Sommario: 1. Introduzione. – 2. Il quadro normativo e giurisprudenziale ante-riforma. – 3. L’ambito di applicazione dell’articolo 163-bis. – 4. Il contenuto del decreto del tribunale. – 5. La procedura. – 6. L’affitto d’azienda.
1. Introduzione
In questo contributo è illustrata la disciplina delle offerte concorrenti contenuta nell’articolo 163-bis della legge fallimentare[1] (la “Legge Fallimentare”) introdotto dal decreto legge n. 83 del 27 giugno 2015[2] (il “Decreto”). Per quanto possibile, sono stati evidenziati i commenti più autorevoli e le prime pronunce della giurisprudenza edita che si sono occupati della norma in esame.
La norma ha recepito l’orientamento di una parte della giurisprudenza che, integrando una lacuna della Legge Fallimentare, ha sancito l’obbligo di aprire a possibili offerte competitive migliorative nel quantum offerte di terzi già recepite nella proposta concordataria ed aventi ad oggetto il trasferimento o l’affitto dell’azienda, di rami o anche il trasferimento di singoli beni. In quanto compatibile, la disciplina delle offerte concorrenti si applica anche agli atti da approvare ai sensi dell’articolo 161, comma settimo, della Legge Fallimentare.
L’introduzione del nuovo istituto non è isolata ma s’inserisce in una più ampia politica di accrescimento della competitività e concorrenza volta a favorire lo sviluppo del mercato dei distressed assets. Un altro istituto ispirato alla stessa finalità è quello delle proposte concorrenti di cui al novellato articolo 163 della Legge Fallimentare[3].
Tralasciando qualunque valutazione sull’opportunità, coerenza ed efficacia di tali interventi normativi, si deve porre l’accento sul sostanziale mutamento della natura del concordato preventivo che, da procedura prevalentemente pattizia, soprattutto a seguito della riforma del 2005, sta tornando ad essere caratterizzata da un’ambivalenza tra intervento pubblico e autonomia privatistica.
La disciplina delle offerte concorrenti riflette proprio questa ambivalenza perché se, per un verso, consente al debitore di modulare liberamente il piano e la proposta concordatari in base ad accordi presi con terzi, per l’altro verso, subordina l’efficacia degli accordi stessi all’esito della procedura competitiva che deve essere obbligatoriamente avviata da parte del tribunale.
2. Il quadro normativo e giurisprudenziale ante-riforma
Come accennato, il Decretoha tentato di integrare una lacuna della Legge Fallimentare che aveva creato non poche incertezze nella giurisprudenza e tra gli investitori.
Infatti, prima del Decreto, era assente una norma che disciplinasse la sorte della liquidazione dei beni nella fase antecedente l’omologazione del concordato preventivo o in pendenza del termine di cui all’articolo 161, comma sesto, della Legge Fallimentare.
Più correttamente, la disposizione dei beni ante-omologazione era un atto di straordinaria amministrazione (salvo che rientrasse nell’attività tipica del debitore) che doveva essere autorizzato dal giudice delegato ex articolo 167 della Legge Fallimentare o dal tribunale ex articolo 161, comma settimo della Legge Fallimentare.
Tuttavia, la Legge Fallimentare, diversamente dal caso della liquidazione dei beni post-omologazione, non indicava alcun criterio o forniva alcuna regolamentazione al giudice competente per autorizzare l’atto, sia nel caso in cui la disposizione del bene fosse conseguenza di un atto negoziale successivo al deposito della domanda di concordato preventivo (o ricorso ex articolo 161, comma sesto della Legge Fallimentare), sia se fosse in esecuzione di un negozio giuridico concluso antecedentemente.
Tale lacuna imponeva una responsabilità significativa agli organi giudiziari che avessero inteso autorizzare atti di straordinaria amministrazione rilevanti (quale poteva essere l’affitto dell’azienda o di rami di essa o addirittura la vendita) prima dell’omologazione o durante la fase di concordato con riserva.
Peraltro, in mancanza di un quadro normativo specifico, i giudici dovevano creare una regolamentazione ad hoc o applicare per analogia norme concepite per altri istituti e non sempre compatibili con la fase del procedimento in cui si trovavano a deliberare[4].
Probabilmente, però, l’esigenza di un’integrazione della legge che eliminasse ogni incertezza agli operatori era avvertita soprattutto per il caso in cui la proposta concordataria fosse stata già completa di un atto dispositivo stipulato con un terzo (quale un affitto dell’azienda o un preliminare di vendita della stessa o di beni significativi) e, quindi, chiusa e preconfezionata. Oltretutto, poteva essere frequente l’abuso della proposta preconfezionata da parte dello stesso imprenditore che, per mezzo di prestanomi o soggetti compiacenti, di fatto riacquistava l’azienda dal concordato ad un prezzo non concorrenziale, ponendo i creditori nella condizione di dover accettare la proposta per recuperare almeno il poco che veniva loro offerto[5].
In realtà, la prassi dei tribunali era già intervenuta a disciplinare situazioni in cui proposte chiuse, che quindi prevedevano un contratto di affitto e/o di vendita dei cespiti aziendali già stipulati e definitivi, fossero “riaperte” al mercato attraverso procedure competitive organizzate.
Il leading case, come noto, è stata la procedura di vendita imposta dal Tribunale di Milano nel concordato preventivo della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor[6]. Senza entrare nel dettaglio di questo e altri casi (ad esempio il concordato preventivo La Perla[7]), è sufficiente rilevare che la giurisprudenza si era divisa tra chi seguiva l’orientamento del Tribunale di Milano e, quindi, imponeva la procedura competitiva[8] e chi, invece, non riteneva di aprire alla concorrenza contratti già conclusi tra privati[9].
Infine, con il Decreto, il legislatore ha definitivamente sancito il principio dell’apertura obbligatoria alla concorrenza dei negozi già conclusi tra privati.
Lo stesso legislatore, nella relazione al Decreto, ha chiarito che l’obiettivo principale della nuova disposizione sia proprio quello di massimizzare la recovery dei creditori concordatari mettendo loro a disposizione una terza possibilità oltre a quella se accettare o rifiutare in blocco la proposta preconfezionata del debitore, prevedendo che si debba procedere all’apertura di possibili offerte competitive che siano migliorative nel quantum rispetto alla proposta originaria.
3. L’ambito di applicazione dell’articolo 163-bis
La novella della Legge Fallimentare prevede, dunque, che il tribunale debba disporre l’apertura di un procedimento competitivo ogniqualvolta la proposta concordataria comprenda un’offerta di un soggetto già individuato per l’acquisto a titolo oneroso o l’affitto dell’azienda, di rami di essa o di beni specifici.
Il primo comma dell’articolo 163-bis individua l’ambito di applicazione della norma:
- il piano di concordato ex articolo 161, comma secondo, lettera (e) della Legge Fallimentare che comprende l’offerta. E’ quindi necessario che il debitore abbia depositato la domanda di concordato preventivo (di qualsiasi natura, liquidatorio, con continuità diretta o indiretta)[10] e che il piano (in continuità o di liquidazione) contenga già l’offerta di un terzo. L’ultimo comma dell’articolo 163-bis estende, in quanto compatibile, la disciplina delle offerte concorrenti anche agli atti da autorizzare nella fase antecedente il deposito della domanda di concordato di cui all’articolo 161, comma settimo (quindi anche in assenza di un piano concordatario)[11];
- l’offerta di un soggetto già individuato. Può essere una qualsiasi offerta, non altrimenti qualificata e, quindi, anche condizionata o un contratto preliminare. Si ritiene, giustamente ad avviso di chi scrive, che l’offerta debba essere stata accettata dal debitore (e come tale vincolante per lo stesso e ricompresa nel piano) perché altrimenti la norma sarebbe superflua[12];
- l’offerta deve avere ad oggetto un trasferimento a titolo oneroso a favore del soggetto offerente. Il trasferimento può dunque essere una vendita ma anche un altro negozio che abbia come effetti il trasferimento del bene purché a titolo oneroso (ad esempio una datio in solutum o l’accollo di debito)[13]. In ultimo, si nota che la norma prevede che il trasferimento debba essere a favore dello stesso soggetto offerente. Evidentemente anche un’offerta che preveda il trasferimento a favore di un terzo diverso dall’offerente dovrebbe essere ricompresa e ciò sia in considerazione dello spirito della norma sia perché diversamente sarebbe molto semplice aggirarne il precetto;
- il trasferimento può avvenire anche prima dell’omologazione. Con questa precisazione, il legislatore ha sancito la possibilità di anticipare gli effetti del piano prima dell’omologazione, tra cui la disapplicazione della responsabilità solidale del cessionario dell’azienda o del ramo d’azienda ex articolo 2560 del codice civile e gli effetti purgativi della cancellazione delle ipoteche eventualmente costituite sui beni trasferiti[14]. Inoltre, il trasferimento può anche non essere immediato ma, per esempio, può essere posticipato ad un termine o condizionato al verificarsi di determinati eventi (ad esempio l’omologazione del concordato);
- il trasferimento deve riguardare l’azienda, uno o più rami d’azienda o anche singoli beni[15]. Se si comprende la ratio del ricorso alla procedura competitiva per l’azienda o rami d’azienda, meno chiaro è perché si sia esteso l’obbligo di aprire la procedura per qualsiasi bene a prescindere da un criterio qualitativo o quantitativo. Infatti, il tribunale, non essendo dotato di discrezionalità, è obbligato a disporre la procedura di vendita competitiva per beni anche di modesto valore e per i quali i tempi e costi della procedura potrebbero essere addirittura svantaggiosi ai fini della massimizzazione della liquidazione rispetto alla vendita diretta.
Su quest’ultimo punto si è fatto rilevare che l’indiscriminata estensione dell’obbligatorietà della procedura competitiva potrebbe rappresentare un disincentivo per gli investitori a causa delle incertezze circa gli esiti e la tempistica della procedura, non sempre compatibili con la situazione dell’azienda, soprattutto per le aziende minori che costituiscono la maggioranza del tessuto imprenditoriale italiano[16].
Addirittura, l’aver previsto che il trasferimento di qualunque bene, anche di modesto valore, debba essere soggetto all’ambito di applicazione dell’articolo 163-bis sembra veramente eccessivo e potrebbe ostacolare la liquidazione di assets per generare liquidità vitale per un’azienda in difficoltà e sottoposta a procedura concorsuale.
La versione originale del Decreto, prima della conversione, era, in effetti, meno rigida e lasciava discrezionalità al commissario e all’autorità giudiziaria se aprire la procedura competitiva sulla base di una valutazione di convenienza per i creditori e tenendo conto anche del valore dei beni[17]. La legge di conversione ha invece semplificato la fase preliminare, demandando al solo tribunale il potere di iniziativa ma spogliandolo al contempo di qualsiasi discrezionalità.
Sembrerebbe, dunque, che non esistano possibilità per l’imprenditore e il terzo (e, si aggiunge, per il tribunale) di evitare la procedura competitiva anche quando questa non sia compatibile con l’interesse della procedura e dei creditori, a meno che si ritenga che la procedura competitiva non si applichi al caso in cui il trasferimento avvenga a seguito di un negozio concluso successivamente al deposito del ricorso per concordato preventivo e non previsto nel piano[18].
Infatti, l’ambito di applicazione dell’articolo 163-bis sarebbe limitato ai trasferimenti contenuti nel piano di concordato e, quindi, basterebbe escludere da quest’ultimo l’atto dispositivo (evidentemente successivo al piano stesso) perché la procedura competitiva non diventi più obbligatoria. Questa soluzione deve essere vagliata attentamente perché, di per sé, non può essere solo un escamotage per evitare il precetto dell’articolo 163-bis.
In particolare, è improbabile che la cessione di un ramo d’azienda o addirittura dell’intera azienda non sia compresa nel piano mentre potrebbero non esserlo singoli beni, soprattutto di valore non significativo. Inoltre, lo stesso giudice delegato si assumerebbe la responsabilità di autorizzare la vendita di un bene rilevante ai sensi dell’articolo 167 della Legge Fallimentare disapplicando l’articolo 163-bis che, peraltro, attribuisce la competenza al tribunale[19].
Probabilmente, la soluzione più ragionevole è che, per i soli atti di trasferimento di beni di modesto valore (e un indizio della loro irrilevanza sarebbe proprio la circostanza che non siano previsti nel piano), il giudice delegato possa autorizzare – sulla base di una valutazione circa la convenienza per i creditori e l’incompatibilità dei tempi e costi della procedura competitiva – la disposizione del bene ai sensi dell’articolo 167 della Legge Fallimentare senza ricorrere alla procedura competitiva. Peraltro, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 167, il giudice delegato potrebbe anche stabilire un limite di valore dei beni al di sotto del quale non è dovuta l’autorizzazione.
4. Il contenuto del decreto del tribunale
Accertati i presupposti, il tribunale dispone con decreto l’apertura del procedimento competitivo a norma del secondo comma dell’articolo 163-bis, che indica i contenuti (minimi) del decreto:
- le modalità di presentazione di offerte irrevocabili. Il tribunale stabilisce forme, tempi e luogo di presentazione delle offerte che devono essere consegnate in forma segreta ed essere conformi al decreto a pena di inammissibilità. Inoltre, le offerte devono essere irrevocabili e non condizionate[20]. Per quanto riguarda l’offerente originario, la sua offerta diventa irrevocabile se modificata in base al decreto (quindi l’offerente dovrebbe riproporre una nuova offerta come tutti gli altri eventuali nuovi offerenti). Si discute, invece, se, non presentando l’offerente originario una nuova offerta, quella iniziale diventi revocabile per effetto dell’apertura della gara. La risposta dovrebbe essere negativa, nel senso che l’offerta iniziale manterrebbe la sua efficacia e, pertanto, se si trattava di offerta vincolante, in caso di esito infruttuoso della gara, il proponente originario sarà tenuto ad adempiere gli impegni assunti[21];
- i requisiti dell’offerta che ne assicurino la comparabilità. Nella relazione al Decreto si chiarisce che la presentazione delle offerte concorrenziali non deve costituire ostacolo alla realizzazione del piano e la comparabilità dovrebbe garantire questo obiettivo. A tal fine, come per qualsiasi gara pubblica o privata, il bando dovrebbe essere sufficientemente dettagliato ed i requisiti il più possibile chiari e obiettivi in modo da facilitare il confronto tra le offerte pervenute ed evitare possibili contestazioni e, probabilmente, nella maggior parte dei casi, il solo elemento che dovrebbe cambiare è il prezzo[22];
- i requisiti soggettivi degli offerenti. I requisiti soggettivi potrebbero essere rilevanti per escludere, ad esempio, eventuali soggetti che siano connessi all’imprenditore proponente il concordato[23];
- la disciplina per l’accesso alle informazioni. L’accesso alle informazioni è naturalmente uno degli aspetti più sensibili per gli offerenti, ma anche per l’impresa oggetto dell’offerta, e può essere determinante per l’esito della gara. Infatti, un’informazione insufficiente può disincentivare gli investitori dal presentare offerte ovvero può riflettersi negativamente sul prezzo. Al contempo, l’impresa debitrice che ha proposto il concordato non ha interesse a fornire informazioni sensibili a possibili concorrenti e, come spesso avviene in queste situazioni, si tratta di bilanciare i diversi interessi. Affinché la procedura sia effettivamente competitiva, i terzi offerenti dovrebbero accedere almeno alle stesse informazioni fornite all’offerente di cui al primo comma dell’articolo 163-bis[24];
- le garanzie offerte dagli offerenti. Le garanzie potrebbero essere prestate per cauzioni o coprire spese (si potrebbe anche prevedere che siano usate per rimborsare all’offerente, che ha presentato l’offerta di cui al primo comma, le spese e i costi sostenuti per la formulazione dell’offerta entro il limite massimo del tre per cento del prezzo in essa indicato, secondo quanto previsto dallo stesso articolo 163-bis, comma secondo);
- la data dell’udienza per l’esame delle offertee le modalità di svolgimento della procedura competitiva. L’udienza per l’esame potrà tenersi prima dell’adunanza dei creditori e la procedura competitiva si svolgerà presumibilmente alla stessa udienza o immediatamente dopo;
- è disposta la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche di cui all’articolo 490 del codice di procedura civile ed è stabilito l’aumento minimo del corrispettivo dell’offerta di cui al primo comma dell’articolo 163-bis. Per quanto riguarda l’aumento, lo stesso non dovrebbe essere tale da incidere sull’autonomia negoziale delle parti e modificare sostanzialmente il piano[25].
5. La procedura
Il terzo comma dell’articolo 163-bis della Legge Fallimentare si occupa, con pochi dettagli, della procedura da seguire in caso siano presentate eventuali offerte concorrenti[26].
5.1 La scelta dell’offerta
Innanzitutto, è stabilito che le offerte sono rese pubbliche all’apposita udienza fissata nel decreto del tribunale di cui al secondo comma e a cui possono partecipare gli offerenti e qualsiasi interessato (e, tra questi, il commissario, lo stesso debitore e il proponente l’offerta del primo comma).
La presenza degli offerenti non è obbligatoria e, pertanto, si può procedere all’esame delle offerte anche in loro assenza. In particolare, si può procedere alla gara tra più offerte migliorative nella stessa udienza o ad un’udienza immediatamente successiva e il tribunale, dopo aver reso pubbliche le offerte e verificato il rispetto formale dei requisiti, esaminerà l’offerta o le offerte ammissibili per accertare se siano migliorative rispetto a quella del primo comma dell’articolo 163-bis.
Non specificando (per ovvi motivi) la legge i criteri per stabilire quando un’offerta sia migliorativa, il tribunale dovrà in qualche modo compiere una valutazione comparativa di merito e quasi di convenienza tra le nuove offerte rispetto a quella originaria.
Come accennato al paragrafo precedente a proposito dei requisiti che devono essere indicati nel decreto del tribunale, proprio al fine di facilitarne il confronto ed evitare possibili contestazioni, il tribunale dovrebbe predisporre un decreto sufficientemente dettagliato con indicazione dei requisiti delle offerte il più possibile chiari e obiettivi. In tal maniera, potrà esaminare le offerte con limitato uso di poteri discrezionali favorendo la celerità della procedura ed evitando di incidere troppo anche sul piano originario depositato dal debitore concordatario.
Ovviamente, la scelta più immediata e meno invasiva sarebbe quella tra offerte la cui unica differenza consista nel prezzo, restando invariati tutti gli altri elementi rispetto all’offerta principale. Qualora invece vi siano altre differenze, il tribunale potrà avvalersi anche di consulenti per l’analisi tecnica delle offerte pervenute.
Se è pervenuta più di un’offerta migliorativa, sarà esclusa quella originaria e il tribunale disporrà la gara tra le nuove offerte migliorative. Se invece è pervenuta (o comunque è stata ritenuta ammissibile) un’unica offerta migliorativa, quest’ultima dovrebbe essere posta alla base della nuova proposta concordataria in sostituzione dell’offerta originaria[27].
L’unico termine indicato nella norma è quello riferito alla data dell’adunanza dei creditori, termine entro cui deve concludersi la gara anche se la vendita o l’aggiudicazione abbiano luogo dopo l’omologazione. Tuttavia, tale termine deve essere coordinato con quello richiesto al commissario per il deposito della relazione ex articolo 172 della Legge Fallimentare (45 giorni prima dell’adunanza dei creditori). In difetto di indicazioni, si ritiene che la gara deve completarsi e il nuovo piano e la proposta debbano essere modificati in tempo utile per consentire al commissario di presentare la relazione nei termini[28].
5.2 Liberazione dell’offerente originario e rimborso delle spese
Con la vendita o con l’aggiudicazione, se precedente, a soggetto diverso da colui che ha presentato l’offerta di cui al primo comma dell’articolo 163-bis, quest’ultimo è liberato dalle obbligazioni eventualmente assunte nei confronti del debitore[29].
In tal caso, il commissario (quindi non il tribunale) dispone il rimborso delle spese e dei costi sostenuti per la formulazione dell’offerta originaria entro il limite massimo del tre per cento del prezzo in essa indicato. Tale previsione serve lo scopo di non scoraggiare comunque proposte di investitori anche prima del concordato, così che possano recuperare almeno i costi entro limiti ragionevoli[30]. Il rimborso dovrebbe avvenire a partire dall’omologazione e il relativo credito ha i caratteri di un credito prededucibile.
5.3 Applicabilità degli articoli 105-108 della Legge Fallimentare
La scarna disciplina del terzo comma dell’articolo 163-bis deve necessariamente essere integrata da altre disposizioni, da interpretazioni e coordinamento con diversi istituti della Legge Fallimentare. In particolare, sebbene nel corpo dell’articolo non venga fatto rinvio esplicito alle norme sulla vendita nel fallimento di cui agli articoli 105-108 della Legge Fallimentare, si ritiene che le stesse siano applicabili per analogia anche alla vendita ex articolo 163-bis, con alcune precisazioni.
Infatti, l’articolo 163-bis dovrebbe costituire applicazione del più generale principio dell’articolo 182 della Legge Fallimentare che dispone, al quinto comma, che “alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda si applicano gli articoli da 105 a 108-ter”[31].
Le più immediate conseguenze di questa interpretazione, riprese dalla giurisprudenza di merito, sono che la vendita competitiva di cui all’articolo 163-bis produce “1) gli effetti cd. purgativi di una vendita forzata (articolo 108), eseguita con decreto di trasferimento del giudice o con atto notarile previa autorizzazione del giudice, in quanto (i) fatta dall’autorità giudiziaria; (ii) indipendentemente dalla volontà del debitore, in quanto soggetta a procedura competitiva, oltretutto soggetta all’aumento minimo del prezzo base; (iii) nell’interesse del ceto creditorio e (iv) con distribuzione del ricavato nel rispetto delle cause legittime di prelazione ai sensi dell’articolo 2741 del codice civile; 2) gli effetti liberatori dalla responsabilità dell’acquirente per i debiti sorti prima del trasferimento dell’azienda e risultanti dai libri contabili obbligatori (articolo 105 legge fallimentare)”[32].
5.4 Il ruolo del debitore
In attesa di verificare se e come i suesposti principi si consolideranno nella giurisprudenza, in questa breve disanima dell’articolo 163-bis è quantomeno opportuno puntualizzare che le norme richiamate dall’articolo 182 riguardano comunque la vendita nell’ambito della procedura fallimentare e, quindi, non sono integralmente applicabili alla vendita effettuata in una procedura di concordato preventivo. Basti pensare, in primis, che, mentre nel concordato preventivo i beni sono nel possesso del debitore sotto la supervisione del commissario giudiziale, nel fallimento sono invece gestiti dal curatore.
Da questa sostanziale differenza deriva che il debitore deve attivarsi per dare luogo agli atti previsti dalle citate norme. Tuttavia, qualora lo stesso debitore non si conformi, non è prevista alcuna sanzione specifica e, pertanto, occorre chiedersi entro che limiti si possa dare attuazione alle disposizioni che richiedono comunque un contributo attivo del debitore[33].
Più discutibile è, invece, se sia applicabile per analogia anche l’articolo 185, comma terzo, della Legge Fallimentare[34], secondo il quale il tribunale, sentito il debitore, può attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere, in luogo del debitore, al compimento degli atti a questo richiesti. Infatti, tale previsione è riferita alla fase esecutiva del concordato omologato, mentre, nel caso in questione, si è in una fase anteriore (a meno che il trasferimento sia eseguito dopo l’omologazione).
Analoga conseguenza si avrebbe nella situazione in cui il debitore non modifichi la proposta e il piano di concordato in conformità all’esito della gara, secondo quanto previsto dall’articolo 163-bis,comma quarto[35].
La modifica serve per conformare il piano e la proposta di concordato che sarà sottoposta al voto dei creditori. Pertanto, la stessa dovrà essere modificata in tempo utile prima dell’adunanza dei creditori per consentire agli stessi di esprimere il voto su una proposta completa e definitiva.
Se il debitore non provvede a modificare la proposta, come anticipato supra, il tribunale, prima dell’omologa, può disporre la revoca del concordato ex articolo 173, ultimo comma della Legge Fallimentare ovvero può respingere l’omologa. Dopo l’omologa potrebbe invece fare ricorso ai rimedi di cui all’articolo 185, comma terzo, della Legge Fallimentare sebbene sia controverso se tale norma sia invocabile quale rimedio alla violazione dell’articolo 163-bis [36].
Tuttavia, un’altra ipotesi da considerare è quella che, invece, sia il debitore a far decadere l’offerta concorrente selezionata e a lui non gradita semplicemente rinunziando alla proposta di concordato, possibilità pacificamente ammessa dalla giurisprudenza fino all’omologazione del concordato[37]. In questo caso, nulla osterebbe al debitore di far decadere la procedura e, quindi, anche l’offerta concorrente che sia stata scelta in luogo di quella gradita al debitore[38].
In assenza di una disposizione specifica che impedisca o quantomeno regoli le conseguenze di un tale comportamento, al momento l’unico rimedio potrebbe consistere nel sanzionare la presentazione di una nuova domanda di concordato preventivo o altra procedura[39] come un abuso dello strumento del concordato preventivo.
6. L’affitto d’azienda
L’ultimo comma dell’articolo 163-bis dispone che la disciplina dei commi precedentisi applica, in quanto compatibile, anche agli atti da autorizzare ai sensi dell’articolo 161, comma settimo della Legge Fallimentare nonché all’affitto di azienda o di uno o più rami di azienda.
Per quanto riguarda in particolare l’affitto d’azienda, il comma in questione sarebbe ridondante se si trattasse di un affitto d’azienda che contenga un’offerta irrevocabile o diritti per l’acquisto dell’azienda a favore dell’affittuario, in quanto molto probabilmente rientrerebbe nell’ambito del primo comma dell’articolo 163-bis, ultima parte, che già contempla qualunque contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell’azienda (o di rami di essa)[40].
L’ultimo comma dell’articolo 163-bis chiarisce invece che i contratti di affitto a cui applicare, in quanto compatibile, l’articolo 163-bis sono quelli che non prevedono il successivo trasferimento (neanche potenziale). Anche rispetto a questi ultimi, dunque, il legislatore ha ritenuto opportuno aprire alla verifica del mercato contratti stipulati prima o dopo l’apertura del concordato preventivo[41].
Infine, si discute se, analogamente alle norme sulla liquidazione fallimentare nel caso di vendita, anche la disciplina dell’affitto d’azienda o ramo di cui all’articolo 104-bis della Legge Fallimentare sia applicabile all’affitto nell’ambito delle offerte concorrenti. Le specificità dell’articolo 104-bis sono numerose e non tutte compatibili con la procedura di concordato preventivo e, quindi, se da un lato è comprensibile che l’affitto di azienda o di rami sia trattato in maniera il più possibile omogenea nelle due procedure, dall’altro lato, è dubbio che vi possa essere un’automatica estensione della disciplina dall’uno all’altro istituto[42].
[1] Regio decreto n. 267 del 16 marzo 1942.
[2] Convertito con legge n. 13 del 6 agosto 2015. Per un approfondimento della norma si veda F. Lamanna, La miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento, Parte II: le modifiche riguardanti il concordato preventivo. “Proposte/piani” ed “offerte” concorrenti, in Ilfallimentarista.it; F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la mini riforma del D.L. n. 83/2015, Il civilista, Milano, 2015; M. Vitiello, Vendite concorsuali e offerte concorrenti: la fine dell’era delle proposte di concordato chiuse, in Ilfallimentarista.it; P. D. Beltrami, Le recenti modifiche al concordato preventivo dell’estate 2015, in Ilcaso.it; G. Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, in Fallimenti e Società, 2015; M. Greggio, Le offerte concorrenti nel nuovo art. 163-bisl. fall.: l’eteronomia prevale sull’autonomia?, in Ilfallimentarista.it.
[3] G. Savioli, Concorrenza nel mercato e per il mercato delle crisi d’impresa. Le innovazioni del D.L. 83/2015 per la procedura di concordato preventivo, in Ilcaso.it. Una trattazione a parte meriterebbe il rapporto tra offerte concorrenti e proposte concorrenti di cui all’articolo 163 della Legge Fallimentare in quanto sussistono diversi difetti di coordinamento tra le due norme e non è chiaro come dovrebbero essere regolate le offerte concorrenti nell’ambito di una proposta concorrente di un terzo diverso dal debitore concordatario. Sul tema si rinvia a D. Galletti, Speciale decreto n. 83/2015 – Le proposte concorrenti nel concordato preventivo: il sistema vigente saprà evitare il pericolo di rigetto?, in Ilfallimentarista.it, pp. 13-15.
[4] Si pensi, ad esempio, che l’affitto di azienda era regolato solamente per il fallimento ex articolo 104-bis della Legge Fallimentare mentre le disposizioni del fallimento richiamate anche dalle norme sulla liquidazione post-omologazione del concordato preventivo (articolo 182) non erano sempre compatibili con la fase ante-omologazione (quali, ad esempio, l’articolo 105 della Legge Fallimentare sulla vendita dell’azienda, di rami, beni e rapporti in blocco che sono specifiche della fase esecutiva). Sul punto cfr. il paragrafo 5.3 infra.
[5] Per una disamina della legittimità delle proposte chiuse in giurisprudenza e dottrina si veda P. D. Beltrami, Le recenti modifiche al concordato preventivo dell’estate 2015, cit., p. 37.
[6] Tribunale di Milano del 28 ottobre 2011; cfr. F. Lamanna, La miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento, Parte II: le modifiche riguardanti il concordato preventivo. “Proposte/piani” ed “offerte” concorrenti, cit., p. 16.
[7] Tribunale di Bologna del 4 giugno 2013.
[8] Tribunale di Milano del 12 giugno 2014, Tribunale di Roma del 23 luglio 2010.
[9] Tribunale di Bolzano del 10 marzo 2015; Tribunale di Roma del 31 luglio 2015; Tribunale di Padova del 2 marzo 2014.
[10] Cfr., tra gli altri, Tribunale di Forlì del 3 febbraio 2016.
[11] Cfr. Tribunale di Rovigo del 17 novembre 2015 e Tribunale di Palermo del 4 maggio 2016. Secondo M. Vitiello, Vendite concorsuali e offerte concorrenti: la fine dell’era delle proposte di concordato chiuse, cit. “dall’espressa previsione della eventualità della vendita con effetti purgativi anche in un momento che preceda la presentazione del piano pare potersi dedurre una ricaduta sistematica tale da imporre di considerare la fase cd. preconcordataria quale parte integrante della procedura concordataria vera e propria, dovendosi così ritenere superato il contrasto tra i sostenitori della tesi secondo cui il concordato ha inizio soltanto con il decreto di ammissione e i sostenitori della tesi che individua nella pubblicazione a registro delle imprese il momento di apertura della procedura concorsuale”.
[12] F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la miniriforma del D.L. n. 83/15, cit., p. 42.
[13] Rientra nell’ambito di applicazione della norma anche un contratto di locazione di immobile di cui sia prevista la cessione al locatario con imputazione dei canoni nel frattempo corrisposti in conto prezzo, cfr. Tribunale di Alessandria del 18 gennaio 2016.
[14] Per un esame sulla cessione dell’azienda prima dell’omologazione del concordato preventivo liquidatorio, cfr. M. Greggio, La cessione dell’azienda prima dell’omologa del concordato preventivo liquidatorio, in Ilfallimentarista.it.
[15] Addirittura, nel decreto del Tribunale di Ravenna del 27 novembre 2015, la procedura competitiva ex articolo 163-bis è stata estesa alla vendita di un immobile appartenente ad una società quasi interamente controllata dalla proponente il concordato preventivo ed i cui proventi erano destinati al soddisfacimento dei creditori concordatari.
[16] Cfr. G. Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, cit., p.84 e M. Greggio, La cessione dell’azienda prima dell’omologa del concordato preventivo liquidatorio, cit., p. 6.
[17] La versione del Decreto precedente la conversione prevedeva, infatti, che “[…]il commissario è tenuto a valutare, motivando le proprie conclusioni, la congruità dell’offerta, tenuto conto dei termini e delle condizioni della stessa, del corrispettivo e delle caratteristiche dell’offerente. L’offerta e il piano possono prevedere che il trasferimento abbia luogo prima dell’omologazione. Nel caso in cui il commissario ritenga, alla luce di manifestazioni di interesse comunque pervenute, del valore dell’azienda o del bene, che l’offerta contemplata dal piano possa non corrispondere al miglior interesse dei creditori, chiede al tribunale, con istanza motivata, di aprire un procedimento competitivo. L’offerta e il piano possono prevedere che il trasferimento abbia luogo prima dell’omologazione. Il tribunale, sentito il commissario, decide sull’istanza ovvero dispone d’ufficio l’apertura di un procedimento competitivo, tenuto conto del valore dell’azienda o del bene, nonché della probabilità di conseguire una migliore soddisfazione dei creditori […]”.
[18] Secondo tribunale di Livorno dell’11 maggio 2016, non rientrano nell’ambito applicativo delle offerte concorrenti ex articolo 163-bis i contratti preliminari stipulati prima del concordato di cessione di singoli beni ricollegabili alla normale e caratteristica attività di gestione dell’impresa.
[19] Cfr. G. Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, cit., p. 85.
[20] Il termine di irrevocabilità delle offerte dovrebbe essere compatibile con la durata della procedura.
[21] Cfr. D. Galletti, Nel concordato le offerte di acquisto presentate da soggetti individuati non diventano revocabili per effetto della presentazione del bando, in Ilfallimentarista.it e Tribunale di Bolzano del 17 maggio 2016.
[22] Cfr. G. Savioli,Concorrenza nel mercato e per il mercato delle crisi d’impresa. Le innovazioni del D.L. 83/2015 per la procedura di concordato preventivo, in Ilcaso.it, p. 5. Il prezzo base potrebbe essere quello della proposta originaria del terzo. Tuttavia, potrebbe essere anche un prezzo diverso determinato, ad esempio, sulla base di una perizia, cfr. Tribunale di Forlì del 3 febbraio 2016 “E’ ammissibile l’indizione della gara ai sensi dell’art. 163 bisl. fall. sulla base del prezzo di stima giudicato realizzabile dal commissario giudiziale, tenuto conto delle risultanze di bilancio della società e del suo volume d’ affari”.
[23] Sul punto cfr. F. Lamanna,La miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento, Parte II: le modifiche riguardanti il concordato preventivo. “Proposte/piani” ed “offerte” concorrenti, cit., p. 19.
[24] Ai sensi dell’articolo 165, comma terzo, della Legge Fallimentare, applicabile anche alle richieste di informazioni utili per la presentazione delle offerte di cui all’articolo 163-bis “Il commissario giudiziale fornisce ai creditori che ne fanno richiesta, valutata la congruità della richiesta medesima e previa assunzione di opportuni obblighi di riservatezza, le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti, sulla base delle scritture contabili e fiscali obbligatorie del debitore, nonché ogni altra informazione rilevante in suo possesso”.
[25] Tribunale di Bolzano del 17 maggio 2016.
[26] In Tribunale di Bolzano del 17 maggio 2016, si precisa che, nello svolgimento della procedura di cui all’articolo 163-bis, si deve tener presente la principale e reale intenzione del legislatore, “rappresentata dalla massima recoverydei creditori realizzabile, fra i vari strumenti, anche con l’accelerazione delle vendite e degli assetsda valorizzare […] per evitare di instaurare – ingiustificatamente – una procedura competitiva meno snella e più farraginosa, non solo di quella prevista dall’articolo 182 legge fall. nei concordati preventivi, ma anche di quella prevista in ambito fallimentare dall’articolo 107 legge fall., disposizione caratterizzata dalla libertà di forme”.
[27] Così anche Tribunale di Palermo del 4 maggio 2016.
[28] Nelle Linee Guida interpretative su alcuni profili della L. 132/2015, predisposte dai giudici di diversi importanti tribunali, in Ilfallimentarista.it, è previsto che “la norma secondo la quale la gara deve concludersi prima dell’adunanza dei creditori va raccordata con la necessità che il c.g. sia a conoscenza dell’esito della gara prima della scadenza del termine di 45 giorni antecedenti l’adunanza, termine fissato per il deposito della relazione ex art. 172 l. fall., dal momento che il debitore deve modificare la proposta e il piano in conformità all’esito della gara”.
[29] La distinzione tra vendita o aggiudicazione dovrebbe essere interpretata nel senso che si avrebbe una vendita nel caso sia presentata o comunque ammessa un’unica offerta concorrente e quindi non si procede alla gara. Al contrario, si ha aggiudicazione quando viene svolta la gara tra più offerte concorrenti. Si nota,inoltre, che, sebbene la legge si riferisca alle sole obbligazioni dell’offerente, si deve ritenere che anche il debitore sia liberato dalle sue obbligazioni, cfr. Tribunale di Udine del 15 ottobre 2015.
[30] Cfr. la relazione al Decreto.
[31] Cfr. Tribunale di Bolzano del 17 maggio 2016. In dottrina il principio sembra pacifico, cfr. P.D. Beltrami, Le recenti modifiche al concordato preventivo dell’estate 2015, cit., p. 39, M. Greggio, Le offerte concorrenti nel nuovo art. 163-bisl. fall.: l’eteronomia prevale sull’autonomia?, cit., pp. 15-16.
[32] Cfr. Tribunale di Bolzano del 17 maggio 2016.
[33] Si pensi, ad esempio, all’articolo 105, comma terzo, della Legge Fallimentare, sul trasferimento dei dipendenti che presuppone la stipula di un accordo sindacale del debitore ai sensi dell’articolo 47, comma 4-bis della legge n. 428 del 29 dicembre 1990. In tal caso, ove il debitore si rifiuti di stipulare l’accordo sindacale, il rimedio potrebbe essere eventualmente la sola revoca dell’ammissione del concordato ai sensi dell’articolo 173 della Legge Fallimentare, cfr. M. Greggio, Le offerte concorrenti nel nuovo art. 163-bisl. fall.: l’eteronomia prevale sull’autonomia?, cit., p. 17.
[34] M. Greggio, ibid., p. 20.
[35] Il quarto comma dell’articolo 163-bis dispone, infatti, che “il debitore deve modificare la proposta e il piano di concordato in conformità all’esito della gara”.
[36] P.D. Beltrami, Le recenti modifiche al concordato preventivo dell’estate 2015, cit., p. 42.
[37] Cassazione civile, sez. I, 28 aprile 2015, n. 8575.
[38] G. Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, cit., p. 101.
[39] Cfr. Tribunale di Bolzano del 17 maggio 2016, in cui il tribunale ha comunque ritenuto opportuno chiedere alle parti dei contratti di affitto di azienda stipulati prima del deposito della domanda di concordato di inserire un clausola che preveda la risoluzione degli stessi in caso di aggiudicazione delle aziende ad un terzo soggetto diverso dall’affittuario/offerente.
[40] Cfr. G. Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, cit., p. 83.
[41] Cfr. tuttavia Tribunale di Bergamo del 23 aprile 2015, in cui il collegio, tenuto conto delle ragioni di urgenza che rendevano indifferibile l’affitto all’esito di espletamento di una procedura competitiva, ha autorizzato la stipula del contratto di affitto del ramo di azienda, differendo la procedura competitiva per l’individuazione del soggetto affittuario ad un momento successivo (ferma restando comunque la necessità di esperire procedure competitive al momento della vendita dell’azienda). Sul punto cfr. anche M. Greggio, Le offerte concorrenti nel nuovo art. 163-bisl. fall.: l’eteronomia prevale sull’autonomia?, cit., p. 11.
[42] M. Greggio, ibid., p. 19.