Con sentenza del 19 febbraio 2016 n. 3263[1], la Cassazione ha statuito che le polizze sulle vita aventi contenuto finanziario, nelle quali è designato, come beneficiario, un soggetto terzo non legato al contraente da vincolo di mantenimento o dipendenza economica sono configurabili, fino a prova contraria, come “donazioni indirette” a favore dei beneficiari delle polizze stesse (per il testo della sentenza cfr. contenuti correlati).
La vicenda riguardava il caso di una signora affetta da morbo di Alzheimer che aveva stipulato, con la compagnia Zurich – per il tramite della Deutsche Bank -, quattro polizze di assicurazione sulla propria vita individuando, come beneficiari, due soggetti terzi diversi dagli eredi. Si trattava di polizze aventi contenuto finanziario in quanto la causa principale del contratto era costituita dall’investimento del capitale, a cui si affiancava una finalità assicurativa in senso lato, consistente nella erogazione del capitale dovuto da parte delle compagnia, in favore di terzi beneficiari, che la signora aveva indicato per l’ipotesi in cui non fosse stata più in vita alla scadenza delle polizze.
Alla morte della signora, gli eredi convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Torino, i beneficiari e la compagnia assicurativa, chiedendo l’annullamento delle polizze. A sostegno delle proprie ragioni, affermavano che il contraente, al momento della loro stipula, fosse soggetto incapace di intendere e volere in quanto affetto da grave malattia invalidante. Gli eredi impugnavano tali polizze con lo strumento di cui all’art. 775 codice civile, previsto per l’annullamento delle donazioni fatte da soggetto incapace, asserendo che, nel caso di specie, dovesse ravvisarsi una forma di donazione indiretta nella designazione dei beneficiari da parte del contraente.
Le istanze degli eredi venivano respinte in primo grado, così come in appello, con condanna della compagnia a corrispondere il capitale di cui alle polizze in favore dei beneficiari. Secondo i giudici di merito, non poteva infatti rinvenirsi nel caso di specie alcuna donazione, neppure indiretta, aggredibile ai sensi dell’art. 775 codice civile. Tali polizze avrebbero dovuto invece, a loro avviso, essere impugnate dagli eredi con l’azione generale di annullamento del contratto per incapacità naturale di cui all’art. 1425 codice civile, di cui però difettavano i presupposti, di qui il rigetto della domanda degli eredi nei primi due gradi di giudizio.
Con una sentenza che, per tanti versi, ha portata innovativa, avendo pochi precedenti in tal senso[2], la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dagli eredi, cassando la sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Torino, che dovrà quindi pronunciarsi seguendo i dettami della Cassazione.
Prima di soffermarci sui principi esposti dalla Cassazione nella sentenza qui in commento, appare opportuno brevemente inquadrare gli istituti principali affrontati nella stessa, ossia le polizze di assicurazione sulla vita a contenuto finanziario e le donazioni indirette.
Per polizze vita a contenuto finanziario si intendono le polizze in cui la componente finanziaria e di investimento risulta preponderante rispetto a quella demografico-previdenziale tipica delle polizze di assicurazione sulla vita c.d. “tradizionali” di cui all’art. 1882 codice civile[3]. Nelle polizze di tipo classico, l’assicurato mira generalmente lo scopo di garantire la disponibilità di una somma ai familiari ovvero a terzi al momento della propria morte ed il rischio di perdita del capitale è pari a zero, essendo predeterminato l’importo da erogare al contraente o beneficiario alla scadenza del contratto. Invece, nelle polizze a contenuto finanziario, al posto dell’obbligo restitutorio in capo all’impresa di assicurazione, viene conferito, alla stessa una sorta di mandato di gestione del denaro investito e l’investitore matura il diritto al mero risultato della gestione che quindi varia in base ad una serie di fattori quali: l’andamento del mercato, dei titoli investiti, eccetera[4].
Il riferimento è in particolare alle polizze unit ed index linked il cui rendimento, nel primo caso, è parametrato all’andamento di fondi comuni di investimento e, nel secondo, ad indici di vario tipo, generalmente titoli azionari. L’elemento caratterizzante tali tipologie di polizze è dunque il rischio finanziario che, nelle così dettelinked “pure”[5], grava interamente sull’assicurato, poiché la compagnia non garantisce né la restituzione del capitale iniziale, né eventuali rendimenti minimi[6].
La predetta qualificazione giuridica di tali polizze come “finanziaria”, fornita dalla prevalente dottrina e giurisprudenza, ha degli importanti effetti. In primo luogo, essa consente di individuare la normativa applicabile agli intermediari assicurativi proponenti tali polizze (in particolare, in tema di doveri informativi)[7], in secondo luogo, determina l’inapplicabilità, alle stesse, dell’art. 1923 codice civile[8] che stabilisce il divieto di azioni esecutive e cautelari delle somme dovute dall’assicuratore al contraente o beneficiario di una polizza vita[9].
Per quanto concerne le “donazioni indirette”, esse sono delle così dette “liberalità atipiche”, in quanto lo scopo di “arricchire” un’altra persona (il donatario) e diminuire il patrimonio di chi dona (il donante), non viene raggiunto mediante il negozio tipico della donazione di cui all’art. 769 codice civile, bensì mediante altri atti: quali negozi unilaterali (i.e. remissione di un debito) e contratti (i.e. vendita mista a donazione). Tali atti sono accumunati dal fatto di realizzare, quale conseguenza ulteriore, un arricchimento economico altrui, giustificato dall’interesse non patrimoniale – e quindi, di liberalità – del donante di attribuire un bene o rinunciare a un diritto in favore del donatario[10].
Ulteriore caratteristica delle donazioni indirette è la circostanza che esse possano essere costituite anche senza atto pubblico[11]; esse inoltre sono soggette alla disciplina dell’atto o negozio utilizzato.
La capacità di donare è regolata dai principi generali, per cui il donante deve avere inter alia la piena capacità di intendere e volere, pena l’annullabilità dell’atto ai sensi dell’art. 775 codice civile che disciplina l’azione di annullamento della donazione fatta da soggetto incapace[12]. Dispone infatti tale norma: “La donazione fatta da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere o di volere al momento in cui la donazione è stata fatta, può essere annullata su istanza del donante dei suoi eredi o aventi causa. L’azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui la donazione è stata fatta”.
Poiché tuttavia, attraverso una donazione indiretta, può eventualmente ledersi la quota dei legittimari o la proporzionalità di trattamento tra coeredi, il legislatore ha previsto in ogni caso per le stesse, l’applicazione della disciplina della riduzione (art. 555, 809 codice civile) e della collazione (art. 737 codice civile), nonché della revocazione per ingratitudine del donatario o sopravvenienza di figli (art. 800 e ss. codice civile)[13].
Tornando alla sentenza qui in commento, la Cassazione, in primo luogo, qualifica le polizze vita stipulate dalla signora come strumenti aventi “un contenuto finanziario ed assicurativo”, in quanto l’indennizzo spettante ai beneficiari era costituito dal capitale risultante dall’investimento finanziario, alla morte della stessa.
In secondo luogo, la Cassazione evidenzia che nel caso di specie, la signora avesse individuato, quali beneficiari, soggetti terzi (diversi dai propri eredi) non legati a lei da vincoli di mantenimento o dipendenza economica.
In terzo luogo, la stessa Corte dà atto del fatto che, con tali polizze, fosse stato stabilito che, alla propria morte, l’indennizzo dovesse essere “[…] attribuito direttamente ai beneficiari designati senza transitare attraverso l’asse ereditario e senza essere interessato dalle vicende successorie”.
Ricorrendo pertanto i suddetti presupposti, la Suprema Corte ha quindi ritenuto che, nel caso sottoposto al suo esame, ci si trovasse di fronte ad una assicurazione sulla vita in favore di terzi assimilabile ad una donazione indiretta. Ciò in quanto i beneficiari non erano legati alla signora da vincoli di mantenimento o dipendenza economica, per cui la loro designazione[14], era stata effettuata per spirito di liberalità, nella forma della donazione “indiretta”[15]. A sostegno di tale tesi, la Cassazione richiama fra l’altro il costante orientamento espresso dalla stessa, secondo cui la donazione indiretta “[…] può realizzarsi nei modi più vari, essendo caratterizzata dal fine perseguito di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall’ordinamento, ivi compresi più negozi tra loro collegati”[16].
Ed ancora, evidenzia la Cassazione che, ulteriore elemento volto fondare la natura di donazione indiretta di tali polizze, si riviene nella circostanza per cui, già con la designazione come beneficiari, i terzi avevano acquisito “un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”, che, a seguito del decesso dell’assicurato, è divenuto “definitivo”, mediante l’attribuzione in loro favore delle somme da parte della compagnia.
In tale contesto, ad avviso della Suprema Corte, appare dunque del tutto irrilevante il fatto che, le polizze in questione subordinassero l’attribuzione patrimoniale: (i) alla mancata revoca della designazione dei beneficiari[17] e (ii) al fatto che l’assicurato dovesse decedere prima della scadenza delle stesse. Essendo unicamente rilevante, secondo la Corte[18], che: “la designazione compiuta all’atto della stipula delle polizze” fosse “idonea a comportare l’acquisto dei vantaggi economici dell’operazione, che si è poi puntualmente realizzato a seguito del decesso” dell’assicurato.
Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte, rilevato che nel caso di specie “non è emerso che la designazione sia stata determinata da ragioni diverse dallo spirito di liberalità, deve concludersi che l’operazione sia stata concepita come donazione indiretta a favore” dei terzi beneficiari.
Ad avviso della Cassazione, tale conclusione appare difatti in linea con il principio di recente espresso in un’altra pronuncia della stessa in relazione ad analoghe polizze vita a contenuto finanziario secondo cui: “nell’assicurazione sulla vita la designazione quale terzo beneficiario di persona non legata al designante da alcun vincolo di mantenimento o dipendenza economica deve presumersi fino a prova contraria, compiuta per spirito di liberalità, e costituisce una donazione indiretta”[19]. Laddove, precisa la Corte: “il donatum originario era costituito dai premi versati all’assicuratore(cfr. Cass. n. 6528/2006) giacchè – come rilevato dalla cit. Cass. n. 7863/2015 – il pagamento del premio ha integrato «il c.d. negozio-mezzo (l’assicurazione) utilizzato per conseguire il negozio-fine (la donazione)», mentre il pagamento dell’indennizzo da parte dell’assicuratore ha costituito il risultato finale utile dell’operazione per il beneficiario”.
Sulla base di tali ragioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso degli eredi, affermando il diritto degli stessi ad impugnare tali polizze attraverso lo strumento previsto dall’art. 775 codice civile per l’annullamento degli atti di donazione compiuti da soggetto incapace naturale. Strumento che, sottolinea la Corte, consente l’annullamento dell’atto “a prescindere dal pregiudizio” che il soggetto incapace naturale possa avere risentito[20].
Ebbene, la rilevanza dei principi espressi dalla Cassazione in tale sentenza è – a parere di chi scrive – di tutta evidenza. Ed infatti, consentendo di impugnare le polizze stipulate da soggetto incapace naturale, ai sensi dell’art. 775 codice civile e non ai sensi dell’azione generale di annullamento dei contratti conclusi da incapace ai sensi dell’art. 1425 codice civile, viene “alleggerito” l’onere probatorio degli istanti. Essi non saranno, pertanto, tenuti al rispetto delle condizioni di cui all’art. 428 codice civile, come richiamato dall’art. 1425 codice civile, il quale prevede che, nei contratti conclusi da incapace, sia fornita la prova del “grave pregiudizio all’autore” nonché la “malafede dell’altro contraente”[21]. Requisiti questi che hanno sovente determinano gravi difficoltà probatorie da parte dei richiedenti l’annullamento di tali atti[22] e scoraggiato gli stessi dall’intraprendere le relative azioni. Non appare dunque peregrino ipotizzare che potremmo assistere prossimamente ad un incremento del numero di giudizi instaurati invocando l’applicazione di tale strumento e si attende, con assoluto interesse, di esaminare le relative pronunce da parte dei giudici di merito.
[1] In www.dirittobancario.it. In commento a tale sentenza cfr. A. Busani, Le polizze sulla vita sono donazioni indirette, in Quotidiano del Fisco, Il Sole 24 Ore, del 15.3.2016.
[2] Nello stesso senso, cfr. Cass. n. 7683/2015 in Foro Italiano, 2015, 12, 1, pag. 3937. e Trib. Modena del 20.10.2014 , in Famiglia e Diritto, 2015, 4, pag. 396 con Nota di F. Mastroberardino.
[3] Cfr. F. Peccenini, L’assicurazione, in Trattato di diritto privato, a cura di Rescigno, XIII, 2007, pagg. 94 e ss..
[4] Cfr. M. Stella Richter, L’attività di gestione del risparmio di banche e assicurazioni, in I contratti del mercato finanziario, a cura di Gabrielli, Torino, 2004, II, pagg. 666 e ss.
[5] Le linked pure si distinguono dallelinked “garantite” e “parzialmente garantite” in cui il rischio finanziario è, rispettivamente,in tutto o in parte ripartito tra l’assicurato e la compagnia di assicurazione.
[6] Sul punto, P. Gobio Casali, Polizze linked e caso Lehman Brothers: tramonto della funzione previdenziale dell’assicurazione sulla vita?, in Giurisprudenza italiana, 2010, pag. 11.
[7] La giurisprudenza infatti, nel ritenere tali strumenti come finanziari, tende ad applicare agli stessi le norme del TUF in tema di doveri informativi. Si segnala, da ultimo sul punto, Cass. 24.4.2015, n. 8412 che ha fissato una volta per tutte una serie di punti fermi in tema di obblighi informativi in capo alle compagnie. In commento a tale sentenza, cfr. L. Zitiello, Polizze linked, cosa sono e come vengono regolate, in Quotidiano giuridico IPSOA, del 20.1.2014.
[8] E ciò, a differenza delle polizze vita c.d. “tradizionali”, per le quali è applicabile l’art. 1923 c.c., il quale accorda, al debitore, uno strumento di difesa dall’aggressione dei creditori, utilizzabile a condizione che non vi sia una finalità elusiva degli stessi.
[9] Sull’inapplicabilità in generale dell’art. 1923 c.c. alle polizze vita aventi contenuto finanziario, cfr. Trib. Milano del 1.7.2014 in www.ilcaso.it. Con riguardo alle polizze index, cfr. ex multis Trib. Parma, 10.08.2010, in Assicurazioni, 2010, pag. 781 ss; con riguardo alle polizze unit, cfr. Trib. Cagliari 2.11.2010, in Rivista giurisprudenza sarda, 2011, I, pagg. 387 ss.. Si segnala però la presenza, negli ultimi anni, anche di talune pronunce giurisprudenziali in senso contrario, che ritengono come preponderante la funzione assicurativa e non finanziaria delle polizze linked: cfr. in tal senso Trib. Livorno del 12.2.2015; Trib. Milano del 22.4.2013 n. 5663; Trib. Roma del 6.11.2012 n. 21133.
[10] Così F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Edizioni scientifiche italiane, 2015.
[11] A differenza, pertanto, delle donazioni “dirette”, per le quali l’atto pubblico è requisito necessario di forma.
[12] Cfr. Cass. n. 6414/1984.
[13] Così A. Torrente – P. Schlensinger, Manuale di diritto privato, Giuffrè, 2015.
[14] Ai sensi dell’art. 1920 c.c., norma che disciplina il contratto di assicurazione sulla vita in favore di un terzo e, in particolare, le modalità di designazione del terzo beneficiario.
[15] Secondo alcuni commentatori, la causa della donazione si ravvisa nell’animus donandi, cioè nell’intenzione di arricchire il donatario per spirito di liberalità cfr. A. Torrente – P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, Giuffrè, 2015. Secondo taluna giurisprudenza, l’animus donandi sarebbe addirittura presunto ove manchi una controprestazione, cfr. Cass. n. 2912/1998 in Giurisprudenza Italiana, 1998, pag. 2019. La donazione si distingue pertanto dai negozi gratuiti: chi dona, a differenza di chi attribuisce gratuitamente, non intende fare un affare, né in via diretta, né in via indiretta, cfr. sul punto F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Edizioni scientifiche italiane, 2015.
[16] Cfr. Cass. 21.10.2015, n. 21449, in Notariato, 2015, 6, pag. 599; Cass. 29.2.2012, n. 3134 in CED Cassazione, 2012 e Cass. 16.3.2004, n. 5333 in Giurisprudenza Italiana, 2005, pag. 490 con nota di Salvatori.
[17] La quale risulta possibile ai sensi dell’art. 1921 c.c.. Dispone infatti tale norma che: “La designazione del beneficiario è revocabile con le forme con le quali può essere fatta a norma dell'articolo precedente. La revoca non può tuttavia farsi dagli eredi dopo la morte del contraente, né dopo che, verificatosi l'evento, il beneficiario ha dichiarato di voler profittare del beneficio. Se il contraente ha rinunziato per iscritto al potere di revoca, questa non ha effetto dopo che il beneficiario ha dichiarato al contraente di voler profittare del beneficio. La rinuncia del contraente e la dichiarazione del beneficiario devono essere comunicate per iscritto all'assicuratore”.
[18] O meglio, usando l’espressione riportata nella sentenza, “fondamentale”.
[19] Così Cass. n. 7863/2015,cit.
[20] Nello stesso senso, Cass. n. 7863/2015, cit..
[21] Dispone infatti l’art. 428 c.c.:“Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore. L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente. L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l'atto o il contratto è stato compiuto. Resta salva ogni diversa disposizione di legge”.
[22] Ossia gli aventi diritto ai sensi dell’art. 428 c.c. e, quindi legittimati ad esercitare l’azione di annullamento: la persona incapace, gli eredi o gli aventi causa.