note con ulteriori argomenti esplicativi. Se però la modalità «cartolare» deve considerarsi sostitutiva dell’udienza in presenza (e ciò è l’intento del legislatore della riforma), allora non si vede per quale motivo le note di trattazione scritta debbano contenere «le sole istanze e conclusioni», e, dunque, essere più limitate rispetto a quanto una parte avrebbe potuto affermare oralmente nel corso di un’udienza. La compressione del diritto di difesa potrebbe poi diventare ancora più accentuata qualora si venissero a replicare anche le limitazioni imposte da alcuni uffici giudiziari nelle more della normativa emergenziale. Era frequente infatti che, con il provvedimento con cui veniva sostituita l’udienza in presenza con le note scritte, venissero individuati anche criteri formali restrittivi per la redazione delle note, quali, ad esempio, le dimensioni del carattere, il numero massimo di pagine, lo spazio di interlinea, ecc…

Vi è da dire che, già nella vigenza della normativa emergenziale, il mancato rispetto delle prescrizioni di forma non determinava alcuna conseguenza né nel giudizio in sé né in termini di spese processuali. È comunque auspicabile che lo stesso giudice, in relazione agli adempimenti per cui è chiamata l’udienza e, a maggior ragione, in presenza di plurime parti, non imponga stringenti limiti di contenuto alle note scritte, così da non restringere il diritto di difesa delle parti in causa.

Rispetto poi alla normativa emergenziale, l’art. 127-ter, ult. comma, c.p.c. specifica espressamente che il giorno di scadenza del termine per il deposito delle note scritte è considerato data di udienza a tutti gli effetti e, in combinato con il comma 3 della medesima disposizione (secondo cui il giudice provvede entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note), è ragionevole ritenere che dal giorno fissato per il deposito di note scritte il fascicolo di causa sia automaticamente in riserva, senza più la necessità di un verbale d’udienza «finzionistico», con il quale il giudice si riservava l’adozione del provvedimento fuori udienza.

Da ultimo, occorre porre attenzione all’art. 127-ter, comma 4, c.p.c. che detta la regola nel caso in cui non vengano depositate le note scritte nel termine perentorio fissato dal giudice. Infatti, «se nessuna delle parti deposita le note nel termine assegnato il giudice assegna un nuovo termine perentorio per il deposito delle note scritte o fissa udienza. Se nessuna delle parti deposita le note nel nuovo termine o compare all’udienza, il giudice ordina che la causa di cancella dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo». In buona sostanza, il legislatore della riforma ha cercato di equiparare il mancato deposito delle note scritte alla mancata comparizione in udienza, replicando così il meccanismo di cui all’art. 181 c.p.c. (e art. 309 c.p.c.). Ciò che però stona nella formulazione del legislatore della riforma è la qualificazione del termine come «perentorio». A norma degli artt. 152 e 153 c.p.c., qualora sia stabilito un termine perentorio, il mancato compimento dell’atto entro il termine implica una decadenza dal diritto di compiere l’atto; decadenza che può essere rimediata, se derivante da causa non imputabile alla parte che ne è incorsa, con la richiesta al giudice di rimessione in termini. Senonché, il contenuto dell’art. 127-ter c.p.c. rende evidente che il mancato rispetto del termine perentorio fissato dal giudice per il deposito delle note scritte non comporta alcuna decadenza, in quanto determina la fissazione di un nuovo termine o la fissazione dell’udienza in presenza. Si tratta di una imprecisa formulazione, che avrebbe dovuto riferirsi al termine per il deposito di note scritte senza definirlo “perentorio”, posto che a tale termine non si dà il significato proprio di cui agli artt. 152 e 153 c.p.c. Del resto, come rilevato dai alcuni primi commentatori della riforma[7], sarebbe stato sufficiente indicare che il mancato deposito delle note scritte comporta le conseguenze stabilite dall’art. 181 c.p.c., così come era stato stabilito in origine dall’art. 221, comma 4, d.l. 34/2020[8].

4. La disciplina transitoria 

L’art. 35 del d.lgs. 149/2022 regola l’entrata in vigore delle disposizioni di cui alla c.d. Riforma Cartabia. In questo contesto, gli artt. 127, terzo comma, 127-bis e 127-ter c.p.c. sono destinatari di una disciplina specifica, che differisce dalla regola generale di diritto transitorio, secondo cui le disposizioni riformate entrano in vigore dal 30 giugno 2023 (anticipate poi, in parte, al 28 febbraio 2023[9]). Con riferimento alle richiamate norme, invece, si specifica che esse si applicano dal 1° gennaio 2023 ai procedimenti di nuova introduzione e ai procedimenti pendenti innanzi al Tribunale, alla Corte d’Appello, alla Corte di Cassazione e al Tribunale superiore delle acque pubbliche.

L’art. 1, comma 380, della l. n. 197/2022 (c.d. legge di bilancio) ha poi modificato l’art. 35 della Riforma Cartabia, estendendo l’applicabilità delle modalità alternative di udienza dal 1° gennaio 2023 anche ai procedimenti di nuova introduzione e ai procedimenti pendenti innanzi al Giudice di pace, al Tribunale per i minorenni e al Commissario per la liquidazione degli usi civici.

 

[1] Il riferimento va al d.l. n. 18/2020, convertito, con modificazioni, nella l. n. 27/2020.

[2] L’art. 196-duodecies, comma 5, disp. att. c.p.c. rinvia ai provvedimenti del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia per l’individuazione e regolamentazione dei collegamenti audiovisivi a distanza e per stabilire le modalità con cui assicurare la pubblicità nei casi di udienze pubbliche.

Detti provvedimenti, ad oggi, non sono ancora stati adottati, pertanto, secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 380, della l. n. 197/2022 (c.d. legge di bilancio) «fino  all’adozione  dei  provvedimenti  previsti  dall’articolo 196-duodecies, quinto comma, delle disposizioni per l’attuazione  del codice di procedura civile e  disposizioni  transitorie,  di  cui  al regio decreto 18 dicembre 1941,  n.  1368,  introdotto  dal presente decreto, i collegamenti da remoto per lo svolgimento delle udienze civili continuano a essere regolati dal provvedimento del direttore generale per i sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia 2 novembre 2020”. Detta disposizione ha aggiornato quanto originariamente previsto dall’art. 35, comma 10, d.lgs. 149/2022 che si riferiva al “decreto del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia del 20 marzo 2020, previsto dall’articolo 83, comma 7, lettera f), del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27».

[3] Nell’originaria versione dell’art. 221, comma 7, d.l. 34/2020, convertito, con modificazioni, in l. 77/2020, si stabiliva che l’udienza era tenuta con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario. Detta disposizione era già stata superata dall’art. 23, comma 9, d.l. 137/2020 che consentiva al giudice di partecipare all’udienza anche in luogo diverso dall’ufficio giudiziario.

[4] Cfr. art. 127-ter c.p.c.: «con il provvedimento con cui sostituisce l’udienza il giudice assegna un termine perentorio non inferiore a quindici giorni per il deposito delle note. Ciascuna parte costituita può opporsi entro cinque giorni dalla comunicazione; il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile».

[5] Cfr. art. 83, comma 7, lett. h), Dl. 18/2020: «[i capi degli uffici giudiziari possono prevedere] lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”, nonché art. 221, comma 4, Dl. 34/2020: “il giudice può disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni».

[6] Per un’ampia disamina critica in relazione all’incompatibilità delle note scritte con riferimento a particolari udienze cfr. Delle Donne, sub artt. 127, 127-bis, 127-ter, c.p.c., in La riforma Cartabia del processo civile, commento al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a cura di Tiscini, Pisa, 2023, pp. 79 e ss.

[7] Cfr. Delle Donne, sub artt. 127, 127-bis, 127-ter, c.p.c., in La riforma Cartabia del processo civile, commento al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a cura di Tiscini, Pisa, 2023, p. 88.

[8] Ai sensi del quale «se nessuna delle parti effettua il deposito telematico di note scritte, il giudice provvede ai sensi del primo comma dell’articolo 181 del codice di procedura civile».

[9] Cfr. art. 1, comma 380, della l. n. 197/2022 (c.d. legge di bilancio).

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