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Le principali novità del Listing Act sulla comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate

24 Maggio 2023

Filippo Annunziata, Professore Associato di Diritto dei Mercati Finanziari, Università Luigi Bocconi

Matteo Arrigoni, Ricercatore in Diritto Commerciale, Università Cattolica del Sacro Cuore

Di cosa si parla in questo articolo
MAR

[*] SOMMARIO: Con la proposta del Listing Act, la Commissione europea ha inteso modificare varie disposizioni di diritto UE, compresa la disciplina della comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate. Al riguardo, per ridurre gli oneri sopportati dalle società quotate, i principali interventi riguardano il contenuto del dovere di informazione continua – e in particolare le tappe intermedie di un processo prolungato – nonché il regime del ritardo della comunicazione. Il presente lavoro analizza le principali novità della proposta, indicandone i punti di forza e i margini di miglioramento, non senza l’aggiunta di suggerimenti per una riforma ancor più sistematica.

ABSTRACT: The European Commission wants to amend several provisions of EU law, including the rules on public disclosure of inside information, through ‘Listing Act’ proposal. In this respect, the main measures concern the content of the of the duty to provide continuous information – and especially the intermediate steps in a protracted process – as well as the regime for delayed disclosure, to reduce the burdens borne by listed companies. This paper analyses the main innovations of the proposal, identifies its strengths and areas for improvement, and concludes with suggestions for an even more systematic reform.


1. Introduzione

Il 7 dicembre 2022 la Commissione europea ha pubblicato una proposta di modifiche a varie disposizioni di diritto UE, volte a rendere i mercati finanziari più attraenti per le imprese dell’Unione europea e a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese ai capitali (“Listing Act”)[1].

La presente nota si concentrerà sulle modifiche al regolamento sugli abusi di mercato (Regolamento (UE) n. 596/2014 del 16 aprile 2014, “MAR”).

Le novità della proposta si concentrano, in via generale, sugli oneri sopportati dalle società quotate e considerati eccessivi: i requisiti connessi al concetto di informazioni privilegiate e alle condizioni per ritardare la comunicazione sono stati giudicati come «molto onerosi», rispettivamente, dal 64% e dal 70% dei partecipanti[2]. Ciò risulta particolarmente vero per le tappe intermedie di eventi prolungati, come possono essere non soltanto operazioni straordinarie, ma anche processi aziendali come la formazione di dati e situazioni contabili. Secondo quanto osserva la Commissione, oltre al costo di compliance sostenuto per comprendere quali tappe possano rappresentare un’informazione privilegiata, la diffusione di informazioni «eccessivamente precoci, incomplete e ancora potenzialmente soggette a cambiamenti fondamentali» può fuorviare gli investitori e «portarli a compiere azioni che potrebbero in seguito rivelarsi subottimali»[3]. Non sorprende, pertanto, la scelta di modificarne la disciplina.

2. Le tappe intermedie di un processo prolungato

Pacifica la sussistenza del carattere di precisione di informazioni relative a eventi passati, nonché a eventi futuri anche privi della certezza totale di realizzazione, a lungo ci si è chiesti se una informazione relativa a una fase intermedia di un procedimento che conduce a un esito finale debba essere qualificata come informazione privilegiata o convenga, invece, attendere l’evento conclusivo per la pubblicazione della relativa informazione.

Con l’introduzione del MAR, il legislatore europeo ha recepito le indicazioni del CESR[4] e della giurisprudenza promossa dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea[5], secondo cui le tappe intermedie di un processo prolungato possono essere qualificate come informazioni privilegiate (art. 7, parr. 2 e 3, MAR).

Prima di tale introduzione, molteplici sono stati gli argomenti volti a escludere le fasi intermedie dalla nozione di informazione privilegiata. L’incertezza sul verificarsi dell’evento finale è stata considerata idonea a escludere il carattere di precisione delle informazioni[6] o quello price-sensitive[7]. Il fatto, inoltre, che «se le trattative risultassero poi essere infruttuose, l’averne comunicato l’esistenza comporterebbe distorsioni del mercato» ha portato molti osservatori a escludere l’idoneità autonoma della tappa intermedia ad alterare i prezzi degli strumenti finanziari[8], nonché a evidenziare la possibile violazione del divieto di manipolazione informativa dei mercati finanziari[9].

Ora, pur mantenendo inalterata la disposizione relativa alla qualifica come informazione privilegiata anche delle tappe intermedie (art. 7, parr. 2 e 3, MAR), la Commissione europea sembra aver cambiato idea, perché esplicita che il dovere di informazione continua non si applica «alle tappe intermedie di un processo prolungato … se tali tappe sono collegate alla concretizzazione di una serie di circostanze o di un evento» (art. 17, par. 1, MAR Proposta Listing Act).

Questa novità è da accogliere con favore, perché comporta molteplici vantaggi: riduce i costi di compliance per gli emittenti (costretti, viceversa, a ricorrere spesso al meccanismo del ritardo) e, allo stesso tempo, riduce la diffusione di informazioni poco rilevanti nella prospettiva dell’efficienza informativa del mercato.

Il wording impiegato non è tuttavia particolarmente chiaro. Se, da un lato, dalla lettura degli «Obiettivi della proposta» e della «Illustrazione dettagliata delle singole disposizioni della proposta» sembra desumersi che il riferimento all’esclusione dalla disclosure sia a tutte le «tappe intermedie di un processo prolungato» senza alcuna distinzione[10]; per altro verso, non così pare, invece, se si guarda al tenore letterale dell’art. 17, par. 1, MAR Proposta Listing Act: non avrebbe, viceversa, senso l’aggiunta per cui sono esenti dalla comunicazione le tappe intermedie di cui all’art. 7, parr. 2 e 3, MAR, solo «se tali tappe sono collegate alla concretizzazione di una serie di circostanze o di un evento» (art. 17, par. 1, MAR Proposta Listing Act, corsivo aggiunto).

Più opportuna potrebbe essere la distinzione tra due diverse ipotesi di tappe intermedie: da un lato, una tappa intermedia che in tanto ha senso in quanto si realizza l’esito del processo prolungato (ad esempio, la stipula di un accordo di riservatezza finalizzato a un progetto di M&A: c.d. tappa intermedia strumentale); per altro verso, una tappa intermedia che, pur essendo necessaria all’esito finale, è anche idonea per sé stessa a rappresentare un evento di una autonoma rilevanza per l’emittente (ad esempio, l’aumento di capitale finalizzato all’acquisizione di un’altra società: c.d. tappa intermedia autonoma). Mentre è ragionevole escludere che il verificarsi di una tappa intermedia strumentale (ad esempio, l’accordo di riservatezza) debba essere comunicata, così non dovrebbe essere per una tappa intermedia autonoma (ad esempio, l’aumento di capitale): anche se l’evento finale non dovesse realizzarsi, la concretizzazione di questa fase potrebbe da sola alterare il valore della società ed essere pertanto rilevante a formare prezzi corretti. Del resto, a un simile esito pare potersi arrivare in via interpretativa, facendo leva sul carattere price-sensitive delle informazioni privilegiate: una tappa intermedia la cui pubblicazione non ha un impatto significativo sui prezzi non deve essere pubblicata[11].

L’esito atteso dalla Commissione potrebbe, tuttavia, essere vanificato in virtù del nuovo dovere di mantenere in ogni caso la riservatezza su tali informazioni, pur opportuno perché riduce il rischio di insider trading (art. 17, par. 1 ter, MAR Proposta Listing Act). Se, infatti, l’emittente non è in grado di mantenere la riservatezza, sarà tenuto a divulgare la tappa intermedia la cui comunicazione si voleva evitare. Una strategia normativa più efficace pare, allora, quella di modificare non solo il profilo della disclosure dell’informazione, ma la sua nozione, come sarà ribadito più approfonditamente nelle conclusioni.

3. L’elenco non esaustivo di informazioni pertinenti

L’ampiezza del concetto di informazioni privilegiate (di cui all’art. 7 MAR) consente di introdurre un divieto ampio e molto precoce di abuso di informazioni privilegiate, ma, allo stesso tempo, rende più difficile per gli emittenti stabilire quali informazioni siano privilegiate e quali no, con la conseguenza che, per ridurre il rischio legale al quale vanno incontro, sono costretti a comunicare più informazioni del dovuto (o, almeno, a chiedere il ritardo della pubblicazione), aumentando così i costi di compliance.

Il problema è stato tradizionalmente affrontato dalle autorità di vigilanza che hanno effettuato vari tentativi di esemplificazioni di informazioni privilegiate. Così, ad esempio, le linee guida di Consob[12] individuano «un elenco esemplificativo e non esaustivo di tipi di informazioni privilegiate che potrebbero interessare un emittente»[13]; oppure, le Q&A di ESMA prendono posizione su alcuni casi specifici, come nell’ipotesi di informazioni relative alla policy sui dividendi[14].

Nello stesso senso, è stato introdotto un nuovo paragrafo nell’art. 17, per «ridurre l’incertezza giuridica in merito a quali siano le informazioni privilegiate ai fini della comunicazione nonché alle tempistiche della comunicazione»[15]. In questo modo, la proposta conferisce alla Commissione europea il potere di adottare un atto delegato e riesaminare «un elenco non esaustivo di informazioni pertinenti e, per ciascuna informazione, il momento in cui si può ragionevolmente prevedere che l’emittente la comunichi» (art. 17, par. 1 bis, MAR Proposta Listing Act).

Oltre al fatto che l’eventuale elenco predisposto dalla Commissione europea sarebbe contenuto in un atto delegato e non, invece, in un atto di soft law, l’indicazione della tempistica è una miglioria di assoluto rilievo. La disciplina europea potrebbe così avvalersi delle soluzioni adottate in altri contesti. Negli Stati Uniti, ad esempio, in molti casi il documento equivalente a quello europeo – e, cioè, il Form 8-K – deve essere compilato entro quattro giorni lavorativi dal momento in cui l’evento che scatena i requisiti di trasparenza si è realizzato[16].

L’indicazione del momento in cui si può ragionevolmente prevedere che l’emittente comunichi una certa informazione privilegiata consente, in vero, di risolvere attuali problemi di incertezza. In vero, la scelta legislativa di imporre all’emittente di pubblicare le informazioni privilegiate «quanto prima possibile» (art. 17, par. 1, MAR) non agevola il compito di individuare il momento esatto in cui questo deve avvenire, con l’ulteriore effetto negativo di aumentare il rischio di una frammentazione della disciplina all’interno dell’Unione europea, a maggior ragione in considerazione delle diverse traduzioni nelle varie lingue[17]. Il potere conferito alla Commissione può allora rappresentare l’occasione per l’introduzione di termini più precisi, sulla falsariga del già richiamato esempio statunitense.

4. Il ritardo della comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate. La notifica all’autorità competente

Meno vistosa, ma altrettanto significativa, risulta una duplice modifica relativa alla procedura per ritardare la comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate.

Nel regime attualmente in vigore, l’emittente che abbia ritardato la comunicazione di un’informazione privilegiata notifica il ritardo all’autorità competente e fornisce una spiegazione delle modalità utilizzate per rispettare la norma, «immediatamente dopo che le informazioni sono state comunicate al pubblico»; in alternativa, però, «gli Stati membri possono disporre che una registrazione di tale spiegazione debba essere presentata solo su richiesta dell’autorità competente» (art. 17, par. 4, co. 3, MAR).

Questa alternativa è stata utilizzata da alcuni Stati, tra i quali l’Italia (all’art. 114, co. 3, TUF) ed è particolarmente utile. Anziché imporre un obbligo di motivazione tout court, la scelta per una “spiegazione su richiesta” consente di alleggerire gli oneri amministrativi per gli emittenti senza aumentare il rischio di ritardi illegittimi, che, in ogni caso, è presidiato dalla possibilità per l’autorità competente di chiedere la spiegazione all’emittente. Inferiori costi di compliance permettono inoltre agli emittenti di avvalersi con minori ostacoli al meccanismo del ritardo che, nell’architettura complessiva del sistema normativo, gioca un ruolo particolarmente importante[18].

Diversamente dal testo attualmente in vigore, nella proposta l’alternativa della “spiegazione solo su richiesta” è stata eliminata. Gli emittenti dovrebbero pertanto fornire la motivazione del ritardo all’autorità competente in ogni caso.

Questa scelta non pare condivisibile, perché l’obbligo di motivazione tout court comporta maggiori costi di compliance per gli emittenti, senza aumentare sensibilmente i benefici in termini di efficacia della vigilanza. Il fatto che la scelta di ritardare la comunicazione sia corretta nella maggior parte dei casi, relegando a rare ipotesi i casi di ritardo “illegittimo”, consente infatti di ritenere ingiustificato il costo di un intervento preventivo e di non enfatizzare il rischio di comportamenti illeciti da parte degli emittenti. L’aumento dei costi di compliance riduce, inoltre, lo spazio per l’applicazione del ritardo: tali oneri sono considerati dagli emittenti nell’analisi di efficienza della decisione da adottare[19].

Il problema per gli emittenti si aggrava, inoltre, in considerazione della seconda modifica alla procedura per attivare il ritardo. Diversamente dal testo attualmente in vigore, infatti, nella proposta la spiegazione fornita dagli emittenti all’autorità competente non deve avvenire «immediatamente dopo che le informazioni sono state comunicate al pubblico» (art. 17, par. 4, co. 3, MAR), bensì «immediatamente dopo avere assunto la decisione di ritardare la comunicazione delle informazioni» (art. 17, par. 4, co. 2, MAR Proposta Listing Act). Anticipare questo adempimento aumenta le difficoltà per gli emittenti e rende più oneroso il meccanismo del ritardo, senza comportare benefici rilevanti, secondo quando appena osservato[20]; a ciò si aggiunga l’osservazione che durante il ritardo un’informazione può perdere il suo carattere price-sensitive e l’emittente non sarebbe quindi tenuto a pubblicarla: la modifica normativa aumenta anche in questo caso gli oneri amministrativi in modo inefficiente.

5. Il ritardo della comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate. La “voce” o i “rumours

Con riferimento alle condizioni per consentire il ritardo, il MAR richiede che gli emittenti siano in grado di «garantire la riservatezza» delle informazioni privilegiate la cui comunicazione è ritardata (art. 17, par. 4, lett. c, e par. 5, lett. c, MAR). Se, invece, la riservatezza non è più garantita, l’emittente è tenuto a comunicare al pubblico l’informazione privilegiata quanto prima (art. 17, par. 7, MAR). Al riguardo, la proposta della Commissione europea introduce una novità: la riservatezza di un’informazione privilegiata non sarebbe più garantita quando una voce che si riferisce a tale informazione sia «sufficientemente accurata e attendibile» (art. 17, par. 7, MAR Proposta Listing Act; in corsivo la novità).

Questa proposta solleva alcune incertezze interpretative e comporta conseguenze non volute.

Da un lato, nel regime attuale, ESMA ha specificato che una voce è accurata – e pertanto fa scattare la disclosure al mercato dell’informazione per la quale si era chiesto il ritardo – quando è «new, sufficiently precise, persistent and ha[s] an impact on the price of the financial instruments. Lacking such conditions, respondents requested to clarify that they may avail themselves of a no-comment policy»[21]. Non è chiaro, quindi, che effetti abbia il fatto che il Listing Act richieda che una voce debba essere anche accurata.

In alternativa, si potrebbe immaginare di distinguere tra una “voce” che si riferisce a un’informazione privilegiata non ancora pubblicata (c.d. leak) e una “voce” che non si riferisce a un’informazione privilegiata non ancora pubblicata (c.d. rumour). Se, ad esempio, una voce riguardasse una possibile acquisizione di una società da parte di un emittente, tale voce sarebbe un leak quando l’operazione – al momento riservata – è in corso (ma il mercato non la conosce, perché l’emittente ha sfruttato il meccanismo del ritardo della comunicazione); se, invece, l’operazione di M&A non sussiste, la voce sarebbe un rumour (e non ci sarebbe un’informazione privilegiata riservata da divulgare successivamente). La prima è una voce “vera”, la seconda è una voce “falsa”. Poiché l’emittente è in grado di distinguerle, potrebbe così prendere posizione nei confronti della prima, limitandosi a una politica di “no comment” nei confronti della seconda.

Per altro verso, la proposta contenuta nel Listing Act non prende posizione in merito alla “fonte” da cui sorge la voce e cioè se essa debba, o meno, derivare dalla “sfera” dell’emittente per costringerlo a pubblicare l’informazione privilegiata per la quale aveva ritardato la comunicazione. Questo aspetto era già stato discusso e la scelta di non intervenire era giustificata dall’osservazione per cui, se fosse necessario indagare se la voce sorga dalla sfera dell’emittente, «in order to decide whether the disclosure is required or not, an investigation (potentially time-consuming) has to take place to detect the source of leak, whereas Article 17(7) requires disclosure to the public “as soon as possible”»[22]. In effetti, l’attività richiesta all’emittente potrebbe risultare incompatibile rispetto alle esigenze del mercato. D’altra parte, se la fonte della voce è irrilevante, i terzi potrebbero diffondere una voce per “costringere” l’emittente a esporsi nei suoi confronti (c.d. fishing strategy): il regime relativo alla manipolazione informativa non sempre sembra essere un presidio efficace a gestire questo rischio. Sembra allora preferibile consentire agli emittenti di avvalersi della possibilità di dimostrare che la voce non dipenda da un proprio problema organizzativo: qualora l’emittente non sia in grado di fornire tale prova in tempi rapidi, sarà tenuto alla comunicazione dell’informazione privilegiata; se, invece, ciò fosse agevole, potrebbe adottare una politica di “no comment”. Una simile soluzione comporta una pluralità di benefici: incentiva l’emittente a dotarsi di misure organizzative adeguate; realizza un miglior contemperamento degli interessi in gioco; risulta essere un maggior presidio alla stabilità del sistema, nel caso di banche quotate[23].

6. L’ipotesi di ritardo per salvaguardare gli interessi legittimi degli emittenti

Cambiandone la fonte rispetto all’assetto attuale, la proposta intende includere nel testo del MAR un elenco di condizioni specifiche che devono essere soddisfatte dalle informazioni privilegiate che l’emittente intende ritardare, precedentemente individuate da ESMA come specificazione della condizione di non fuorviare il pubblico, alla quale è ricollegata la possibilità di avvalersi del ritardo.

Più precisamente, per ritardare la comunicazione di un’informazione privilegiata, oltre al possibile pregiudizio agli interessi legittimi dell’emittente, e alla garanzia della riservatezza, devono sussistere altre condizioni, ossia che, alternativamente, le informazioni: «non sono sensibilmente diverse» da quelle pubblicate precedentemente dall’emittente sullo stesso tema; «non riguardano il fatto che probabilmente gli obiettivi finanziari dell’emittente non saranno raggiunti, qualora tali obiettivi siano stati precedentemente annunciati al pubblico»; «non sono in contrasto con le aspettative del mercato, se tali aspettative si basano su segnali che l’emittente ha precedentemente inviato al mercato» (art. 17, par. 4, lett. b, nn. i), ii), iii), MAR Proposta Listing Act)[24].

Se la scelta è da condividere, in quanto si nega la possibilità di ritardo quando sussiste una “domanda informativa” del mercato causata dalla condotta dell’emittente[25], l’inclusione anche dell’ipotesi relativa agli obiettivi finanziari solleva qualche problema. Una comunicazione tempestiva di un profit warning, realizzata nel momento in cui tale informazione sorge e non quando sia formalizzata dal consiglio di amministrazione, comporta, infatti, il rischio di comunicare informazioni soggette a cambiamenti nel giro di pochi giorni, nonché quello di esautorare il consiglio o alcuni comitati in contrasto con quanto previsto dall’ordinamento[26]. È più ragionevole invece consentire all’emittente di ritardare la comunicazione per rispettare le indicazioni di legge, salvo il caso in cui sfrutti la norma, ad esempio ritardando in modo ingiustificato i tempi per la formale convocazione del consiglio di amministrazione.

7. Una premessa in forma di conclusione

La scelta del legislatore europeo di “aggiornare” il regime delle informazioni privilegiate non può che essere accolta con favore. Accanto a novità positive[27], sono state evidenziate alcune possibili criticità.

L’occasione di revisione del MAR potrebbe essere sfruttata però per una riforma più organica. In questo senso, i punti chiave su cui intervenire con più coraggio possono essere quelli che seguono.

Anzitutto, prevedere due nozioni diverse di informazioni privilegiate a seconda del regime che si applica: una più ampia per prevenire l’abuso di informazioni privilegiate e una più ristretta per la comunicazione delle informazioni privilegiate al mercato[28]. Sebbene la disclosure di informazioni privilegiate possa contribuire a prevenire l’insider trading[29], il dovere di informazione continua persegue anche ulteriori obiettivi che una nozione particolarmente ampia di informazione privilegiata compromette[30].

In secondo luogo, si potrebbero migliorare i requisiti affinché un’informazione sia qualificata come privilegiata e quindi oggetto di disclosure, per favorire la qualità sulla quantità delle informazioni diffuse. In quest’ottica, si potrebbe intervenire sui requisiti di precisione (art. 7, par. 2, MAR) e rilevanza (o carattere price-sensitive: art. 7, par. 1, lett. a, e art. 7, par. 4, co. 1, MAR)[31].

Le proposte avanzate poggiano sull’analisi dei mercati finanziari odierni. Essi sono caratterizzati dalla presenza di molti strumenti finanziari sempre più complessi e dal diffuso utilizzo di nuove tecnologie e tecniche di negoziazione (big data e high frequency trading). A ciò si aggiunge la sempre più frequente partecipazione diretta al mercato di investitori retail[32]. Questi fenomeni compromettono la capacità degli stessi mercati di essere efficienti dal punto di vista informativo (c.d. efficienza informativa del mercato finanziario: Efficient Market Hypothesis, EMH, riconducibile a Fama[33]). D’altra parte, è stato osservato come l’ammontare delle informazioni pubbliche disponibili sia aumentata drasticamente rispetto a quando è stata tradizionalmente formulata[34]. Lo sviluppo di strumenti digitali per creare e diffondere informazioni (ad esempio, internet e i social network) e, più di recente, le novità connesse all’intelligenza artificiale suggeriscono inoltre di non enfatizzare il modello tradizionale di disclosure “centrato” sull’emittente[35].

In un tale contesto, per realizzare l’obiettivo di favorire la corretta formazione dei prezzi e allo stesso tempo senza gravare gli emittenti di oneri amministrativi sproporzionati, il sistema normativo dovrebbe favorire la qualità delle informazioni, sulla loro quantità, nonché la completezza delle stesse, sulla tempestività della loro diffusione.

 

[*] Benché il saggio costituisca l’esito di un lavoro comune e condiviso, i paragrafi 1, 3, 6 e 7 possono essere attribuiti a Filippo Annunziata, mentre i paragrafi 2, 4 e 5 a Matteo Arrigoni.

[1] Commissione europea, Proposta di regolamento, COM(2022) 762 final, Bruxelles, 7.12.2022.

[2] Listing Act, p. 15.

[3] Listing Act, p. 6.

[4] «If the information concerns a process which occurs in stages, each stage of the process as well as the overall process could be information of a precise nature»: così CESR, Market Abuse Directive, Level 3 – second set of CESR guidance and information on the common operation of the Directive to the market, July 2007, CESR/06-562b, n. 1.6, p. 5.

[5] CGUE, Markus Geltl vs. Daimler AG, Causa C-19/11, 28 giugno 2012, n. 35. La sentenza ha ricevuto molteplici commenti: ex multis, J.L. Hansen, Say when: When must an issuer disclose inside information?, in Nordic & European Company Law, Working Paper No. 16-03 (September 19, 2016), disponibile su https://ssrn.com/abstract=2795993.

[6] In questo senso, v. la tesi difensiva nella sentenza CGUE, Causa C-19/11, 2012, nonché, sulla base del fatto che la comunicazione di notizie ancora provvisorie o frammentarie sia in contrasto con le finalità della legge, F. Annunziata, Le norme del nuovo regolamento Consob in materia di informazione societaria. Una prima lettura, in Banca borsa, 1999, I, 495-518, spec. p. 500.

[7] Distinguendo, al riguardo, tra hard facts e soft information, P. Sfameni, Sub. art. 114, Comunicazioni al pubblico, in La disciplina delle società quotate a cura di Marchetti – Bianchi, Tomo I, Milano, 1999, 509-643, spec. p. 522 s. e, in merito all’assenza del carattere price-sensitive, in mancanza di una “ragionevole certezza” sull’esito del processo prolungato, così collegando la tappa intermedia all’evento finale, P. Carrière, I profili informativi delle fasi propedeutiche di operazioni di M&A successivamente al recepimento della direttiva market abuse, in Riv. soc., 2006, 338-372, spec. p. 365.

[8] L. Picone, Trattative, due diligence ed obblighi informativi delle società quotate, in Banca borsa, 2004, I, 234-269, spec. p. 240 s., da cui la citazione; nello stesso senso, A. F. Tripodi, Fasi del procedimento penale e obblighi di comunicazione al pubblico ex art. 114 t.u.f., in Giur. comm., 2010, I, 315-338, spec. p. 325 ss. e, sostenendo che «il rischio è quello di rendere “esatta” un’informazione che ancora non lo è», E. Pederzini, Sub. art. 114, in La disciplina degli abusi di mercato (l. 18 aprile 2005, n. 62) a cura di Pederzini, in Nuove leggi civ., 2007, 976-994, spec. p. 980 s.

[9] C. Di Noia – M. Gargantini, Issuers at Midstream: Disclosure of Multistage Events in the Current and in the Proposed EU Market Abuse Regime, in 9.4. ECFR (2012), 484-529, spec. p. 503 e E. Amati, Abusi di mercato e sistema penale, Torino, 2012, spec. p. 96.

[10] Listing Act, pp. 8 e 26.

[11] «Se, per esempio, colloqui informali tra acquirente e venditore non preceduti dalla stipula di un accordo di riservatezza, nella prassi, non comportano una significativa probabilità di riuscita di un’operazione di M&A – e, in ogni caso, non comportano un impatto significativo sui prezzi dei titoli – l’informazione su un evento verificato (cioè i colloqui informali tra acquirente e venditore), che costituisce una tappa intermedia di un processo prolungato (vale a dire l’operazione di M&A), deve essere valutata per il suo scarso impatto sul prezzo e, quindi, non va considerata come privilegiata»: M. Arrigoni, Informazioni privilegiate e funzionamento dei mercati finanziari, Milano, 2022, spec. p. 122 s.

[12] Le linee guida «non hanno carattere prescrittivo e, se disattese, non implicano di per sé una violazione della disciplina», ma allo stesso tempo «costituiscono un ausilio» per gli emittenti, offrendo, se del caso, «alcune indicazioni operative di dettaglio utili alla migliore attuazione della disciplina europea»: Consob, Gestione delle informazioni privilegiate, Linee Guida n. 1/2017, ottobre 2017, n. 1.3.1, p. 5 s. (“Consob LG IP”).

[13] Consob LG IP, n. 3.1.2, p. 13 s.

[14] ESMA, Questions and Answers, On the common operation of the Market Abuse Directive, 01 April 2016, ESMA/2016/419, Q1, p. 4 s.

[15] Listing Act, p. 8.

[16] Sul punto, A. Pietrancosta, Article 17: Public disclosure of inside information, in Market Abuse Regulation. Commentary and Annotated Guide2 eds. Ventoruzzo – Mock, Oxford, 2022, 451-491, n. B.17.49, spec. p. 468.

[17] F. Annunziata – M. Scopsi, Il rapporto ESMA del 23 settembre 2020 e le proposte di modifica al Regolamento market abuse, in Riv. soc., 2021, 176-194, spec. p. 182 e nt. 21.

[18] Sul punto, L. Calvosa, Informazioni privilegiate e regolamento MAR, in Riv. dir. comm., 2019, 99-157, spec. p. 147; per l’affermazione secondo cui «as the legislator in the MAR … has opted for a rather broad definition of inside information …, the delay should be regarded as the natural counterweight to protect the legitimate interests of the issuer», Assonime, Assonime risponde alla consultazione dell’ESMA per la revisione del Regolamento sugli abusi di mercato, 9/2019, 1-27, spec. p. 14.

[19] In passato, per questa ragione Assonime, Osservazioni al documento di consultazione della Consob sulle proposte di modifica dei regolamenti di attuazione del d.lgs. n. 58/98 concernenti la disciplina degli emittenti e dei mercati nonché del regolamento in materia di operazioni con parti correlate per l’attuazione del regolamento (UE) n. 596/2014 in materia di abusi di mercato, 17/2016, 1-24, spec. pp. 2 e 9 aveva infatti richiesto di adottare i modelli, come quello francese e inglese, che non prevedono l’obbligo di motivazione tout court, ma lasciano all’autorità di vigilanza il potere di richiedere, nel caso, una spiegazione all’emittente.

[20] Contra, nel senso che «this is likely to complicate processes, but makes sense because it forces the issuer to carefully substantiate the decision», R. Veil – M. Wiesner – M. Reichert, Ad Hoc Disclosure under the EU Listing Act, in AG, 3/2023, 57-70, spec. p. 69, sulla scorta del Considerando n. 61 del MAR Proposta Listing Act, secondo cui ciò sarebbe necessario «per consentire alle autorità competenti di ricevere tempestivamente le informazioni sui ritardi».

[21] ESMA, MAR Review report, September 24, 2020, ESMA70-156-2391, n. 203, p. 65.

[22] Così ESMA, Draft technical standards on the Market Abuse Regulation, Final Report, 28 September 2015, ESMA/2015/1455, n. 243, spec. p. 53; nello stesso senso, Consob LG IP, n. 6.5.4, p. 45.

[23] Per un’analisi più approfondita, sia consentito il riferimento a M. Arrigoni (nt. 11), p. 154 ss.

[24] Nell’attuale regime, v. ESMA, Orientamenti relativi al regolamento sugli abusi di mercato (MAR), Ritardo nella comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate, 20 ottobre 2016, ESMA/2016/1478 IT, Cap. 5, n. 9, lett. a, b e c, spec. p. 5 s.

[25] Sul punto, più approfonditamente, S. Gilotta, Trasparenza e riservatezza nella società quotata, Milano, 2012, spec. p. 111 e P. Giudici, Informazione privilegiata e responsabilità civile, in Società, 2016, p. 141.

[26] L’argomento, espresso in via generale «qualora non ci siano le condizioni per il ritardo», si deve ad Assonime (nt. 19), spec. p. 9, che riferisce l’esempio delle operazioni con parti correlate.

[27] Oltre a quelle analizzate nel testo, pare opportuno ricordare anche quella relativa all’ipotesi di ritardo per tutelare la stabilità. Accogliendo molteplici sottolineature al riguardo, la proposta modifica i soggetti che possono avvalersi di questa tipologia di ritardo. Non solo, infatti, tale possibilità è offerta – come nel regime attualmente in vigore – a un «ente creditizio o [a] un ente finanziario» (art. 17, par. 5, MAR); nella nuova versione può usufruirne anche «l’emittente che sia un’impresa madre o un’impresa collegata di tale ente» (art. 17, par. 5, MAR Proposta Listing Act). Questo intervento sistemerebbe una lacuna evidente. Tuttavia, in virtù della gerarchia riconosciuta tra stabilità e trasparenza, la scelta potrebbe essere ancor più coraggiosa: in presenza in ogni caso delle condizioni previste dalla legge, sarebbe più opportuno allargare la platea dei soggetti che possono beneficiare di questa ipotesi di ritardo a qualsiasi società quotata, anche non appartenente al sistema finanziario.

[28] D’altronde, questo è anche il parere della maggioranza dei partecipanti alla consultazione promossa dalla Commissione europea: Listing Act, p. 15. Ex multis, Assonime (nt. 18), p. 4 ss. e, più di recente, Assonime, Risposta Assonime alla Consultazione UE “Listing Act: making public capital markets more attractive for UE companies and facilitating access to capital for SMEs”, Consultazioni, 3/2022, 1-126, pp. 2 e 73.

[29] Sul punto, M. Arrigoni (nt. 11), p. 6 ss.

[30] Più nel dettaglio, M. Arrigoni (nt. 11), p. 15 ss.

[31] Per un approfondimento, M. Arrigoni (nt. 11), p. 84 ss.

[32] Cfr., ad esempio, K. Martin – R. Wigglesworth, Rise of the retail army: the amateur traders transforming markets, in Financial Times, March 9, 2021.

[33] Il tradizionale riferimento è a E.F. Fama, Efficient Capital Markets: A Review of Theory and Empirical Work, in 25.2. J. Fin. (1970), 383-417, spec. p. 383.

[34] Per tutti, A. Sun – M. Lachanski – F.J. Fabozzi, Trade the tweet: Social media text mining and sparse matrix factorization for stock market prediction, in 48 Int. Rev. Fin. An. (2016), 272-281, spec. p. 272 e X. Li – D. Shen – M. Xue – W. Zhang, Daily happiness and stock returns: The case of Chinese company listed in the United States, in 64 Econ. Modelling (2017), 496-501, spec. p. 496.

[35] J. Mitts, A Legal Perspective on Technology and the Capital Markets: Social Media, Short Activism and the Algorithmic Revolution, in Columbia Law and Economics, Working Paper No. 615 (October 28, 2019), disponibile su https://ssrn.com/abstract=3447235. Sul rapporto tra MAR e tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale, sia consentito di rinviare a F. Annunziata, Artificial Intelligence and Market Abuse Legislation. A European Perspective, in corso di pubblicazione, Edward Elgar, 2023.

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