Fra le novità più attese della riforma organica delle discipline della crisi e dell’insolvenza (L. 19 ottobre 2017, n. 155; cfr. contenuti correlati) vi è certamente l’introduzione delle «procedure di allerta e di composizione assistita della crisi» (art. 4) con le quali l’ordinamento domestico perverrà a raccogliere l’invito della Raccomandazione 2014/135/UE affinché vengano offerti «servizi di sostegno alle imprese in tema di ristrutturazione precoce, consulenza per evitare i fallimenti e sostegno alle PMI per ristrutturarsi e rilanciarsi».
Si tratta di procedure aventi «natura non giudiziale e confidenziale»[1], «finalizzate a incentivare l’emersione anticipata della crisi e ad agevolare lo svolgimento di trattative tra debitore e creditori». Mediante le stesse, che tuttavia non potranno trovare applicazione nei confronti delle «società quotate in borsa o in altro mercato regolamentato» né con riguardo alle «grandi imprese» ai sensi della normativa europea (lett. a), il Legislatore mira, dunque, a conseguire un duplice obiettivo: (i) anticipare l’emersione di situazioni di tensione economico-finanziaria per favorirne la risoluzione con una tempestività più pronta di quella fin ora assicurata dagli strumenti normativi vigenti; (ii) fornire all’impresa uno strumento di sostegno nell’analisi delle cause della crisi e nella conduzione dei negoziati con i creditori, mediante la costituzione di apposito organismo di composizione assistita della crisi (OCC).
1. L’allerta tempestiva
Quanto al primo obiettivo, è chiaro che l’intercettazione tempestiva dei sintomi di malessere suppone una definizione giuridica del concetto di «crisi» più precisa di quella attualmente rinvenibile all’art. 160, co. 3, LF, secondo cui «per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza». È apparso così indispensabile delegare il Governo a recepire a livello normativo una definizione di stato di crisi, «intesa come probabilità di futura insolvenza», che tenga conto anche delle elaborazioni sviluppate dalla scienza aziendalistica (art. 2), tra cui spicca il Principio di Revisione ISA 570 sulla continuità aziendale, nonché di «indici di natura finanziaria» quali, in particolare, «il rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi, l’indice di rotazione dei crediti, l’indice di rotazione del magazzino e l’indice di liquidità» (art. 4, lett. h).
L’inverarsi di tali red flags costituirà il dies a quo per il decorso del termine di sei mesi entro cui l’imprenditore dovrà adottare le misure idonee al turnaround, presentando alternativamente, (i) istanza all’OCC; (ii) domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti; (iii) proposta di concordato preventivo; (iv) ricorso per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale (lett. h). Solo il rispetto di detto termine permetterà di qualificare la reazione come tempestiva, consentendo l’applicazione delle «misure premiali», «sia di natura patrimoniale sia in termini di responsabilità personale», che la normativa delegata dovrà determinare conformemente a quanto previsto dall’art. 4, lett h[2]. È evidente lo stretto legame sussistente fra la previsione in esame e quella che, fra le modifiche al codice civile, prevede l’istituzione di «assetti organizzativi adeguati per la rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale»ed il dovere «di attivarsi per l’adozione tempestiva di uno degli strumenti» (art. 14, lett. b).
La pronta rilevazione dei sintomi e l’approntamento di un’adeguata risposta alla crisi sarà, poi, favorita dall’espressa previsione, in capo a coloro che svolgono funzionidi controllo sulla gestione e sui conti («organi di controllo societari» e revisori legali), del dovere di azionare immediatamente la procedura di allerta, «ciascuno nel suo ambito di competenza», informando gli amministratori degli indici sintomatici rilevati (c.d. allerta interna). Sugli stessi graverà, infatti, «l’obbligo di avvisare immediatamente l’organo amministrativo della società dell’esistenza di fondati indizi della crisi», nonché l’obbligo di «informare tempestivamente» l’OCC in caso di «omessa o inadeguata risposta» da parte degli amministratori (lett. c). Sarà, allora, necessario rivedere i «criteri di responsabilità» del collegio sindacale (ma non del revisore legale) di modo da prevederne l’esclusione della solidarietà con la responsabilità degli amministratori «per le conseguenze pregiudizievoli dei fatti o delle omissioni successivi alla predetta segnalazione» (lett. f).
Il potere di attivare la procedura di allerta sarà, inoltre, esteso a quei «creditori pubblici qualificati» che dispongono di un corredo informativo rafforzato sull’impresa (c.d. allerta esterna): si tratta de «l’Agenzia delle entrate, gli enti previdenziali e gli agenti della riscossione delle imposte», cui competerà, a pena d’inefficacia dei privilegi sui rispettivi crediti, l’obbligo di segnalare agli organi di controllo ed all’OCC «il perdurare di inadempimenti di importo rilevante», quantificati secondo criteri tali «da assicurare l’anticipata e tempestiva emersione della crisi» (lett. d). Prima di procedere a tale segnalazione, peraltro, detti creditori dovranno preventivamente avvisare lo stesso debitore «che la sua esposizione debitoria ha superato l’importo rilevante» e che si provvederà alle predette segnalazioni se entro i successivi tre mesi non sia stato: (i) «attivato il procedimento di composizione assistita della crisi», (ii) «estinto il debito», (iii) «raggiunto un accordo con il creditore pubblico qualificato», (iv) «chiesto l’ammissione ad una procedura concorsuale» (lett. d).
2. Procedura di composizione assistita della crisi
L’avvio delle procedure di allerta sarà funzionale a costringere l’imprenditore ad affrontare la crisi ancora incipiente mediante l’avvio del dialogo con i creditori. A tal fine, anche in considerazione della necessità di «supplire al deficit di competenza ed organizzazione interna da cui spesso le imprese sono afflitte»[3], si è ritenuto necessario affiancare al debitore un organismo tecnicamente qualificato per assisterlo nella determinazione delle misure idonee al turnaround e nella conduzione delle trattative con i creditori. È, infatti, contenuta alla lett. b la delega ad istituire presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura «un apposito organismo che assista il debitore nella procedura di composizione assistita della crisi»[4]. L’organismo dovrà, a sua volta, nominare un collegio composto da «almeno tre esperti» scelti fra gli iscritti all’albo da costituirsi ex art. 2, lett. o, per i «soggetti, costituiti anche in forma associata o societaria, destinati a svolgere […] funzioni di gestione o di controllo nell’ambito delle procedure concorsuali». I tre componenti del collegio dovranno essere designati, rispettivamente, (i) dal presidente della sezione specializzata in materia di imprese competente per il luogo in cui l’imprenditore ha sede, (ii) dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura e (iii) da associazioni di categoria.
A seguito delle segnalazioni ricevute o su istanza del debitore, l’OCC dovrà convocare immediatamente, «in via riservata e confidenziale», il debitore e, ove presenti, gli organi di controllo, «al fine di individuare nel più breve tempo possibile, previa verifica della situazione patrimoniale, economica e finanziaria esistente, le misure idonee a porre rimedio allo stato di crisi» (lett. e). In caso di «istanza del debitore», allo stesso OCC la normativa delegata dovrà, inoltre, attribuire la «competenza ad addivenire ad una soluzione della crisi concordata tra debitore e creditori entro un congruo termine, prorogabile solo a fronte di positivi riscontri delle trattative e, in ogni caso, non superiore complessivamente a sei mesi» (lett b). Il coinvolgimento dell’OCC per la soluzione concordata della crisi non esclude, poi, che debitore e creditori possano raggiungere un accordo al di fuori della procedura, tanto che dovrà essere previsto uno specifico dovere del collegio di verificare se, nel termine dei sei mesi, non sia «stata raggiunta una soluzione concordata» fra questi (lett. b).
Sarà, invece, rimessa al debitore la scelta di coinvolgere in detta fase stragiudiziale l’autorità giudiziaria («sezione specializzata in materia di impresa») per domandare, «omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio», le «misure protettive necessarie per condurre a termine le trattative in corso» (lett. e)[5]. Al Governo il compito di disciplinarne «durata, effetti, regime di pubblicità, competenza a emetterle e revocabilità, anche d’ufficio in caso di atti in frode ai creditori o quando il collegio di esperti […] riferisce che non vi è possibilità di addivenire ad una soluzione concordata della crisi o che non vi sono significativi progressi nell’attuazione delle misure idonee a superare la crisi medesima» (lett. e).
Qualora, infine, all’esito della procedura non venissero individuate «le misure idonee a superare la crisi» non sarà previsto uno sbocco giudiziale automatico[6]. Resta inteso che ove l’OCC attestasse «lo stato di insolvenza», ne dovrebbe dare comunicazione «al pubblico ministero presso il tribunale del luogo in cui il debitore ha sede, ai fini del tempestivo accertamento dell’insolvenza medesima» (lett. b). Da qui, la necessità di precisare le condizioni per l’utilizzo degli atti istruttori della procedura di composizione assistita «nell’eventuale fase giudiziale» (lett. b).
[1] Come si legge nella Relazione allo schema di legge delega per la riforma delle procedure concorsuali, p. 13, «si è preferito collocarle al di fuori dal tribunale, per evitare il rischio che l’intervento del giudice possa essere percepito dal medesimo imprenditore, o dai terzi, quasi come l’anticamera di una successiva ed indesiderata procedura concorsuale d’insolvenza».
[2] Sono, invece, scomparse le misure sanzionatorie per l’imprenditore che ingiustificatamente ostacoli o non ricorra alla procedura, originariamente previste nello Schema di disegno di legge.
[3] Relazione allo schema di legge delega per la riforma delle procedure concorsuali, p. 12.
[4] È stata, invece, abbandonata la proposta della Commissione Rordorf di attribuire tale competenza agli organismi di composizione della crisi di cui alla L. n. 3/2012 gestiti, oltre che dalle camere di commercio, anche dagli ordini professionali dei commercialisti, avvocati e notai.
[5] Le quali non è detto che riguardino «solo il tradizionale blocco delle azioni esecutive e cautelari e non invece anche il blocco dei contratti relativi ad onerosi rapporti pendenti», potendo addirittura concepirsi «la nomina di ulteriori mandatari ad hoc, per singoli rami di attività, contratti specialistici e complessi o gestiti all’estero. Fino a sfiorare allora, ove l’indice di configurazione sia la trattativa, una attenuazione della autonomia gestoria del debitore»: cfr. M. Ferro, Misure di allerta, cit., p. 1041.
[6] Cfr. Relazione allo schema di legge delega per la riforma delle procedure concorsuali, p. 14.