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Approfondimenti

Le operazioni in derivati OTC e le situazioni di insolvenza

27 Luglio 2012

Avv. Alberto Manfroi, Atrigna & Partners Studio Legale Associato

Di cosa si parla in questo articolo

1. Il problema della validità e coercibilità delle clausole di close-outnetting dellISDA Master Agreement in caso di insolvenza

L’esigenza di contenere i costi impliciti legati alla definizione di ogni nuova operazione in derivati OTC e, nel contempo, di disporre di uno strumento in grado di mitigarne i relativi rischi, compreso quello sistemico1, ha impresso un impulso decisivo allo sviluppo dell’ISDA Master Agreement (di seguito anche M.A. o Master Agreement).

In particolare, per quanto riguarda il tema dei rischi, l’obiettivo è stato perseguito primariamente attraverso due strumenti.

Da un lato la riconduzione ad unità di tutte le operazioni sorte sotto l’egida del Master Agreement: come noto, infatti, il M.A. unitamente alla Schedule e alle singole Confirmation, rappresenta, un unico rapporto negoziale2, sotto forma di contratto normativo, che di per sé non comporta immediatamente il sorgere di diritti e obblighi tra le parti, “limitandosi” a dettare le disposizioni che regolano ogni singola operazione in derivati OTC (a ben vedere non solo quelle successive al perfezionamento del Master Agreement, ma anche le precedenti, nel caso in cui le parti abbiano appunto concluso l’operazione per le vie brevi prima della sottoscrizione del Master Agreement stesso).

Dall’altro, e con maggiore interesse ai fini della nostra indagine, la previsione della clausola di close-outnetting, in forza della quale, al verificarsi di determinati eventi, riconducibili sostanzialmente ad ipotesi di inadempimento, insolvenza e fallimento da un lato – Eventof Default – ovvero a situazioni diverse, non “rimproverabili” ad una delle parti, quale ad esempio la sopravvenuta contrarietà a norme imperative delle transactionsTermination Event: (i) tutte le operazioni regolate dal Master Agreement si risolvono; (ii) viene determinato il valore di mercato di ciascuna di esse; (iii) si procede alla compensazione delle reciproche pretese e, infine, (iv) l’importo netto così determinato viene addebitato alla parte debitrice.

I vantaggi di siffatta previsione contrattuale sono evidenti: da un lato consente ai contraenti di calcolare sempre il rischio di controparte su base netta anziché lorda, con l’ulteriore effetto positivo ai fini del calcolo dei coefficienti patrimoniali richiesti per il contenimento del rischio; dall’altro, con maggiore interessi ai nostri fini, in caso di fallimento la disposizione in questione impedirebbe al curatore fallimentare il disconoscimento selettivo delle operazioni in derivati (c.d. “cherry-picking”), ossia il mantenimento di quelle che esprimono un saldo positivo per il fallimento e la risoluzione di quelle in perdita. Tale pratica è vista con estrema preoccupazione dagli operatori del mercato, non tanto e non solo in quanto impedirebbe il calcolo dell’esposizione rinveniente dalle operazioni in derivati al valore netto, quanto per le perdite potenziali che determinerebbe3, con conseguente aggravio di costi e inefficiente allocazione del capitale.

Mentre la clausola di close-out netting non pone particolari problemi applicativi quando a determinarne gli effetti sono eventi diversi dalla sottoposizione di una delle parti ad una procedura concorsuale4, è proprio in tale ultima circostanza, invece, che occorre indagare in merito alla compatibilità della clausola in questione con l’ordinamento del paese ove ha sede la controparte fallita, poichéin tal caso gli effetti del fallimento sui rapporti in essere, e quindi anche sulle operazioni rette dall’ISDA Master Agreement, non verrebbero regolati dalla lex contractus, bensì dalla legge del paese dove si è aperta la procedura concorsuale.

E’ evidente come il problema non sussista, invece, rispetto agli altri Event of Default o Termination Event, in quanto verrebbero meno i presupposti per applicare una legge diversa da quella contrattualmente scelta dalle parti – la legge inglese – per la quale il problema della validità ed efficacia del close-out netting non si pone.

Da qui l’esigenza dell’ISDA in primis, degli operatori del mercato, delle autorità di vigilanza, ma anche dell’interprete, di verificare se ed in quale misura gli ordinamenti esteri siano compatibili con il meccanismo del close-out netting. Chi si occupa di negoziare, dal punto di vista legale, la conclusione di un ISDA Master Agreement, dovrà infatti accertarsi, tra l’altro, che il paese ove ha sede la controparte contrattuale riconosca la validità degli accordi in questione poiché, in caso di fallimento della medesima, la sorte delle operazioni in essere sarà regola da quell’ordinamento. Al riguardo è noto come l’ISDA metta a disposizione dei propri associati pareri legali aggiornati periodicamente – Netting Opinion – sugli ordinamenti dei paesi esteri ove hanno sede gli intermediari attivi nella negoziazione di derivati OTC5.

Non essendo certamente questa la sede per svolgere l’indagine in merito alla posizione degli ordinamenti esteri con riguardo alle clausole di close-out netting, per la quale si rinvia alle Netting Opinion fornite dall’ISDA, nel prosieguo sarà analizzata, per sommi capi, la compatibilità della clausola contrattuale in questione con l’ordinamento giuridico italiano, avendo riguardo alle diverse procedure di liquidazione e di risanamento previste dal legislatore in funzione della natura giuridica del soggetto coinvolto, per poi valutare l’efficacia e la coercibilità in tali contesti anche dell’ISDA Credit Support Annex.

L’analisi, tuttavia, si svolgerà sul presupposto che i contraenti ai fini dell’individuazione dei metodi di valutazione del valore di mercato delle operazioni abbiano optato per il criterio “Market Quotation” anziché il “Loss” e, in secondo luogo, non sia stato scelto quale metodo di pagamento il “First Method” (noto anche con il termine walk-way clause) – opzione peraltro prevista solo dalla versione 1992 dell’ISDA Master Agreement – in forza della quale, nel caso in cui dell’importo netto risultante dalla compensazione risulti debitrice la parte in bonis, nulla sia dovuto6.

In caso contrario, infatti, l’indagine in questione sarebbe vana, posto che una siffatta clausola verrebbe colpita da nullità per quanto concerne il primo aspetto (il risarcimento del danno come criterio di valutazione del Close-out Amount) e, quanto al secondo (la walk-way clause) risulterebbe inidonea a perseguire il proprio obiettivo in quanto non consentirebbe il calcolo dell’esposizione su base netta.

1.1 La validità della clausola di close-out netting in caso di dichiarazione di fallimento di una controparte italiana

Il contesto giuridico italiano vigente al momento in cui si scrive appare certamente più maturo, rispetto al decennio precedente, per accogliere gli effetti delle clausole di close-out netting previsti dai contratti quadro utilizzati per la conclusione di derivati OTC e, in particolare, dall’ISDA Master Agreement. Ciò è dovuto principalmente alla c.d direttiva collateral, 2002/47/CE – recepita in Italia dal D. Lgs. n. 170/2004 – che, a sua volta, si inserisce in un quadro di riferimento normativo europeo in fase di consolidamento, che ha come obiettivo ultimo la garanzia della libera circolazione di servizi e capitali, perseguita mediante “la riduzione dei rischi sistemici insiti nei sistemi di pagamento e di regolamento titoli, la definitività del regolamento” e, da ultimo, attraverso “lesigibilità della garanzia in titoli” (nono considerando Direttiva 98/26/CE).

Ciò nondimeno, appare opportuno ricostruire il progressivo adattamento del quadro legislativo negli ultimi anni, soffermandosi su taluni profili non ancora privi di rilievi critici.

L’analisi sarà svolta mettendo in luce due diversi aspetti problematici che necessariamente emergono quando ci si interroga sull’efficacia degli accordi di close-out netting in presenza di una procedura concorsuale: (i) la validità dell’effetto risolutivo al verificarsi dell’evento e (ii) la possibilità di procedere alla compensazione delle reciproche pretese tra le parti, valorizzate alla data della risoluzione anticipata del rapporto.

Quanto al primo aspetto, prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 58 del 1998 (Testo Unico della Finanza), a lungo si è dibattuto in merito alla validità della clausola. Il perno del confronto è stato rappresentato dall’art. 76 l.f.7 che presentava un meccanismo analogo alla risoluzione anticipata previste dal clausola di close-out netting limitandolo però ai soli contratti di borsa. Benché dottrina e giurisprudenza avessero tentato di estendere l’applicazione dell’art. 76 l.f. anche ai contratti derivati, non vigeva certezza in merito a tale impostazione rimanendo comunque aperta la possibilità che le fattispecie non espressamente previste dall’art. 76 l.f., come i derivati, venissero regolate dall’art. 72 l.f., con la conseguenza che il curatore avrebbe potuto selezionare le operazioni concluse con il fallito mantenendo in vita solo quelle economicamente favorevoli (cherry picking).

Parimenti problematica appariva, quindi, anche la possibilità di procedere alla compensazione delle reciproche posizioni posto che la compensazione, ai sensi dell’art. 56 l.f., sarebbe stata ammessa solo per i crediti sorti prima di 365 giorni dalla dichiarazione di fallimento8. La soluzione al problema era offerta da coloro che, in conformità, peraltro, ad espressa previsione contrattuale contenuta nell’ISDA M.A., evidenziavano come le singole operazioni in derivati, essendo riconducibili ad un unico M.A., avrebbero dovuto considerarsi parti di un unico accordo, così che il valore netto determinato in applicazione dell’accordo di close-out netting avrebbe dovuto considerarsi non come il frutto di un’operazione di compensazione, ma come il valore di mercato dell’accordo quadro.

La svolta, in qualche modo, è stata offerta dall’art. 203 del TUF che ha esteso l’applicazione dell’art. 76 l.f. agli strumenti finanziari derivati, alle operazioni a termini su valute e alle operazioni di prestito titoli, di pronti contro termine e di riporto9. La norma specifica inoltre che “sono ricompresi tutti i contratti conclusi, ancorché non ancora eseguiti in tutto o in parte, entro la data di dichiarazione del fallimento o di efficacia del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa”. Non solo. Essa offre un importante spunto anche in termini di calcolo delle esposizioni rivenienti dalla risoluzione anticipata dei contratti, offrendo la possibilità di far riferimento anche al costo di sostituzione dei medesimi, utilizzando i valori di mercato alla data di apertura della dichiarazione di fallimento, in tal modo recependo quanto già avveniva nella prassi internazionale in forza delle disposizioni contrattuali dell’ISDA M.A.

Se quindi l’automatico effetto risolutivo previsto dagli accordi di close-out netting, purché conformi al disposto normativo, ha trovato una soluzione positiva in grado di garantire ex lege i medesimi effetti, altrettanto non può dirsi con riferimento alla compensazione, posto che l’art. 203 del TUF non si è spinto sino a regolare anche questo aspetto, lasciando quindi sostanzialmente invariata la situazione di parziale incertezza, cui si è fatto cenno sopra, ed, in ogni caso, inalterato il limite alla compensazione dei soli crediti acquisiti almeno un anno prima della dichiarazione di fallimento.

Un ulteriore contributo a risolvere, seppur parzialmente, le zone d’ombra rilevate è stato offerto dalla c.d. direttiva collateral, recepita nel nostro ordinamento dal D. Lgs. n. 170/2004 in materia di garanzie finanziarie (di seguito “Decreto 170”).

Il provvedimento si segnala, anzitutto, per il pregio di aver sancito la validità e l’efficacia della clausola di close-out netting in conformità a quanto dalla stessa previsto “anche in caso di apertura di una procedura di risanamento o di liquidazione nei confronti di una delle parti10. A ciò si aggiunga che le definizioni di procedura di risanamento e di liquidazione11 sono così ampie da ricomprendere sostanzialmente tutti i casi di liquidazione che comportano l’intervento delle autorità amministrative o giudiziarie e ogni misura destinata al risanamento delle imprese. Infine, è stato fugato ogni dubbio in merito ad un’eventuale sovrapposizione tra la disciplina introdotta dal decreto sulle garanzie finanziarie, con quanto disposto dall’art. 76 l.f e 203 del TUF, posto che ai sensi dell’art. 9, comma 3, del Decreto 170 “Salvi gli effetti degli accordi tra le parti, ai contratti di garanzia finanziaria e alle garanzie finanziarie prestate in conformità al presente decreto legislativo non si applicano larticolo 203 del testo unico della finanza, ne larticolo 76 della legge fallimentare”.

Ciò detto, non può non darsi conto dei limiti del provvedimento in questione, riconducibili sostanzialmente al suo ambito di applicazione.

A tale riguardo si segnala, in primis, come gli effetti positivi descritti valgono ovviamente solo laddove sia applicabile il diritto italiano, il che avviene quando il libro contabile, il conto o il sistema di gestione o di deposito accentrato in cui vengono effettuate le registrazioni o annotazioni a favore del titolare del diritto di garanzia sugli strumenti finanziari siano situati in Italia12. Si tratta però di un limite relativo in quanto da un lato non si pone per le controparti residenti in Italia, posto che queste verosimilmente deterranno le garanzie su conti aperti in Italia e, dall’altro, la direttiva collateral ha armonizzato la disciplina in questione in tutti i paesi membri.

Di diversa portata e maggiore impatto appare invece il limite contenuto nella definizione stessa di “clausola di close-out netting13; essa è tale, infatti, solo ove apposta “ad un contratto di garanzia finanziaria o ad un contratto che comunque comprenda una garanzia finanziaria…”. Dalla lettura della disposizione in esame sembra quindi che la nuova disciplina non trovi applicazione: (i) nel caso in cui la clausola di close-out netting, benché conforme al dettato normativo, sia inserita in un contratto diverso da un contratto di garanzia finanziaria o che comprende una garanzia finanziaria (in altri termini un ISDA M.A. accompagnato da un Credit Support Annex (quest’ultimo certamente riconducibile ad un contratto di garanzia finanziaria) sarebbe coperto dal Decreto 170 con tutte le positive conseguenza indicate del caso, mentre un ISDA M.A. privo di collateral resterebbe ancorato alla disciplina di cui all’art. 76 l.f. ed ai sui limiti); (ii) nel caso in cui il contratto, benché oggettivante riconducibile ad un contratto di garanzia finanziaria, sia stato concluso tra soggetti diversi da quelli indicati dal Decreto 170, (circostanza questa per la verità piuttosto rara tra gli utilizzatori dell’ISDA M.A. nella misura in cui si assuma che almeno una delle due parti sia un “ente finanziario” così come definito dall’art. 1, comma 1, lettera d), n. 314).

In definitiva, quindi, nei limiti sopra indicati, il Decreto 170 sembra aver superatole previgenti perplessità in merito alla validità delle clausole di close-out netting in costanza di procedure di liquidazione e di risanamento avviate in Italia, e ciò per quanto concerne sia l’aspetto relativo alla risoluzione anticipata delle operazioni, sia la possibilità di procedere alla compensazione delle reciproche pretese delle parti, con il diritto, quindi, della parte in bonis di ricevere – o con l’obbligo di versare – solo l’importo netto15. Occorre, tuttavia, precisare come la nuova disciplina non comporti la totale disapplicazione della vigente normativa fallimentare che invece continua a regolare gli effetti della procedura con particolare riferimento, per esempio, a situazioni fraudolente in cui la conclusione dell’accordo di netting avvenga con lo scopo esplicito di privilegiare taluni creditori rispetto ad altri; in tali ipotesi non troverebbe ostacoli, per esempio, l’azione di cui all’art. 66 l.f..16

A ciò, poi, si aggiunga che, in forza delle modifiche apportate alla l.f. dal D. Lgs. n. 35/2005 e dal D. Lgs. 5/2006, con la sentenza dichiarativa del fallimento è stata attribuita al Tribunale competente la facoltà di disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami, nel caso in cui dall’interruzione possa derivare un grave danno e purché non ciò arrechi pregiudizio ai creditori17. E’ inoltre previsto che “durante lesercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne lesecuzione o scioglierli” (art. 104, comma 7 l.f.). Qualora venisse quindi attivato il regime in questione, la parte in bonis di un ISDA M.A. non potrebbe far valere le clausola di close-out netting. D’altro canto, si ritiene che il curatore non potrebbe neanche scegliere quali operazioni mantenere in vita e quali sciogliere e ciò in forza proprio della struttura contrattuale tipica del M.A. che riconduce tutte le operazioni in essere tra le parti ad un unico rapporto negoziale. Se poi il curatore, durante l’esercizio provvisorio, non fosse in grado di adempiere alle obbligazioni previste dalle transaction in essere, la parte non inadempiente avrebbe comunque il diritto di risolvere anticipatamente il contratto, ai sensi di quanto previsto dalle diposizioni del M.A.

1.2 La validità della clausola di close-out netting nelle procedure di liquidazione e risanamento alternative al fallimento

E’ noto come il nostro sistema di diritto fallimentare sia articolato in diversi interventi legislativi che in qualche modo fanno da corollario alla legge fallimentare di cui al regio decreto 6 marzo 1942, n. 267, così come più volte modificato negli anni e recentemente, con maggiore incisività, con l’intervento di cui al D.Lgs. 12 Settembre 2007, n. 169.

Il risultato è che, oltre alle procedure previste dalla l.f.- di cui il fallimento rappresenta la più significativa espressione, anche in termini di applicazione pratica,18 – esiste una serie di altre procedure applicabili in casi particolari, in funzione della natura giuridica del soggetto coinvolto ovvero di specifici presupposti di fatto.

Non essendo questa la sede per offrire una trattazione esaustiva delle procedure e dei provvedimenti in questione, ci si limiterà a prendere in considerazione quelle di maggiore interesse al fine di stabilire se la disciplina, di volta in involta prevista, sia compatibile con gli effetti giuridici stabiliti dagli accordi di close-out netting.

1.2.1 Le procedure per gli Intermediari Finanziari in crisi

Il termine “Intermediari Finanziari” sarà in seguito utilizzato convenzionalmente per fare riferimento alla banche, agli intermediari di cui all’art. 106 del D. Lgs. n. 385/1993, così come modificato dal D.Lgs. 141/2010, (di seguito “TUB”), alle Sim, alle SGR e alle Sicav.

Si tratta di soggetti che, come noto, in forza dell’art. 2 l.f., non sono soggetti al fallimento essendo per essi previste misure alternative. Più nel concreto, per le banche e gli intermediari di cui all’art. 106 del TUB è prevista la liquidazione coatta amministrativa di cui agli artt. 80 seg. del TUB, l’amministrazione straordinaria di cui agli artt. 70 seg. e la gestione provvisoria disciplinata dall’art. 76. Le Sim, le SGR e le Sicav, in virtù dei richiami contenuti rispettivamente nell’art. 56 e 57 del TUF, sono soggette alle norme relative all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa stabilite per le banche.

Peraltro, la disciplina delle procedure in questione è integrata dalle disposizioni di cui alla l.f., ove compatibili19. Ancora una volta, allora, si dovrà prendere le mosse dall’art. 76 l.f. e dall’art. 203 del TUF che, come visto, regolano la sorte dei contratti derivati ancora pendenti alla data di apertura del procedimento concorsuale, per poi verificare se la disciplina speciale, di volta in volta prevista, deroghi rispetto all’assetto normativo di cui al combinato disposto delle norme richiamate.

Per quanto concerne anzitutto la liquidazione coatta amministrativa, proprio l’art. 203 del TUF fa salvi gli effetti stabiliti dagli artt. 83 e 90, comma 3 del TUB20. Si tratta delle disposizioni che: (i) prevedono la sospensione delle passività di qualsiasi genere a far data dall’insediamento degli organi liquidatori e comunque, dal terzo giorno successivo alla data del provvedimento che dispone la liquidazione coatta (art. 83, comma 1); (ii) stabiliscono il divieto di promuovere azioni individuali di cognizione o di esecuzione (art. 83, comma 2) e (iii) riconoscono ai commissari liquidatori il potere di continuare l’esercizio dell’impresa con la conseguente esclusione dello scioglimento di diritto dei rapporti giuridici preesistenti nel caso di prosecuzione disposta all’atto dell’insediamento degli organi liquidatori, entro i termini di cui all’art. 83, comma 1 (art. 90, comma 3).

In forza delle prime due disposizioni, si ritiene che, pur producendosi gli effetti previsti dalla clausola di close-out netting, in termini sia di risoluzione anticipata delle operazioni che di compensazione delle reciproche pretese, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 83, comma 2 del TUB, nondimeno la parte in bonis non potrà ricevere l’eventuale pagamento di un saldo a lei favorevole prima della ripartizione dell’attivo.

Ben diverso sembra invece l’effetto prodotto dall’art. 90, comma 3 del TUB. Qualora, infatti, i commissari liquidatori si insedino entro il terzo giorno dalla data di emanazione del decreto che dispone la l.c.a. e decidano, contestualmente al loro insediamento, la continuazione dell’impresa, il contratto non si scioglie, dovendosi considerare nullo, per contrarietà a norme imperative, l’accordo di close-out netting nella misura in cui prevede l’automatico scioglimento delle operazioni in derivati alla data del provvedimento che dispone la l.c.a. Nell’ipotesi in questione, tuttavia, si ritiene che tale regime non presenti comunque il rischio del cherry picking, mancando ai commissari liquidatori un potere di scelta in tal senso.

A ciò si aggiunga che, qualora i commissari liquidatori non diano esatta esecuzione alle operazioni in essere, in conformità a quanto previsto dal M.A., troverebbero comunque applicazione le disposizioni che consentono alla parte non inadempiente di pervenire ad una risoluzione anticipata del contratto.

In ogni caso, alla stregua di quanto già illustrato sopra, qualora trovi applicazione la disciplina sulle garanzie finanziarie di cui al Decreto 170, varrebbero le stesse considerazioni già espresse e, pertanto, gli effetti della clausola di close-out netting sarebbero fatti salvi in virtù di quanto stabilito dall’art. 7 del Decreto 170. Ciò, se non altro, in applicazione del principio in forza del quale la legge successiva – D. Lgs. n. 170/2004 – derogaquella precedente contraria di pari rango – D. Lgs. n. 415/1996.

Passando ora all’amministrazione straordinaria prevista per gli Intermediari Finanziari, tralasciando l’analisi dei presupposti applicativi, assume particolare rilievo ai nostri fini l’art. 74 del TUB21, che consente ai commissari straordinari nominati dalla Banca d’Italia, al ricorre di circostanze eccezionali, di sospendere il pagamento delle passività di qualsiasi genere della banca, al fine di tutelare gli interessi dei creditori. La sospensione ha luogo per un periodo di un mese, prorogabile eventualmente di altri due mesi. Durante il periodo non possono essere intraprese o proseguiti atti di esecuzione forzata o atti cautelari sui beni della banca. Medesima facoltà è riconosciuta ai commissari nominati dalla Banca d’Italia qualora sia disposta la gestione provvisoria ai sensi dell’art. 76 del TUB22.

Anche in questo caso l’istituto descritto non impedisce comunque alla clausola di close-out netting di spiegare i propri effetti alla data del provvedimento che dispone l’amministrazione straordinaria; tuttavia, come nel caso precedente, la parte in bonis che, in forza all’accordo di netting, avesse diritto al pagamento del saldo netto, per poter essere soddisfatta dovrà attendere la conclusione del periodo di sospensione eventualmente disposto.

1

L’insolvenza di un singolo operatore, cui fa capo un complesso intreccio di rapporti negoziali, può infatti causare il propagarsi di una serie di ripercussioni sull’intero mercato che potrebbero a loro volta tradursi nella incapacità degli altri partecipanti al mercato di adempiere le proprie obbligazioni alla scadenza, determinandone il collasso attraverso il c.d. “effetto domino”.

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2

La Section 1 (c) del M.A. 2002, così come nella versione 1992, è esplicita in tal senso: “All Transactions are entered into in reliance on the fact that this Master Agreement and all Cofirmations form a single agreement between the parties […] and the parties would not otherwise enter into any Transactions”. Sul punto, peraltro, come si vedrà in seguito, non esiste univocità di orientamenti tra i commentatori In particolare, in senso negativo, si veda A. Perrone, La riduzione del rischio di credito negli strumenti finanziari derivati, Milano, 1999, pag. 116 seg.

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3

Ciò risulta evidente appena si consideri come nel caso in questione la parte in bonis sarebbe costretta ad onorare per intero verso il fallimento tutti i contratti in perdita mentre per quelli positivi, risolti dal curatore, non potrebbe che insinuarsi al passivo subendo la falcidia fallimentare.

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4

Il riferimento è all’Event of Default denominato “Bankruptcy”.

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5

Le legal opinion si pronunciano in merito alla validità ed efficacia nel paese in questione sia delle clausole di close-out netting che degli accordi di garanzia, i c.d. Collateral Agreement. Sul sito internet dell’ISDA, peraltro, sono disponibili le liste dei paesi per i quali sono state commissionate le netting e le collateral opinion e dei paesi che hanno recepito nel proprio ordinamento gli accordi di close-out netting.

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6

In altri termini, le parti dell’ISDA M.A.1992 devono aver scelto l’opzione di cui alla Section 6 (e) (i) (3): Second Method and Market Quotations. If the Second Method and Market Quotation apply, an amount will be payable equal to (A) the sum of the Settlement Amount (determined by the Non-defaulting Party) in respect of the Terminated Transactions and the Termination Currency Equivalent of the Unpaid Amounts owing to the Non-defaulting Party less (B) the Termination Currency Equivalent of the Unpaid Amounts owing to the Defaulting Party. If that amount is a positive number, the Defaulting Party will pay it to the Non-defaulting Party; if it is a negative number, the Non-defaulting Party will pay the absolute value of that amount to the Defaulting Party.” Tale opzione, peraltro, si applica automaticamente nel caso in cui le parti non abbiano effettuato alcuna scelta in proposito.

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7

Art. 76 l.f., Contratto di borsa a termine: “Il contratto di borsa a termine, se il termine scade dopo la dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti, si scioglie alla data della dichiarazione di fallimento. La differenza fra il prezzo contrattuale e il valore delle cose o dei titoli alla data di dichiarazione di fallimento è versata nel fallimento se il fallito risulta in credito, o è ammessa al passivo del fallimento nel caso contrario.”

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8

Inoltre, ai sensi del previgente art. 67 l.f, le compensazioni effettuate sulla base di un accordo concluso nei due anni precedenti la dichiarazione di fallimento erano soggette a revocatoria.

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9

Art. 203 T.U.F, Contratti a termine “Fermi restando la decorrenza degli effetti della liquidazione coatta amministrativa ai sensi dellarticolo 83 del T.U. bancario, e quanto previsto dallarticolo 90, comma 3, del medesimo T.U. bancario, larticolo 76 della legge fallimentare si applica agli strumenti finanziari derivati, a quelli analoghi individuati ai sensi dellarticolo 18, comma 5, lettera a), alle operazioni a termine su valute nonchè alle operazioni di prestito titoli, di pronti contro termine e di riporto. Ai fini del presente articolo sono ricompresi tutti i contratti conclusi, ancorchè non ancora eseguiti in tutto o in parte, entro la data di dichiarazione del fallimento o di efficacia del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa. Per lapplicazione dellarticolo 76 della legge fallimentare agli strumenti finanziari e alle operazioni indicati nel comma 1, può farsi riferimento anche al costo di sostituzione dei medesimi, calcolato secondo i valori di mercato alla data di dichiarazione di fallimento o di efficacia del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa”.

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10

Art 7 decreto legislative 170/2004, Clausola di close-out nettingLa clausola di «close-out netting» e valida ed ha effetto in conformità di quanto dalla stessa previsto, anche in caso di apertura di una procedura di risanamento o di liquidazione nei confronti di una delle parti.

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11

Lettere r) ed s) art. 1 decreto legislativo 170/2004 “r) procedure di liquidazione: il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, nonche ogni altra misura destinata alla liquidazione delle imprese e che comportano lintervento delle autorità amministrative o giudiziarie”; “s) procedure di risanamento: lamministrazione controllata, il concordato preventivo, il provvedimento di sospensione dei pagamenti delle passività e delle restituzioni dei beni ai terzi ai sensi degli articoli 74, 77, comma 2, 107, comma 6, del testo unico bancario, e dellarticolo 56, comma 3, del testo unico della finanza, nonché ogni altra misura destinata al risanamento delle imprese e che incide sui diritti dei terzi.

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12

Art. 10 del Decreto Legislativo 170/2004 “Quando i diritti, che hanno ad oggetto o sono relativi a strumenti finanziari, risultino da registrazioni o annotazioni in un libro contabile, conto o sistema di gestione o di deposito accentrato, le modalità di trasferimento di tali diritti, nonche di costituzione e di realizzazione delle garanzie e degli altri vincoli sugli stessi, sono disciplinati esclusivamente dalla legge dellordinamento dello Stato in cui e situato il libro contabile, il conto o il sistema di gestione o di deposito accentrato in cui vengono effettuate le registrazioni o annotazioni direttamente a favore del titolare del diritto, con esclusione del rinvio alla legge di un altro Stato.

Gli eventuali patti in deroga al comma 1 sono nulli.

Qualora il libro contabile, il conto o il sistema di gestione o deposito accentrato sia situato in Italia e gli strumenti finanziari non siano immessi in un sistema italiano in regime di dematerializzazione ai sensi del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, le modalità di trasferimento dei diritti, nonche di costituzione e realizzazione delle garanzie e degli altri vincoli sugli stessi sono regolate dalle disposizioni del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

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13

Art. 1, comma 1, lettera f) del Decreto Legislativo 170/2004: “Clausola di interruzione dei rapporti e pagamento del saldo netto, clausola di «close-out netting»: la clausola di un contratto di garanzia finanziaria o di un contratto che comprende un contratto di garanzia finanziaria oppure, in mancanza di una previsione contrattuale, una norma di legge in base alla quale, in caso di evento determinante lescussione della garanzia finanziaria: 1) le obbligazioni diventano immediatamente esigibili e vengono convertite nellobbligazione di versare un importo pari al loro valore corrente stimato, oppure esse sono estinte e sostituite dallobbligazione di versare tale importo, ovvero 2) viene calcolato il debito di ciascuna parte nei confronti dellaltra con riguardo alle singole obbligazioni e viene determinata la somma netta globale risultante dal saldo e dovuta dalla parte il cui debito e più elevato, ad estinzione dei reciproci rapporti”.

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14

Rimarrebbe infatti solo il caso in cui il contratto di garanzia finanziaria sia concluso tra un ente finanziario e una persona fisica, il che non è certo frequente nell’ambito di operazioni in derivati OTC.

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15

Nello stesso senso anche A. Laudonio, Clausole di close-out netting, in Diritto Fallimentare e delle società commerciali, Vol. LXXXII, 2007, pag. 555 seg.

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La lettura è suffragata anche dal XVI considerando della direttiva collateral che dispone: “È necessario proteggere da determinate regole automatiche di annullamento la sana pratica dei mercati finanziari, favorita dalle autorità di regolamentazione, in base alla quale gli operatori gestiscono e limitano il reciproco rischio di credito con sistemi di garanzia finanziaria integrativa («top-up»); in base a questi sistemi lesposizione e la garanzia sono misurate al loro valore di mercato corrente (mark-to-market) e gli operatori possono esigere successivamente unintegrazione della garanzia finanziaria o restituire leventuale eccedenza della garanzia finanziaria. Lo stesso vale per la possibilità di sostituire ad attività previste come garanzia finanziaria altre attività dello stesso valore. Lintenzione è semplicemente far sì che la fornitura di garanzia finanziaria integrativa («top-up») o di sostituzione non possa essere messa in discussione unicamente perché le obbligazioni finanziarie garantite esistevano prima che la garanzia finanziaria fosse fornita, o perché la garanzia finanziaria è stata fornita durante un periodo determinato. Tuttavia ciò non pregiudica la possibilità di porre in discussione ai sensi del diritto nazionale il contratto di garanzia finanziaria e la fornitura di siffatta garanzia come parte della fornitura iniziale della garanzia finanziaria, di quella integrativa («top-up») o di quella in sostituzione, ad esempio quando ciò sia stato fatto intenzionalmente a detrimento di altri creditori (tra laltro le azioni basate sulla frode o analoghe regole di annullamento che possono applicarsi in un periodo determinato)”.

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Cfr, art. 104 l.f.

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In particolare, la l.f., alla luce delle recenti modifiche di cui al D. Lgs. n. 5/2006 che hanno portato all’abrogazione dell’amministrazione controllata, al fallimento affianca due principali procedimenti: il concordato preventivo, unitamente agli accordi di ristrutturazione, e la liquidazione coatta amministrativa.

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Con riguardo alla l.c.a., per esempio, cfr. art. 80, comma 6 del TUB.

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Art. 83 TUB: “Dalla data di insediamento degli organi liquidatori ai sensi dellarticolo 85, e comunque dal terzo giorno successivo alla data di adozione del provvedimento che dispone la liquidazione coatta, sono sospesi il pagamento delle passività di qualsiasi genere e le restituzioni di beni di terzi. La data di insediamento dei commissari liquidatori, con lindicazione del giorno, dellora e del minuto, è rilevata dalla Banca dItalia sulla base del processo verbale previsto allarticolo 85.

Dal termine indicato nel comma 1 si producono gli effetti previsti dagli articoli 42, 44, 45 e 66, nonché dalle disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV della legge fallimentare.

Dal termine previsto nel comma 1 contro la banca in liquidazione non può essere promossa né proseguita alcuna azione, salvo quanto disposto dagli articoli 87, 88, 89 e 92, comma 3, né, per qualsiasi titolo, può essere parimenti promosso né proseguito alcun atto di esecuzione forzata o cautelare. Per le azioni civili di qualsiasi natura derivanti dalla liquidazione è competente esclusivamente il tribunale del luogo dove la banca ha la sede legale.”

Art. 90, comma 3, TUB: “I commissari liquidatori hanno tutti i poteri occorrenti per realizzare lattivo.

I commissari, con il parere favorevole del comitato di sorveglianza e previa autorizzazione della Banca dItalia, possono cedere le attività e le passività, lazienda, rami dazienda nonché beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. La cessione può avvenire in qualsiasi stadio della procedura, anche prima del deposito dello stato passivo; il cessionario risponde comunque delle sole passività risultanti dallo stato passivo. Si applicano le disposizioni dellarticolo 58, commi 2, 3 e 4, anche quando il cessionario non sia una banca o uno degli altri soggetti previsti dal comma 7 del medesimo articolo.

I commissari possono, nei casi di necessità e per il miglior realizzo dellattivo, previa autorizzazione della Banca dItalia, continuare lesercizio dellimpresa o di determinati rami di attività, secondo le cautele indicate dal comitato di sorveglianza. La continuazione dellesercizio dellimpresa disposta allatto dellinsediamento degli organi liquidatori entro il termine indicato nellarticolo 83, comma 1, esclude lo scioglimento di diritto dei rapporti giuridici preesistenti previsto dalle norme richiamate dal comma 2 del medesimo articolo.

Anche ai fini delleventuale esecuzione di riparti agli aventi diritto, i commissari possono contrarre mutui, effettuare altre operazioni finanziarie passive e costituire in garanzia attività aziendali, secondo le prescrizioni e le cautele disposte dal comitato di sorveglianza e previa autorizzazione della Banca dItalia.”

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Art. 74 TUB. “Qualora ricorrano circostanze eccezionali i commissari, al fine di tutelare gli interessi dei creditori, possono sospendere il pagamento delle passività di qualsiasi genere da parte della banca ovvero la restituzione degli strumenti finanziari ai clienti relativi ai servizi previsti dal decreto legislativo di recepimento della direttiva 93/22/CEE (3). Il provvedimento è assunto sentito il comitato di sorveglianza, previa autorizzazione della Banca dItalia, che può emanare disposizioni per lattuazione dello stesso. La sospensione ha luogo per un periodo non superiore ad un mese, prorogabile eventualmente, con le stesse formalità, per altri due mesi.

Durante il periodo della sospensione non possono essere intrapresi o proseguiti atti di esecuzione forzata o atti cautelari sui beni della banca e sugli strumenti finanziari dei clienti. Durante lo stesso periodo non possono essere iscritte ipoteche sugli immobili o acquistati altri diritti di prelazione sui mobili della banca se non in forza di provvedimenti giudiziali esecutivi anteriori allinizio del periodo di sospensione.

La sospensione non costituisce stato dinsolvenza”.

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In virtù del richiamo contenuto nel comma 2 dell’articolo.

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